Riassunto: Fondamenti Della Rappresentazione (V. Ugo) PDF

Title Riassunto: Fondamenti Della Rappresentazione (V. Ugo)
Author Natalia Spiga
Course fondamenti della rappresentazione architettonica
Institution Politecnico di Milano
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Summary

Riassunto capitoli:
Capitolo 0: l'architettura e i suoi doppi
Capitolo 1: la rappresentazione come tema
Capitolo 2: fondamenti geometrici
Capitolo 4: le forme della rappresentazione...


Description

CAPITOLO 0_ L’ARCHITETTURA E I SUOI DOPPI L’architettura dispone di un triplice statuto:   

Teorico Storico Materiale

In quanto disciplina essa si basa su alcuni concetti fondamentali di ordine tecnico, funzionale, sociale, psicologico, economico, formale. Tali concetti si riferiscono alla nozione di “abitare” e al rapporto che si instaura tra l’abitare e il costruire. L’architettura costituisce un fatto storico, che si inserisce nella cultura di una data epoca con la quale interagisce e che per questo a noi ancora oggi risulta legata ad essa. In quanto insieme concreto di opere costruite, l’architettura consiste nella forma che le materie hanno assunto per una determinata opera. Si configurano due universi distinti ed eterogenei:  

Universo materiale, fisico, spaziale delle opere edificate, che prende forma nella costruzione e nell’uso Universo discorsivo delle elaborazioni del pensiero e che prendono forma nel discorso teorico, storico e critico

Gli statuti e i due universi non sono indipendenti, ma complementari e si integrano per dare forma a quell’idea di architettura a cui noi ci riferiamo per determinare la nostra esperienza dell’abitare in un luogo. La comune esperienza dell’architettura rimane però quella tattile e visiva che viviamo nella quotidianità più che quella storico/teorica. L’architettura, infatti, si integra all’esperienza mediata dalla rappresentazione: dalle immagini fotografiche alle descrizioni letterarie, dal cinema alla televisione, dalla pittura al disegno, che tendono a fornirci la conoscenza di opere di cui forse non avremo mai la possibilità di fare un’esperienza diretta. Ciò che vien meno nella rappresentazione è il carattere tattile, la materialità delle architetture. La sfida principale della rappresentazione in architettura consiste nell’esperienza e nella conoscenza di essa mentre non è presente, mentre permane nella lontananza percettiva. In un certo senso, la rappresentazione deve avere una funzione veritativa: non solo deve dire la verità dell’opera, ma deve rivelarcela, dimostrarcela, costruirla, mettendosi in rapporto con la storia, con la teoria e con la tecnica e questa verità deve manifestarsi in un doppio livello:  

Rispetto dell’opera, essere una copia fedele dell’opera originale che attualmente è assente Rispetto alla rappresentazione stessa come interna coerenza del procedimento ri-produttivo

Si può affermare quindi che la rappresentazione è un doppio del reale: essa in particolare è forma e fonte di conoscenza, connessa agli statuti dell’architettura e alla sua storia. Un esempio di doppio dell’architettura è il disegno, inteso come strumento di comunicazione. Qualsiasi disegno implica un contesto di elaborazione di dati, di idee, di proposizioni teoriche. Il disegno ha una valenza mimetico-riproduttiva, in quanto, imitando l’oggetto, consente di riprodurne la percezione.

CAPITOLO 1_ LA RAPPRESENTAZIONE COME TEMA Mimesìs, pictura, pòiesis Ogni rappresentazione stabilisce una forma di analogia con la realtà rappresentata ed elabora una particolare tematica. Essa affronta un preciso problema e si articola su alcuni concetti fondamentali. Questi concetti sono: poiesis, mimesis, tekhne. Poiesis  attività poetica del produrre Mimesis  imitazione nella riproduzione Tekhne (arte) la pratica di attuazione dell’idea che consente di comunicarla, di esprimerla visibilmente. A partire dal Rinascimento, l’artista, ormai divenuto un intellettuale, comincia a distinguersi dall’artigiano per il nuovo rapporto istituito tra la concezione dell’opera e la sua realizzazione pratica. Non a caso, è proprio in questo periodo che la pittura, scultura e architettura vengono riunite sotto la denominazione di “belle arti del disegno”. Esiste quindi una tradizione che vede nel disegno l’attività e la disciplina unificatrice dalla quale scaturiscono tutte le arti visive. Il disegno costituisce una sintesi di tutte le arti legate al campo della visualità, rappresentando i materiali nello spazio di un foglio di carta e consentendo la verifica preliminare attraverso una serie di codificazioni. Il disegno si fonda quindi sulle tre nozioni. In particolare è:  Poiesis su un livello: in quanto forma strumentale della produzione poetica e in quanto produzione artistica (ossia come forma d’arte autonoma). La rappresentazione dispone di un duplice statuto: da una parte rappresenta qualcos’altro, dall’altra presenta se stessa.  Mimesis, poiché il disegno deve consentire e legittimare la sostituibilità dell’oggetto reale che si è deciso di rappresentare. Così il ritratto rappresenta il personaggio e deve essergli somigliante, deve imitarlo. Questo tipo di rapporto mimetico è tuttavia la forma più grossolana della mimesis. È quella che autorizzava Platone a condannare la pittura tracciandola di illusorietà e di inganno, in quanto era una doppia imitazione: imitazione imperfetta della realtà fenomenica, che a sua volta imita imperfettamente il perfetto mondo delle forme reali. È noto che già Aristotele sposta l’oggetto dell’imitazione dell’appartenenza fenomenica ai dati strutturali e profondi, configurando il concetto di “modello”. Riassumendo, si può dire che: - Della mimesis, occorre definire precisamente l’oggetto - La tekhne è tecnica grafica, abilità manuale, codificazione dettata dalla geometria. - La poiesis si intuisce poiché la rappresentazione è il filo mediatore, il ponte comunicante tra il campo teorico-discorsivo e il campo fisico dell’edificazione architettonica. Tecnica, forma La tekhne rappresenta tutte quelle componenti che si riferiscono all’attuazione dell’opera, ma in generale alla gestione dell’intero processo produttivo. La tecnica non si limita a fornire i mezzi per tramutare l’idea in prodotto, ma fa parte dell’intero processo produttivo. Il primo degli strumenti è la nostra mano. Ad esempio, in campo architettonico, pensiamo alle notevoli differenze strutturali e qualitative tra uno schizzo velocemente realizzato a carboncino per fissare la prima idea e un elaborato che un plotter traccia con precisione su istruzioni impartite da un computer. In conclusione, possiamo dire che la tecnica più che essere una componente strumentale per la forma, è una componente strutturale della forma. Nella rappresentazione architettonica il nostro riferimento fondamentale è il disegno; questo è indiscutibilmente un’immagine che, come tale, viene prodotta e percepita. L’immagine è l’oggetto della mimesis, che tende a rendere equivalenti la percezione del mondo e quella della sua rappresentazione. Più precisamente è la forma quella che costituisce l’oggetto della mimesis. La forma dell’architettura è l’insieme

delle sue immagini, ma soprattutto il modo in cui essa dà luogo all’abitare, organizza i materiali definendo un luogo, mette in atto un modo di esistenza dello spazio, un rapporto con la storia e la natura. La nozione di forma tematizza così il problema della rappresentazione. Dimensione, misura, modello Sono tre termini che reinviano alle grandezze di riferimento, alla conoscenza del loro valore numerico, al rapporto codificato (e quindi non arbitrario) di due realtà diverse, ma confrontabili. Ad esempio, lo spazio empirico e quello della geometria sono tridimensionali perché tre parametri, cui corrispondono tre misure, sono necessari e sufficienti per definire la posizione di un punto o di un parallelepipedo e consentono di costruirne e rappresentare un modello a una determinata scala. È con la rivoluzione francese che viene fissato come unità di lunghezza nel sistema metrico decimale il metro. Nel campo dell’architettura, Il problema della misura non si identifica solo tra i singoli elementi di un edificio e la grandezza assunta come unità di misura, ma riguarda anche i rapporti dimensionali dei vari elementi tra loro. Dalla misura si passa così alla commensurabilità, ossia a quella giusta misura, quella corrispondenza e armonia di tutte le parti tra loro e col tutto, che i greci chiamavano symmetrìa e che trova espressione in quello che oggi noi definiamo modulo, unità di misura interna. Possiamo definire la rappresentazione dell’architettura come la registrazione e restituzione della sua forma in un modello che, tramite la misurazione, la relaziona ai modelli prescelti come unità di misura. Questi modelli a loro volta sono rappresentazioni del pensiero geometrico sullo spazio, dei valori che la cultura assegna alle opere e ai princìpi che ne hanno informato la genesi. In questo processo è allora evidente che le dimensioni della storia, della critica, della teoria, svolgono un ruolo essenziale e irrinunciabile. Lo statuto della rappresentazione Ha come finalità l’agire. La modalità fenomenologica dell’agire si basa su 3 verbi: volere, potere dovere. I concetti di volontà, potenza e dovere nell’ambito architettonico si riferiscono al rapporto tra rappresentazione e realtà, ossia tra il disegno di architettura e la sua concreta trasformazione in opera edificata, tra il modello grafico e quello materiale. -

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Il “si vuole” si basa su una precisa intenzione e sottintende la tematica del desiderio. Identifica il modo espressivo dal quale si parte attraverso un’idea o un’intuizione iniziale e si arriva al disegno, il quale ne elabora la formalizzazione. Forma privilegiata in questo processo è lo schizzo, che tratta l’impostazione sommaria del progetto. Il “non si vuole”, identifica una rinuncia all’attuazione del modello grafico in esito materiale. Esso riguarda il disegno come registrazione del costruito, ossia il rilievo. Il “si può” si riferisce alla legittimità dell’agire in senso tecnico-economico. In questo caso non si tratta di disegni di progetto, ma di esemplificazioni parziali, schemi funzionali e distributivi, diagrammi. Il “non si può” identifica un’impossibilità fattuale, che può essere di ordine tecnologico, economico, sociale o estetico. Il disegno può rappresentare delle strutture inammissibili date ad esempio dai limiti di resistenza dei materiali piuttosto che dalle risorse economiche. In questo caso si può parlare di disegno utopico. Il “si deve” esprime sia un’istanza etica, sia una norma prescrittiva. Questo tipo di disegni devono riferirsi a una precisa normativa e codificazione. Il “non si deve” riguarda l’elaborazione teorica del disegno. È il carattere teorico di questi disegni che determina l’impossibilità fattuale dell’opera

CAPITOLO 2_ FONDAMENTI GEOMETRICI Spazi e geometrie Col tempo sono andati a delinearsi vari tipi di geometrie:  La geometria euclidea, definita come la “geometria della mente”, radicata dell’idealità e razionalità e mirata all’ elaborazione logica di uno spazio astratto, dal quale vengono estratti gli elementi geometrici fondamentali: punto, retta, piano, angolo..  La geometria proiettiva, definita come la “geometria dello sguardo”. È quella che costituisce il fondamento scientifico del disegno.  La geometria topologica, definita “geometria del tatto”, si basa sulla nozione di misura che assume nozioni qualitative e non più metriche. Si focalizza sulla continuità e contiguità dello spazio. Proiezione e percezione La geometria proiettiva costituisce la principale base scientifica della rappresentazione. I concetti di punto, retta, intersezione e corrispondenza tra enti costituiscono la base della geometria proiettiva. Due punti distinti definiscono una retta Due rette incidenti e distinte definiscono un piano e un punto Un piano e una retta esterna ad esso definiscono un punto … In generale, proiettando punti nello spazio da un dato centro su una superficie, si stabilirà una corrispondenza tra tali punti e le loro immagini. Questa corrispondenza è data dal centro di proiezione. lo scopo della rappresentazione è la mimesis figurativa e percettiva, e dunque l’equivalenza e sostituibilità della percezione dell’immagine a quella del reale. Il disegno e la percezione possono essere considerati processi analoghi e simmetrici: produttivo e grafico il primo, ricettivo e ottico il secondo. Ma entrambi strutturati e regolati dalla proiezione: per il primo tramite l’artificio strumentale (foglio di carta), per il secondo tramite uno dei cinque sensi del corpo umano: la vista. L’immagine, una volta formatasi come segnale sulla retina, viene neurologicamente trasmessa al cervello, che la recepisce come segno, la elabora psicologicamente e ne compie una sintesi strutturale conferendole un preciso significato. Se l’originario dato percettivo lo si elabora, lo si confronta all’interno del contesto culturale, il rapporto mimetico non si basa più solo sul piano dell’ottica, della neurologia, della psicologia, ma coinvolgerà appunto, la dimensione simbolica e culturale. La percezione può essere scissa quindi in due componenti: 1) Quella fisiologico-ricettiva: è geometricamente, otticamente e neurologicamente controllata dal nostro sistema nervoso 2) Culturale-produttiva: è quella che conduce alla critica, all’assunzione storica e culturale dei dati e al loro confronto.

CAPITOLO 4_ LE FORME DELLA RAPPRESENTAZIONE La rappresentazione come forma In base a quanto detto precedentemente, possiamo affermare che esiste una distinzione tra l’immagine come dato essenzialmente percettivo e la forma come struttura che riassume la consistenza spaziale e storica dell’architettura. L’immagine viene presa in considerazione per ottenere un modello geometrico che costituisca l’oggetto, nella forma risiede ciò che la rappresentazione deve esprimere. In altre parole, accanto alle tecniche e regole geometriche, ogni processo rappresentativo richiede una selezione critica di una serie di parametri in grado di saper esprimere al meglio l’oggetto. Immagine  modello geometrico Rappresentazione  espressione La rappresentazione non deve solo restituire la forma dell’architettura, non soltanto è produttrice di forma, non soltanto ha una forma o può assumere diverse forme: essa stessa è forma. La rappresentazione ha la sua origine, ha come punto di riferimento l’idea. Idea è un termine greco che etimologicamente è imparentato col “vedere”: ma non parliamo di vedere con gli occhi del corpo, ma bensì vedere con gli occhi dell’intelletto. Possiamo dire che l’idea scaturisce da un processo mentale e non da un processo concreto-razionale. La prospettiva come forma simbolica Il processo prospettico nel suo insieme, nei suoi fondamenti teorici, nella sua storicità, nella sua struttura geometrica, ad essere simbolica nei confronti dell’universo culturale che l’ha generata. La prospettiva non è simbolica perché il disegno riassume la realtà, ma perché nella forma stessa della rappresentazione come procedimento proiettivo e modo di formazione dell’immagine, è possibile leggere una sintesi storica, modi del pensiero e valori culturali, sui quali tale forma si fonda e che contribuisce a definire. In via di principio, è possibile rappresentare qualsiasi oggetto in qualsiasi forma e tecnica: la pratica della rappresentazione ha spesso preceduto la sua completa codificazione teorica (nel senso: non si è di certo atteso Monge per disegnare prospetti e piante di edifici; e oggi si disegnano in assonometria edifici realizzati da culture che ai tempi non sapevano minimamente cosa fosse l’assonometria). Ogni forma della rappresentazione presenta dunque caratteristiche, storicità e riferimenti architettonici e culturali specifici, ma tutte tendono alla mìmesis (mimica) figurativa, all’analogia dimensionale, all’interpretazione spaziale tramite un progressivo distacco dalla visione fisiologica (fisiologia=scienza che studia le funzioni organiche degli esseri viventi. In questo caso funzioni che assume la forma) dell’oggetto considerato. Le proiezioni prospettiche È dai processi percettivi e dalla relativa mimesis, uniti alla ricerca di una verità logico-geometrica, che prende storicamente le mosse la codificazione della prospettiva nel XV secolo. L’imitazione riguarda l’aspetto visivo, si fonda sull’ottica, tradizionalmente prossima alla geometria, cui l’accomuna il carattere immateriale dei loro enti geometrici (retta, punto, piano). L’immagine dell’edificio è il modello ottico che il disegno imita, riproduce e rappresenta, traducendolo così in un modello grafico. In questo processo, il rapporto tra realtà e rappresentazione tende all’identità del punto di vista ottico-percettivo e alla corrispondenza proiettiva da quello geometrico. La prospettiva nasce dunque come risposta tecnica a un’esigenza riproduttiva e mimetica: come dispositivo pratico e praticamente verificabile.

Il mondo oggetto dell’investigazione prospettica, non è tanto quello materiale, temporale e tangibile nel quale la storia si svolge come successione di eventi, quanto piuttosto quello di cui gli uomini hanno deciso di elaborare un nuovo modello progettuale e un nuovo statuto. Il punto di vista è il paradosso della prospettiva, cui tutte le proiezioni sono riferite. In quanto centro di proiezione, esso è irrappresentabile: il concetto di proiezione di un punto da se stesso è infatti privo di contenuto geometrico e logico. Eppure la sua presenza virtuale ed empirica è indiscutibile, tutta la struttura prospetta si basa su esso. Il punto di vista è il luogo critico che conferisce senso e orientamento allo spazio e lo rende comunicabile al mondo. Le proiezioni assonometriche L’assonometria può essere concettualmente intesa come una prospettiva con centro di proiezione improprio. Se la prospettiva consentiva la rappresentazione di elementi impropri per proiezione da un centro al finito, l’assonometria deve rinunciare a questa possibilità, recuperando però la dimensione dell’infinito nella sua stessa struttura proiettiva. In altri termini, l’infinito non è più rappresentabile come punto o retta di fuga, ma diviene il luogo stesso in cui si inizia l’indagine rappresentativa dell’oggetto, che misura e rappresenta con assoluta obiettività, senza deformazioni. Il procedimento assonometrico consiste nel riferire gli oggetti reali a una terna di assi triortogonali con origine comune e nel proiettarla da un centro improprio su un piano, in direzione ad esso perpendicolare o obliquo. Tale proiezione trascinerà con sé gli oggetti che sono riferiti alla terna garantendole la misurabilità; se infatti gli oggetti sono riferiti a una terna e questa si proietta sul quadro secondo rapporti precisi e costanti, la misurabilità degli oggetti ne consegue per transitività. Da Cartesio in poi, nella cultura occidentale, ogni singolo oggetto sarà riferito a quella rappresentazione della struttura dello spazio, ossia gli assi cartesiani. Choisy definisce i 3 cardini dell’assonometria, cogliendone perfettamente i vantaggi e le caratteristiche: 1) Chiara come la prospettiva, l’assonometria restituisce l’immagine tridimensionale, offrendo però la possibilità di misure dirette rapportandosi alla scala grafica utilizzata. 2) Ne consegue la misurabilità 3) Il carattere sintetico dell’immagine non richiede lo sforzo mentale di ricomporre in unità spaziale le singole rappresentazioni Più che il “come si vede” (cosa che è invece la prospettiva), l’assonometria tende a porre in rappresentazione il “come è fatto”. Attraverso le proiezioni assonometriche, gli architetti ricercano la precisione e la chiarezza geometrica basata sull’angolo retto e sulle figure che vi si fondano e che debbono rimanere riconoscibili nella rappresentazione. I progetti neoplastici possono essere considerati la sintesi di quel principio assoluto di chiarezza e razionalità, cui l’assonometria si riferisce in quanto intesa come forma della struttura spaziale del mondo logico del costruire. Le doppie proiezioni ortogonali Elaborate nella seconda metà del XVIII sec., sono il contributo di Monge che nel suo libro riguardane la geometria descrittiva, codifica un metodo generale e rigoroso che consente di rappresentare nella bidimensionalità del piano la triplice determinazione geometrico-dimensionale degli oggetti. L’architetto e teorico francese Durand afferma che il disegno serve a rendersi conto delle proprie idee. Nello studio dell’architettura, esso serve a fissare le proprie idee per poi comunicarle. Il disegno è il linguaggio naturale dell’architetto; e ogni linguaggio deve essere perfettamente in armonia con le idee delle quali è espressione. Per dare compitamente l...


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