Elettra di Sofocle PDF

Title Elettra di Sofocle
Author Alessandro Giudice
Course Letteratura latina
Institution Università di Bologna
Pages 8
File Size 153.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 95
Total Views 128

Summary

relazione Elettra di Sofocle...


Description

Elettra Elettra (Ἠλέκτρα, Eléktra) è una tragedia di Sofocle. La data di rappresentazione è incerta, ma alcune somiglianze stilistiche con il Filottete (409 a.C.) suggeriscono una datazione avanzata, all'incirca negli stessi anni in cui venne rappresentata la omonima tragedia di Euripide; venne dunque scritta nel periodo critico della seconda democrazia ateniese.

Trama Prologo (1-120): La scena iniziale è collocata davanti il palazzo dei Pelope (figli di Pelopida, re di Pisa) a Micene. Entrano tre persone dalla sinistra, che si scoprono essere Oreste, di circa vent’anni, Pilade, il suo amico proveniente dalla Focide (figlio di Strofio, re di Crisa, da cui provengono) e un uomo anziano, servitore di Agamennone, che è stato il Pedagogo di Oreste, e lo ha segretamente portato via da Micene quando Agamennone venne ucciso. Quest’ultimo descrive il luogo dove essi si trovano e subito dopo li esorta a definire il piano d’azione in fretta poiché è già l’alba. Oreste risponde riportando le parole dell’Oracolo dato lui a Delfi: Apollo lo ha incaricato di “cercare di ottenere la sua giusta vendetta senza l’uso di armi”. Egli definisce il piano: il Pedagogo deve entrare nella reggia di Clitemnestra ed Egisto e annunciare che Oreste è stato ucciso in una corsa di carri ai giochi Pitici. Nel frattempo Oreste e Pilade andranno a fare offerte alla tomba di Agamennone vicino la reggia; subito dopo entreranno in casa con un’urna contenente le false ceneri di Oreste, facendo finta di essere focesi. Al v.77 proviene dalla reggia un lamento. Oreste chiede se possa essere di sua sorella Elettra e propone di aspettare e ascoltare, ma il Pedagogo dissente immediatamente. I tre lasciano la scena. θρῆνος ἀποὸ σκηνῆ (86-120): Elettra esce dalla reggia; è sola. Saluta la pura luce del sole e l’aria, ai quali ha spesso confessato la sua tristezza, e parla del profondo dolore che giorno e notte la opprime per la morte del padre. Invoca i Poteri degli Inferi per vendicarlo e per mandare da lei il fratello Oreste. Parodo (121-250): Il coro è formato da quindici donne libere di Micene. Esse entrano quando il lamento di Elettra sta concludendo. Il coro le è amico, ma non nasconde l’avversione per le azioni che lei rimpiange e le ricorda che il dolore non può restituire la vita alla morte. Prova a calmarla, facendole capire che una contesa con Clitemnestra ed Egisto non la aiuterà a vendicare il padre. Elettra replica dicendo che abbandonare il suo dolore equivarrebbe a essere disonesta. Se suo padre non verrà vendicato, non ci sarà più riverenza per gli uomini o gli dei.

Primo Episodio (251-471): Il Coro afferma di parlare solo per il bene di Elettra. Ella giustifica la sua condotta descrivendo cosa deve vedere e sopportare ogni giorno (Egisto al posto di suo padre, sua madre che vive con lui e che festeggia il giorno della morte di suo padre come una festa). Il Coro chiede se Egisto è in casa e, dopo aver scoperto che non era in città, chiede ad Elettra quando pensa che Oreste ritornerà. Appare Crisotemi, sorella di Elettra, portando offerte funebri. Inizialmente rimprovera la sorella per essere stata troppo tempo fuori dalla reggia “in preda ad un’inutile ira”; in seguito ammette di essere anche lei insofferente nei confronti dei “tiranni” Egisto e Clitemnestra. Se fosse abbastanza forte, aggiunge, glielo farebbe sapere. Elettra dice di scegliere tra la fedeltà al padre e la prudenza. Crisotemi afferma di essere abituata alla sua veemenza e deve avvisare la sorella: se continua in questo modo, prima del ritorno di Egisto, ella sarà chiusa in un sotterraneo oscuro distante da Micene. Elettra dice che sarebbe contenta di un destino tale: almeno sarebbe lontana dagli oppressori. Ella si accorge delle offerte funebri di Crisotemi e le chiede da parte di chi sono. La sorella risponde che è stata sua madre a inviarla, dopo essere stata terrorizzata da un sogno: Agamennone ritornò in vita e le piantò uno scettro nel cuore. Elettra è presa da un brivido di gioia. Questo sogno, ella crede, è stato mandato dagli dei e da Agamennone. Inoltre, esorta la sorella a pregare alla tomba del padre affinché Oreste ritorni e le aiuti a sbarazzarsi dei tiranni. Crisotemi è toccata e commossa; acconsente alle richieste della sorella. Sarà il loro segreto. Primo Stasimo (472-515): Il Coro predice la vendetta che si riverserà su Clitemnestra ed Egisto. Lo spirito di Agamennone non può essere dimenticato. Le Erinni verranno. La maledizione sopra la casa di Pelope vuole nuove vittime. Secondo Episodio (516-1057): Prima scena (516-659): Entra Clitemnestra, seguita da un’ancella che portava offerte di frutta ad Apollo Liceo, il cui altare era davanti la reggia. Ella giustifica l’omicidio di Agamennone, facendo leva sull’uccisione di Ifigenia in casa di Menelao. Elettra replica che suo padre ha agito poiché costretto dalla dea Artemide. Clitemnestra non perdona il gesto del marito. In seguito, Elettra aggiunge che sarà il fratello Oreste a vendicare il padre. Il dialogo si conclude con un angustiante silenzio, poiché la regina deve fare le offerte ad Apollo; ella prega affinché le sue visioni siano propizie.

Seconda scena (660-803): Il Pedagogo entra, fingendosi un messaggero focese, ed annuncia che Oreste è stato ucciso in una corsa di carri. Alla notizia Clitemnestra resta inizialmente di ghiaccio, poiché è sempre stato il figlio a morire; dopo è attraversata da una scarica di gioia… ella è salva dalla vendetta di Oreste! Elettra invoca la Nemesi per vendicare suo fratello, mentre Clitemnestra la sbeffeggia pesantemente ed entra in casa con il Pedagogo. Terza scena (804-870): Elettra, sola con il coro, mostra il suo dolore e la sua angoscia. Si promette di non rientrare più in casa e di rimanere davanti la reggia fino alla morte. κόμμος (823-870): Le donne di Micene suggeriscono di calmarsi. Elettra si dispera poiché il padre non potrà più essere vendicato da Oreste, morto in terra straniera senza avere avuto le ultime attenzioni dell’amorevole sorella. Quarta scena (871-1057): Crisotemi entra preoccupata e gioiosa al contempo. Dopo aver raggiunto la tomba del padre con le offerte sue e della sorella, ella ha trovato libazioni di latte e fiori, offerte da uno sconosciuto, e una ciocca di capelli… quei doni potrebbero essere di Oreste! Elettra le riferisce la notizia del messaggero focese; probabilmente i doni sono stati fatti da qualcuno in memoria del fratello morto. Propone alla sorella di vendicare insieme il padre e il fratello. Per Crisotemi tutto ciò è una pazzia e corrisponderebbe al fallimento e alla morte. Invano cerca di dissuadere Elettra. Crisotemi entra in casa, Elettra resta fuori. Secondo stasimo (1058-1097): Il Coro lamenta il comportamento della debole sorella. Quanto è nobile Elettra tutta sola nella sua fedeltà! Magari potesse ottenere la giustizia che merita! Terzo episodio (1098-1287): Rivelazione (1098-1287): Oreste entra con Pilade, seguito da due attendenti, uno dei quali portava l’urna con le false ceneri. Essi cercano la reggia di Egisto. Il Coro suggerisce Elettra come guida. Inizia un dialogo tra quest'ultima ed Oreste. Ella apprende che gli stranieri provengono dalla terra di Strofio, re di Crisa, con le ceneri del fratello; e le è permesso prendere l'urna. Intona un lamento, richiamando alla memoria l’infanzia del fratello e le sue cure, le sue speranze, che sono concluse. Infine Oreste si rivela. Seguono gioia, stupore e felicità. μέλος αποὸ σκηνῆ (1232-1287): Elettra rivela la sua gioia quando scopre che Oreste è stato mandato da Apollo. Pianificazione del piano (1288-1383): Oreste la informa del piano e la avverte di non mostrare a Clitemnestra la sua felicità. Elettra obbedisce. Oreste e Pilade entrano nella reggia, dopo aver salutato gli dei ancestrali.

Terzo stasimo (1384-1397): Il Coro canta una breve ode. Le Erinni sono passate sopra il tetto della reggia. Il Vendicatore è coadiuvato da Hermes per la sua missione. Esodo (1398-1510): Elettra corre a dire al Coro che Pilade ed Oreste sono sul punto di agire. Clitemnestra sta preparando l’urna per il funerale, mentre i due erano dietro di loro. Subito dopo urla di morte si sentono dalla reggia. Oreste e Pilade vengono fuori. Oreste afferma che l’oracolo di Apollo aveva ragione. Egisto si vede arrivare e i due rientrano in casa. È esultante per la morte di Oreste. Elettra conferma la morte. Il tiranno ordina di aprire i cancelli per fare entrare il corpo. Oreste e Pilade entrano con il corpo di Clitemnestra coperto da un velo. Egisto, aspettandosi di trovare Oreste, scopre che la sua amante è morta. Egli capisce cosa sta succedendo, è spacciato. Oreste lo costringe ad andare nella stanza dove suo padre venne ucciso. Nuove urla di morte. Egisto è stato ucciso, la stirpe di Atreo vendicata. Il Coro esce gioioso per la vendetta compiuta.

Fonti Nell’Iliade non c’è menzione del fatto che la casa di Pelope fosse maledetta. Lo scettro prodotto da Efesto per Zeus è pacificamente ereditato da Atreo, Tieste ed Agamennone (Il 2, 100). L’Iliade contribuisce al materiale utilizzato da Eschilo per quanto riguarda la descrizione di Agamennone: “rivestito di bronzo, glorioso, preminente tra tutti”. Egli era il regale Atride maggiore, il παντόσεμνος (Il 1, 113). Descrive la sua casa al di là dell’Egeo, a Micene, dove il piccolo Oreste cresce insieme alle tre sorelle Crisotemi, Laodice ed Ifianassa. L’Odissea racconta la seguente storia: Agamennone, prima di andare a Troia, incarica un menestrello di andare a Micene e sorvegliare Clitemnestra. La precauzione presa non implica sfiducia, ma solo preoccupazione per un futuro pericolo. Una tentazione proviene da Egisto, primo cugino di Agamennone, figlio di Tieste. Per qualche tempo la regina rifiuta, poi cede all’”atto vergognoso” (Od. 3, 265). Nel frattempo gli dei mettono in guardia Egisto sulla serie guai che si scaglierà contro la città per i crimini in cui egli stava entrando. Hermes parla invano. Egisto trova il menestrello e lo abbandona in terra deserta, preda dei cani e degli uccelli. Clitemnestra va a vivere nella reggia di Egisto, mentre quest’ultimo cerca di ingraziare gli dei facendo offerte sacrificali nei loro altari. Agamennone approda sulla costa dell’Argolide, in una località non distante dalla casa di Egisto. Quest’ultimo, venuto a sapere da un passante ciò, lo raggiunge con un carro e lo invita ad un banchetto, durante il quale lo ucciderà “come un uomo uccide un bue in una mangiatoia” (Od 4,

92). In questo racconto, fatto da Menelao a Telemaco, Clitemnestra non viene nemmeno nominata. Successivamente si fa menzione di lei, dicendo che condivise gli orrori di quel banchetto con l’amante Egisto: ella uccise con le sue mani Cassandra. Il piccolo Oreste fuggì, o fu convogliato, ad Atene. Per sette anni Clitemnestra ed Egisto regnano a Micene. Nell’ottavo, Oreste ritorna ed uccide Egisto. Clitemnestra muore nella stessa circostanza, ma non viene detto come. Due sono le differenze principali tra la leggenda omerica e le versioni successive: 

Egisto è il criminale principale; Clitemnestra partecipa ai delitti, ma è subordinata a lui.



La vendetta di Oreste è un semplice atto di giustizia retributiva (non viene detto che uccide sua madre).

Nei Κύπρια (o Canti Cipri), scritti probabilmente da Stasino di Cipro o da Omero intorno al 776 a.C., viene raccontato per la prima volta il sacrificio di Ifigenia in Aulide. Nei Νόστοι (o Ritorni), scritti probabilmente da Agia di Trezene intorno al 750 a.C.), viene detto che Clitemnestra aiutò Egisto nel delitto; inoltre, Pilade divenne compagno di Oreste. Un elemento che influenzerà moltissimo la vicenda raccontata dai tre tragediografi è l’influenza della religione della città di Delfi. Il culto di Apollo, diffuso con la propagazione del potere dei dori, modificherà in parte le vicende narrate dopo Omero: l’uomo omerico che aveva ucciso un altro uomo avrebbe dovuto risarcire i parenti del morto o andare in esilio, ma non si è mai parlato di un rituale di purificazione. Inoltre, se è proprio il dio (come nel caso di Oreste) a comandare di uccidere e vendicare la propria stirpe, l’uomo è obbligato a farlo; se egli si rifiuta, nulla lo potrà salvare dalle Erinni. Apollo, il dio della luce, è l’onnisciente arbitro di purezza. Un uomo che compie un omicidio disonora Apollo, che aborrisce ogni spargimento di sangue. Ma è egli a decidere il grado della colpa. E tramite i suoi ministri (i sacerdoti di Apollo) può purificare un uomo dal delitto compiuto. Il rituale di Apollo il Purificatore viene descritto nell’Etiopide, scritta probabilmente da Arctino di Mileto nel 776 a.C. Dopo l’influenza del ciclo epico e della religione apollinea, è Oreste ad uccidere sia Egisto sia Clitemnestra. E le sue azioni sono incontestabili. Agamennone doveva essere vendicato, è il dio a volerlo. Ma, se davvero ha ucciso sua madre, le Erinni dovevano entrare in azione. Allora chi asserì che le sue azioni erano giuste? Chi se non Apollo, il giudice della purezza? Stesicoro di Imera è uno dei più grandi lirici corali arcaici. Egli applicava le leggende eroiche alla lirica corale. Essenzialmente la sua poesia è una forma di poesia epica in versi lirici. Uno dei suoi

più celebri poemi fu l’Orestea, divisa in due libri o canti. Non abbiamo però informazioni dirette su di essa, solo piccoli frammenti abbastanza corrotti. Riusciamo però a delineare i fili essenziali della trama grazie allo studioso Carl Robert, che, con un grande lavoro di accostamento tra arte e letteratura, riuscì a ricostruire una delle più importanti opere stesicoree. Analizziamo due vasi: Il vaso A (appartenente alla prima parte del V sec. a.C.) descrive la seguente scena: Oreste, armato di corazza, pianta la sua spada nel petto di Egisto, che cade dal trono che un tempo era di Agamennone; nel frattempo qualcosa coglie di sorpresa Egisto: Clitemnestra è dietro di lui ed impugna con due mani un’ascia. Ma un anziano, che indossa il cappello da araldo, la sorpassa e la ferma: i suoi propositi sono falliti. Tra lei e Oreste si trova Crisotemi che agita le mani per l’orrore. Il vaso B è simile ma con delle differenze: Oreste ha appena ucciso Egisto e lo guarda trionfante. Clitemnestra impugnando furiosamente la sua ascia, si scaglia su Oreste, ma Elettra, che stava dietro l’ormai morto Egisto, con un lancinante grido avverte il fratello, che si scansa evitando la morte. I due vasi appartengono a un gruppo di vasi che avevo un comune archetipo: l’Orestea di Stesicoro, molto famosa nell’Atene classica (Aristofane ne cita i primi versi nella Pace, anche se non ne nomina l’autore). Si potrebbe ipotizzare che la fonte siano le Coefore di Eschilo (visto che la prima rappresentazione è datata nel 458 a.C.), nella tragedia eschilea però Clitemnestra non è armata: ella richiede un’ascia, quando sente che Oreste ha ucciso Egisto, ma non c’è il tempo per ottenere l’arma. Restano degli interrogativi: ad esempio, chi è l’anziano che salva Oreste nel vaso A? Per rispondere a questa domanda, bisogna analizzare una lastra marmorea ritrovata a Melos. La scena è la seguente: Elettra siede di fronte la tomba del padre, la Nutrice sta dietro dilei. Arrivano tre viaggiatori: un uomo anziano con un cappello da araldo, un giovane nobile (Oreste) e una terza persona (Pilade o un servo). La questione è risolta se si pensa che la stessa persona che salvò Oreste dalla furia della madre sia la stessa che lo portò via da Micene dopo l’uccisione del padre: Taltibio, fedele araldo di Agamennone. Dunque egli sta ritornando a Micene pianificando con il principe vendetta. È lui l’originale del Pedagogo di Sofocle e dell’Anziano di Euripide. Clitemnestra, sia in Eschilo sia in Sofocle, terrorizzata da un incubo, manda delle offerte propiziatorie alla tomba del marito, ma non va lei stessa: manda Elettra. Ma quando compare la ragazza nella vicenda mitica? Ella era completamente sconosciuta ad Omero, ma è il personaggio principale della tragedia sofoclea. Eschilo, inoltre, non sembra il primo a parlarne. Si pensa che il primo autore a parlarle sia Xanto, che afferma che il suo nome originario era Laodice e che venne

chiamata Elettra poiché non si sposò (ἄ λεκτρος). Stesicoro menziona Xanto come predecessore lirico. Anch’egli compose un’opera chiamata Orestea. Quanto sia vera quest’affermazione non possiamo definirlo: Xanto rimarrà per sempre nell’oscurità, nascosto dalla fama di Stesicoro. Ipotizziamo che Stesicoro, come Eschilo, manda Elettra con le offerte di Clitemnestra alla tomba del padre. Oreste, di ritorno, l’avrebbe incontrata e i due si sarebbero riconosciuti l’un l’altro. Sappiamo che Stesicoro aggiunge la Nutrice, chiamata Laodamia. Pindaro fa salvare Oreste dalle mani di Clitemnestra da una nutrice che lo consegna a Taltibio. È ipotizzabile che Laodamia sia la salvatrice del principe. Pindaro, inoltre, nell’undicesima ode pitica, descrive la vittoria ai giochi pitici di Pilade, nemico di Oreste di Laconia, salvato dalla nutrice Arisoe dalle violente mani di Clitemnestra, “che uccide senza pietà il marito Agamennone”.

Commento Questa è la tragedia dell’odio per antonomasia, nutriti di un solo sentimento fratello e sorella, non hanno conflitti interiori ma odium omnia vicit (l’odio vince ogni cosa). Diversamente in Eschilo, Coefore, Oreste si commuove ed è incerto nell’atto di trafiggere il grembo della madre, che gli ha dato la vita, ed Elettra appare debole, schiva e paurosa. Nell’Elettra di Euripide, invece, i due sono rosi dai sensi di colpa e critici nei riguardi degli dei che li costringono al matricidio, perché razionalmente per Euripide questo è inammissibile e la morte di Clitemnestra è l’occasione per una lunga e sofferta riflessione del poeta sull’incertezza della vita su cui domina incontrastato il caos. Quello di Sofocle è il dramma dell’odio, non c’è spazio per sensi di colpa e pentimenti; la vera protagonista è Elettra: è lei che rimane nel palazzo e cova odio fin da bambina; lei è la mente dei delitti, Oreste ne è esecutore consenziente. L’eroina, con tutto il suo complesso d’odio, di Elettra appunto, domina la scena ed è assimilabile all’Antigone sofoclea, per virilità e determinazione, elementi che risaltano maggiormente, se confrontati con il pavore e la rassegnazione della sorella Crisotemi, simile ad Ismene sofoclea, sorella di Antigone. Si può dire che questa tragedia è “un tragico senza tragico”, perché i personaggi non vivono conflitti, ma sono virili, spietati e forti; il conflitto si gioca altrove ed è tra la Legge di Stato, ormai invalsa ad Atene (i tribunali hanno due secoli di vita) e la Legge della famiglia, che obbliga a vendicare il morto dentro le mura domestiche (usanza ormai caduta in disuso). Ecco perché Sofocle adduce tutte le giustificazioni possibili dell’odio verso la madre, amplificando la segregazione di

cui Elettra era vittima e il giusto spirito di rivendicazione di libertà. È ovvio che l’Atene democratica della Dìke (giustizia) non poteva più approvare il matricidio, ritenuto sanguinoso e primitivo....


Similar Free PDFs