Riassunto del libro dal gesto alla scrittura PDF

Title Riassunto del libro dal gesto alla scrittura
Author Giada Vicini
Course Didattica della lettura e della scrittura 2(se
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Riassunto dettagliato del libro Dal gesto alla scrittura di Alessandra Venturelli...


Description

DAL GESTO ALLA SCRITTURA CAPITOLO PRIMO: IL GESTO GRAFICO DELLA SCRITTURA Per scrivere a mano occorre, in primo luogo, eseguire un gesto: il gesto grafico. Ciò che distingue il gesto grafico da altri movimenti è la sua estrema esattezza, al punto che esso rappresenta l’atto di motricità fine più preciso che l’uomo normalmente impari a compiere nel corso della vita e per la cui conquista e completa maturazione occorrono molto tempo e un lungo allenamento. La complessità di tale movimento è poi intensificata dal valore linguistico, cognitivo e psicologico che la scrittura implica di per sé. Nel corso dello stesso sviluppo grafico, vengono modificati i circuiti celebrali utilizzati in modo prevalente, passando dal controllo conscio e volontario del movimento del bambino nelle prime fasi di apprendimento alla crescente automatizzazione e spontaneità del gesto grafico dell’adolescente e dell’adulto. Il linguaggio orale si forma nelle prime fasi dello sviluppo per tendenza istintiva, la scrittura è molto più tardiva e non è spontanea. La scrittura si distingue dal linguaggio parlato non soltanto per i lunghi tempi di elaborazione, ma per peculiari modalità di apprendimento, basate sia sull’analisi consapevole degli elementi sia sulla progressiva maturazione di una specifica memoria visiva e motrice. Tale memoria consente al bambino in fase di apprendimento di migliorare gradualmente il controllo occhio-mano, passando da un iniziale movimento controllato retrospettivamente a un movimento sempre più controllato per anticipazione. Per quanto riguarda la lettura, alcune recenti prove neurologiche mostrano l’indipendenza tra scrittura e lettura, in quanto esiste un sistema rappresentativo delle lettere diverso per ciascuno di questi due mezzi comunicativi: per la lettura basato sul riconoscimento, mentre per la scrittura sull’evocazione. Almeno a livello neurologico-motorio, esiste una stretta interazione tra predisposizione innata e stimoli ambientali. Infatti, se il bambino possiede già dalla nascita un codice genetico potenzialmente predisposto ad acquisire la capacità di scrivere, è solamente tramite adeguate sollecitazioni educative che favoriscano tale apprendimento che questa potenzialità si svilupperà positivamente oppure che resterà inefficace o addirittura inattiva. La ripetizione degli stessi atti grafici, in modo coerente e graduale per difficoltà, permette di imprimere la sua impronta sui circuiti che sono genericamente predisposti a riceverla. Fino alla scuola materna, bisogna preparare il campo per un progressivo consolidamento delle abilità di base a livello percettivo-motorio, sui cui poi innestare l’apprendimento graduale alla scrittura.

CAPITOLO SECONDO: L’EVOLUZIONE DELL’ATTIVITÀ GRAFICA INFANTILE 1. I primi passi dell’attività grafica La scrittura non è altro che l’ultimo tassello di uno sviluppo assai lento e progressivo che dallo scarabocchio passa attraverso il disegno. L’attività grafica, già nelle sue prime manifestazioni e in particolare nel disegno, dipende anche direttamente dal livello di psicomotricità generale effettivamente raggiunta di volta in volta dal bambino e soprattutto dalla consapevolezza del proprio schema corporeo, per gestire adeguatamente lo spazio grafico.

2. Lo scarabocchio: la prima impronta di sé nel mondo Generalmente, è attorno a un anno e mezzo di età che il bambino comincia a tracciare i primi scarabocchi per il piacere di eseguire dei movimenti con la mano. Si tratta di un’attività spontanea in cui prevale l’impulsività, per cui i gesti tendono ad avere l’aspetto di scariche motorie. In questa prima fase, è tutto il corpo, nella sua formazione tonica, che partecipa all’attività, in quanto prevale un movimento del braccio a livello dell’articolazione della spalla. La prima impugnatura adottata naturalmente dal bambino è quella palmare, in cui cioè egli serra con il palmo della mano la penna, senza ancora utilizzare le dita per nessuna funzione, con l’effetto di limitare le variazioni dei movimenti e di restringere la possibilità del controllo visivo delle tracce lasciate sul foglio. Gradualmente, assumendo una posizione di fronte al foglio più comoda, diventa naturale appoggiare il gomito sul piano del foglio; il gomito favorisce i movimenti dell’avambraccio, consente di staccare più facilmente la matita dal foglio e migliora la possibilità di diversificare le linee tracciate. È così che la traccia casuale diventa a poco a poco un tracciato che presenta un grado più o meno alto di volontà rappresentativa. Contemporaneamente, il bambino comincia a sostenere la penna con un’impugnatura di tipo digitale, cioè con il pollice opposto all’indice e al medio. La conseguenza diretta di questo nuovo tipo di prensione è l’esecuzione di ghirigori e di segni grafici minuziosi, molto più piccoli. A poco a poco, l’impugnatura digitale diventa sempre più abituale, mentre si organizza meglio la coordinazione dei movimenti della spalla, dell’avambraccio, del polso e della mano, per cui il gesto grafico è progressivamente più rispondente allo scopo che si vuole perseguire. La motricità da spontanea che era si trasforma allora in organizzata: se prima l’occhio osserva quello che la mano prima aveva tracciato, adesso è l’occhio a guidare la mano verso le direzioni del foglio che il bambino vuole seguire. Nel corso del suo sviluppo grafico, il bambino si trova così ad affrontare costantemente e in modo congiunto problemi di tipo percettivo e di tipo motorio. Già in queste prime fasi è sulla base dell’esercizio e soprattutto della ripetizione che il bambino impara sempre più a organizzare lo spazio, a controllare il gesto e a gestire lo strumento grafico. È in base a come evolve la capacità di maneggiare la penna che il grafismo parallelamente evolve. Da qui l’importanza di educare il bambino, già in questa prima fase a un’impugnatura corretta e rilassata. I benefici di questo intervento tendono infatti a ripercuotersi sia sull’intero sistema neuromuscolare e psicomotorio sia sulle future espressioni grafiche del disegno e della scrittura. Gradualmente, si passa così dalla produzione di elementi semplici. Attorno ai 3 anni di età compare poi l’uomo-girino (primo tentativo di rappresentare la figura umana). 3. Il disegno: linguaggio grafico che introduce alla scrittura Successivamente il bambino diviene capace, durante il terzo anno di vita, di partire dal modello mentale di un oggetto per poi rappresentarlo graficamente, comprendendo così il valore simbolico del disegno. Inizia quindi a produrre i primi schemi iconici, corrispondenti alla rappresentazione di particolari categorie di oggetti, animali o persone. Compaiono così a poco a poco lo schema uomo-girino, lo schema-casa ecc.. Tali schemi si andranno gradualmente arricchendo di particolari e di variazioni quanto più matureranno le facoltà psichiche, percettive e motorie del bambino. Da un punto di vista grafomotorio e di gestione dello spazio grafico, il disegno abbia una funzione estremamente importante di preparazione al gesto della scrittura, attraverso lo sviluppo di determinate abilità che andranno ancora più affinandosi nel corso dell’apprendimento della scrittura stessa.

I disegni realizzati dal fanciullo fra i 3 e i 4 anni rappresentano dei veri e propri esercizi percettivomotori. Il movimento oculare diventa sempre più ritmico, permettendo di dirigere in modo intenzionale e gradualmente più preciso la mano che esegue il tracciato. Parallelamente, attraverso l’abitudine a esprimersi graficamente, si sviluppano le coordinazioni motorie. Un’altra caratteristica del disegno che aiuta a sviluppare e a migliorare la coordinazione motoria è l’adozione del colorare all’interno degli spazi delimitati. Tale attività avviene grazie a un atto motorio della mano molto intenso e prolungato nel tempo. È solamente verso i 6 anni che la scrittura diventa prevalentemente totale. Questo netto e costante progresso è dipendente dunque sia dalla maturazione dovuta all’età sia dall’esercizio. Analogamente, migliora sempre di più l’impugnatura quanto più vengono proposti al bambino diversi strumenti grafici che offrono possibilità diversificate di utilizzo. Naturalmente, non sempre tale sviluppo è spontaneo. Un altro aspetto assai importante è quello della gestione dello spazio grafico. Esso è la diretta conseguenza del passaggio che porta dall’esperienza del corpo vissuto all’immagine visiva del corpo. Ai fini di una corretta gestione dello spazio grafico, il bambino deve avere elaborato quegli assi dello spazio che possono fungere da riferimento costante per la sua disposizione di figure orientate sul foglio. La prima forma di orientamento spaziale che tende ad emergere è quella della verticalità. Successivamente quello dell’orizzontalità. Nascono poi due elementi formali tipici dei disegni dei bambini che sono la linea-retta e la lineacielo, entrambe parallele rispetto al margine inferiore del foglio. Dopo un primo periodo di allenamento grafico, il bambino ora comincia a rispettare un verso e un allineamento, distinguendo ciò che sta in alto da ciò che sta in basso. Quando il bambino è in grado di tracciare la forma del triangolo e del rombo, si può quindi supporre che egli sia in grado di imitare e di copiare alcune lettere semplici e può intraprendere, per lo meno, l’apprendimento sistematico della scrittura in stampatello maiuscolo. 4. Dall’imitazione alla costruzione della scrittura Parallelamente a questo processo grafico figurativo, iniziano verso i 2 anni e ½ i primi tentativi di grafismo scritturale, vale a dire di una forma di scarabocchio che imita la scrittura. Successivamente, attorno ai 4 anni avendo già sviluppato la capacità di chiudere forme aperte, il bambino inserisce in mezzo a questi tracciati alcune lettere alfabetiche che ha imparato a copiare. Si tratta di una forma di disegno riproduttivo anziché di vera scrittura. Questi accostamenti di lettere e disegni sono molto significativi, in quanto costituiscono un primo confronto tra questi due mezzi comunicativi, che porterà il bambino a intraprendere un percorso esplorativo alla scoperta del legame tra parola e segno, distinguendo sempre più nettamente il disegno della scrittura. Secondo l’orientamento costruttivista, basato sulle teorie cognitive di Chomsy, la conquista della scrittura avviene attraverso un notevole lavoro di concettualizzazione da parte del bambino, basato sulla progressiva formulazione di ipotesi sul funzionamento della scrittura. Il modo di imparare del bambino risulta analogo a quello dello scienziato che procede per prove ed errori. Malgrado queste notevoli differenze soggettive, tale sistema di costruzione della lingua scritta appare comunque formato da tappe evolutive ordinate in sequenza.

Il primo livello del bambino che non sa scrivere è quello dell’indifferenziazione tra disegno e scrittura, per cui il disegno della casa e la scrittura della parola casa tendono a essere fatti usando gli stessi segni. Successivamente, nasce nel bambino il sospetto che la scrittura sia qualcosa di diverso dal disegno; da qui il tentativo di scrivere con segni astratti, diversi per ogni parola, anche se senza una logica precisa. in questo caso, le lettere che normalmente vengono utilizzate sono quelle del proprio nome, perché già note al bambino. In questo modo matura progressivamente la consapevolezza che la scrittura sia un sistema complesso che esige di volta in volta organizzazioni diverse. Verso i 5 anni, normalmente il bambino sa scrivere alcune lettere in stampatello maiuscolo e, se opportunamente sollecitato, può in alcuni casi riuscire a riprodurre il proprio nome a caratteri grandi e irregolari. La sua percezione della parola è ancora globale. Successivamente, cominciano ad affiorare i primi indizi di corrispondenza segno-suono, dapprima in modo sillabico, per arrivare infine alla scoperta dell’alfabeto vero e proprio, in cui compare il concetto un segno-un suono che sarà determinante per l’acquisizione della lingua scritta, nel suo aspetto analitico. Una volta raggiunto questo stadio, l’apprendimento di un sistema alfabetico diventa quasi automatico, in quanto il bambino ha ormai completato la sua conquista personale del funzionamento della scrittura. 5. Disegno e scrittura a confronto Le caratteristiche principali che disegno e scrittura condividono sono sicuramente riferibili alla loro funzione: entrambi sono linguaggi grafici e dunque mezzi per comunicare eseguendo dei tracciati su un supporto, anche se adottando segni diversi: il disegno è di tipo figurativo e simbolico, mentre la scrittura di tipo astratto e alfabetico. Disegno e scrittura devono analogamente la loro realizzazione a un simile o talvolta identico strumento grafico, il quale, resta un prolungamento della mano che si interpone in entrambi i casi tra il foglio e il corpo. Per poter disegnare e scrivere bene, è comunque necessario un certo apprendistato tecnico di prensione. La necessità di usare tale strumento con la mano in uno spazio grafico mette in primo piano l’importanza dello sviluppo della sfera percettivo-motoria, sia da un punto di vista di maturazione psicofisica che di opportuni stimoli ambientali. Prova ne è che i bambini disgrafici, pur mostrando maggiore vivacità espressiva nel disegno, manifestano anche in questo mezzo comunicativo simili difficoltà riscontrate nella scrittura, quali un gesto scarsamente flessibile e poco coordinato, con procedimento frammento e a scatti e, spesso, con analoghi problemi di gestione spaziale. Malgrado questi sostanziali elementi in comune tra disegno e scrittura, occorre tuttavia aggiungere che quest’ultima ha anche qualcosa di profondamente diverso rispetto all’espressione figurativa. Il disegno andrà poi progressivamente impoverendosi della sua iniziale immediatezza espressiva, per assumere sempre più una funzione estetica. Il processo della scrittura avviene esattamente in senso contrario. Se nel disegno si va dalla spontaneità verso un crescente condizionamento culturale, con progressivo impoverimento dell’immediatezza, nella scrittura si parte da un marcato condizionamento culturale iniziale per poi guadagnare gradualmente la spontaneità. A differenza del disegno, infatti, la scrittura è un sistema grafico convenzionale, astratto e, nella nostra cultura, di tipo alfabetico. A questa difficoltà dovuta al sistema segnico astratto della scrittura, se ne aggiunge poi un’altra altrettanto importante e, spesso sottovalutata, legata all’esecuzione stessa delle lettere e delle parole. Infatti, un’altra caratteristica del segno scritto è la linearità. Di conseguenza nella grafia per presentare un oggetto è necessario tradurlo in una successione ben precisa di lettere, mentre per

rappresentare un concetto occorre produrre una sequenza non solo di lettere, ma anche di parole ben ordinate. La prima difficoltà che il bambino incontra quando si accinge a imparare a scrivere è proprio il come: come tenere la matita in mano; come muoverla sulla riga e nello spazio della pagina; come copiare accuratamente le lettere per ottenere un risultato simile al modello; insomma, come produrre il filo grafico delle lettere e delle parole. Anche la gestualità necessaria per scrivere impone di per sé al bambino uno sforzo particolare, non soltanto perché si tratta di un movimento di motricità fine più preciso e meglio coordinato rispetto a quello del disegno ma anche perché questi segni convenzionali esigono gesti speciali, basati su regole specifiche di forma, movimento e disposizione spaziale. Scrivere è all’inizio un lavoro, un’attività seria e rigorosa, in cui egli deve utilizzare tutte le risorse precedentemente acquisite, non soltanto di tipo intellettivo e cognitivo ma anche, se non soprattutto, di tipo percettivo-motorio. Infatti, la difficoltà principale di quest’attività consiste proprio nel tradurre la rappresentazione visiva di una lettera in coordinazione motoria delle dita, del polso e del braccio. Successivamente, procedendo nell’apprendimento, il bambino acquisisce, tramite l’esercizio, delle abitudini motrici sempre più radicate e profonde, per cui l’atto grafico da volontario che era, con una forte componete attentiva, diventa gradualmente sempre più meccanico. La concentrazione del bambino mentre scrive passa dunque progressivamente dal come al che cosa, cioè dalla modalità di esecuzione delle lettere al contenuto e al significato del linguaggio scritto. La scrittura procede dunque in senso inverso rispetto a quello del disegno. Questo processo di familiarizzazione del fanciullo con un gesto della scrittura è comunque molto lungo e, normalmente, giunge a piena maturazione durante la scuola media.

CAPITOLO TERZO: L’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA 1. Lo sviluppo della motricità fine della scrittura Per quanto riguarda la motricità specifica della scrittura, gli studi evidenziano come gli elementi che concorrono al suo sviluppo sono sia legati alla maturazione generale del bambino, e più in particolare all’evoluzione percettiva e motoria, sia dovuti a condizionamenti ambientali, come apprendimento e l’esercizio grafico. Non va poi dimenticata l’influenza di altri fattori, di tipo intellettivo e affettivo. Per riuscire a scrivere bene, è necessario sviluppare i seguenti aspetti di motricità grafica: - la tonicità del corso della scrittura - la postura (di tutto il corpo) e le posizioni segmentarie (dell’avambraccio, del gomito, del polso, della mano e delle dita) - i movimenti digitali (delle dita) - i movimenti di piccola progressione (del polso) - i movimenti di grande progressione (del gomito). Alla base di queste acquisizioni ci sono la potenzialità e la plasticità del sistema nervoso e muscolare. Al momento dell’atto grafico, la mano si trova leggermente piegata, in stato di semi-pronazione, con l’indice opposto al pollice per trattenere la penna con una presa a pinza, mentre la penna è appoggiata, sul lato destro, sulla prima falange dell’indice, per assicurare un assetto regolare in fase di scrittura e consentire i movimenti digitali. In questo modo, lo strumento grafico si trova normalmente sullo stesso asse della mano, formando con il piano del foglio un angolo di 45° circa e consentendo così al bambino di controllare visivamente quello che sta scrivendo.

In questa posizione, indice e pollice fungono da dita motrici, in quanto fanno avanzare la penna sulla pagina, mentre il medio sorregge lo strumento grafico; l’anulare e il mignolo, invece, sono semi-piegati e hanno soltanto un ruolo passivo. Il gesto grafico diventa sempre più continuo grazie all’organizzazione graduale di due gruppi di movimenti grafici: quello della grande progressione (avanzamento della scrittura verso destra in un movimento generale) e quello della piccola progressione (spostamento per un breve tratto di percorso, nell’ambito della parola). 2. Le fasi dell’evoluzione della scrittura In base a studi statistici sull’evoluzione della scrittura si tende a suddividere la maturazione del gesto grafico in tre fasi: - La fase pre-calligrafica va dal primo approccio alla scrittura fino agli 8 anni circa, quando cioè viene acquisito in modo relativamente completo il gesto grafico. All’inizio, l’applicazione del bambino nell’attività di copiatura implica lentezza e tensione. Questo spiega perché la pressione è inizialmente pesante, con tratti tremolanti, riprese e deviazioni del tracciato, nonché talvolta malformazioni dovute a maldestrezza nell’utilizzo dello strumento grafico - Nella fase grafica, che va dai 9 agli 11 anni circa, la scrittura tende a raggiungere un equilibrio, anche se all’inizio ancora statico, aderente al modello scolastico, con accentuazione della cura formale, dato che le maggiori difficoltà grafomotorie sono state superate. Gradualmente la pressione sfocia in velocità. La scrittura diventa veramente spontanea e originale solo dopo che il bambino avrà affrontato e risolto i principali problemi di motricità fine. Altrimenti, il mancato superamento di tali difficoltà sfocerà in una vera e propria disgrafia, già dopo la prima o dopo la seconda classe elementare. - Durante la fase post-sillabica, che ha inizio con la preadolescenza, l’esigenza di maggiore velocità si unisce a tentativi di personalizzare, semplificare e combinare i gesti grafici. Verso i 12 anni si ha l’acquisizione di una scrittura personale. 3. Come cambia la scrittura nel corso d...


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