Riassunto andreadd 1718parte 2 PDF

Title Riassunto andreadd 1718parte 2
Course Biomateriali [c.i.]
Institution Politecnico di Milano
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BIOMATERIALI [2]

Prof.ssa Silvia Farè A.A. 2017/2018 Serena Cerfoglio I anno Ing. Biomedica BCT

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MATERIALI POLIMERICI DI SINTESI – Richiami struttura e proprietà Configurazione La configurazione del polimero influenza l’impiego per le differenti applicazioni. Distinguiamo: Omopolimeri: composto da un’unica unità ripetitiva omopolimero lineare

omopolimero ramificato

omopolimero reticolato Copolimeri: formati da due o più tipi di monomeri; ci permettono di controllare meglio le proprietà dei materiali. In particolare, considereremo i copolimeri a blocchi (es. elastomeri): giocando con i vari blocchi possiamo ottenere polimeri molto versatili come proprietà. Nota: copolimero ≠ blend Blend: catene di due materiali diversi, non legate chimicamente

Cristallinità La cristallinità nei polimeri non è mai completa, ma si è in presenza in contemporanea di regioni cristalline e regioni amorfe. Nelle regioni cristalline le catene macromolecolari sono più impaccate e ordinate, che formano gli sferuliti. La struttura cristallina conferisce una maggiore rigidezza al materiale e quindi una migliore resistenza alla deformazione. La conoscenza del grado di cristallinità di un materiale è importante per regolare la velocità di degradazione dei materiali: nella fase amorfa è più facile rompere i legami, più difficile nei domini cristallini

Posso giocare sulla percentuale delle due fasi in modo da regolare il tempo di degradazione. La cristallinità di un materiale dipende dalla storia termica e meccanica del campione può essere variata giocando su diversi parametri, ad esempio tramite trattamento termico o durante la lavorazione. Le lavorazioni meccaniche (laminazione, stiramento ed estrusione), ad esempio, tendono ad orientare le catene parallelamente le une alle altre, favorendo così la formazione di domini cristallini (soprattutto nel

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caso di lunghe catene lineari). Es. Poliuretani: molto versatili per diverse applicazioni, a seconda della lavorazione. Dal punto di vista termico, per un materiale polimerico sono importanti le seguenti temperature: Parte amorfa • Transizione vetrosa (Tg) = caratteristica delle zone amorfe; passaggio dallo stato solido vetroso allo stato solido gommoso. Transizione isofasica. • Rammollimento (T>>Tg) = passaggio dallo stato solido amorfo (gomma) allo stato liquido viscoso Parte cristallina • Fusione (Tm) = passaggio dallo stato solido ordinato cristallino allo stato fuso (liquido viscoso). Grafico -> come varia il modulo elastico in funzione della temperatura A = polimero lineare totalmente amorfo, B e B’ = polimeri amorfo--‐cristallini, C = polimero fortemente reticolato, D = polimero debolmente reticolato Materiale C: rimane stabile fino alla temperatura alla quale va a degradarsi. Materiale D: aumentando la temperatura aumentano le possibilità di riorganizzazione delle catene; il modulo aumenta momentaneamente perché aumenta la reticolazione e poi arrivati ad una determinata T si degrada.

Elasticità Anche i materiali fortemente reticolati si comportano minimamente in maniera elastica. Per deformare la struttura è necessario applicare sforzi molto intensi. Siccome vado ad agire direttamente sui legami interni, aumento l’energia interna ma non l’entropia del sistema, la forma resta praticamente invariata. I materiali elastomerici (siliconi) hanno pochi nodi di reticolazione: ho grandi deformazioni, aumenta l’entropia del sistema ma l’energia interna del sistema resta invariata perché agisco sui legami deboli. Posso avere grosse deformazioni applicando carichi molto bassi.

Viscoelasticità Materiali viscoelastici: materiali che sotto l’azione di una forza mostrano un comportamento intermedio tra quello dei solidi elastici e quello dei fluidi; la loro risposta allo sforzo è in parte di tipo elastico ed in parte di tipo viscoso:

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Proprietà meccaniche: liquidi viscosi + solidi elastici; le proprietà sono in funzione di tempo, temperatura e velocità di deformazione. Vi è un ampio range di comportamento meccanico (diversi gradi di deformazione), influenzato dalla temperatura e dal metodo di applicazione del carico.

Definiamo:

Tenacità: capacità di assorbire energia prima della rottura; Resilienza: capacità di assorbire energia in campo elastico

Polimeri -> comportamento viscoelastico

Il materiale non riassume la sua forma originaria una volta scaricato; parte dell’energia viene dissipata nel provino dai meccanismi di attrito interno (differenza tra energia fornita ed energia restituita -> anello di isteresi). Punto A -> deformazione residua: può essere recuperata con il tempo oppure essere permanente.

Test

- Creep Applico uno sforzo costante e guardo come varia la deformazione del materiale e poi rilascio il carico (vedi grafici).

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- Stress relaxation Applico una deformazione e vedo qual è la forza necessaria a mantenere quella deformazione per un determinato t. Si ha un rilassamento delle catene macromolecolari, lo sforzo diminuisce nel tempo. Al tempo t2 posso scaricare il materiale e vedere e recupera la sua forma (importante per alcune applicazioni).

Nelle applicazioni nel corpo umano abbiamo sempre un carico ciclico (fasi di carico e scarico) e non statico: a noi interessa capire se il materiale è in grado di recuperare la sua geometria iniziale (deformazione residua iniziale -> recovery).

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ANALISI MECCANICHE SU MATERIALI VISCOELASTICI Esistono delle particolarità legate ai materiali polimerici, i quali sono materiali viscoelastici. Esistono tecniche di analisi che ci forniscono come output dei parametri che tengono conto della natura viscoelastica del materiale. Se facciamo una prova tradizionale meccanica, dobbiamo impostare una temperatura di lavoro (es. 37 °C come nel corpo umano), mentre con queste prove possiamo vedere come varia il comportamento del materiale al crescere o al diminuire di T. Per un materiale polimerico per cui sappiamo quanto influisca la temperatura, possiamo vedere effettivamente come cambiano le sue proprietà f(T) con un’unica tipologia di test. Vedremo come queste prove possano essere sfruttate ad hoc per studiare caratteristiche particolari di alcune classi di materiali polimerici. Materiali viscoelastici Un materiale viscoelastico ha un comportamento intermedio tra un solido elastico (modello di Hook) e di liquido viscoso (modello di Newton). Solido elastico -> legame diretto tra sforzo e deformazione. Posso studiare le proprietà sia a trazione che a compressione (output= E) o di taglio (output= G).

Liquido viscoso ‐> lo sforzo di taglio è correlato alla viscosità. La resistenza che deriva dall’attrito tra le “parti” di un fluido è proporzionale alla velocità con cui le diverse parti del liquido vengono separate tra loro; tale resistenza prende il nome di viscosità.

Il materiale viscoelastico rallenta il recupero della deformazione -> è importante sapere come si comporta il materiale ad una determinata T. Nella maggior parte dei materiali si osserva:  Deviazione pi o meno accentuata dai due modelli proposti  Comportamenti intermedi tra quello di un fluido perfettamente viscoso e un solido perfettamente elastico. Inoltre, i parametri presenti nei modelli (viscosità e modulo):  Non sono costanti nel tempo  Non sono indipendenti dai valori di shear rate o deformazione applicata Il comportamento dei materiali polimerici viene studiato nei seguenti modi utilizzando strumenti da banco:  Analisi dinamo-meccaniche (DMA): permette di fare delle prove a trazione e a compressione  Analisi reologiche: il movimento della parte superiore dello strumento applica uno shear, usata per sforzi di taglio

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Analisi dinamo-meccaniche - DMA È una tecnica di caratterizzazione volta a studiare principalmente le proprietà viscoelastiche dei materiali, in particolare dei materiali polimerici. proprietà solidi elastici + proprietà fluidi newtoniani

La macchina utilizzata è molto piccola: VANTAGGI -> si ha la possibilità di caratterizzare un materiale avendo a disposizione provini molto piccoli e si ha quindi un risparmio di risorse. SVANTAGGI-> o sono sicura di avere un materiale perfettamente omogeneo nel mio campione, oppure posso ottenere un comportamento meccanico diverso a causa dei difetti. Sapendo qual è la natura del materiale polimerico e il funzionamento della macchina, quale tipo di output possiamo avere? Nel momento in cui applichiamo una deformazione al materiale, in risposta abbiamo uno sforzo o viceversa. Se io ho un materiale perfettamente elastico, lo sforzo e la deformazione sono in fase tra loro, l’angolo di sfasamento è nullo.

Al contrario, se ho un liquido viscoso, la risposta alla sollecitazione è sfasata di 90°. Per un materiale polimerico, intermedio tra i due comportamenti, avrò un angolo di sfasamento compreso tra 0° e 90°. Angolo piccolo -> caratteristiche dovute alla componente elastica Angolo che tende a 90°-> caratteristiche meccaniche dovute alla componente viscosa

Per un materiale viscoelastico si ricava:

E*= vettore risultante di (componente elastica) E’’(componente viscosa).

E’ ed

In base al valore dell’angolo di sfasamento ed E* possiamo vedere qual è il comportamento del materiale alle varie T.

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E’= storage modulus, tiene conto dell’energia immagazzinata dal materiale durante la sollecitazione (componente puramente elastica). E’’= loss modulus, tiene conto dell’energia dissipata dallo spostamento delle macromolecole durante la deformazione (componente dissipativa). tanδ = E”/E’ (adimensionale)

Non conviene fare dei grafici in cui ho tutti e tre i parametri. Se ho un materiale molto elastico avrò tanta energia immagazzinata e poca dissipata. Il fatto di avere due componenti, una viscosa e una elastica, servirà anche per le analisi reologiche

Le analisi dinamo-meccaniche consentono di determinare la variazione delle proprietà di un materiale in funzione delle variabili:  Temperatura: “rampa di temperatura” crescente in un range noto  Frequenza: frequenze incrementate in modo voluto, la natura elastica e viscosa influenzano il comportamento meccanico. Importante per le applicazioni bio.  Tempo: prove di creep, stress relaxation, strain recovery. TIPOLOGIE DI AFFERRAGGI Si usano in genere provini a strisce e non ad osso di cane e quindi non ho una restituzione del tratto utile. Si fanno dei film sottili (dai 3mm ai micron) perché la cella di carico della macchina ha un limite di forza di 18N: se ho una sezione grande devo applicare una deformazione molto grande, con il rischio quindi di superare il limite di forza, bloccando la macchina. Tension mode (trazione) Ho una parte fissa e una parte mobile. In queste prove vado ad applicare un carico che ha andamento sinusoidale, al quale posso variare ampiezza e frequenza -> la clamp mobile si muove con questa oscillazione e non con una velocità costante come nelle altre tipologie di test standard. NOTA. Se ho un’ampiezza ampia e frequenza bassa la prova è quasi simile a quelle statiche.

Utilizzo: film sottili e fibre Compression mode (compressione) Un altro tipo di afferraggio comune per le prove a compressione consiste in una clamp mobile e una clamp fissa, ma scambiati rispetto al caso precedente.

Utilizzo: materiali con basso modulo

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Shear sandwich mode Vi è anche un terzo tipo di afferraggio, che permette di fare prove in shear. Ha una parte mobile e due parti fisse -> il campione viene messo in maniera simmetrica tra le due parti fisse e viene sollecitato dalla parte mobile. Gel con bassa coesione: non riesco a metterlo negli afferraggi. I materiali con bassa coesione join possono essere testati con questa macchina. Inoltre, un gel non ha forma propria. Questo afferraggio viene usato per materiali con una buona coesione.

Utilizzo: solidi soft (gel, adesivi ed elastomeri sopra Tg) Dual cantilever mode Il campione è fissato in tre punti da viti. Va bene per materiali termoplastici ed elastomerici sopra la Tg.

Utilizzo: termoplastici ed elastomeri Single cantilever mode Il provino ha una dimensione circa la metà del precedente e viene fissato in due punti e guardo la freccia di deformazione nel punto estremo. Viene usato per materiali con alto e medio modulo.

Utilizzo: termoplastici (no elastomeri). Se usassi un materiale molto deformabile (elastomero) ho grandi deformazioni. Usando invece il dual il materiale resta bloccato agli estremi e la freccia di deformazione è più contenuta. 3 point bend mode Applico una forza centrale sull’asse del campione, che però è libero agli estremi. Nel momento in cui abbasso la clamp, il provino viene deformato e si sposta. Posso usarlo alternativamente al dual cantilever per materiali con alto modulo.

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Qualunque sia l’afferraggio posso ottenere informazioni su E’ ed E’’. A seconda della geometria del materiale posso scegliere l’afferraggio più adeguato al mio caso. OUTPUT [f(T)] Output f(T): abbiamo montato il provino negli afferraggi e andiamo ad applicare una T crescente nel tempo. In ascissa abbiamo t, in ordinata T -> rampa di temperatura, la incremento con una velocità decisa dall’operatore. La frequenza e l’ampiezza di prova restano costanti. I punti rossi rappresentano i punti di acquisizione: per ogni temperatura vado a leggere i valori di E’ ed E’’ (di conseguenza anche tanδ). Come faccio a scegliere l’incremento di temperatura? Non c’è un metodo univoco. Se scelgo un incremento piccolo o grande cambiano le tempistiche della prova. Dal punto di vista strutturale, la velocità della rampa di temperatura (in un materiale polimerico) influenza la riposta del materiale, perché varia l’organizzazione delle catene (se la rampa è lenta le catene hanno tempo di riorganizzarsi).

In ascissa ho t, in ordinata ho E’ (blu) ed E’’ (rosso). Curva del modulo conservativo (componente elastica) -> a basse T il modulo E’ è molto alto, perché siamo ad una temperatura inferiore a Tg e quindi il materiale è molto rigido (comportamento solido elastico). Dopo la Tg, E’ tende a diminuire. Nell’intervallo di transizione vetro-gomma le macromolecole sono più libere di muoversi e il materiale è più deformabile. Il valore resta poi più o meno costante fino a quando non si arriva alla temperatura di fusione della componente cristallina o alla T alla quale si perdono completamente le caratteristiche meccaniche (degrado del materiale). Curva del modulo dissipativo E’’ -> ha un picco all’inizio della regione di transizione vetro-gomma e poi decresce più o meno regolarmente. Sotto la Tg il movimento delle macromolecole è bloccato. Al crescere di T le catene iniziano a muoversi -> il picco è dovuto al movimento iniziale delle catene macromolecolari (picco

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di energia dissipata). Di fatto le catene poi tendono a muoversi ma i fenomeni di attrito interno limitano i movimenti. La temperatura Tg che ottengo dal modulo conservativo è shiftata rispetto a quella ottenuta dal modulo dissipativi di circa 10 °C (in generale). (Se avessi usato un afferraggio di shear in ordinata avrei avuto G’ e G’’, ma avrei ottenuto le stesse informazioni). Come scelgo il range di temperatura da considerare? In genere devo partire da sotto la Tg, per non perdere l’inizio della zona di transizione (picco del loss modulus e plateau dello storage modulus) -> mi devo mantenere circa 20 °C per evitare problemi tecnici. La risposta del materiale alla rampa di frequenza è monitorata da un’ampiezza e da una temperatura costante. Parto da f bassa e poi aumento. Se il materiale non è in grado di riarragnairsi da un punto di vista molecolare durante la sinusoide, il comportamento meccanico è alterato. Il modulo dissipativo al crescere della frequenza. Conservativo > dissipativo, ma entrambi crescono al crescere della frequenza -> il materiale si irrigidisce (aumenta l’attrito tra le catene macromolecolari). Esempio- E’ e tanδ (policaprolattone, PCL) Il modulo conservativo tende a diminuire e tanδ ha un picco grande e due picchi più piccoli. I picchi più piccoli sono dovuti al fatto che quando il materiale viene scaldato vi possono essere di fusione locale prima della Tg che modificano il materiale in alcune zone. Non sono molto rilevanti dal punto di vista applicativo, ma importanti quando voglio fare una caratterizzazione di base del materiale. Attraverso la calorimetria differenziale a scansione non vedo questi picchi, ma solo le temperature caratterizzanti. Per vedere tutte le transizioni devo valutare qual è l’incremento che voglio dare alla temperatura -> a seconda della velocità dell’incremento posso vedere più o meno i picchi.

Sensibilità dello strumento -> E’ e tanδ (polimero amorfo, con Tg= 120 °C, es policarbonato) C’è un’anomalia -> in tanδ ho un picco e poi un andamento un po’ atipico, il picco non è simmetrico, ha una sorta di gobba a destra. La temperatura di transizione è introno ai 100 °C, cosa può essere successo? Picco -> a 100 °C l’acqua evapora e il materiale potrebbe averne di assorbita. Errore! Il campione non può essere testato in condizioni di idratazione. In generale se ho un materiale che potrebbe essere influenzato dal tasso di umidità posso fare un trattamento termico prima di eseguire la prova. Il tipo di trattamento va scelto da hoc in modo che l’acqua residua nel materiale possa evaporare e fare il test sul materiale completamente anidro, in modo da vedere nel grafico il picco di transizione esattamente dove me lo aspetto. Non ha senso fare questo tipo di prove in un range cosi ampio di temperatura perché vedrei l’effetto della presenza di acqua più che le informazioni che mi servono sul materiale.

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Esempio output in f(T) – amorfo vs semicristallino Il grafico mostra cosa può succedere quando ho un materiale amorfo al 100% o un polimero semicristallino. Quando ho un polimero amorfo, alla Tg il modulo E’ cala. Se vado verso un materiale semicristallino, ho il contributo alle proprietà meccaniche di componente amorfa e cristallina. Ho un primo calo del modulo dovuto alla transizione vetro-gomma della componente amorfa; dopodiché ho un’altra transizione, Tf, dove si ha la fusione dei segmenti cristallini. γ e β sono rilassamenti che avvengono nello stato vetroso, α è la transizione vetrosa. Esempio output in f(T) – blend Copolimero: i polimeri sono uniti nella stessa catena Blend: i due polimeri vengono tra loro miscelati ma non hanno legami chimici tra loro. SI possono osservare le Tg dei componenti e valutarne l’influenza sulle proprietà meccaniche.

Vedo due transizioni; il picco indica una transizione vetro-gomma: nel caso considerato ho due picchi, perché ho la transizione vetrosa non simultanea dei due componenti del blend. Se volessi usare questo materiale a 37°C, la risposta elastica è data maggiormente dal secondo componente, che mantiene le caratteristiche meccaniche, perché il primo ha già assunto caratteristiche gommose. Se io andassi a studiare diverse proporzioni tra il polimero A e il polimero B possiamo dire che a temperatura di applicazione del corpo umano voglio un materiale più deformabile, allora farò in modo di aument...


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