IL Teatro, Eschilo, Sofocle PDF

Title IL Teatro, Eschilo, Sofocle
Author Alice Soldini
Course Greco
Institution Liceo (Italia)
Pages 22
File Size 278.7 KB
File Type PDF
Total Downloads 40
Total Views 125

Summary

Appunti sul teatro greco e i tragediografi Eschilo Sofocle...


Description

IL TEATRO Il teatro è una realtà che coinvolge tutta la Magna Grecia ma un fenomeno tipicamente della città di Atene, poiché le opere pervenute integre sono tutte di autori ateniesi. I generi principali del teatro greco sono: ➔ Tragedia: il cui primo autore è Tespi (ευρετης, iniziatore), i principali sono nel V secolo Eschilo, Sofocle ed Euripide. ➔ Commedia: il cui primo autore è Susarione, i principali sono Aristofane e Menandro. ➔ Dramma satiresco. ➔ Ditirambo. Il teatro si inserisce ad Atene nelle pratiche paideutiche che lo Stato organizza per la formazione della cittadinanza; infatti il teatro ateniese è un fenomeno strettamente politico. E’ espressione della πολις e tutto ciò che fa parte dell’identità dei πολιται. Manifesta la dimensione della pragmaticità che è la caratteristica fondamentale di tutti i generi letterari nella Grecia arcaica e classica. → Noi viviamo in una società di tipo privato, mentre nella πολις il privato non ha quasi rilievo, poiché la vita è definita dall’assetto pubblico dello Stato; l’universo della πολις qualifica la vita dei cittadini. Il teatro infatti nel momento in cui nasce rappresenta un’occasione attraverso la quale il gruppo di Atene prende coscienza della propria identità ad ogni livello. A teatro si andava per imparare, per riflettere e per provare grandi emozioni. Storia: Nasce nel VI secolo, quando si ha il passaggio dalla tirannide alla democrazia con Pisistrato, fu il primo a istituire il festival tragico. Il termine “teatro” viene da Θεατρον, θαομαι, “guardare, vedere”: forma di comunicazione multimediale, oltre al veicolo dell’ascolto c’è il veicolo della visione. La modalità di percezione e ricezione è molto più coinvolgente in quanto si aggiunge la visione. Il teatro è un fenomeno inserito all’interno delle festività religione Dionisiache, tutte legate al culto del Dio Dioniso, forte legame tra il teatro e culto Dionisiaco: ➔ Dionisie: mese elafebolione (marzo, aprile) inizialmente si portavano le tragedie. ➔ Lenee: mese gamelione (gennaio, febbraio) si portavano le commedie. ➔ Antesterie. ➔ Dionisie rurali. Coregie, χορηγία: era una liturgia che consisteva nel finanziare l'allestimento degli spettacoli teatrali di un tragediografo in occasione delle feste liturgiche. Le liturgie erano delle spese nell’interesse collettivo che lo Stato imponeva agli aristocratici (colui che pagava la liturgia era detto corego). ●

Grandi Dionisie: nei giorni precedenti alle Dionisie si teneva il “proagone”, durante il quale i poeti presentavano le opere con alcune anticipazioni. La festa si apriva con il πομπη, processione, durante la quale per rievocare l'originaria introduzione ad Atene del culto di Dionisio, la statua del Dio era portata nell’acropoli per tutte le rappresentazioni. Duravano 5 giorni: i tragici avevano tre tragedie e un dramma satiresco con un vincitore, i commediografi selezionati erano cinque e dovevano portare una commedia a testa.

Nel pomeriggio: agoni ditirambici. Tre giorni: agoni tragici. Un giorno: agoni comici. ● ●

Lenee: venivano selezionati due autori tragici con un’opera a testa e cinque autori comici con un’opera a testa. Dionisie rurali: feste minori, dove venivano messe in scena nuove opere o opere già rappresnetate nelle Grandi Dionisie.

Origini: Nella Poetica di Aristotele, le origini della tragedia, al Ditirambo (canto corale in onore di Dioniso), mentre le origini della commedia, alle Falloforie (canti fallici, legati al simbolo del membro virile eretto, culto di Dioniso). Erano entrambe legate alla dimensione religiosa del culto Dionisiaco. La struttura della tragedia: Aristotele nella Poetica riporta testimonianza della suddivisione all’interno della tragedia, che separava le parti recitate (prologo, episodio ed esodo) da quelle cantate (parodo e stasimi). ➔ Prologo: parte introduttiva della tragedia. ➔ Parodo: è il canto di ingresso del coro. ➔ Episodi: sono le parti recitate tra un canto corale e l’altro. Erano minimo tre e massimo cinque. Potevano essere recitati monologhi o dialoghi. ➔ Stasimi: canti del coro tra gli episodi. ➔ Esodo: sezione conclusiva. Il mito nella tragedia: Il mito epico si trasforma sulla scena in mito tragico. La novità sta nel fatto che gli eroi del mito sono proiettati nel mondo della contemporaneità, parlano come uomini del V secolo ac. L’uso del mito che permette di stabilire distanza temporale e spaziale con gli eventi rappresentati sulla scena e di affrontare questioni etiche e politiche legate all'attualità ateniese senza un eccessivo coinvolgimento di spettatori. Le Giurie La popolazione era stata divisa, con la riforma di Clistene nel 508 ac. in 10 tribù; per ogni tribù doveva esserci un giudice estratto a sorte dagli spettatori. Per decretare il vincitore, dei 10 voti se ne estraevano solamente 5.

ESCHILO Eschilo nasce nel 525 ac. ad Eleusi, vive la fine della tirannide dei Pisistratidi e la trasformazione di Atene in una democrazia, a cui aderisce entusiasta. Tra il 499 e il 496 prende parte il suo primo concorso tragico, e nel 485 ottiene la prima delle sue tredici vittorie. Partecipa attivamente alle guerre Persiane: combatté a Maratona nel 490, a Salamina nel 480, a Platea nel 479. Nel giorno della battaglia di Salamina nel 480 ac: legame che unisce Eschilo, Euripide e

Sofocle; mentre Eschilo si trovava a Salamina per la guerra, Sofocle celebrava i combattenti con il canto del Peana, ed Euripide nasceva sull’isola Le sue tragedie comprendono: ➔ Dimensione religiosa: iniziato ai misteri Eleusini, attinge dal suo rapporto con il divino (Eleusi, città natale). ➔ Dimensione politica: democrazia fu un regime esclusivo di Atene all’inizio, visione entusiastica del regime democratico. 470 ac: andò in Sicilia, invitato dal tiranno Ierone, dove portò in scena i Persiani e compose una tragedia apposta le Etnee (andata perduta). 456 ac: muore a Gela, trasferitosi a causa del clima ad Atene. Epitaffio: non fa menzione della sua attività di tragediografo, ma cita solo la sua esperienza di soldato: attività poetica in Eschilo (e anche per Sofocle, al contrario per Euripide) è concepita come subordinata alla dimensione politica, non vuole essere ricordato come un ποετης ma come un πολιτης (legato alla πολις) e come un soldato. → Eschilo condensa le sue centrando su tre elementi: celebrazione del potere divino (Zeus), riflessione sul rapporto tra pena e colpa, la ricerca del metro di valutazione di giustizia assoluta e infine attualizzazione del mito nelle circostanze contemporanee. Giustizia e Religiosità: Il rapporto tra l’azione umana e la sanzione giudiziaria è al centro delle tragedie di Eschilo. Distinzione tra giustizia naturale Θεμις (norma immutabile e fondata), e giustizia dialettica Δικη (norma giudiziaria elaborata). Nell’Orestea c’è un esempio del divario tra Θεμις e Δικη: Oreste uccide la madre, delitto contrario alla natura (Θεμις) ma la sua azione rimane nell’ambito della giustizia, può essere ritenuta una vendetta legale (Δικη). Πάθει μάθος: Le azioni ingiuste compiute dagli uomini provocano la sofferenza, παθος. Tuttavia, l’uomo di Eschilo, solo dopo aver sofferto comprende le dinamiche delle proprie azioni, e trarre da queste la conoscenza, μαθος. E’ il principio del πάθει μαθος, conoscenza tramite sofferenza. Ad esempio nell Agamennone, Zeus punirà Agamennone dopo aver sacrificato la figlia Ifigenia, e allora comprenderà le sue azioni. Ατη, υβρις (ατη causa ed effetto): Quali cause portano l’uomo ad agire ingiustamente? Ατη causa: Eschilo individua motivazioni interne ed esterne, ma le riconduce al concetto di ατη: accecamento, annebbiamento dell’intelletto prodotto dalla divinità, rappresenta la prima causa delle azioni colpevoli. Gli dei da cui proviene ατη, mettono l’uomo nella condizione di sbagliare, ma poi è il singolo che sbaglia e diviene colpevole, anche se non può fare altrimenti. Il passo successivo nella catena di colpa, costituisce nello stimolo a oltrepassa i limiti della giustizia, spingendosi dove all’uomo non è concesso andare. L’incitamento dettato dalla υβρις è un esito dell’accecamento provocato da ατη. Ατη effetto: Ogni azione compiuta per istigazione della υβρις è un atto oltraggioso che reca sofferenza come punizione. Ritorna il concetto di ατη in modo diverso: dopo l’υβρις,

l’accecamento originario si trasforma in dolore sul soggetto che ora prende coscienza dell’errore iniziale. Ατη diventa effetto: è il male e la sofferenza dopo la colpa. Colpa e γενος: Eschilo sottolinea all’interno delle sue tragedie l’ereditarietà di colpa. I discendenti di un individuo colpevole sono anch’essi destinati a divenire colpevoli di azioni ingiuste. Ατη si rigenera attraverso la stirpe (Atreo ha ucciso i figli del fratello Trieste, genera Agamennone, costretto dalla necessità a sacrificare la figlia Ifigenia, verrà quindi ucciso dalla moglie Clitemnestra, assassinata poi dal figlio Oreste).

“I Persiani” E’ la più antica tragedia che ci è arrivata (la presenza del coro infatti è ancora molto rilevante, con il tempo andrà a scomparire), possiamo collocarla intorno al 472 ac. Il corego fu Pericle, colui che finanziò la rappresentazione. Il tema dell’opera è un fatto storico (tra la battaglia di Salamina nel 480 ac. e la battaglia di Platea nel 479 ac.), volta a celebrare la grandezza e la potenza di Atene dagli occhi dei vinti, i Persiani; questi sono considerati colpevoli da Eschilo, ma la tragedia dal loro punto di vista assume una dimensione di grande umanità. Trama: in Persia, il coro degli anziani e la regina attendono notizie sull’esito della spedizione del re Serse contro la Grecia. La regina, madre di Serse, è turbata da un sogno inquietante: un messaggero reca infatti la notizia della disfatta di Salamina. Evocato dal coro e dalla sovrana, il fantasma di Dario attribuisce la tragica fine della spedizione all υβρις di Serse e profetizza la sconfitta a Platea. Serse, appena giunto in patria, stravolto e con le vesti lacere, intona con il coro canti di lutto.

t8 La υβρις di Serse, 65-149 L’opera inizia con un canto corale molto lungo: i vecchi del coro sono tormentati da un presentimento angoscioso, per l'assenza di notizie sulle sorti dell'esercito partito da tempo per la spedizione contro la Grecia. Dopo aver evocato la partenza, descrivono l’attraversamento dello stretto dell’Ellesponto, reso possibile dalla costruzione di un ponte di barche, voluta da Serse. Ha congiunto artificialmente ciò che la natura (e quindi divinità), ha separato, costituisce un atto di υβρις. Ha inoltre trasgredito nell’attaccare i Greci e i templi di Atene. Nella parte conclusiva del canto l'inquietudine e l'angoscia del coro hanno il sopravvento, prefigurando la notizia della sconfitta con una forte tensione sottolineano l'impossibilità per l'uomo di sfuggire all'ira divina e alla malignità di ατη. → Serse è υβριστης: essendo mortale, ha concepito pensieri immortali. In quanto mortale non deve superbamente pensare, ha agito come se potesse decidere il suo destino. La colpa non è quella di essere andato contro gli Dei, ma quella di aver creduto di poter determinare la propria azione, non considerando l’intervento degli Dei per fermarlo. φθόνος θεών: non è sempre una punizione degli dei, ma a volte una semplice ostilità inspiegabile senza valenza etica. Il rapporto tra divino e etica è oscillante (il divino non si innalza per abbassare ciò che è colpevolmente umano).

t10 Il fantasma di Dario, 800-842 Dopo l’arrivo della notizia della disfatta di Serse a Salamina, la regina è intenzionata a fare

un sacrificio per allontanare ai Persiani ulteriori sventure. Dal tumulo però emerge il fantasma di Dario, marito della regina e padre di Serse, il quale giudica la spedizione condotta dal figlio, il passaggio dell’Ellesponto e il saccheggio di Atene (con la distruzione dei templi), come un gesto avventato e irrispettoso dei principi religiosi. → La colpa di Serse è quella di aver creduto di poter decidere il proprio destino. Serse deve raggiungere la saggezza, avendo coscienza di se (γνωθι σαυτον, conosci te stesso). L’unica saggezza dell’uomo è la conoscenza del suo limite, che gli permette di vivere il piacere che gli offre ogni giorno, essendo tutto nel singolo giorno. Zeus definito “giudice severo”: attraverso la sofferenza inflitta l’uomo potrà conoscere, πάθει μαθος.

“Agamennone” E’ una tragedia di Eschilo è la prima opera facente parte della trilogia dell'Orestea, con la quale Eschilo, nel 458 a.C. vinse le Grandi Dionisie. Trama: Dopo la guerra di Troia, Agamennone ritorna in patria da sua moglie, Clitemnestra. Con sé porta la profetessa Cassandra, come schiava. Clitemnestra lo accoglie con pompa e onori. Cassandra profetizza la propria morte e quella dello stesso Agamennone. Interrogata sull'identità di colui che ucciderà il Re Agamennone, per via della maledizione di Apollo che la condanna a profetizzare sciagure senza mai essere creduta da coloro che le subiranno, Cassandra ne rivela invano il nome. Nessuno le crederà, e l'omicidio avverrà. Di fronte allo sgomento del popolo per l'accaduto, Clitemnestra, responsabile assieme ad Egisto della morte di Agamennone, prende il potere. Con questo omicidio, si vendica della figlia che Agamennone ha sacrificato agli dei per muovere la flotta alla volta di Troia (successivamente verrà uccisa da Oreste, il figlio, a sua volte ucciso dalle Erinni).

t1 Necessità e sofferenza, 104-257 La prima parte del canto d’ingresso del coro, contiene il ricordo dell’origine della guerra di Troia (con Menelao e Agamennone, i due fratelli) e la richiesta di Clitemnestra sul ritorno di Agamennone dalla guerra. La seconda parte, il coro interroga Clitemnestra. Dopo l’avvio proemiale segue una sezione mitica, dove viene rievocato un presagio apparso agli Atridi, interpretato dall’indovino Calcante. Infine vi è una sezione in cui Eschilo espone considerazioni sulla natura di Zeus, sul rapporto del πάθει μαθος, (conoscenza e sofferenza) e sul rapporto necessità e libero arbitrio. Viene descritto il sacrificio di Ifigenia, ed un augurio per il ritorno di Agamennone. → Menelao e Agamennone vengono paragonati a due aquile che divorano una lepre incinta (battaglia di Troia). Si addolora e si adira la Dea Artemide, che divorarono la lepre prima del parto: i due trionferanno inizialmente, ma poi eccedono troppo con la vittoria di Troia, υβρις, e scateneranno l’ira degli dei. Eschilo definisce Zeus “giudice”, con il dolore si impara: principio del πάθει μαθος, attraverso la sofferenza e il dolore inflitti da Zeus, l’uomo potrà arrivare alla conoscenza. Agamennone collabora con il presagio di Calcante, non fa niente per impedire che ciò non accada ma segue il corso degli eventi. Il sacrificio di Ifigenia: per Agamennone è stata una scelta, quindi libero arbitrio, ma necessaria: costretto dall’αναγκε arriva al punto di credere che sia giusto (volontà divina) e necessario sacrificare la figlia per avere una buona partenza della sua flotta. Tuttavia sarà proprio ciò a scaturire l’ira degli Dei.

t2 Un discorso ingannevole, 855-913 Nell Agamennone, Clitemnestra appare in tre interventi fondamentali: all’inizio della tragedia dove dialoga con il Corifeo e annuncia il ritorno del marino, il momento in cui accoglie Agamennone e infine nella scena in cui lo assassina. In questo passo, all’arrivo di Agamennone, Clitemnestra descrive se stessa con toni patetici, come una sposa devota che ha sofferto molto per la mancanza del marito. Giustifica poi l’assenza del figlio Oreste, inviato in Focide per i tumulti ad Argo; in realtà per consentirle di progettare l'omicidio. Si conclude con infide lusinghe rivolte ad Agamennone e ci sono diverse frasi che alludono alle vere intenzioni di Clitemnestra. → Si allude all’ambiguità femminile del mondo greco: caratteristica di tutte le donne greche (anche Penelope, pur essendo una donna perfetta e la sposa devota, è ambigua e trae gli uomini in inganno). Clitemestra induce Agamennone a camminare sul tappeto di porpora; segno di regalità. Il re però esita, si sente troppo superbo per l’esito del πάθει μαθος. C’è un riferimento al suicidio di Clitemnestra: forte impatto emotivo anche se appare inverosimile agli spettatori. Sulla scena si vede il dolore per Agamennone ma il pubblico in realtà sa benissimo che Clitemnestra odia Agamennone per il sacrificio della figlia. Clitemnestra dice che “non c’è inganno”, ma in realtà c’è, le sue parole hanno un significato completamente diverso. Secondo la giustizia genetica, γενος, lui ha compiuto del male contro il suo sangue (Ifigenia) e ha comunque eccelso troppo (Troia): è colpevole, anche se ha preso coscienza di sé con la saggezza. Clitemnestra quindi lo punirà secondo il principio della giustizia del γενος “il destino si compia secondo giustizia, mi occuperò di tutto io” (per il pubblico ha un certo significato, per Agamennone un altro).

t3 La catena della colpa, 1178-1197 La figlia di Priamo, Cassandra veggente, è giunta ad Argo come schiava di Agamennone. Annuncia ai vecchi Argivi di voler svelare il destino degli Atridi e le cause della loro sorte. Cassandra rievoca la “cena di Trieste”: costui, fratello di Atreo (padre di Agamennone), aveva avuto una relazione amorosa con la moglie di Atreo, Erope. Atreo venutone a conoscenza, lo invitò nella propria reggia per una cena e gli diede in pasto i figli. Questo episodio evocato, serve a ripercorrere la catena di colpa che si trasmette attraverso le generazioni degli Argivi fino all'assassinio di Agamennone, e a quello di Clitemnestra da parte del figlio Oreste. → Tutto risaliva alla colpa di Atreo in cui gli fece mangiare i figli, Cassandra canta il canto della colpa originaria: ατη πρωταρχος. Cassandra descrive sé stessa alla presenza del coro figurandosi come un cane da caccia che annusa le tracce di un delitto, come un arciere che coglie nel segno, come una ciarlatana che vende porta a porta le sue profezie. Infine alle sciagure più gravi che attendono gli Atridi: uccisione di Agamennone, poi Clitemnestra, persecuzione di Oreste dalle Erinni (divinità persecutorie di chi si è macchiato di un delitto all’interno della famiglia). Aristotele nella Poetica afferma chi commette un male sbaglia e viene punito, ma viene punito anche chi non ha commesso una male; non si rende conto di aver sbagliato: αμαρτια, αμαρτανω, colpa, sbaglio.

t4 Il braccio violento della giustizia, 1372-1398 Terzo intervento di Clitemnestra: secondo lei, giustizia è stata fatta, uccidendo Agamennone ha vendicato la figlia Ifigenia, i cadaveri di Cassandra e Agamennone sono a terra. Clitemnestra rievoca la necessità dell’inganno. Nonostante la gioia che Clitemnestra non nasconde, il pubblico conosce la terribile catena di colpa che travolgerà anche la regina per mano di suo figlio. → Clitemnestra afferma: “dovevo tendere una rete così alta”, rete della rovina, immagine quasi costantemente presente nell Agamennone (rete del Dio, rete di ατη, rete dell’inganno di Clitemnestra ad Agamennone, rete che imprigiona fisicamente Agamennone quando viene ucciso). La regina dichiara che ha adempiuto la giustizia e non si pente di quello che ha fatto. Godimento della morte, immagini truci e dure denotano la soddisfazione di Clitemnestra nell’aver ucciso Agamennone per la δικη del γενος. Non viene mai detto nella tragedia che non fu giustizia l’uccisione di Agamennone, ma ciò che è giusto può essere anche una colpa.

“Sette contro Tebe” E’ una tragedia di Eschilo, rappresentata ad Atene alle Grandi Dionisie del 467 ac. L'opera è all'interno del Ciclo tebano, ed è la terza parte di una trilogia legata (tre tragedie con unica vicenda) Le tragedie Laio ed Edipo, sono andate perdute. Trama: Eteocle, re di Tebe, attende l'arrivo di un esercito argivo guidato dal fratello Polinice, che vuole sottrargli il potere (sono i figli di Edipo e Giocasta). I due dopo l’esilio di Edipo, si dovevano alternare il potere a Tebe ogni anno, ma Eteocle si rifiutò di lasciare il regno a Polinice. Il coro delle fanciulle tebane prefigura gli orrori della guerra. Il coro medita sulla triste vicenda di Edipo padre di due giovani e origine di tutti i mali dei Tebani. Il messaggero annuncia la sconfitta degli assalitori e la reciproca uccisione dei fratelli (maledizione della stirpe di Laio). Nella...


Similar Free PDFs