Riassunto Il teatro d\'opera a Parma PDF

Title Riassunto Il teatro d\'opera a Parma
Author Chiara Tamboroni
Course Storia del Teatro musicale
Institution Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Pages 29
File Size 573.4 KB
File Type PDF
Total Downloads 69
Total Views 128

Summary

Download Riassunto Il teatro d'opera a Parma PDF


Description

IL TEATRO D’OPERA A PARMA: Quattrocento anni, dal Farnese al Regio – Marco Capra 1. IL TEATRO D’OPERA A PARMA Alla fine del 1628 quando si inaugura il teatro Farnese, quasi da trent’anni un nuovo tipo di spettacolo circola in alcune delle principali corti aristocratiche italiane. Il suo nome non era ancora “opera”. Con questo termine generico si intendono diverse forme di espressione spettacolare variamente definite accomunate dal fatto di presentare un’azione drammatica compiuta in cui la musica ha un ruolo fondamentale. Si userà il termine opera anche per definire quelle azioni spettacolari con musica dei primi decenni del seicento che ancora non configurano un genere teatrale musicale con caratteri univoci e definiti. La storia dell’opera affonda le sue radici nel secolo precedente, quando in ambienti aristocratici e anche a Parma già si coltivano forme di rappresentazione (intermedio: azione scenica cantata e danzata che viene inserita tra gli atti di un dramma recitato, rappresentante una situazione statica; favola pastorale: dramma recitato, di ambientazione bucolica che contempla danze e musiche) in cui la musica sottolinea o accompagna la vicenda drammatica. Il teatro dei farnese diventa quasi l’emblema di un’epoca in cui lo spettacolo aristocratico comincia a esprimersi anche in luoghi riservati, chiusi e appositamente costruiti. Il teatro voluto dal duca Ranuccio I racchiude in sé e amplifica tutti i caratteri dello spettacolo aristocratico e si apre all’insegna di un grande evento nel quale la musica svolge un ruolo fondamentale. Questo avviene quando altrove sta maturando il passaggio dalla dimensione aristocratica delle origini a quella pubblica e borghese. 2. LA MUSICA ALL’EPOCA DEI FARNESE I Farnese La famiglia dei Farnese è passata alla storia per il ruolo di mecenate di artisti e committente di opere architettoniche grandiose: Palazzo Farnese e la chiesa del Gesù a Roma, Palazzo Farnese a Viterbo, e a Parma la Residenza Ducale, la Cittadella, il Palazzo della Pilotta, il teatro, varie chiese, la trasformazione del castello di Colorno in villa ducale. Le origini del casato risalgono al X sec. Uomini d’arme, s’inseriscono nella nobiltà romana con Ranuccio il Vecchio e soprattutto con i suoi figli, Pier Luigi e Gabriele Francesco. Figli di Pier Luigi sono Bartolomeo, Alessandro e Giulia. Il secondo ascende al trono pontificio nel 1534 con il nome di Paolo III. Nel 1545 il papa crea per il figlio Pier Luigi il ducato di Parma e Piacenza. A Pier Luigi succede nel 1547 il figlio Ottavio,

sposo di Margherita d’Austria, che aggiunge al territorio del ducato Guastalla. A Ottavio succede nel 1586 Alessandro, che sposa Maria di Portogallo. Gli succede Ranuccio I. Alla sua morte diventa duca Odoardo che nel 1628 sposa Margherita di Cosimo II de’ Medici. Il successore è Ranuccio II e poi il figlio Francesco. Alla sua morte gli succede il fratello Antonio, che sposa Enrichetta d’Este. Morto Antonio senza prole, la nipote Elisabetta, sposa di Filippo V di Borbone re di Spagna, ottiene per il figlio don Carlos la successione. Il ducato passa così al casato dei Borbone. Nel ducato dei Farnese (1545-1731) la pratica musicale con intenti artistici è legata soprattutto ai tre luoghi consueti: la chiesa, il palazzo, il teatro. L’ambito ecclesiastico e quello della corte si riassumono nell’attività di tre cappelle musicali, legate a grandi individualità: il fiammingo Cipriano de Rore e Claudio Merulo. Il primo periodo del ducato farnesiano coincide con straordinari fenomeni musicali: è l’epoca matura del madrigale; l’epoca dello sviluppo della musica strumentale; l’epoca dell’affermazione dello stile monodico (canto solistico accompagnato da strumenti) e dei presagi di quello che sarà il teatro musicale. Questi fenomeni alla corte di Parma si traducono nella predilezione per gli strumenti a corda (liuto). La vocazione mecenatesca dei duchi e la predilezione per la musica è testimoniata dalle numerose dediche di edizioni di compositori insigni. Del 1600 è il teatro che prende il sopravvento. Nel 1628 si apre il teatro, poi denominato Farnese; nel 1656 vede la luce il Teatro di Santa Caterina nel Collegio dei Nobili; nel 1673 il Teatro Ducale della Racchetta; nel 1687 viene inaugurato il Teatro ducale; nel 1689 infine si inaugura il teatrino di corte progettato da Lolli nel Palazzo della Pilotta, a fianco del Farnese. 3. IL TEATRO DEI FARNESE Il teatro e la festa Il teatro può essere considerato l’emblema dell’epoca barocca: è il punto in cui si incontrano il gusto, l’arte, la tecnologia messi al servizio della visione del mondo e della volontà di autorappresentazione della classe dominante. In occasione di particolarissime e straordinarie circostanze celebrative e dei festeggiamenti che le accompagnano, il vero teatro è lo spazio urbano: cortei, processioni, spettacoli pirotecnici, gare, tornei, battaglie navali trasformano il volto della città, che si mostra addobbata da scenari effimeri, in legno e cartapesta, raffiguranti squarci architettonici o ambientazioni naturali, e che vengono animate da strutture, macchine e ordigni che mettono in risalto le straordinarie risorse della tecnologia ingegneristica e idraulica dell’epoca.

Le feste sono un vero e proprio strumento di governo: rappresentano i rapporti di potere, celebrano le virtù e la magnificenza del sovrano, ribadiscono e rafforzano la sua legittimità dinastica. A questa spettacolarizzazione del potere, che si svolge soprattutto all’aperto, se ne affianca una più riservata all’interno di veri e propri teatri. In questi luoghi chiusi e specializzati, si concentra e si assesta quella vocazione teatrale che fino ad allora si è espressa soprattutto in luoghi aperti e non espressamente dedicati a quella funzione. Gli eventi festivi ospitati in veri e propri teatri assumono una fisionomia particolare per il ruolo che la musica vi esercita. Dall’inizio del 1600 alla seconda metà del secolo successivo, si è sviluppato un genere teatrale nel quale la musica non ha una mera funzione di complemento all’azione ma ne determina la forma e lo svolgimento: l’opera. L’opera e il teatro Farnese L’opera nasce in un contesto suntuoso e riservato nell’ambito di alcune corti e ambienti aristocratici italiani: Firenze, Roma, Mantova, Ferrara in particolare. Si tratta di eventi unici e straordinari destinati a celebrare circostanze molto speciali legate al potere e alla casata dominante. Il committente è colui che detiene il potere e il destinatario è un pubblico molto selezionato di suoi pari. Lo scopo è quello di manifestare la propria magnificenza. Lo spettacolo deve quindi essere ricco, fastoso e memorabile. Occorre un apparato promozionale nel quale rientrano le descrizioni di viaggiatori, ambasciatori, dignitari, sia i componimenti dei poeti di corte si la stampa delle scene e delle musiche. Sono eventi unici e eccezionali e non replicabili. L’unicità e la rarità degli eventi non richiede la predisposizione i edifici o strutture definite e stabili. Talvolta il luogo che li ospita è casuale, all’interno di edifici destinati a altre funzioni o all’aperto; altre volte è un teatro. Così è per il Teatro Farnese, iniziato nel 1618 dal duca Ranuccio I per la visita di Cosimo de’ Medico, ma ultimato dieci anni più tardi per le nozze del figlio Odoacre con Margherita de’ Medici. L’occasione richiede un apparato multiforme che accanto all’inaugurazione del teatro comprenda altri eventi spettacolari e festivi. Tra questi ha particolare rilievo l’attività di un teatro provvisorio eretto nel cortile di San Pietro Martire, nell’area del Palazzo della Pilotta. Al secondo piano dello stesso palazzo sorge il teatro, effimero nelle intenzioni, come dimostra la labilità dei materiali di costruzione e progettato da Giovanni Battista Aleotti. Il sovrintendente degli allestimenti teatrali è il marchese Enzo Bentivoglio. L’inaugurazione avviene il 21 dicembre 1628 con il suntuoso “torneo regale” Mercurio e Marte, con versi di Claudio Achillini e musiche di Claudio Monteverdi.

Nei cento anni successivi all’inaugurazione del teatro, esso verrà utilizzato in rarissime occasioni, tutte legate a eventi di particolare significato politico o dinastico, per poi scivolare verso il degrado, fino alla parziale ristrutturazione del 1913, in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita di Verdi, e alla ricostruzione dopo il bombardamento aereo del 1944 che distruggerà gran parte della struttura lignea, risparmiando quella muraria e gli affreschi che la decorano. Mercurio e Marte : un programma di governo Sono gli aspetti legati all’esecuzione musicale di questo “torneo regale” ad attirare la nostra attenzione, trattandosi di soluzioni inedite e sperimentali. È la vastità dello spazio a creare i maggiori problemi, insieme alla necessità di accordare il suono degli strumenti e delle voci con i movimenti e i rumori delle macchine sceniche. Si decide quindi di dotare i clavicembali di canne a mo’ di megafoni amplificatori del suono e di costruire una struttura sulla zona del proscenio, a livello della platea, destinata a accogliere strumentisti e cantori, riparandoli sia dalla vista del pubblico sia dall’acqua della naumachia. Proprio per questa struttura, la descrizione ufficiale dello spettacolo usa il termine “orchestra”. I gruppi di strumenti in azione nel grande spazio teatrale sono cinque: due sopraelevati, dentro alle balaustre cingenti le statue equestri che sormontano le porte laterali della sala, due all’interno del proscenio e l’ultimo residente nell’orchestra. Tra i cantori, la più importante è Settimia Caccini, sorella della più celebre Francesca e figlia di Giulio, il padre dello stile del “recitar cantando”, alla base del linguaggio cantato tipico dell’epoca. Al di là della finalità artistica e anzi di essa servendosi come strumento di rara efficacia, lo spettacolo ha quale scopo principale la glorificazione del duca, come si conviene a tutti gli eventi apparecchiati per le celebrazioni. Il titolo dell’opera-torneo mette in chiaro i termini della questione: mercurio, nelle vesti di maestro della retorica, e Marte, personificazione delle arti della guerra, si contendono il favore del duca Odoardo. La vicenda ruota attorno allo scontro tra le divinità e ciò che esse rappresentano. Il duca ed esponenti delle famiglie aristocratiche della città partecipano allo spettacolo impersonando se stessi in un contesto favoloso, popolato da divinità, allegorie e mostri mitologici. La vicenda trae motivo dal desiderio della dea della discordia di turbare la generale festosità che circonda le nozze ducali. Poiché Marte intende conferire al duca l’alloro di grande condottiero e uomo d’armi, opponendolo a 4 squadre di cavalieri impersonati da esponenti delle principali famiglie di Parma, Mercurio, fomentato dalla Discordia, opera nel tentativo di distogliere il duca

dalle armi e indirizzarlo agli studi. Per ottenere lo scopo, fa segregare le 4 squadre di uomini armati e confina Odoardo in una rocca fortificata in fondo al mare. A Marte non resta che chiedere aiuto alle altre divinità per liberare i partecipanti al torneo e consentire al duca di dimostrare il suo valore e affermare la supremazia della casata. La vicenda si scioglie attraverso una serie sorprendente di avvenimenti prodigiosi che conducono alla liberazione del duca e delle prime tre squadre di guerrieri, che possono confrontarsi così con il duca stesso uscendone sconfitte. Il gran finale riguarda la liberazione dell’ultima squadra, imprigionata nel ventre di mostri marini. Per l’occasione, viene in soccorso di Marte il dio del mare, Nettuno. Al suo comando, un flusso d’acqua irrompe nella platea che non è occupata dal pubblico ma viene utilizzata quale naturale estensione del palcoscenico. L’acqua trasforma lo spazio in un mare popolato da creature marine semoventi che rappresentano i mostri nei quali Mercurio ha imprigionato i cavalieri dell’ultima squadra. L’intervento di Nettuno libera i cavalieri, che possono così misurarsi col duca uscendo sconfitti. La “neumachia”, al contrario di quanto sembrano suggerire le descrizioni dell’epoca, che parlano in effetti di allagamento, viene ritenuta da alcuni studiosi non un vero e proprio allagamento ma solo una combinazione di giochi d’acqua spettacolari. È comunque l’applicazione in sede teatrale delle stesse risorse tecniche che l’ingegneria idraulica già applicava nelle fontane monumentali. Dopo il colpo di scena dell’allagamento, la tensione si stempera e lo spettacolo si chiude con l’apoteosi finale, in cui Giove precipita la Discordia all’inferno e riporta l’armonia tra Mercurio e Marte, sentenziando che la guerra e lo studio devono concorrere insieme alla gloria del duca. La conclusione sancisce quella stessa unione ideale di arti della guerra e dello spirito che all’epoca configura un genere rappresentativo specifico: l’opera-torneo. Allo stesso concetto, a differenza di quanto viene in genere sostenuto, si riferisce la dedica del teatro a divinità della guerra e delle arti estetiche: “Bellonae ac Musis Theatrum” (Bellona: divinità romana legata alla guerra; le Muse: protettrici delle arti). L’idea del contrasto e quindi della contesa tra posizioni opposte e in partenza inconciliabili e poi della loro provvidenziale ricomposizione finale è all’origine dell’argomento della vicenda, che rappresenta due conflitti: uno, di significato politico, che oppone il duca a contendenti che minacciano la sua supremazia; l’altro, che oppone Mercurio e Marte. Si tratta dell’espressione di un programma di vita e di governo che accomuna il vecchio duca Ranuccio I e Odoardo. È immagine di un principe ideale che si affida in ugual modo alla forza della spada e a quella dell’ingegno, dell’arte e della cultura.

4. LA SCENA BAROCCA: “IL BIBIENA” Durante il rinascimento l’architetto è l’autore principale dell’allestimento scenico in quanto la scena consiste in una costruzione fissa raffigurante un ambiente esterno e la soffitta del palcoscenico rappresenta il cielo. In alcuni teatri la scena è addirittura immutabile. A poco a poco la scena si fa mutevole e più complessa, con una veduta di fondo (il fondale) e due o più elementi laterali (le quinte) che vengono posti lungo le diagonali della visione prospettica. La prospettiva centrale viene abbandonata a vantaggio di una visione più complessa e sorprendente e la scena diventa un’opera di ingegneria: un apparato in movimento realizzato con strutture girevoli, elementi architettonici che salgono da botole, telari che scorrono dalle quinte o calano dal soffitto o salgono dal pavimento. Il palcoscenico è un congegno assai complicato, con una grande quantità di strutture: la parte superiore è un intrico di passerelle, pianerottoli, ruote, funi, travi, guide, graticci su cui sono montati i congegni che permettono di calare e manovrare dall’altro scene e persone; ai lati del palcoscenico si trovano montacarichi per la gestione delle attrezzature e sotto al pavimento si trovano congegni che permettono di far salire su palco scene, persone, elementi architettonici. Si fa uso di macchine per riprodurre effetti di luce e rumori naturali. Scopo principale della scena barocca è destare la meraviglia e l’ammirazione dello spettatore. Il più insigne e emblematico rappresentante della scenografia barocca, Ferdinando Galli detto “il Bibiena”, è attivo a Parma tra la fine del 1600 e i primi anni del 1700. Diviene architetto alla corte dei Farnese nel 1697 e svolge un ruolo fondamentale come innovatore dell’impianto scenico, attraverso la ricerca di una nuova dimensione spaziale caratterizzata da inedite visioni prospettiche. Nel 1708 abbandona Parma per Barcellona e quindi per Vienna. Si ritira poi infine a Bologna. 5. IL TEATRO DUCALE Il teatro “pubblico” Un nuovo pubblico alla fine del quarto decennio del secolo, nella Repubblica di Venezia, inizia ad appropriarsi dello spettacolo nato in ambiente cortigiano. L’idea di teatro come unico luogo nel quale si svolgono gli spettacoli musicali inizia a nascere con la stessa idea di un teatro virtualmente pubblico. Agli aristocratici si affiancano gli esponenti della borghesia mercantile che costituisce il fondamento economico della Serenissima. E l’opera diviene un oggetto di commercio sottomesso alle regole del mercato. A Venezia, nel periodo di Carnevale del 1637, una compagnia affitta dalla famiglia Tron il teatro San Cassiano e vi rappresenta Andromeda, dramma di Ferrari e musica di Manelli, capi della

compagnia. Nasce così il primo esempio di opera pubblica a noi noto. Da Venezia si diffonde con straordinaria rapidità, tanto che nell’ultimo decennio del 1600 in quasi ogni città italiana esistono o si cominciano a costruire teatri destinati all’opera e all’allestimento di stagioni spettacolari più o meno regolari. Quello che è un investimento economico da parte di una o più persone, per le città diventa motivo di prestigio, di decoro e di utilità sociale e culturale. L’edificio teatrale (il teatro all’italiana) ha una struttura formata da palchetti e caratterizza i nostri teatri fino alla seconda metà dell’ottocento. Abbiamo anche la nascita della figura professionale dell’impresario, che concentra in sé tutte quelle mansioni di natura organizzativa, economica e gestionale che uno spettacolo complesso come quello operistico richiede. La sua prima occupazione è procurarsi un teatro, di solito di proprietà di famiglie aristocratiche, oppure di società di nobili o di accademie o di istituti religiosi e ospedalieri. Nel 1700 per i teatri più importanti l’impresario non paga un affitto ma prende il appalto la sala. Il guadagno è dato dall’affitto stagionale dei palchi, dall’affitto serale dei posti in platea, da un biglietto d’ingresso serale per tutti, dalla possibilità di organizzare giochi d’azzardo. Si aggiunge poi una sovvenzione (dote teatrale) elargita dalla proprietà del teatro. Il contratto d’appalto può stabilire il numero e il tipo delle opere da rappresentare, il numero delle recite, la qualità degli artisti coinvolti e molti altri dettagli. Il vero teatro di Parma Anche a Parma, alla fine del 1687, si inaugura un nuovo teatro pubblico, il Teatro Ducale, che resterà attivo fino ai primi mesi del 1829. Voluto dal duca Ranuccio II, il teatro viene inaugurato con Olimpia placata. L’estrazione degli autori e il fatto che Olimpia placata e Teseo in Atene, titolo successivo di quella stagione, siano rifacimenti di opere veneziane è la prova del ruolo di Venezia nella diffusione e nel radicamento del genere operistico. Il teatro ducale si configura come un teatro “alla veneziana”, sia per la struttura architettonica e la forma gestionale che per la destinazione artistica. Situato nel centro della città e collocato all’interno del Palazzo di Riserva, il ducale è il vero teatro di Parma, laddove il teatro Farnese è chiamato a svolgere la funzione di immagine per la quale è stato creato. È inserito in un contesto architettonico che ne rivela l’esistenza dall’esterno: solo dalla seconda metà del secolo successivo si afferma la necessità di evidenziare la presenza di teatri nel contesto urbano attraverso l’elaborazione di specifiche tipologie architettoniche. All’interno, il teatro ducale è un tipico “teatro all’italiana”: la forma a U, con una platea lunga e stretta, 110 palchetti disposti su 4 ordini con al centro il palco dei duchi e al quinto ordine il loggione. Ospita spettacoli d’ogni genere, secondo una consuetudine che

accosta anche nel corso della stessa serata generi musicali, drammatici, coreutici fino alle forme più svariate di intrattenimento. È via via testimone del trionfo dell’opera barocca italiana e dei suoi protagonisti, dei progetti di riforma importati dalla Francia, dell’avvento dell’opera neoclassica e della irresistibile ascesa di Rossini nel primo ottocento. È proprio agli inizi del crepuscolo rossiniano che il vecchio teatro verrà posto in disarmo, lasciando il campo nel 1829 al Nuovo Teatro Ducale, l’attuale Teatro Regio. 6. L’AFFERMAZIONE DELL’OPERA L’opera ha pian piano acquisito stabilità, continuità, frequenza: è divenuta un genere vero e proprio. Il genere operistico mantiene i caratteri originari degli spettacoli di corte: il riferimento ideale all’antichità classica, l’ambientazione favolosa, il rifiuto al realismo delle situazioni e dei caratteri, l’adozione del canto come li...


Similar Free PDFs