Riassunto Alcol e stile giovane. Un\'interpretazione sociologica PDF

Title Riassunto Alcol e stile giovane. Un\'interpretazione sociologica
Author Gabriele Manzini
Course Sociologia
Institution Università di Bologna
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Riassunto completo del libro materiale d'esame per il corso di Sociologia....


Description

Alcol e stile giovane 0: introduzione Lo stile alcolico è una tendenza che rientra nel quadro dei comportamenti giovanili, ma nonostante questo non è obbligatoria e non è soggetta a schematizzazioni precise, perciò è utile un aprofondimento sociologico in questo campo. In particolare ci si focalizza sulla valenza COMUNICATIVA di questo comportamento. Spesso si parla del comportamento alcolico dei giovani ma sempre in un’ottica epidemiologica (visto che le piace molto questa parola), secondo un punto di vista che vede questa tendenza come un problema che va arginato tramite una politica sociale. Gli studi sono spesso di tipo macro sociale, quantitativo, ma ci si chiede quali siano le proprietà del fenomeno da tenere in considerazione in un’ottica del genere. Di conseguenza, l’intento della simpatica Guarino è quello di FORNIRE ALCUNE CHIAVI INTERPRETATIVE del bere, inteso come ATTIVITà SOCIALE DOTATA DI RAZIONALITà, con la volontà di dimostrare l’insufficienza e la parzialità degli approcci di natura epidemiologica, e due. Il punto della questione non è se faccia bene o male bere, ma sono piuttosto i SIGNIFICATI SOCIALI E CONTESTUALI dell’alcool e dei suoi effetti. L’alcool viene definito come una DROGA MIMETICA, perchè oltre a essere droga, è anche cibo, cultura, fenomeno economico, tanto altro, più di qualsiasi altra droga. Per questo motivo il suo studio deve incentrarsi sul microsociale, per capire i significati soggettivi all’interno delle relazioni umane. Breve descrizione dei capitoli: -

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PRIMO CAPITOLO: si presenta il fenomeno del consumo di alcol come fatto sociale totale. SECONDO CAPITOLO: funzione didattica. Sistematizzazione dell’ampia bibliografia esistente sull’argomento, con l’obiettivo di selezionare le cose utili ai fini da una ricerca, con un approccio che da una parte non tenda ad usare le statistiche per avvalorare qualsiasi ipotesi, dall’altra tenga conto della complessità del fenomeno. TERZO: analisi del concetto di GIOVENTù e del “lifestyle” del giovane. Si sostiene che lo stile giovanile utilizza il LINGUAGGIO messo a disposizione da tutto ciò che semanticamente è collegato all’alcool, riappropriandosene in modo tattico e contestuale, e creando nuovi significati con esso. QUARTO: potenzialità espressive del consumo alcolico. Ricerche sul campo ad impianto fenomenologico, osservando l’USO SIMBOLICO DI ALCOOL come pratica microsociale. QUINTO: distinzione tra alcolismo e alcolizzazione. L’alcolismo è inteso come un sistema di controllo el bere normale/abusante. Si adotta il punto di vista tipico della tripartizione analitica della malattia in disease/illness/sickness, per valutare la definizione medica, le interpretazioni soggettive e le implicazioni sociali. SESTO: politiche sociali. Si analizzano diverse proposte di politiche sociali sull’argomento, valutandone l’orientamento epistemologico e adattandole al contesto contemporaneo del consumo giovanile. SETTIMO: si tirano le fila del lavoro, con l’obiettivo di trovare punti di connessione tra le diverse letture teoriche proposte. Non si propongono teorie causali, ma letture di opportunità e sensatezza, quindi aria fritta.

1: Il bere e l’alcol 1. L’alcol come fatto sociale totale Il fenomeno del bere alcol è un comportamento diffuso fin dall’antichità, probabilmente antecedente alla scrittura. Nel corso del tempo, questo fenomeno si è configurato in infinite modalità diverse, acquisendo diverse forme e diversi significati. 1

Oggi l’alcol si presenta come un fenomeno complesso, definibile in una moltitudine di modi diversi a seconda del soggetto che vi si relaziona (sommelier, alcolista, produttore, ecc). I modi diversi di bere rimandano quindi all’insieme delle società e delle loro istituzioni, alla cultura. In questo senso l’alcol viene visto come FATTO SOCIALE TOTALE. Per questo motivo, quando si osservano dei comportamenti legati al consumo di alcol, bisogna sempre tenere conto che questi comportamenti si trovano al crocevia tra atti individuali e ATTI SOCIALI, e per questo ci dicono qualcosa sia del fenomeno in sè, sia del contesto in cui esso si verifica.

2. Valore d’uso, funzioni e mitologie operative Si introduce la visione dell’alcol come “OGGETTO”, con cui l’uomo interagisce, a seconda del valore d’uso scelto. L’alcol ne ha molteplici, e spesso viene usato combinando questi valori d’uso tra loro: alimentare, cerimoniale (derivazione cristiano-ellenica), farmacologico, droga, patologico- portatore di dipendenze. É importante notare come ciascuno dei valori d’uso citati non è “positivo” o “negativo” di per sè; la “bontà” del valore d’uso scelto dipende sempre dai criteri sanzionatori dipendenti dalla struttura collettiva (LeviStrauss). In questo senso, anche l’eccesso nel bere può non essere visto negativamente, e quindi non essere sanzionato, se risulta in qualche modo legato all’espressività culturale di una società. Per ordinare il pensiero in un contesto così complesso, si sceglie di concentrarsi sui PATTERN, o sui MODI IDEALTIPICI, di consumo riconoscibili storicamente nelle diverse culture. I due pattern di consumo principali sono: -

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CULTURA ASCIUTTA: Il consumo di alcolici avviene generalmente LONTANO DAI PASTI e nei FINE SETTIMANA. È tipica dei Paesi del Nord Europa e in parte, degli Stati Uniti. Le bevande più consumate sono BIRRA e SUPERALCOLICI (spesso di produzione locale). La finalità di questo tipo di consumo è la ROTTURA DAI RITMI QUOTIDIANI, ottenuta tramite l’UBRIACATURA. La norma non scritta è dunque quella del “o tutto o niente”: se bevo mi ubriaco. Il valore d’uso sotteso all’alcol in questa modalità di consumo è quello di bevanda dalla capacità inebriante, che provoca ubriachezza, e che quindi permette il divertimento e l’evasione. Le politiche sociali tipicamente adottate negli stati in cui prevale questa cultura sono mirate alla prevenzione e sanzione degli eventuali “disturbi alla quiete pubblica”. Non ci si concentra più di tanto sull’ottenere una riduzione della quantità di alcol bevuta, ritenuta “normale” in quella cultura, ma piuttosto si cerca di garantire la sicurezza e la quiete pubblica, migliorando i trasporti pubblici e sanzionando severamente chi, da ubriaco, si mette alla guida, o commette atti illeciti. CULTURA BAGNATA: Il consumo di alcolici avviene per tradizione DURANTE I PASTI, accompagnando e scandendo i momenti della vita quotidiana, ma anche durante le OCCASIONI CELEBRATIVE. É tipico dell’Italia e degli altri Paesi mediterranei. La bevanda-simbolo di questo tipo di cultura è sicuramente il VINO (anche e soprattutto per la presenza della vigna in questi Paesi, e per la forte tradizione agricola). La quantità di consumo solitamente è moderata, e l’alcol è di norma scarsamente sanzionato perchè tollerato anche da un punto di vista dell’opinione pubblica, visto come bevanda da accompagnamento durante i pasti. Si beve alcol spesso, ma in scarse quantità. Il valore d’uso di norma associato all’alcol in questa cultura è quello ALIMENTARE.

3. La rottura dei pattern geografici Negli anni ’70 del ‘900, l’internazionalizzazione dei consumi ha reso sempre meno attuali e applicabili i due modelli sopra descritti. Nonostante questo mescolamento delle modalità di consumo, sembra che, a livello quantitativo, ci sia una diminuzione complessiva della quantità di alcol bevuta pro capite. Allo stesso tempo, però, l’alcol diventa accessibile a sempre più persone, appartenenti a classi sociali, genere ed età tradizionalmente ai margini del fenomeno. Aumentano dunque i “nuovi bevitori”.

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4. Il bere dei giovani nei dati epidemiografici: tendenze emergenti Il bere dei giovani viene affrontato soprattutto riguardo a fenomeni come il “binge drinking”, o il “botellon”, che contraddicono il modello “normale” del bere, socialmente rappresentato, e allo stesso tempo peroccupano per il bere smodato dei giovani. Seguono dei dati quantitativi riferiti al consumo di alcol in Europa, forniti da Eurobarometro. -

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FREQUENZA DEI CONSUMI: 3 europei su 4 dichiarano di aver bevuto almeno una volta alcol nell’ultimo anno. 87% dice di aver bevuto nell ultimo mese; 13% di aver bevuto nell’ultima settimana. Il bere quotidiano sembra ancora associato ai Paesi a cultura bagnata (Spagna e Portogallo in primis, ma anche Italia e Irlanda) QUANTO SI BEVE: La quantità di alcol bevuto in una “sessione” vede Irlandesi e Inglesi (non c’erano molti dubbi) ai primi posti. In Italia, circa l’11% supera i due bicchieri; gli altri stanno da due bicchieri in giù. In relazione all’ETà, sembra che minore sia quest’ultima, maggiori siano le unità di misura associate al consumo di alcol. BINGE DRINKING: definito dall’assunzione, in una “sessione” dalle 5 unità alcoliche in su. In media, il 31% degli europei sostiene di non averlo mai fatto (in Italia il 46%, in Danimarca e Irlanda quasi tutti sostengono di averlo fatto). L’HEAVY BINGE DRINKING (farlo più volte alla settimana), caratterizza però a mediamente il 23% di italiani, spagnoli e austriaci, tutti Paesi aderenti al modello “bagnato”, che quindi in questo modo contraddicono pesantemente quest’ultimo. ETà: l’età di iniziazione ai consumi di alcolici scende, in media sono 11 anni. Picchi verso l’alto fino a 34 anni. Incrociando le statistiche del binge drinking e quelle dell’età si nota che l’associazione del binge drinking ai giovani non è supportata dai dati: sembra che la percentuale maggiore di “heav binge drinker” sia negli over 55 (nonostante, per i dati di chi lo pratica una volta alla settimana o al mese, prevalgano le percentuali dei giovani). GENERE: secondo un’indagine dell’ Istat (2008), le donne bevitrici sono in forte aumento. In particolare, quelle fra i 18 e i 19 anni. Per 6 ragazze su 10 bere è un comportamento normale. Sono molte anche quelle che dichiarano di praticare binge drinking. CONTESTI DEL BERE: sembra che il consumo nei giovani avvenga “fuori casa” e lontano dai pasti, associato a OCCASIONI DI COMPAGNIA E SOCIALIZZAZIONE. Nonostante le somiglianze di questo tipo di bere col bere della “cultura asciutta” ci sono molte differenze che rendono il “bere giovanile” non inquadrabile in nessuno dei due modelli classici.

5. L’alcol dei giovani è una droga? Sembra quindi che esista un vero e proprio STILE DI BEVUTA GIOVANILE, che mischia e trasforma i due modelli tradizionali a proprio uso. Questo stile sembra coinvolgere trasversalmente tutti i giovani e giovanissimi, almeno per quanto riguarda l’Europa. Ci si chiede a questo punto, anche per trovare un punto di vista da cui valutare la pericolosità di questo stile giovanile riferito all’alcol, se e in che modo l’alcol sia classificabile come droga. In Italia e negli altri Paesi di tradizione “bagnata”, è difficile considerare l’alcol come una droga, proprio per il suo forte legame con la tradizione e la convivialità. Ci sono varie proposte di inquadramento e classificazione dell’alcol. Baiocco propone di classificarlo come “sostanza dopante”, perchè aggiunge “euforia” alla vita normale, allo scopo di AFFRONTARE MEGLIO LA REALTà (esattamente l’opposto della droga, che tipicamente è associata a un rifiuto della realtà stessa). Il problema di questo ragionamento è che rimanda a una “truffa”, quindi a qualcosa di illecito o dannoso non di per sé, ma a seconda del contesto in cui viene utilizzato (nello sport). L’alcol invece è tollerato sia a livello normativo che a livello etico, quindi non può essere etichettato con questa parola. La distinzione LICEITàSCOPO, invece, inquadra l’alcol come DROGA RICREATIVA LEGALE, al pari del tabacco.

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Si ritiene che sia importante, per classificare l’alcol come droga, tenere conto di come esso viene visto da chi lo consuma, e in particolare dai giovani. In questo senso, sicuramente c’è una ricerca della sostanza per le sue proprietà “intossicanti”, ovvero quelle che portano all’ubriachezza. Cambia quindi il valore d’uso della sostanza, soprattutto rispetto a quello “alimentare” della cultura bagnata. Bisogna quindi tenere conto anche di questo cross-over culturale. Inoltre, bisogna considerare le motivazioni SOCIALI che spingono i giovani a consumarlo: l’uso è RICREATIVO, SOCIALIZZANTE, con la funzione di INTEGRAZIONE SOCIALE. Allo stesso tempo, oltre che al punto di vista dei giovani, bisogna tenere conto del contesto sociale più ampio. La conclusione di queste quattro pagine di stronzate è esattamente la conclusione della prima pagina del libro, ovvero che bisogna considerare l’alcol come “fatto sociale totale” e tenendo conto di questo, ci si riferirà al fenomeno dell’alcol fra i giovani in modo idealtipico, scegliendo come valore d’uso quello INEBRIANTE E SOCIALIZANTE. La poliassunzione È l’assunzione simultanea o sequenziale di due o più sostanze. Normalmente le sostanze implicate sono alcol, tabacco, cannabis, ma possono essere anche droghe più pesanti. L’alcol, per la sua diffusione e ampia disponibilità, costituisce normalmente la base delle combinazioni fra i giovani. La poliassunzione contemporanea ribalta il modello di visione classica dei sistemi socio-politici nei confronti delle droghe: la droga era sempre intesa come dipendenza, quindi un drogato era dipendente da UNA sostanza, ed era un emarginato, un deviante. Invece la poliassunzione mostra come spesso non ci si trova di fronte a drogati, ma a soggetti che assumono sostanze diverse senza esserne dipendenti nel senso “classico” del termine, con finalità di divertimento e di socializzazione (quindi si parla di integrazione più che di emarginazione). Leggere i fenomeni della poliassunzione secondo un’ottica epidemiologica e medicalizzante li rende dunque INCOMPRENSIBILI: bisogna piuttosto osservare la nuova impostazione culturale giovanile rispetto alle droghe, per poterne comprendere il significato sociale. Anche in quest’ottica, ci si rende conto che l’alcol non è visto, dai giovani, come “droga”. Anche in questo caso è una REALTà SUI GENERIS, CORRELATA AD UNA MOLTEPLICITà DI FENOMENI.

2. Dalle statistiche al punto di vista dei giovani: questione delle fonti 1. La ricerca delle fonti Sull’argomento esistono moltissime ricerche, quindi c’è una grande quantità di fonti. Tenere in considerazione le ricerche presenti in letteratura e “citare le fonti” ha molte funzioni: sapere in che contesto si sta operando e dichiararlo, riconoscere l’attività intellettuale altrui, utilizzare informazioni già assodate come linee guida, inserirsi come nuova ricerca da cui poter attingere, confrontare le fonti con le proprie ipotesi. Il criterio fondamentale utilizzato per raccogliere dati sull’alcol e i giovani è la FREQUENZA: quanto si beve e in quanto tempo. Si parla di STATISTICHE QUANTITATIVE. Sono ordinate, secondo la proposta di tale Voller, in 3 categorie. Quasi tutte le statistiche sono raccolte tramite indagini il cui strumento principale è il QUESTIONARIO. -

FONTI STATISTICHE DI BILANCIO NAZIONALE: Nel caso di interesse, sono DATI DI INVENTARIO ALIMENTARE pubblicati annualmente dall’Istat (quindi ci si rivolge all’Italia). Si raccolgono dal 1861, quindi sono utili in due sensi: uno DIACRONICO, per il confronto delle statistiche con anni precedenti, e l’altro SINCRONICO, per il confronto di statistiche dello stesso anno con statistiche provenienti da altri Paesi. Si tratta sempre di INFORMAZIONI DI SECONDO LIVELLO, quantitative, non riferite agli stili di consumo dei singoli, ma piuttosto all’AMMONTARE MEDIO DEL CONSUMO. Queste fonti hanno anche dei limiti per il loro uso in ambito sociologico, perchè nascono con lo 4

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scopo di inquadrare il consumo in termini medi eattraverso un’indagine di stampo economicista, trascurando sesso, età, variabili soggettive. Ci si riferisce all’INTERA POPOLAZIONE, senza altre restrizioni. STATISTICHE DERIVATE DA INDAGINI CAMPIONARIE NAZIONALI: sono di 4 diversi tipi: o ABITUDINI E STILI DI VITA DELLE FAMIGLIE: derivano dalle “INDAGINI MULTISCOPO SULLE FAMIGLIE” condotte dall’Istat dal 1993 a oggi. I consumi di bevande alcoliche sono inquadrati fra i consumi di bevande in generale. Danno indicazioni sulle modifiche macrostrutturali del fenomeno nel tempio, anche se è difficile comparare fra loro le statistiche riguardo all’alcol visto che lo scopo primario dell’indagine si distacca dalla fonte particolare che interessa a noi. o INDAGINI CAMPIONARIE DELL’ISTITUTO NAZIONALE DELLA NUTRIZIONE: campione più ristretto rispetto a quello dell’Istat e geograficamente più localizzato. Anche qui il consumo di alcol è compreso all’interno dei più generici consumi alimentari. Tuttavia, i metodi con cui viene condotta questa indagine risultano più precisi e affidabili di quelli dell’Istat. o INDAGINI SUI CONSUMI DELLE FAMIGLIE: altra indagine dell’Istat, condotta dal 1968, si riferisce alla spesa per beni e servizi delle famiglie italiane. In questo senso, esclude i consumi fuori casa. Per quanto riguarda l’alcol, si ocncentra sul consumo di vino, la bevanda generalmente più indicata dalle famiglie come alcolico comprato, quindi derivato da una spesa famigliare. o INDAGINI SULLO STATO DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE E SUL RICORSO AI SERVIZI SANITARI:Sempre dell’Istat, a partire dagli anni ’80. Questa differisce di molto dalle altre, intanto perchè fornisce DATI INDIVIDUALIZZATI, tenendo conto di GENERE, ETà, TITOLO DI STUDIO E PROFESSIONE. Allo stesso tempo, forse anche proprio a causa di questa individualizzazione, è praticamente impossibile uniformare i dati sui consumi di alcol, perchè vengono espressi con unità di misura non comparabili (“bicchierini” di liquore”, “quartini” di vino, eccetera). ALTRE INDAGINI: o RICERCHE CONDOTTE PER CONTO DELL’OSSERVATORIO SUI GIOVANI E L’ALCOL: target specifico riferito a giovani e giovanissimi. L’alcol è l’oggetto diretto dell’indagine, e viene inteso non come alimento ma COME SOSTANZA. Interesse anche alle opinioni e agli atteggiamenti personali dei bevitori. o INDAGINI DI MERCATO: svolte da enti PORTATORI DI INTERESSI PRIVATI (aziende), che rendono i risultati di scarsa credibilità. o INDAGINI LOCALI AD HOC: ricerche a base contestuale definita e limitata. Servono più che altro all’interno del contesto specifico in cui sono state svolte, per confrontare i risultati con il panorama più ampio delle statistiche nazionali, e valutare qual è la tendenza.

Questo elenco comprende sia ricerche che danno informazioni senza tenere conto del contributo “diretto” del soggetto nella loro creazione, sia ricerche che invece “chiedono direttamente” le informazioni alle persone, che quindi le costruiranno a partire dalla loro individualità.

2. Districarsi tra le diverse fonti sull’alcol: una proposta operativa Riprendendo dati statistici, bisogna sempre tenere conto che si sta faceno un’OSSERVAZIONE DI SECONDO LIVELLO, perchè ci si rivolge a informazioni raccolte da qualcun altro, con un obiettivo diverso dal proprio. In questo senso, servono per CO-ISTITUIRE NUOVE INFORMAZIONI, PER UNA NUOVA OSSERVAZIONE. Per poter riprendere le fonti, dunque, bisogna sempre chiedersi da dove esse vengano e come siano state raccolte, per evitare interpretazioni sbagliate che, di conseguenza, porterebbero alla co-istituzione di informazioni di base per la nuova ricerca sbagliate anch’esse. 5

Per poter dunque OPERATIVAMENTE riprendere le fonti, al fine di costruire le basi per un lavoro nuovo, è importante valutare a fondo tre aspetti: -

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SCOPO PRIMARIO: QUESTIONE DI VALIDITà DELLE FONTI: bisogna verificare qual è lo scopo specifico di uno studio che ha rilevato dati riguardanti il consumo di bevande alcoliche. Gli obiettivi di questi studi possono essere vari, spesso riguardanti un modo di interpetare l’alcol: USI E COSTUMI ALIMENTARI DELLE BEVANDE, USO DI ALCOL COME DROGA, EFFETTI DETERMINATI DAL CONSUMO DI ALCOL, EFFETTI ACUTI, EFFETTI CRONICI. Ad esempio: una ricerca condotta con lo scopo di indagare in termini quantitativi gli effetti a lungo termine del consumo di alcol, poco ci dice riguardo ai CONSUMI MEDI di una popolazione. Allo stesso modo, una ricerca condotta con lo scopo di determinare la quantità media di alcol consumato da un ca...


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