Riassunto Amenta Gestire il disagio a scuola PDF

Title Riassunto Amenta Gestire il disagio a scuola
Course Pedagogia Del Disagio E Della Marginalità
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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GESTIRE IL DISAGIO A SCUOLA Di Giombattista Amenta

CAPITOLO 1: IL DISAGIO NEI CONTESTI EDUCATIVI Il termine disagio ha cominciato ad affermarsi intorno alla fine degli anni ’70. Il concetto si presenta inizialmente povero di contenuti specifici ed impiegato per esprimere la perdita di rilevanza delle problematiche giovanili e la consapevolezza del fallimento del grande disegno sociale e politico concepito dalle generazioni sessantottesche e post sessantottesche. Successivamente l’attenzione viene focalizzata sui vissuti che accompagnano il disagio durante i momenti di crescita verso l’età adulta. Parallelamente alla crisi dei concetti di devianza e di marginalità che si erano impoveriti, quello di disagio viene preferito sempre più perché considerato meno connotato ideologicamente e più adatto ad essere applicato ad una ampia maggioranza di individui. Va precisato che molti disagi risultano “trasversali” ed altri, che si individuano soltanto in età giovanile, scaturiscono da percorsi avviati molti anni prima e gettano le loro radici in momenti decisamente antecedenti. 1. DEFINIZIONE DI DISAGIO Il disagio è inteso come esperienza strettamente personale e soggettiva da cui possono derivare dei segni osservabili e rilevabili dall’osservatore e dall’interlocutore. Etimologicamente il termine è costituito dal prefisso “dis”, che indica negazione e dalla parola “agio” che significa giacere presso. Il termine designa la condizione di chi vive ai margini , si sente escluso, isolato, lontano dagli altri e da se stesso. Nei dizionari socio-pscio-pedagogici, il termine risulta usato come sinonimo di disadattamento e di devianza, e nelle scienze psicologiche è usato per indicare uno stato soggettivo e generico di sofferenza psichica. Nell’ultimo decennio, l’uso del termine ha visto una diffusione crescente come categoria descrittiva della condizione giovanile. Secondo le descrizioni più usate della psicopedagogia italiana, il disagio è inteso: 1. come sintomo dell’incapacità e dell0impossibilità del soggetto di trovare soluzioni soddisfacenti e coerenti alla propria identità rispetto a ciò che è percepito come possibile e ciò che è percepito come radicalmente negato dalla società 2. come incapacità di tollerare e di gestire la complessità e di sostenere il peso della precarietà, della flessibilità e dell’eccessiva aleatorietà che caratterizzano la società attuale a livelli di valori e di possibilità da parte dei soggetti dotati di identità fragile.

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3. come sintomo di una domanda non patologica dei problemi psicologici ed affettivi, delle difficoltà familiari e relazionali, delle difficoltà scolastiche, del malessere esistenziale legato alla costruzione dell’identità. 4. come espressione della difficoltà di assolvere ai compiti evolutivi richiesti dal contesto sociale per conseguire l’identità e le abilità necessarie per gestire le relazioni quotidiane. 5. come risultato della difficoltà a gestire la complessità e a far fronte alle contraddizioni legate ai processi di socializzazione e di maturazione verso l’età adulta. La parola disagio è usata per comprendere significati e sfumature variegate e si riconduce ad una base oggettiva che si identifica con l’ammontare delle inadempienze, dei rinvii, degli inganni di cui i giovani sono stati oggetto privilegiato negli ultimi anni; comprende un vissuto soggettivo che implica un ampio ventaglio di elementi: percezioni, sentimenti, valutazione, bisogni e domande che contengono in ogni caso una sofferenza sommersa. Le definizioni proposte prediligono un approccio descrittivo più che interpretativo del disagio e si individuano alcuni elementi chiavi: il disagio indica comportamenti e atteggiamenti non patologici, indica un malessere diffuso legato a difficoltà e problemi derivanti dai compiti evolutivi, dalle contraddizioni e dalla complessità relative alla relazione individuo-società complessa. Altra tendenza diffusa è quella di usare il concetto di disagio ed altri fenomeni non sempre identici: disadattamento, frustrazione, stress, emarginazione, marginalità, devianza. Disagio è usato come un termini ombrello per indicare una condizione esistenziale caratterizzata da incertezza, da precarietà. Rischio: si intende una situazione in cui vengono negate, frustrate o mortificate le opportunità di soddisfazione dei bisogni fondamentali della persona. 2. CARATTERIZZAZIONI E FORME 2.1 I LIVELLI NELLA RIVELAZIONE DEL DISAGIO Una prima distinzione riguarda le aree in cui si può manifestare il disagio nella vita del soggetto: intrapsichica, interpersonale e sociale. A livello Individuale, si delinea una condizione interiore caratterizzata dalla difficoltà a star bene con se stessi e dentro di sé. A livello Interpersonale, il disagio si manifesta nell’incontro tra persone ( educatore-educando, genitore-figlio) che il soggetto vive con difficoltà da cui deriva: ansia, inquietudine, irritazione, sfida, rabbia. A livello sociale, il disagio origina e si manifesta in tutte le situazioni note come condizioni di svantaggio e di emarginazione ( ad esempio alla nuova povertà: deriva dalla frustrazione dei bisogni primari: identità, espressione personale, di relazione, di realizzazione di sé, di felicità, che portano all’emarginazione)

2.2 DISAGIO OGGETTIVO, SOGGETTIVO, PROCURATO 2

Un primo approccio allo studio del disagio è di tipo SOGGETTIVO: si focalizza sui vissuti psicoesistenziale del ragazzo come : malessere, irrequietezza, insicurezza, frustrazione, senso di impotenza. Questi possono manifestarsi attraverso vari segni divenendo osservabili e misurabili. Questo disagio nasce dalla risposta personale alle diverse situazioni, alle richieste della società, della famiglia. Il 2° approccio è di tipo OGGETTIVO: focalizza l’attenzione sulle situazioni o sulle condizioni di vita che vengono designate come premesse o antecedenti del disagio. Sono disagi legati ad un particolare periodo dello sviluppo, legati alle situazioni che il soggetto abita. Ogni situazione problematica non è mai indifferente. Qualsiasi carenza, deficit, problema, ha degli effetti. La risposta personale, però, risulta notevolmente variabile e diversificata dinanzi allo stesso disagio oggettivo. L’analisi completa del disagio implica l’intreccio dell’approccio oggettivo e soggettivo nei quali può esserci congruenza e incongruenza perché ciascuno ha un sistema cognitivo, una propria storia, degli stili, dei modi di sentire e delle opzioni strettamente personali. Pertanto alcuni rispondono alle situazioni in modo incongruente, inadeguato, altri, invece, fuori misura o esagerato. I percorsi che generano esperienze e risposte incongruenti sono influenzati da una notevole quantità di fattori e di variabili. Il soggetto è convinto che i fattori responsabili di quello che gli accade siano dentro di sé, siano interni piuttosto che esterni. Importante è il ruolo del locus of control, delle attribuzioni, della storia personale e passata, per quanto riguarda il giudizio sui fatti: ATTRIBUZIONI: spiegazioni casuali che il soggetto formula in merito alla relazione tra sé e la situazione e possono variare per “internalità-esternalità” ( il soggetto può attribuire la sua condizione, il suo disagio a cause interne - ad esempio il proprio stile, le proprie capacità- o a cause esterne su cui ha la sensazione di avere poco o nessun controllo –ad esempio fortuna\sfortuna, stanchezza, malattia, menomazione, handicap); “stabilità-instabilità” ( certe cause sono considerate momentanee, provvisorie oppure giudicate durevoli); “controllabilità” ( possibilità percepita da parte del soggetto di poter determinare il proprio destino, di modificare e di guidare la sorte degli eventi. LOCUS OF CONTROL: il soggetto è convinto che i fattori responsabili di quello che gli accade siano dentro di sé, interne piuttosto che esterne. In riferimento del locus of control interno ed esterno, si possono individuare 5 stili, i due più importanti sono: 1) Disfattista, secondo cui ogni tentativo di fronteggiare il proprio disagio viene ritenuto inutile e il soggetto rischia di gettare la spugna chiudendosi nell’inazione. 2) Proattivo, in cui gli sforzi personali sono ritenuti utili ed efficaci per gestire e far fronte al proprio disagio. L’intervento educativo dovrebbe promuovere l’internalità del locus of control dinanzi alle situazioni, agli eventi, agli insuccessi, al disagio. STORIA PERSONALE: influenza il modo di sentire e percepire dinanzi alle situazioni. Spesso può essere poco efficace e fuorviante. In educazione, occorre rilevare e prevenire eventuali comportamenti scenici sia da parte degli educatori che da parte degli allievi. Il rischio è quello di sperimentare e trattare l’educando non per quello che è, ma sulla base di situazioni 3

conflittuali irrisolte non simbolizzate. Questo può avvenire in due modi: 1. Proiettando sugli allievi esperienze personali inconsce (provocazioni, sfide); 2. Reagendo al comportamento degli allievi in modo difensivo ( reazioni esagerate). Per quanto riguarda gli allievi è importante che l’educatore tenga conto che egli stesso può diventare oggetto di proiezioni. In particolare alcuni possono creare con l’educatore una relazione analoga a quella originaria vissuta col padre o con la madre. È importante che l’educatore eviti di assumere atteggiamenti e comportamenti difensivi. 2.3 DISAGIO SINTOMATICO E ASINTOMATICO Un aspetto che caratterizza molti disagi attuali è dato dall’ambiguità. Si può distinguere un disagio sintomatico da uno sommerso. ASINTOMATICO: segnalato con sintomi di vario tipo (tossicodipendenza, alcolismo) SOMMERSO: è sintomatico e meno studiato. Molti disagi si configurano come situazione di apparente normalità: i sintomi sono sfumati, scarsamente vistosi, poco clamorosi. Si moltiplicano anche i fenomeni delinquenziali e di violenza in età precoce, sintomi di disagi asintomatici. Questi richiedono all’educatore una capacità di lettura e di abilità diagnostica molto raffinata per rilevare ed interpretare sintomi travestiti che si mescolano a situazioni apparentemente normali. È necessario partire dalla capacità di decodificare i segnali esterni del disagio non limitandosi alle manifestazioni palesi, oggettive. 3. SUPPOSIZIONI E PROPOSTE INTERPRETATIVE Dinanzi allo stesso disagio di possono individuare cause diverse ed una causa pul determinare effetti differenti e non sempre prevedibili in quanto i fattori correlati sono molteplici e talvolta ignoti. 3.1 PREMESSE, ANTECEDENTI E LUOGHI DEL DISAGIO ANTECEDENTI= premesse che possono aver iniziato dei percorsi che hanno portato al disagio. 3.1.1 RUOLO DELLE DIFFICOLTÁ E DEGLI SVANTAGGI Lo svantaggio fisico è una delle premesse principali di disagio obiettivo. Alcuni studiosi fanno risalire il disagio agli svantaggi connessi alla condizione socio-economica e culturale del soggetto e della sua famiglia, evidenti nell’appartenenza di classe, i livelli di consumo, le opportunità di istruzione, accesso ai sevizi. La marginalità sociale e la povertà sono due fenomeni strettamente connessi al disagio e in certi casi alla violenza.

3.1.2 INCIDENTI NELLA CARRIERA SCOLASTICA La scuola presenta un alto tasso di abbandono precoce correlato al rischio e al disagio. Si distinguono diverse forme: selezione palese, selezione occulta e abbandono scolastico. 4

SELEZIONE PALESE: riguarda quei soggetti ai quali si prelude il passaggio alla classe successiva come ad esempio: bocciatura, provvedimenti disciplinari volti a allontanare l’allievo dalla scuola. SELEZIONE OCCULTA: si permette all’allievo il regolare perseguimento negli studi e l’ammissione alle classi successive. L’abbandono scolastico riguarda quegli allievi che apertamente lasciano la scuola senza arrivare a conseguire il titolo di studio p senza concludere l’anno scolastico. I momenti in cui si manifestano con maggiore clamore le problematiche legate all’abbandono è l’intervallo che va dalla scuola secondaria di primo grado all’ingresso nella secondaria di secondo grado. La scuola deve attrezzarsi adeguatamente per poter rispondere ai bisogni speciali, al disagio, alle difficoltà della popolazione scolastica. I soggetti del disagio rischiano di venire frustrati dal confronto con i compagni. La reazione conseguente degli allievi va dal passivo conformismo all’opposizione alle attese della scuola e degli adulti. Quando le agenzie educative non risultano in grado di accogliere il disagio dell’individuo e del rispondervi efficacemente, alcuni si rivolgono alla strada come luogo di fuga. La strada è un luogo in cui ci si rivolge per avere risposte al proprio disagio, un luogo meno esigente rispetto alla scuola o alla famiglia. Viene considerata come una famiglia adottiva a cui si chiede sostegno, cura, protezione appagamento di quei bisogni cui né famiglia né scuola sono stati in grado di dare risposta. 3.1.3 LE FRUSTRAZIONI NELLA VITA RELAZIONALE Parecchi antecedenti del disagio originano da difficoltà relazionali in particolare di quelle familiari (presenza di conflitti, separazioni, divorzi) da cui derivano frustrazione e stress per i membri del sistema. Nelle famiglia incomplete o in cui i genitori sono assenti, le problematiche riguardano l’abbandono, violenza, abuso, trascuratezza fisica e affettiva che danneggiano i minori. 3.2 IL DISAGIO FRA DISADATTAMENTO E IPERADATTAMENTO. I soggetti del disagio sintomatico e sommerso sono accomunati dalla medesima difficoltà a integrarsi in quanto le competenze richieste dalla società sono complesse. Essi, sono tenuti ad assumere orientamenti e logiche diverse, a seconda dei sottosistemi a cui intendono appartenere ( famiglia, scuola, lavoro) Il disagio in tal senso nasce dalla carenza nella capacità adattiva alle logiche e ai criteri che caratterizzano i vari sottosistemi. La questione è stata approfondita dalla psicopedagogia che ha visto pone l’accendo sui deficit del soggetto ed ai processi transazionali tra individuo e strutture sociali. Dagli anni ’50 ad oggi, si è passati da un approccio che vede il comportamento come funzione della personalità del soggetto, ad un approccio che considera il comportamento, risultante dall’interazione tra personalità e ambiente. 5

Piaget: parla di adattamento inteso come equilibrio dinamico tra assimilazione ed accomodamento. VEDI DAL DISAGIO ALLA RINASCITA DEL SÉ: adattamento, disadattamento, conformità, analisi transazionale. 3.3 DISAGIO, VIOLENZA, ABBANDONO “Cultura della Morte”: (es. aborto) esistono alcuni fattori che ruotano attorno alla perdita del senso di sacralità e di inviolabilità della vita umana. Si parla della cultura dell’abbandono, che vivono rapporti superficiali con i genitori perché affidati ad altri. I bambini sono invitati ad assumere precocemente i ruoli tipici degli adulti e a smettere di essere bambini; indifferenza per il bambino come persona; abusi; violenza; sono il risultato di disagi e l’unica strada da percorrere è la fuga. Ciò comporta una società regolata dal binomio generatività-stagnazione: GENERATIVITÁ: atteggiamento volto a creare, prendersi cura e guidare i figli e le nuove generazioni. Quando la generatività risulta carente si possono affermare forme di STAGNAZIONE e di impoverimento personale. 3.4 DISAGIO E FRUSTRAZIONE DEI BISOGNI. Esistono diversi tipi di approccio che hanno studiato il disagio: negli anni '50-'60, l'approccio clinico privilegiava una lettura intrapsichica nello studio del disagio, si sono recuperate le interpretazioni che consideravano, oltre ai dinamismi interni della personalità, anche il contesto sociale e ambientale. L'esperienze soggettiva di patimento come esito dell'insoddisfazione e della privazione è considerata una delle maggiori costanti che accompagnano il disagio che sottende sempre a presenza di bisogni insoddisfatti. I protagonisti, vivono una situazione di tensione, di bisogno, di necessità, che incontra limitazioni, dinieghi da parte del mondo e del sociale piuttosto che accoglienza, ascolto, risposta positiva. A seconda dei bisogni frustrati o insoddisfatti si possono distinguere diversi tipi di disagio: quando ci si riferisce alle nuove opportunità, il disagio è derivante dalla frustrazione dei bisogni di tipo primario e agli spetti qualitativi essenziali legati alla vita. quando si parla di Emarginazione, il bisogno frustrato è quello di integrazione, di appartenenza. quando si parla di disagio esistenziale, il riferimento va alla frustrazione del bisogno di autorealizzazione, di dare un senso alla propria vita. Alcuni studiosi pongono attenzione ai bisogni formativi. Una risposta inadeguata a tali esigenze determina la condizione di soggetto a rischio, marginale, isolato. I bisogni dei minori sono ritenuti oggetto di insensibilità e indifferenza al punto di parlare dei giovani come Esseri invisibili. Molti atti vandalici vengono concepiti come modalità di recuperare e di soddisfare il diritto e il bisogno di esseri e di essere visti.

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L'individuazione e la determinazione dei bisogni educativi sono momenti fondamentali della programmazione educativa perchè su di essi vanno progettati gli obiettivi. Pertanto occorre tener conto del singolo e dell'ambiente esterni. Il bisogno in campo educativo nasce dalla discrepanza di come le cose dovrebbero essere o come si vorrebbero che fossero e come di fatto sono. Il bisogno deriva da uno squilibrio che origina dal raffronto tra situazione reali e quella ideale. Un modello di riferimento per comprendere il rapporto tra frustrazione de bisogni e di disagio è quello proposto da WEISS: dietro al disagio e la sua espressione si può individuare qualche bisogno frustrato a volte in modo persistente e cronico. Secondo il modello, l'espressione naturale e spontanea del bisogno è il passo iniziale e naturale per ogni individuo. Giunto alla consapevolezza del soggetto, il bisogno viene appagato oppure no. Nel primo caso la persona, rimane in una posizione sana ed è libera di occuparsi del bisogno successivo. Se, il bisogno rimane frustrato, il soggetto può reagire manifestando, a seconda dei casi, collera, paura o tristezza. In base a questo schema, nella gestione del disagio nei contesti educativi il primo passo è quello di individuare ed accogliere i bisogni dell'educano. Il soggetto portatore di disagio, non avendo totale consapevolezza di sè, dei bisogni, dei conflitti, dei problemi, dei blocchi, ricorre ai mezzi di cui dispone per comunicare e per esprimersi. Ricorre ad una situazione complessa: disturba, non studia, usa parolacce, picchia i compagni. Si tratta del suo modo di esternare il disagio. (es. nei bambini neonati il disagio si esprime con il pianto). Occorre decodificare il disagio attraverso la capacità Empatica in modo tale da cogliere cosa c'è dietro il disagio. 3.5 QUALI I BISOGNI E I PERMESSI NEGATI Trattando di bisogni si può distinguere tra processo e contenuto. CONTENUTO: diventa centrale la questione relativa a quali sono i bisogni le necessità che risultano inascoltati. PROCESSO: si presta maggiore attenzione ai dinamismi psicologici coinvolti, dal momento in cui un bisogno viene percepito fino alla sua soddisfazione o alla sua frustrazione e quali sono le opzioni una volta che i bisogni vengono soddisfatti o ripetutamente non soddisfatti. Quali sono i bisogni e i permessi che l'educatore può supporre e scoprire al di lò dei sintomi del disagio? PERMESSO DI ESISTERE: o di appartenenza è fondamentale perchè l'inserimento, l'integrazione, che si ripresentano in molte occasioni la rievocano e la riattivano ( es. bambino che entra in un nuovo gruppo, nuova classe, rievocano dinamiche del permesso di esistere e di appartenenza avute in passato) NON ESSERE INTIMO: viene appreso con l'interazione delle figure significative. La capacità di integrarsi e la scelta di appartenenza al sistema familiare prima, ad altri sistemi poi, sono influenzati alla presenza del permesso di essere intimi insieme a quello di esistere nel copione del soggetto: Il soggetto a cui tali permessi sono stati negati può decidere di non appartenere isolandosi. 7

NON ESSERE PICCOLO: Bowlby aveva messo in evidenza come dietro a casi di violenza si ritrovano relazioni rovesciate o invertite in cui al figlio è richiesto di comportarsi come se fosse lui il genitore o come se fosse molto più grande di quello che è.

Capitolo 2: Comprendere e gestire il disagio ...


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