Riassunto Homo Ludens - Huizinga PDF

Title Riassunto Homo Ludens - Huizinga
Course pedagfogia e didattica dell'arte
Institution Accademia di Belle Arti di Brera
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Summary

Breve riassunto del libro Homo Ludens, scritto da J. Huizinga....


Description

HOMO LUDENS – SCHEMA 1.

NATURA E SIGNIFICATO DEL GIOCO COME FENOMENO CULTURALE:

Il gioco è più antico della cultura poiché il concetto di cultura, per quanto possa essere definito insufficientemente, presuppone in ogni modo convivenza umana, e gli animali non hanno aspettato che gli uomini insegnassero loro a giocare. Gli animali giocano come uomini. Già nelle sue forme più semplici e nella vita animale, il gioco e qualcosa di più che un fenomeno puramente è una reazione psichica fisiologicamente determinata. Il gioco come tale oltrepassa i limiti dell'attività puramente biologica: è una funzione che contiene un senso. Ogni gioco significa qualcosa. La psicologia e la fisiologia badano a osservare, descrivere e spiegare il gioco degli animali, dei bambini e degli adulti. Si è creduto di poter circoscrivere l'origine e la base del gioco a uno sbarazzarsi del superfluo di forza vitale. Secondo altri l'essere umano, giocando, ubbidisce a un gusto innato di imitazione. Soddisfa un bisogno di rilassamento. O il gioco gli serve d'allenamento per l'autocontrollo. Altri considerano il gioco come un'innocua evacuazione di istinti nocivi. Tutte queste spiegazioni hanno in comune, come punto di partenza, la supposizione che il gioco avvenga in funzione di un'altra cosa, che serva a una data utilità biologica. Ma queste sono tutte spiegazioni parziali. L'intensità del gioco non è spiegata da nessuna analisi biologica. Nel gioco abbiamo a che fare con una categoria di vita assolutamente primaria, facilmente riconoscibile da ognuno, con una sua totalità. La realtà "gioco", percettibile da ognuno, si estende sopra il mondo animale e umano insieme. Si possono negare quasi tutte le astrazioni: la giustizia, la bellezza, la bontà, lo spirito, Dio. Si può negare la serietà ma non si può negare il gioco. Insieme al gioco, però, si riconosce anche lo spirito. Perché il gioco non è materia. solo per l'influenza dello spirito, l'esistenza del gioco diventa possibile, immaginabile, comprensibile. L'esistenza del gioco conferma (in senso superiore) il carattere sopralogico della nostra situazione nel cosmo. Siamo qualcosa di più che essere puramente raziocinanti, perché il gioco e irrazionale. L'uomo trova il gioco nella cultura come una data grandezza, prima della cultura stessa che ne viene accompagnata e poi attraversata, dal principio fino alla fine di cultura in cui indagatore stesso vive. Trova ovunque il gioco come un proprio modo di agire, che si distingue dalla vita ordinaria. L'uomo non continuerà a cercare gli istinti naturali che determinano il gioco in generale, ma servirà il gioco nelle sue stesse molteplici forme concrete, quale struttura sociale. Le grandi attività originali della società umana sono tutte intessute nel gioco. Il linguaggio col quale l'uomo distingue, stabilisce, insomma nomina, cioè attira le cose nel dominio dello spirito, è il primo e supremo strumento che l'uomo si crea per comunicare. Lo spirito creatore della lingua, giocando, passa continuamente dal materiale allo spirituale. Nella nostra coscienza il gioco si oppone alla serietà. Il gioco è non serietà. Ma questo giudizio, non dice nulla delle qualità positive del gioco, e inoltre il gioco può essere benissimo serio. Bambini, calciatori, scacchisti giocano con la massima serietà senza la minima tendenza a ridere. Il gioco in sé non è comico. iconico è strettamente legato alla follia, ma il gioco non è folle. Il gioco sta oltre la distinzione saggezza - follia, è però escluso dalla distinzione verità - falsità. Il gioco sta anche oltre la distinzione di bene e male, perché anche se attività dello spirito, non contiene una funzione morale, né virtù né peccato. Il gioco, allora, può trovarsi nel dominio del bello. La bellezza non è inerente al gioco come tale, tuttavia esso ha una tendenza a unirsi a svariati elementi di questa. I vincoli tra gioco e bellezza sono molti e saldi. In essere bello è identico all'impulso di creare forme ordinate. Huizinga prende in analisi i giochi di indole sociale (risultato del discorso, ossia il rapporto tra gioco e cultura, non permette di esaminare tutte le forme del gioco). Huizinga distingue tra:  forme superiori del gioco (giochi di indole sociale)  giochi inferiori o primari (giochi dei neonati e degli animali giovani)  Ogni gioco è Innanzitutto e soprattutto un atto libero.  Il gioco comandato non è più un gioco.  Il gioco può essere in ogni momento spostato o non avere luogo.  Il gioco non è imposto da una necessità fisica e neanche da un dovere morale.  Non è un compito ma si fa nell'ozio, nel momento del loisir dopo il lavoro.  Solo in un secondo momento, il gioco diventa una funzione culturale e allora i concetti di dovere, compito, impegno, vi si congiungono. 1. 2.

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Prima caratteristica del gioco è che è libero, è libertà. Seconda caratteristica del gioco è che non è la vita "ordinaria" o "vera" ma è un allontanarsi da questa per entrare in una sfera temporanea di attività con finalità tutta propria. Il gioco è un intermezzo della vita quotidiana, una ricreazione. Adorna la vita e la completa, e come tale è indispensabile. È indispensabile all'individuo ed è indispensabile alla collettività per il senso che contiene, per il significato, per il valore espressivo, per i legami spirituali e sociali che crea, in quanto funzione culturale. Il gioco umano in tutte le sue forme superiori occupa un posto nella sfera di festa e di culto, ossia nella sfera sacra. come azione sacra il gioco può servire la salute del gruppo. Il gioco si isola dalla vita ordinaria in un luogo e durata. Si svolge entro certi limiti di tempo e di spazio. Ha uno svolgimento proprio e un senso in sé. il gioco comincia e in un certo momento è finito. Il gioco si fissa subito come forma di cultura: giocato una volta, permane nel ricordo come una creazione, un tesoro dello spirito, è tramandato e può essere ripetuto in qualunque momento. Questa possibilità di ripresa è una delle qualità essenziali del gioco. Ogni gioco ha le sue regole. Essi determinano ciò che verrà dentro quel mondo temporaneo delimitato dal gioco stesso. Le regole del gioco sono assolutamente obbligatorie e inconfutabili. Appena si trasgrediscono le regole il mondo del gioco crolla. Non esiste più gioco (film Inside Out). Il giocatore che si oppone alle regole o vi si sottrae è un guastafeste. L’idea di lealtà è inerente al gioco. Il guastafeste è molto diverso dal baro, perché il baro finge di accettare le regole e in questo modo non fa crollare il mondo del gioco. Il guastafeste, al contrario, toglie al gioco l’illusione, distrugge il mondo magico del gioco, perciò deve essere annientato perché è una minaccia per la comunità “giocante”. La figura del guastafeste è rappresentata con chiarezza maggiore che altrove nel gioco dei ragazzi. La comunità che gioca ha una tendenza generale a farsi duratura, anche dopo che il gioco è finito. La sensazione di trovarsi insieme in una situazione eccezionale, di partecipare a una cosa importante, di segregarsi insieme dagli altri, e di sottrarsi alle norme generali, estende il suo fascino oltre la durata del solo gioco. Entro l'ambito del gioco non valgono le leggi e le usanze della vita consueta. Questo temporaneo allontanamento del "mondo ordinario" è espresso già completamente nella vita infantile e con altrettanta chiarezza lo vediamo nei popoli primitivi. Durante la grande festa di iniziazione, in tutta la tribù hanno tregua le ostilità e tutti i gesti di vendetta sono differiti. Quella momentanea sospensione della vita sociale consueta per una grande e sacra stagione di ludi si ritrova anche numerose tracce delle culture progredite. Dal gioco non proviene nessun vantaggio, non vi è guadagno. Il gioco, una volta finito, non finisce il suo effetto. Questo si irradia sul mondo ordinario situato oltre, e origina sicurezza, ordine, benessere per il gruppo che celebrava la festa. Nelle società primitive, allora, il culto, la sacra rappresentazione, era uno spettacolo. La società primitiva gioca, come gioca il bambino, come giocano gli animali. Il culto si innesta al gioco. Culto è massima e sacrosanta serietà. Platone ammetteva l'identità tra gioco e azione sacra. Egli non esitava a comprendere nella categoria del gioco le cose di ordine sacro. Platone: "Si deve vivere giocando, facendo dati giochi, e dati sacrifici, cantando e ballando, per poter rendere propizi gli dei, respingere i nemici e vincerli nella battaglia". 1

Lo stato psichico del gioco è labile di natura. Ogni momento la “vita ordinaria” può riprendere i suoi diritti, sia dall'esterno per una scossa che disturba il gioco, sia per una violazione delle regole, sia dall'interno perché il senso di giocare svanisce, per la delusione o per il disinganno. 3.

GIOCO E GARA COME FUNZIONI CREATRICI DI CULTURA:

Huizinga non intende dire che la cultura provenga dal gioco per un processo di evoluzione ma che la cultura sorge in forma ludica. La cultura è dapprima giocata. In generale, col progredire della cultura, l’elemento ludico viene a trovarsi in secondo piano. La relazione fra cultura e gioco è da ricercarsi soprattutto nelle forme superiori del gioco sociale. Il gioco solitario non è fertile per la cultura che in misura ristretta. Quanto più il gioco è atto ad elevare il clima vitale dell’individuo o del gruppo, tanto più intensamente si risolve in cultura. La sacra rappresentazione e l’agone festivo sono ovunque le due forme in cui la cultura cresce “come gioco” e “in gioco”. strettamente connessa al gioco è il concetto di vincere. Il concetto di vincere si presenta solo quando si gioca contro altri. Vincere significa risultare superiore nell'esito di un gioco. Però l'uomo tende ad allargare il concetto di una superiorità dimostrata all'aspirazione di apparire superiore In genere. Con ciò egli ha vinto qualcosa di più del gioco in sé: ha vinto stima e ha ottenuto onore. Tale stima e onore vanno sempre a vantaggio di tutto il gruppo del vincitore. Altra proprietà del gioco: il successo riportato è in massima misura comunicabile dall'individuo al gruppo. Nelle società primitive e poi in quelle greche, il concetto della gara è un elemento importante della società ed è sempre unito alla nostra idea della civiltà ellenica, in particolare. Le competizioni greche sono sempre strettamente unite alla religione, pure nel tempo in cui a un osservatore superficiale potrebbero sembrare delle mere sfere sportive nazionali. La tradizione greca distingue le gare in quelle riguardanti lo Stato, la guerra e la giustizia, è in gare di forza, saggezza e ricchezza. I greci solevano competere in tutto ciò che potesse prestarsi a una gara. La cultura comincia non come gioco e non da gioco, ma in gioco. La base antitetica e agonistica della cultura è resa nel gioco, che è più antico e più originale di ogni cultura. La cultura si fa sempre più seria ormai cede solo un posto secondario al gioco. Il periodo agonale è trascorso o così sembra. 5.

GIOCO E GUERRA:

Da quando esistono parole indicanti la lotta e il gioco, si è dato il nome di gioco anche al combattere. Ogni combattente che sia legato a regole limitanti a proprio per quell'ordine limitante il carattere formale di un gioco, anzi della più intesa, più energica e più evidente forma di gioco. La guerra può essere considerata come funzione culturale finché si conduca nell'ambito di un gruppo i cui membri si riconoscono pari nel valore o almeno pari nel diritto. Quando la guerra è condotta contro gruppi che in fondo non si riconoscono come uomini, o a cui almeno non si assegnano i diritti umani, allora essa può restare entro i limiti della civiltà solo a condizione che un gruppo, per amore del proprio onore, Si imponga anche in questo caso certe restrizioni. Su tali restrizioni era fondato fino a tempi recenti il diritto internazionale, il quale esprimeva l'aspirazione degli uomini a contenere la guerra nella sfera della civiltà. In generale, si possono mettere da parte, come non-agonali, certe forme di lotta. Ad esempio la guerra moderna: perché l'assalto di sorpresa, l'insidia, le razzie e lo sterminio non possono valere come forme agonali di lotta. Nel Medioevo si parlava invece di duello. Il duello che costituisce la battaglia si distingue a stento dal duello giudiziario che risolve un caso giuridico. Il duello giudiziario, infatti, viene eseguito da un campione assoldato. Il duello è nella sua essenza una forma rituale di gioco, è il controllo dell'omicidio impreveduto causato da ira sfrenata. Il luogo dove si decide la lotta è un luogo di gioco, le armi devono essere esattamente uguali; sì da un segnale per cominciare o per finire, il numero dei colpi è prescritto. Come nel gioco, gli accordi presi riguardo al tempo e al luogo della battaglia costituiscono il punto centrale del trattamento della guerra come onesta contesa, che nello stesso tempo è verdetto giuridico. La virtù importante che sorge dall'aristocratica e agonale vita guerriera è la fedeltà. Fedeltà e dedizione a una persona, a una causa o a un'idea senza discutere oltre le ragioni di tale dedizione né mettere in dubbio la sua obbligazione permanente. Questo è un atteggiamento proprio dell'essenza del gioco. Huizinga ritrova, in modo particolare, nel campo della Cavalleria medievale, col suo sistema di codici di onore, costumi Cortigiani, araldici, osservanza all'Ordine cavalleresco e di tornei, l'intimo rapporto tra cultura e gioco. 6.

GIOCO E SAPERE:

L'impulso a mostrare la propria superiorità sugli altri si manifesta in tante forme quante sono le occasioni offerte dalla vita sociale. Si gareggia di coraggio o di resilienza, d'abilità o di sapienza. All'origine di ogni competizione c'è il gioco, che è una convenzione: quella cioè di compiere entro un limite di tempo e di spazio, secondo date regole, in una data forma, qualche cosa che salga una tensione e che esorbiti dal corso normale della vita. 7.

GIOCO E POESIA:

Poesis è una funzione ludica. Per intendere la poesia bisogna sapersi vestire dell'anima dei bambini come di un camice magico e accettare la saggezza del bimbo piuttosto che quella dell'uomo. La poesia in ogni civiltà fiorente e viva, e soprattutto in uno stato arcaico di cultura è una funzione vitale, una funzione sociale e liturgica. Ogni poesia antica è contemporaneamente culto, sollazzo, gioco di società, abilità, saggio o indovinello, grave insegnamento, persuasione, incantamento, divinazione, profezia, contesa. La poesia nella sua funzione originaria come fattore di giovane cultura è nata nel gioco e come gioco. È un gioco consacrato, ma, pur con quella sacralità, tale gioco sfiora di continuo la zona del brio, dello scherzo e del divertimento. L'elemento poetico è l'allusione, la sottigliezza, l'insinuazione, il gioco di parole, o anche il gioco di suoni in cui il senso può andare perso completamente. Questa espressione poetica è descrivibile soltanto in termini lucidi. La forma poetica, lungi dall' essere intesa come pura soddisfazione di un bisogno estetico, serve ad esprimere tutto ciò che sia importante o vitale nella convivenza degli uomini. ovunque la forma poetica precede la prosa letteraria. Si esprime in poesia quel che è sacro o solenne. Tutto quel che è poesia si svolge in gioco: gioco sacro di devozione, gioco festoso del corteggio d'amore, gioco battagliero di rivalità in vanagloria, insolenza e scherno, gioco di ingegnosità e di abilità. Il mito è sempre poesia. Il mito è serio in quanto la poesia può essere seria. Poesia e mito si muovono entrambi entro l'ambito del gioco. La mente umana traccia il limite fra la possibilità concepibile e l'impossibilità, via via che aumenta la cultura. Il mito sorge unitamente alla poesia nella sfera del gioco, e la fede dell'uomo selvaggio, come la sua vita tutta, è situata in quella sfera più che per metà. Non appena il mito diventa letteratura, non appena viene retto cioè in uno schema tradizionale fissato da elementi culturali che si sono nel frattempo liberati dalla sfera immaginativa dell'uomo selvaggio, esso è soggetto alla distinzione di gioco o serietà. Ricapitolando quelle che sembrano le caratteristiche più proprie del gioco:  È un'azione che si svolge entro certi limiti di luogo, tempo e senso.  È un'azione che si svolge in un ordine visibile, secondo regole liberamente accettate.  Si svolge al di fuori della sfera di utilità o di necessità materiale.  Lo stato d'animo del gioco comporta astrazione dal consueto ed estasi, ed è sacro, o puramente allegro in rapporto al tono sacro o ricreativo del gioco.  L'azione è accompagnata da sentimenti di elevazione e tensione, e comporta letizia e distensione. Huizinga sostiene dunque che a questa stessa sfera del gioco appartengano come per natura anche tutte le attività della creazione poetica. Nella cultura arcaica, per esempio, la poesia è ancora il mezzo espressivo per eccellenza. 2

La poesia converte il culto in parola, decide i rapporti sociali, diventa veicolo di saggezza, legge e usanza. La poesia compie tutto questo senza alterare la sua essenza ludica, perché la cultura primeva stessa agisce dentro l'ambito del gioco. Le azioni della poesia si svolgono in gran parte nella forma di giochi sociali. 9.

FORME LUDICHE DELLA FILOSOFIA:

Nel centro del cerchio che si circoscrive col concetto del gioco è il sofista greco. Il sofista è il continuatore, leggermente deviato, di quella figura centrale nella vita culturale arcaica, che vedemmo volta per volta come profeta, sacerdote, sciamano, poeta  il Vate. I due motori essenziali di gioco sociale sono molto evidenti nella funzione del sofista: la rappresentazione di un essere strano la vincita pubblica del rivale I sofisti stessi si sono resi conto molto bene del carattere ludico della loro attività. 10. FORME LUDICHE DELL’ARTE: Il gioco è situato al di fuori della razionalità della vita pratica, al di fuori della sfera del bisogno e dell’utile. Altrettanto è vero delle espressioni musicali e delle forme musicali. Ritmo e armonia sono fattori del gioco e della musica. La musica si muove sempre sui limiti del puro concetto ludico. La vera indole di ogni attività musicale è un giocare. Se per tutto quel che concerne la musica ci muoviamo in fondo sempre entro i limiti del gioco, tanto più ciò vale per la sua inseparabile arte gemella: la danza. Della danza si può dire nel senso più completo della parola che è un gioco lei stessa, anzi è una delle forme più pure e più complete del giocare. Il rapporto fra danza e gioco non pone alcun problema. La danza è una forma speciale e perfetta del giocare stesso come tale. Molto diversamente avviene per quanto riguarda l'arte figurativa. Questa non può giocare così liberamente come poesia e musica, fluttuanti in spazi eterei. Il compito dell'artista è un compito grave e responsabile: ogni nazione di gioco gli è estranea. La produzione dell'arte figurativa si svolge dunque completamente fuori della sfera del gioco. In generale, se per le arti plastiche il fattore ludico è meno pronunziato nel processo della creazione artistica stessa che nelle arti delle Muse, non appena ci volgiamo dal modo di creare in sè al modo in cui l'arte plastica viene accolta nell'ambiente sociale, cambia l'aspetto della questione. L'abilità plastica risulta un oggetto ideale di competizione. alcuni esempi di competizione nell'arte architettonica si trovano nel famoso libro di schizzi di Villard de Honnecourt, l'architetto francese del 1200. Sullo sfondo vi è sempre la primaria funzione ludica della gara come gara. Un altro esempio, è dato dalla competizione indetta dalla città di Firenze nel 1418, per completare il duomo con la cupola. Competizione vinta dal Brunelleschi su 13 rivali; non fu la pura utilità ad ispirare l'idea della Cupola Ma la voglia di vincere. Così come nel concorso del 1401, per La formella della porta nord del Battistero di Firenze, vinse il Ghiberti. 11. CULTURE E PERIODI “SUB SPECIE LUDI”: La cultura non nasce dal gioco come frutto vivo che si svincoli dal corpo materno, ma si sviluppa nel gioco e come gioco. Una volta ammessa questa interpretazione, ci rimane ancora una questione: possiamo noi constatare un elemento ludico nella vita culturale anche per periodi più recenti di civi...


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