Riassunto corso di linguistica generale di ferdinand de saussure esame di semiotica PDF

Title Riassunto corso di linguistica generale di ferdinand de saussure esame di semiotica
Course Advanced Applied Forensics
Institution University of Northern Iowa
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Corso di Linguistica Generale Ferdinand de Saussure

PARTE 1: LINGUISTICA GENERALE Capitolo 1: Sguardo alla storia della linguistica La scienza che si è formata intorno ai fatti di lingua è passata per tre fasi: → Grammatica: è fondata sulla logica ed è priva d'ogni visione scientifica e disinteressata circa la lingua stessa. Essa si occupa di fornire delle regole per distinguere le forme corrette dalle forme non corrette. → Filologia: è un termine legato al movimento scientifico di Wolf che si occupa di fissare, interpretare e commentare i testi. La filologia affronta le questioni linguistiche soprattutto per confrontare testi di diverse epoche, determinare la lingua caratteristica di ciascun autore, decifrare e interpretare iscrizioni redatte in una lingua arcaica. → Grammatica comparata: Il maggior esponente è Franz Bopp che studia i rapporti che uniscono il sanscrito col germanico, il greco, il latino ecc. Bopp non è il primo a constatare tali affinità e ad ammettere che tutte queste lingue appartengono a una stessa famiglia. Egli però ha compreso che le relazioni tra lingue parenti potevano diventare la materia d'una scienza autonoma. A questo proposito possiamo fare un esempio: consideriamo il paradigma del latino genus, quello del greco gènos e del sanscrito janas. Possiamo percepire la relazione che esiste tra i paradigmi greco e latino. Ammettendo che janas rappresenti lo stato primitivo, possiamo concludere che una s è dovuta cadere nelle forme greche, ogni volta che si collocava tra due vocali; invece in latino la s è diventata r. In seguito sono sorti dei problemi relativi alla grammatica comparata, ovvero il fatto che essa non si è mai chiesta che cosa volessero dire i confronti che faceva, che cosa significassero i rapporti che scopriva. I comparatisti guardavano allo sviluppo di due lingue come un naturalista guarderebbe alla crescita di due vegetali. Schleicher ad esempio vede nella o del greco un grado rafforzativo della e; in realtà si tratta di un'alternanza indoeuropea che si riflette in modo differente in greco e in sanscrito, senza che vi sia alcuna necessaria somiglianza tra gli effetti grammaticali da essa prodotti nell'una e nell'altra lingua. Soltanto nel 1870 si arriva a comprendere che le corrispondenze colleganti le lingue sono soltanto uno degli aspetti del fenomeno linguistico e che la comparazione non è che un mezzo, un metodo per ricostruire i fatti. La linguistica propriamente detta, nacque dallo studio delle lingue romanze e germaniche. In effetti i romanisti si trovavano in condizioni privilegiate, poiché conoscevano il prototipo delle lingue romanze, ovvero il latino. I germanisti erano in una situazione analoga; poiché sono molte le lingue che derivano dal protogermanico, anche se quest'ultimo non è direttamente conosciuto. In seguito si formò una nuova scuola, quella dei neogrammatici. Il loro merito fu di collocare nella prospettiva storica tutti i risultati della comparazione, e per tal via concatenare i fatti nel loro ordine naturale. Grazie ad essi, la lingua non era più un organismo che si sviluppa per se stesso, ma un prodotto dello spirito collettivo dei gruppi linguistici.

Capitolo 2: Materia e compito della linguistica; suoi rapporti con le scienze connesse La materia della linguistica è costituita anzitutto dalla totalità delle manifestazioni del linguaggio umano; il suo compito è quello di: → Fare la storia delle famiglie di lingue e ricostruire le lingue madri di ciascuna famiglia. → Cercare le forze che sono in gioco in tutte le lingue, ed estrarre le leggi generali cui possono ricondursi tutti i particolari fenomeni della storia → Delimitare e definire se stessa La linguistica ha stretti rapporti con altre scienze ma deve essere accuratamente distinta dall'etnografia e dalla preistoria, nelle quali la lingua interviene a puro titolo di documento; e deve essere distinta anche dall'antropologia, che studia l'uomo dal punto di vista della specie, mentre il linguaggio è un fatto sociale, e per questo motivo è evidente la sua connessione con la sociologia.

Capitolo 3: Oggetto della linguistica Delimitare l’oggetto della linguistica è una questione difficile, in quanto l’oggetto dipende essenzialmente dai punti di vista. Inoltre, in linguistica, troviamo un eterno dualismo. Ad esempio: l’udito e l’articolazione fonica delle sillabe sono due momenti inscindibili tra loro e l’uno non potrebbe esistere senza l’altro e viceversa. Il suono è dunque un’unità complessa acustico-vocale, ma a sua volta esso non ha senso se è privo di un’idea mentale che lo caratterizzi. Il linguaggio ha sia un lato sociale sia uno individuale. Infine, il linguaggio in ogni momento è sia un’istituzione stabile sia un prodotto dell’evoluzione. Il modo per evitare pericolose confusioni ed errori di metodo è quello di considerare la lingua come norma di ogni altra manifestazione del linguaggio. La lingua può essere definita, tuttavia non va confusa con il linguaggio, di cui è una parte. La lingua è al tempo stesso un prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui. La lingua introduce un criterio di classificazione nell’ordine naturale del linguaggio, che per sua natura è disordinato e indefinibile; non si lascia classificare in alcuna categoria di fatti umani, poiché non si sa come enucleare la sua unità. Non è provato che la funzione del linguaggio sia interamente naturale, nel senso che il nostro apparato vocale sia fatto per parlare come le nostre gambe per camminare. I linguisti sono lontano dall'esser d'accordo su questo punto. Whitney assimila la lingua a un'istituzione sociale alla pari di qualunque altra, ed è per caso che adoperiamo l'apparato vocale come strumento della lingua; gli uomini avrebbero potuto scegliere altrettanto bene il gesto e adoperare immagini visive anziché acustiche. Ma perché il linguaggio (facoltà naturale) deve essere subordinato alla lingua (convenzionale)? Innanzi tutto, la facoltà di parlare non è un fatto del tutto artificioso, perché la forma degli organi vocali è particolarmente utile allo scopo. Inoltre, la facoltà del linguaggio è naturale per l’uomo, ma l’articolazione del linguaggio (ovvero la distinzione tra le varie parti che si compie nel momento in cui si codifica un’informazione sonora) è invece artificiale. In terzo luogo, la facoltà del linguaggio è stata localizzata in un’area ben precisa del cervello, chiamata area di Broca proprio grazie a colui che la scoprì. Infine, la facoltà di articolare paroles si esercita solo attraverso lo strumento fornito dalla collettività; ecco come la lingua fornisce un’unità al linguaggio. Posto della lingua tra i fatti di linguaggio → Il posto della lingua tra i fatti del linguaggio si trova nel circuito della parole , del quale è necessario ricostruire il percorso. Esso inizia nel cervello di un parlante con l’associazione di un’immagine acustica con un concetto, in seguito il cervello trasmette l’appropriato comando agli organi della fonazione ( processo fisiologico) e infine essi producono un atto fonatorio ( processo fisico). Il percorso si ripete al contrario per il ricevente. Questa analisi fa comprendere immediatamente che l’immagine verbale è una parte psichica e non va assolutamente confusa con il suono, che è invece fisico. Il circuito si può dividere ulteriormente: in una parte esteriore e una interiore, in una parte non psichica e in una psichica, in una parte attiva e in una passiva, in una parte esecutiva (attività) e una ricettiva (passività). Ma soprattutto bisogna aggiungere una facoltà di associazione e coordinamento, che si manifesta in quanto non si parla più di segni isolati, ma di una loro organizzazione. Questa parte è fondamentale per organizzare la lingua in un sistema. Questa facoltà nasce nell’aspetto sociale del linguaggio, e non trova la sua origine né nella parte fisica né nella parte psichica (che in quanto esecuzione puramente individuale sarà chiamata parole ), ma nella parte ricettiva e coordinativa, che fa nascere delle impronte simili per tutti. La lingua diventa dunque il patrimonio compreso in tutte le conoscenze dei parlanti. La lingua resta distinta dalla parole perché dove la prima è sociale e necessaria, la seconda è individuale e contingente. La lingua è indipendente dal soggetto, la parole invece è un suo personale prodotto in cui distinguiamo le particolari espressioni con cui il soggetto utilizza la lingua per esprimersi e il meccanismo psicofisico di cui si serve per esternare le proprie espressioni. I caratteri principali della lingua sono questi: 1. È un oggetto ben definito nell’insieme caotico dei fatti del linguaggio. Si trova nel punto (psichico) in cui un’immagine acustica si associa con un concetto. È la parte sociale del linguaggio; è esterna all’individuo, che non ha la facoltà di modificarla; è il frutto di un patto sociale tra i parlanti ed esiste nella totalità delle loro conoscenze. 2. La lingua, anche se non è parlata (e quindi distinta dalla parole ), può essere studiata indipendentemente dagli altri fatti del linguaggio. 2. La lingua ha natura omogenea; ciò che vi è di importante in essa è l’unione del concetto con l’immagine acustica (entrambe psichiche) 3. La lingua, come la parole , è un oggetto concreto. Si possono fissare i suoi componenti, a differenza della parole , e questo rende possibile una sua codificazione.

Posto della lingua tra i fatti umani. La semiologia → La lingua è classificabile tra i fatti umani, mentre il linguaggio non lo è. La lingua è sì un fatto sociale, ma di natura particolare. Essa ha lo scopo di esprimere delle idee tramite dei segni; è lo strumento più importante che l’uomo ha per farlo. Dunque possiamo postulare l’esistenza di una scienza che studi la vita dei segni nel quadro della vita sociale; questa scienza è la semiologia. La linguistica fa parte della semiologia, che a sua volta fa parte della psicologia. La semiologia non è stata ancora riconosciuta perché se da un lato niente è più adatto della lingua per esprimere i suoi problemi, dall’altro sarebbe necessario studiare la lingua per se stessa, cosa che non si è ancora fatta. Infatti la lingua o è stata considerata dal grande pubblico come una nomenclatura (niente di più falso), o dagli psicologi come lo studio del segno individuale (tralasciando l’aspetto sociale), o se si studia la lingua dal punto di vista sociale non lo si fa per se stessa ma in rapporto ad altre istituzioni, dunque collegandosi alla volontà. Infatti non si tiene conto del fatto che il segno sfugge sempre alla volontà, sia sociale sia individuale. Dunque la lingua deve essere compresa in rapporto a ciò che ha in comune con gli altri sistemi di segni, e in questo sta l’utilità della semiologia.

Capitolo 4: Linguistica delle lingue e Linguistica delle “parole” Tutti gli elementi del linguaggio, che costituiscono la parole (letto alla francese), vengono a subordinarsi alla lingua. Consideriamo la produzione dei suoni necessari alla parole: gli organi vocali sono estranei alla lingua e alla fonazione, ossia l'esecuzione delle immagini acustiche. In questo caso, la lingua può essere paragonata ad una sinfonia la cui realtà è indipendente dal modo in cui la si esegue; gli errori commessi dai musicisti che la eseguono non ne compromettono per niente la realtà. In effetti esistono le trasformazioni fonetiche, ovvero le alterazioni di suono che si producono nella parole e che esercitano una certa influenza sui destini della lingua stessa; ma esse non toccano altro che la sostanza materiale delle parole. Lo studio del linguaggio comporta dunque due parti: l'una essenziale, che ha per oggetto la lingua che è indipendente dall'individuo ed esiste nella collettività; l'altra che ha per oggetto la parte individuale del linguaggio, vale a dire la parole, che comprende anche la fonazione. La lingua è necessaria perché la parole sia intellegibile e produca tutti i suoi effetti; ma la parole è indispensabile perché la lingua si stabilisca. E' la parole che fa evolvere la lingua; sono le impressioni ricavate ascoltando gli altri che modificano le nostre abitudini linguistiche. Vi è dunque interdipendenza tra la lingua e la parole: la prima è nello stesso tempo lo strumento e il prodotto della seconda.

Capitolo 5: Elementi interni ed esterni della lingua La nostra definizione della lingua implica che da essa escludiamo tutto ciò che è estraneo al suo organismo, ovvero quello che definiamo linguistica esterna. Essa comprende le relazioni che possono esistere tra la storia di una lingua e quella di una razza o civilità. In secondo luogo, bisogna menzionare le relazioni esistenti tra la lingua e la storia politica. La colonizzazione è una forma di conquista che trasporta un idioma in ambienti diversi, il che produce cambiamenti dell'idioma. La politica interna degli stati non è meno importante per la vita delle lingue: vi sono governi che ammettono la coesistenza di più idiomi. Un altro argomento da trattare è quello della lingua letteraria che entra in conflitto con i dialetti locali; il compito del linguistica è quello di esaminare i rapporti tra la lingua dei libri e la lingua corrente. Infine rientra nella linguistica esterna tutto ciò che riguarda l'estensione geografica delle lingue e il frazionamento dialettale. Si è asserito che è impossibile separare tutti questi problemi dallo studio della lingua propriamente detta; e non è mai indispensabile conoscere le circostanze entro cui una lingua si è sviluppata. Per certi idiomi, come lo zend, non sappiamo nemmeno quali popoli esattamente l'hanno parlato: ma questa ignoranza non ci impaccia in nessun modo nello studiarli dal punto di vista interno e nel renderci conto delle trasformazioni che hanno subito. Con la linguistica interna tutto va diversamente. La lingua è un sistema che conosce soltanto l'ordine che gli è proprio.

Capitolo 6: Rappresentazione della lingua mediante la scrittura L'oggetto concreto del nostro studio è dunque il prodotto sociale depositato nel cervello d'ognuno, vale a dire la lingua. Tale prodotto differisce a seconda dei gruppi linguistici. Il linguistica è obbligato a conoscerne il maggior numero possibile per estrarre dalla loro osservazione e dal loro confronto ciò che vi è in esse di universale. Lingua e scrittura sono due distinti sistemi di segni; l'unica ragion d'essere del secondo è la rappresentazione del primo. Ma il vocabolo scritto si mescola così intimamente al vocabolo parlato di cui è immagine, che finisce con l'usurpare il ruolo principale; Così si arriva a dare maggior importanza alla rappresentazione del segno vocale che al segno stesso. Questa illusione è esistita in ogni tempo, credendo che un idioma si alteri più rapidamente quando la scrittura non esiste: niente di più falso. La scrittura, può in certe condizioni rallentare i cambiamenti della lingua, ma la sua conservazione, invece, non è per niente compromessa dall'assenza di scrittura. La lingua ha dunque una sua tradizione orale indipendente dalla scrittura e ben altrimenti fissa; ma il prestigio della forma scritta ci impedisce di vederlo. Ma come si spiega tanto prestigio della scrittura? – L'immagine grafica d'una parola ci colpisce come un oggetto permanente e solido – Per la maggior parte degli individui le impressioni visive sono più nette e durevoli delle impressioni acustiche. – La lingua letteraria fa crescere ulteriormente l'importanza immeritata della scrittura. Essa ha i suoi dizionari, le sue grammatiche; la lingua è regolata da un codice e questo codice è esso stesso una regola scritta, ovvero l'ortografia: ecco ciò che conferisce alla scrittura un'importanza primordiale. Esistono due soli sistemi di scrittura: Il sistema ideografico → nel quale il vocabolo è rappresentato da un segno unico ed estraneo ai suoni di cui un vocabolo si compone. Questo segno è in rapporto con l'idea che esso esprime. (scrittura cinese) Il sistema fonetico → mira a riprodurre la sequenza dei suoni succedentisi nel vocabolo. Le scritture fonetiche sono ora sillabiche ora alfabetiche, vale a dire basati su elementi irriducibili della parole. Cause della discordanza tra la grafia e la pronunzia → La lingua si modifica di continuo, mentre la scrittura tende a restare immobile. Ne segue che la grafia finisce col non corrispondere più a ciò che deve rappresentare. Perchè in francese si scrive mais e fait quel che si pronunzia mè e fè? Perchè in francese c ha spesso il valore di s? Perchè abbiamo conservato delle grafie che non hanno più ragion d'essere. V'è un'altra causa di discordanza tra la grafia e la pronunzia. Quando un popolo importa da un altro il suo alfabeto, accade spesso che le risorse di tale sistema grafico siano male appropriate alla nuova funzione. Si è allora obbligati a ricorrere a degli espedienti. Per esempio, ci si serve di due lettere per designare un suono solo. In ogni caso sarebbe troppo lungo classificare le incoerenze della scrittura. Una delle peggiori è la molteplicità di segni per lo stesso suono. Così in francese per z si adoperano j,g,ge; per z si adoperano z e s; per s si adoperano c,ç, t (nation), ss (chasser) ecc. Per una analoga aberrazione l'inglese aggiunge una e muta finale per allungare la vocale che precede: si confronti made con mad. Questa e, che in realtà interessa l'unica sillaba della parola, ne crea una seconda per l'occhio. Il risultato evidente di tutto ciò è che la scrittura offusca la visione della lingua: non la veste, ma la traveste. Ma la tirannia della lettera si spinge anche più oltre: a forza d'imporsi alla massa, essa influenza la lingua e la modifica. Questo accade solo negli idiomi molto colti, in cui il documento scritto svolge una parte considerevole. E' probabile che queste deformazioni diverranno sempre più frequenti e che si pronunzieranno sempre di più delle lettere inutili. Queste deformazioni foniche appartengono certo alla lingua, solo che non risultano dal suo gioco naturale, ma sono dovute a fattori ad essa estranei.

Capitolo 7: La fonologia I linguisti moderni, riprendendo per proprio conto ricerche avviate da altri, hanno dotato la linguistica d'una scienza ausiliaria che la ha affrancata dalla parola scritta. La fisiologia del suono è spesso chiamata fonetica. Questo termine ci sembra improprio e lo sostituiamo col termine fonologia. La ragione è che fonetica designa lo studio delle evoluzioni dei suoni e non si dovrebbe confondere sotto un sol nome due studi completamente distinti. Questi due studi non si oppongono poiché il primo è una delle parti essenziali della scienza della lingua; mentre la fonologia non è che una disciplina ausiliaria e ha rapporto solo con la parole. Vi è poi la questione della lettura. Noi leggiamo in due modi: la parole nuova o sconosciuta viene letta lettera dopo lettera, mentre la parola usuale e familiare s'abbraccia d'un sol colpo d'occhio, indipendentemente dalle lettere che la compongono, sicchè l'immagine di parole del genere acquista per noi un valore ideografico. Il vero aiuto che ci da la fonologia è di permetterci di prendere alcune precauzioni rispetto alla forma scritta attraverso cui dobbiamo passare per arrivare alla lingua. Dinanzi a ogni caso particolare bisogna delineare il sistema fonologico della lingua studiata, vale a dire la tabella dei suoni da essa adoperati, dato che, in effetti, ogni lingua lavora con un numero determinato di fonemi ben differenziati. Questo sistema è la sola realtà che interessa il linguista. La difficoltà di tale determinazione varia a seconda degli idiomi e delle circostanze. Quando si tratta di una lingua viva, il solo metodo razionale consiste in ciò: – Stabilire il sistema dei suoni sulla base dell'osservazione direttamente – Mettere da parte il sistema dei segni che servono a rappresentare i suoni. Molti grammatici si attengono ancora al vecchio metodo, criticato più in alto, che consiste nel dire come ciascuna lettera si pronunzia nella lingua che vogliono descrivere. Ma in questo modo non è possibile presentare chiaramente il sistema fonologico di una lingua.

PARTE 2: PRINCIPI DI FONOLOGIA “Un fonema è una unità linguistica dotata di valore distintivo, ossia una unità che può produrre variazioni di significato se scambiata con un'altra unità: ad e...


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