Riassunti Piero Stefani LA Bibbia PDF

Title Riassunti Piero Stefani LA Bibbia
Author Elisabetta Pinocci
Course Teologia su temi specifici
Institution Libera Università Maria Santissima Assunta
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Piero Stefani la Bibbia riassunto ...


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SIGNIFICATO ETIMOLOGICO DI BIBBIA La parola “Bibbia” deriva dal greco biblia (“libri”), neutro plurale del singolare biblion. La formulazione, senza subire modifiche, passò poi nel latino medievale assumendo la forma femminile singolare di Biblia, da cui l’italiano Bibbia. L’etimologia parte da un plurale greco per approdare a un singolare latino e italiano. La vicenda lessicale è indicativa anche dei contenuti. La Bibbia si presenta come un insieme unitario di scritti sorti nel corso di molti secoli e diversi tra loro per origine, ambiente culturale e intenti. Scorrendone i contenuti constatiamo che essi si occupano di molte cose. Anzi, dal punto di vista quantitativo, lo spazio maggiore è riservato non a Dio, bensì al mondo umano colto in una grande varietà di aspetti. Ci si occupa di storia, cultura, politica, etica, antropologia; si dà spazio a temi legati alla nascita e alla morte, all’amore e al dolore. La Bibbia pretende di essere la parola di Dio rivolta all’uomo. La parola Bibbia indica la raccolta di libri considerati sacri sia dalla tradizione ebraica sia da quella cristiana. La Bibbia cristiana è formata da Antico e Nuovo Testamento. Il termine “testamento” deriva dal latino testamentum. Il senso primo della parola è “alleanza”. Tale espressione indica in primis il patto stretto tra Dio e il popolo d’Israele. Una volta formatasi la Bibbia cristiana, è invalso l’uso di impiegare questa terminologia per indicare le due parti che la compongono: l’Antico Testamento comprende i libri contenuti anche nella Bibbia ebraica; il Nuovo Testamento è la raccolta normativa di alcuni scritti di età apostolica. Una volta che si è costituito l’insieme della Bibbia cristiana formato da Antico e Nuovo Testamento, con il termine “Scrittura” si indica la totalità degli scritti inclusi nell’uno e nell’altro Testamento.

LA BIBBIA EBRAICA Con il termine ebraico Torà, tradotto col termine greco Pentateuco, s’intende la raccolta dei primi cinque libri della Bibbia. Essi sono: 1. GENESI 2. ESODO 3. LEVITICO 4. NUMERI 5. DEUTERONOMIO Il primato di questi cinque libri è ascrivibile innanzitutto al fatto che la tradizione ebraica li considera parole rivelate direttamente da Dio a Mosè. Un altro aspetto decisivo sta nella constatazione che soltanto in essi si trova il fondamento dei precetti (tradizionalmente ritenuti 613). La Bibbia ebraica è un corpus di libri fortemente gerarchizzato al cui vertice si colloca la “Torà scritta”. Gli altri testi, pur essendo considerati anch’essi sacri, sono posti in una posizione subordinata e contraddistinti da un minor grado di autorità. Essi sono raccolti rispettivamente nei “Profeti” e negli “Scritti”.

LA BIBBIA CRISTIANA La più semplice definizione di Bibbia cristiana è di presentarla come un insieme di scritti divisi in due grandi parti chiamate rispettivamente Antico e Nuovo Testamento. Tuttavia essa non può intendersi come l’aggiunta di alcuni libri alla Scrittura ebraica. L’Antico Testamento cristiano viene articolato in: 1. PENTATEUCO 2. LIBRI STORICI 3. LIBRI POETICI E SAPIENZIALI 4. LIBRI PROFETICI Non tutte le bibbie cristiane contengono lo stesso numero di libri. La differenza è costituita dalla presenza o dall’assenza dei cosiddetti libri apocrifi. Si tratta di testi non inseriti nella Bibbia ebraica, ma considerati parte della Scrittura dalle tradizioni cattolica e ortodossa. Essi non sono invece compresi nella Bibbia protestante. Assunta nel suo insieme, la Bibbia cristiana forma un grande arco narrativo che inizia con la creazione del mondo (Genesi) e si conclude con la fine dei tempi e l’avvento del mondo che verrà (Apocalisse).

LA BIBBIA COME PAROLA DI DIO Nel corso della storia ebrei e cristiani si sono posti il problema teologico di come Dio abbia parlato nelle Scritture. Le risposte sono state diverse. Nell’ambito ebraico si distingue tra la Torà, la quale secondo la

visione tradizionale è stata comunicata parola per parola direttamente da Dio a Mosè, e le altre parti delle Scritture considerate parole della tradizione in cui è pensabile l’intervento della mediazione umana. Nel contesto cristiano, invece è prevalsa la TEORIA dell’ISPIRAZIONE. Secondo questa visione lo Spirito Santo avrebbe assistito l’autore sacro (agiografo) nella stesura dei suoi testi.

LA LETTERATURA APOCRIFA Il termine “apocrifo” designa testi affini, per genere letterario e contenuto, a quelli biblici, non compresi né nel canone ebraico, né in quello cristiano. Questo tipo di letteratura è piuttosto abbondante e viene suddivisa in varie categorie. LE LINGUE DELLA BIBBIA: La natura composita della Bibbia, raccolta di scritti prodotti nel corso di molti secoli, trova precisi riscontri sul piano linguistico. La constatazione che il cristianesimo, a partire dalla sua stessa origine, si sia servito di traduzioni, oltre ad essere un dato culturale, ha una grande rilevanza teologica. Il fenomeno più qualificante sta nella scelta, nata direttamente in seno alle comunità ebraiche della diaspora, di tradurre le Scritture in altre lingue. L’aspetto saliente si trova nella stessa volontà di rendere normativa e liturgica una traduzione.

EBRAICO, ARAMAICO E GRECO DELLA “KOINE”: L’ebraico fa parte delle lingue semitiche nordoccidentali. L’ebraico biblico ha un vocabolario piuttosto limitato: non più di 8.000 termini. Circa un quarto di essi sono hapax legomena, vale a dire compaiono una sola volta (il che ne rende non facile la comprensione). Particolarmente ridotti sono gli aggettivi. Si tratta di una lingua sintatticamente semplice, scarse sono le costruzioni subordinate. Le vocali sono aggiunte oralmente al momento della lettura. Il testo sacro della Torà scritta è CONSONANTICO. L’aramaico rientra anch’esso nelle lingue semitiche nordoccidentali ed è affine all’ebraico. I Settanta e i testi del Nuovo Testamento sono stati scritti nel greco della koine (“lingua comune”), lingua che a partire dal IV sec. a.C. si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo orientale.

LA TRASMISSIONE DEL TESTO: Uno dei motivi della scarsità di manoscritti ebraici antichi si trova nella reverenza riservata ai rotoli: erano eliminati se presentavano difetti anche materiali. Il più antico manoscritto della Bibbia risale al 1008 o al 1009. I manoscritti completi o parziali del Nuovo Testamento in nostro possesso sono circa 5.000.

PRINCIPALI VERSIONI ANTICHE DELLA BIBBIA: La spinta a tradurre La Bibbia in lingue diverse dall’originale, già presente nella diaspora ebraica, subì uno straordinario potenziamento con l’estendersi dell’evangelizzazione. Questo impulso è contraddistinto da una dimensione universalistica volta a far giungere a tutti il messaggio della salvezza. In Occidente già nel III sec. circolavano varie antiche versioni latine, indicate con il nome collettivo di Vetus Latina. Per porre ordine in questa selva di varianti, nel 382 papa Damaso incaricò Girolamo di approntare una nuova versione; nacque in tal modo la Vulgata (“comune”, “popolare”). Questa traduzione non ebbe subito il sopravvento, ma con il passare del tempo sbaragliò la vecchia rivale. Dopo essere stata sottoposta a revisione da Alcuino per incarico di Carlo Magno, la Vulgata fu rivista nel XIII sec. anche da studiosi dell’Università di Parigi. Fu questo testo a finire sotto il torchio di Gutemberg nel 1456. Un secolo dopo il Concilio di Trento l’avrebbe proclamata versione normativa per tutto l’universo cattolico romano. Se ne dovette perciò approntare un testo standard. Il lavoro di revisione giunse a termine nel 1592 con la pubblicazione della Vulgata Sisto-Clementina. In italiano si diffusero volgarizzazioni a partire dal testo latino. Nell’ambito cattolico questo processo fu bloccato dal Concilio di Trento. Il dato in assoluto più eloquente è dato dalla quantità di lingue in cui è stata tradotta la Scrittura. Almeno una parte dei libri biblici è disponibile in 2.212 delle 6.500 lingue parlate sulla Terra. La Bibbia nella sua interezza è stata stampata in oltre 350 lingue.

LE FORME LETTERARIE NELLA BIBBIA: La Bibbia è un insieme di testi letterari. È innegabile che i contenuti della Scrittura abbiano una veste letteraria. Da questo punto di vista, tutto e tutti, compreso Dio e Gesù Cristo, sono personaggi di un grande racconto. La domanda è se si riducano a tale dimensione. Una peculiarità della Bibbia sta nel fondarsi su un linguaggio non solo descrittivo, ma anche in sé stesso creatore di significato. La Scrittura si presenta anche come parola imperativa e salvifica che si realizza unicamente se attiene alla sfera della realtà e dell’evento e non solo a quella della narrazione. In riferimento alla Bibbia il primo genere letterario a cui richiamarsi è quello dei libri che pretendono di avere un’origine divina. La parola biblica non è un semplice involucro per comunicare contenuti. Essa coopera alla storia della salvezza. Per cogliere gli autentici significati della Bibbia è indispensabile la conoscenza dei suoi generi letterari. Senza cogliere il tipo di linguaggio specifico dei vari brani della Scrittura il fraintendimento interpretativo risulta

pressoché inevitabile. Occorre quindi rispettare il codice proprio di ciascun genere letterario. Dovendosi misurare con quasi tutti gli aspetti della vita umana, non stupisce che gli usi linguistici biblici siano numerosi. Le classificazioni proposte sono molteplici. Per l’Antico Testamento si è avanzata una suddivisione in tre gruppi principali: 1. forme prosastiche comprendenti prediche, discorsi, preghiere, narrazioni storiche e poetiche; 2. detti 3. canti i generi letterati del Nuovo Testamento sono riconducibili a quattro grandi tipologie: 1. VANGELI 2. ATTI 3. LETTERE 4. APOCALISSE Fin dall’antichità si è colto che i quattro Vangeli canonici sono divisibili in due gruppi. Il primo è rappresentato da Matteo, Marco e Luca. Essi sono chiamati “SINOTTICI” (dal greco synopsis, “sguardo simultaneo”), perché pur sviluppando visioni teologiche parzialmente differenti, narrano in modo pressoché parallelo la vita pubblica, la morte e la risurrezione di Gesù. La seconda tipologia trova riscontro nel Vangelo di Giovanni che espone in maniera marcatamente diversa la biografia di Gesù, la presenta infatti come la fase terrestre della vita di un essere divino preesistente.

IL PENTATEUCO: Il libro della GENESI può essere suddiviso in due grandi blocchi. Il primo, capitoli 1-11, narra della storia primordiale. La seconda parte, capitoli 12-50, espone le storie patriarcali che iniziano con la chiamata di Abramo da parte di Dio. L’ESODO segna il passaggio dalla storia dei patriarchi a quella del popolo ebraico. Da allora in poi il Signore stesso è presentato innanzitutto come colui che ha fatto uscire il proprio popolo dalla terra d’Egitto. I contenuti del libro riguardano l’oppressione degli ebrei a opera degli egiziani, la vocazione di Mosè, le dieci piaghe, il passaggio del Mar Rosso, il cammino nel deserto, la teofania (manifestazione di Dio) del Sinai e la rivelazione del decalogo (dieci comandamenti) Il

LEVITICO è ambientato nel corso della quarantennale peregrinazione del popolo ebraico nel

deserto. Si occupa principalmente di leggi sui sacrifici, sul puro e sull’impuro e di altre norme rituali, morali e penali. Il suo nome è derivato dal fatto che i sacerdoti addetti al culto e ai sacrifici appartenevano alla tribù di Levi. Il

LIBRO dei NUMERI ha la stessa ambientazione precedente. Parla soprattutto del

censimento degli ebrei nel deserto e dei primi insediamenti di alcune tribù ebraiche in Transgiordania. Il

DEUTERONOMIO

è imperniato su tre lunghi discorsi di Mosè situati alla fine del

quarantennale soggiorno del popolo nel deserto. Il libro perciò si presenta come una narrazione da parte di Mosè di eventi già avvenuti. Il testo termina descrivendo la morte di Mosè che vede la Terra promessa in cui non gli è concesso di entrare. Il ruolo fondamentale attribuito alla Torà scritta dalla tradizione ebraica è in larga misura attribuibile al fatto che solo quelle pagine stabiliscono i precetti prescritti da Dio a Israele che, dal punto di vista religioso, lo rendono distinto dagli altri popoli. L’arco cronologico delle vicende contenute nel Pentateuco e nei libri storici è molto ampio.

I LIBRI POETICI E SAPIENZIALI: Nei testi Dio non parla mai. Al massimo si fa memoria di azioni divine già compiute. I libri poetici e sapienziali sono diversi sia per genere letterario sia per epoca di composizione. Il LIBRO di GIOBBE prende nome dal suo protagonista questa celebre composizione è dedicata al problema della sofferenza del giusto. I SALMI sono costituiti da una raccolta di 150 composizioni poetiche che danno voce a tre atteggiamenti principali: la lode, la supplica e la meditazione. I Salmi formano la più ampia raccolta di preghiere della Bibbia. I PROVERBI contengono soprattutto detti di natura sapienziali e pratica. Vi sono passi però in cui la Sapienza personificata è presentata come un’entità sovrumana collaboratrice di Dio nell’opera della creazione. L’ECCLESIASTE è un libro di stile sapienziali. È incentrato su una disincantata analisi dell’esistenza suffragata dall’esperienza del sapiente che parla in prima persona. Il CANTICO dei CANTICI è formato da una serie di poemi d’amore tra amata e amato.

I LIBRI PROFETICI: La raccolta si apre con i quattro profeti maggiori: ISAIA, GEREMIA, EZECHIELE, DANIELE. Seguono i dodici minori, raggruppati tradizionalmente in un solo libro. Per quanto raccolti in un insieme unitario, però, essi provengono da ambienti assai diversificati.

I CONTENUTI PRINCIPALI DEL NUOVO TESTAMENTO: Il Nuovo Testamento comincia con la narrazione della vita, morte e resurrezione di Gesù (Vangeli), prosegue con le vicende legate alla nascita della Chiesa (Atti degli Apostoli) e con gli insegnamenti rivolti dagli apostoli alle varie comunità di credenti (lettera di Paolo e lettere cattoliche) e termina con l’annuncio della fine dei tempi (Apocalisse). La maggior parte degli studiosi reputa quello di Marco il Vangelo più antico. L’attuale critica biblica ritiene sicuramente autentiche solo sette delle quattordici lettere tradizionalmente attribuite a Paolo. Le lettere cattoliche sono chiamate così perché a differenza di quelle di Paolo, non sono indirizzate a una Chiesa di una città particolare (in greco katholicos significa “universale”). Di nessuna di esse si conosce con sicurezza l’autore. L’ultimo libro del Nuovo Testamento, l’Apocalisse di Giovanni contiene nella prima e più breve parte, una visione del Signore Gesù morto e risorto che ordina di scrivere sette lettere di stile profetico a sette Chiese dell’Asia Minore. Il resto del libro racchiude una serie di visioni simboliche sulla fine dei tempi poste in relazione con la signoria di Cristo risorto e la sconfitta delle potenze sataniche.

L’ESEGESI E IL METODO STORICO: Ampia attenzione è riservata all’esegesi, vale a dire ai procedimenti orientati a ricostruire il senso originario che uno scritto si proponeva di comunicare ai suoi primi destinatari. Accanto a questi metodi sono però sempre più praticate altre modalità di ricerca volte a comprendere il testo a partire dalla sua veste finale. Lo scopo principale del metodo storico-critico sta nel ricostruire il più esattamente possibile le modalità in base alle quali si sono formati i singoli libri biblici.

DALL’ORALITA’ AI TESTI SCRITTI DELLA BIBBIA: Tanto nel caso di vari libri dell’Antico Testamento, quanto in quello dei Vangeli, si può parlare di tradizioni orali che precedettero la stesura giunta fino a noi. Il primato della memoria non comporta immobilità. Mentre venivano tramandati di generazione in generazione i materiali erano soggetti a mutamenti, venendo arricchiti, abbelliti o reinterpretati. Una tipica operazione in tal senso fu di fondere assieme materiali di stile o contenuto simile, nacquero in tal modo cicli narrativi. A loro volta questi scritti divennero fonti per scritti successivi. Anche i Vangeli e altre parti del Nuovo Testamento si sono basati su precedenti tradizioni orali o documenti scritti.

LA TEORIA DELLE FONTI DELLA BIBBIA: La visione tradizionale, comune sia a ebrei sia a cristiani, secondo cui i cinque libri del Pentateuco furono tutti rivelati direttamente da Dio a Mosè fu messa in dubbio fin dagli albori della ricerca storica applicata alla Bibbia. Per esempio, già nel XVII sec. Il grande filosofo Spinoza affermò nel suo Trattato teologicopolitico che era chiaro come il sole che quegli scritti non potevano essere attribuiti a Mosè. Nel secolo successivo si cominciò a notare che Dio non era chiamato in modo omogeneo nella Genesi e nei primi due capitoli dell’Esodo (Dominus e Deus).

IL LIBRO DI ISAIA: In ambito cristiano Isaia, il più ampio libro profetico (66 capitoli) fu per molto tempo considerato un testo unitario in grado di preannunciare, con un anticipo di quasi otto secoli, la nascita miracolosa di Gesù o la sua passione e morte espiatorie. Tra gli scritti dell’Antico Testamento era considerato dunque un libro eccezionale. In epoca moderna l’attenzione a Isaia fu seconda solo a quella riservata al Pentateuco. Si era sempre pensato al profeta Isaia come unico autore dei 66 capitoli dell’opera che porta il suo nome, anche se già nel medioevo Ibn Ezra (1092-1167) e, alcuni secoli dopo, Spinoza (1632-1677) avevano messo in dubbio la posizione tradizionale. Oggi gli studiosi ritengono che la prima parte del libro sia opera del profeta Isaia vissuto nell’VIII sec. a.C., la seconda di un profeta anonimo dell’esilio (VI sec. a.C.), chiamato «Deutero-Isaia», e la terza, scritta dopo l’esilio (V sec. a.C.), è opera di un altro profeta anonimo, conosciuto come «TritoIsaia». Il libro è quindi suddiviso in primo Isaia o Proto-Isaia (cc. 1-39), secondo Isaia o Deutero-Isaia (cc. 40-55) e terzo Isaia o Trito-Isaia (cc. 56-66). Nacque anche la questione del perché le parti siano state raccolte in un insieme unitario. Alcuni ipotizzano l’esistenza di una scuola teologica che riunì consapevolmente le varie sezioni.

IL PROBLEMA SINOTTICO: LA Diversità DEI VANGELI Nell’approccio precritico i Vangeli erano ritenuti resoconti autentici dell’opera di Gesù. Sin dai primi secoli tuttavia si percepì assai bene come tra i

quattro Vangeli ce ne fosse uno, quello di Giovanni, che si differenziava dagli altri tre. Con il passare del tempo si sono però riscontrate delle diversità anche fra questi ultimi; in essi lo stesso materiale è organizzato in modo diverso; a volte poi si trovano episodi uguali ma ambientati in circostanze differenti. LUNGHEZZA VANGELO DI MARCO Fin dall’antichità gli scrittori cristiani avevano rilevato il fatto ovvio che il Vangelo di Marco è molto più breve degli altri due sinottici. Per molti secoli questo fatto aveva indotto a una certa minor considerazione del Vangelo di Marco. In particolare, esso era considerato una specie di riassunto di Matteo giudicato il Vangelo più antico. In epoca moderna è invece la considerazione opposta: il Vangelo più breve va giudicato il racconto più antico ampliato dagli altri due vangeli. Attualmente quindi è proprio Marco, il testo più sintetico che contiene tutto il materiale comune ai tre sinottici e scritto meno bene dal punto di vista linguistico. I Vangeli da noi conosciuti sono stati scritti in greco. Gesù però non parlava in greco bensì in aramaico. Come sono stati tramandati i fatti e i detti di Gesù prima di assumere una veste scritta? Quali tra essi possono effettivamente essere stati pronunciati dal Gesù storico? Uno dei presupposti tipici del metodo storico-critico sta nel negare che tutte le parole a lui attribuite dai Vangeli siano state effettivamente pronunciate da Gesù. In questo senso si tende a porre l’accento sulla capacità creativa delle comunità cristiane primitive in risposta a determinati bisogni specifici.

L’EPISTOLARIO PAOLINO: La tradizione attribuisce a Paolo quattordici lettere. Fin dall’antichità si è però colta la disomogeneità della Lettera agli Ebrei rispetto a tutte le altre. Al giorno d’oggi la Chiesa cattolica non l’attribuisce più a Paolo. I testi paolini sono lettere occasionali scritte a specifiche chiese...


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