Riassunto il nuovo matrimonio canonico Moneta PDF

Title Riassunto il nuovo matrimonio canonico Moneta
Author Ilaria Baisi
Course Diritto comparato delle religioni
Institution Università degli Studi di Trento
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parte del prof Maceratini...


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INTRODUZIONE Origini e sviluppo della dottrina cristiana sul matrimonio Il matrimonio è l’unione riconosciuta e istituzionalizzata tra uomo e donna. Questo istituto ha sempre avuto una sua dimensione religiosa. Intorno al mille il matrimonio non è più un istituto regolato dalle leggi civili, ma è sottoposto in ogni suo aspetto al diritto della chiesa. La giurisdizione della chiesa su di esso è giustificata dal fatto che il matrimonio è un sacramento, cioè uno di quei particolari mezzi di grazia istituiti da Cristo, che solo la chiesa dunque può amministrare e regolare. Tanto più si afferma la giurisdizione esclusiva della chiesa sul matrimonio, tanto più si rende necessario un complesso di norme che regolino tale istituto. Nell’epoca classica del diritto canonico tra il 12 e il 14 secolo si formò un vero e proprio sistema giuridico matrimoniale che rimarrà valido fino ai nostri giorni. Il monopolio ecclesiastico sul matrimonio comincia a incrinarsi col rafforzamento del potere statale all’inizio dell’età moderna. Inizialmente non si poneva in discussione il principio della secolare giurisdizione della chiesa sul matrimonio e si cercò di affiancare al sistema giuridico canonico alcune prescrizioni che tendevano a salvaguardare degli interessi di ordine sociale, che invece il diritto canonico lasciava privi di tutela. Ad esempio era inammissibile per l’ordinamento civile che si concedesse di contrarre matrimonio ai minori d’età, sottraendo ai genitori il potere di decisione e di controllo; oppure la mancanza di regole formali per la celebrazione del matrimonio. Solo su quest’ultimo punto la chiesa fa proprie le esigenze della società civile introducendo con il concilio di Trento (1563) il principio della forma obbligatoria per la valida celebrazione del matrimonio. Per il resto interviene l’autorità civile. Questi sono i primi esempi di una legislazione statale sul matrimonio che si intensificherà con il progressivo affermarsi del potere assolutistico dei sovrani nazionali e delle dottrine giurisdizionalistiche . Si comprende come il matrimonio non possa essere lasciato alla giurisdizione esclusiva della chiesa. La dottrina giurisdizionalista distingue il contratto dal sacramento: -

Il contratto: come atto umano conosciuto prima che Cristo lo elevasse a sacramento, è soggetto soltanto alla competenza del potere civile e deve essere regolato da leggi civili

-

Il sacramento: come mezzo di grazia è soggetto soltanto alla competenza esclusiva della chiesa

Il matrimonio come realtà contrattuale e sacramentale, anche se distinte, sono strettamente connesse tra loro, in quanto il contratto costituisce la materia, il substrato necessario al sacramento stesso, infatti non vi può essere vero sacramento se non c’è un valido contratto.

Questo nuovo modo di concepire il matrimonio dà origine a un contrasto con la chiesa che comunque vuole mantenere il suo monopolio sul matrimonio. La chiesa non approva nemmeno la teoria che separa il contratto dal sacramento. La costituzione introdotta durante la rivoluzione francese il 14 settembre 1791 sancisce la natura di contratto meramente civile del matrimonio introducendo il matrimonio civile come unico matrimonio riconosciuto dallo stato per tutti i cittadini, a prescindere dalla loro religione, il matrimonio religioso invece è solo un atto di culto che la chiesa è libera di regolare come meglio crede e al quale i cittadini sono liberi di accedere, ma non produce effetti per l’ordinamento giuridico civile. Si attua una netta separazione tra sfera civile e religiosa che verrà adottata in tutte le codificazioni successive al codice napoleonico. Successivamente questa netta separazione tra stato e chiesa ha subito dei contemperamenti sulla base di accordi tra la santa sede e alcune nazioni (Italia, Portogallo, Spagna); in Italia per esempio con il concordato dell’11 febbraio 1929 modificato dall’accordo dell’8 febbraio 1984 lo stato, oltre a mantenere il matrimonio civile e la sua regolamentazione, ha attribuito rilevanza giuridica anche al matrimonio canonico. Mentre lo stato rinuncia alla sua esclusiva sovranità sul matrimonio, la chiesa no poiché ritiene che essendo il matrimonio un sacramento, esso deve essere disciplinato soltanto dalla chiesa, come afferma anche Leone XIII nell’enciclica Arcanum divinae sapientiae. Questa dottrina è stata recepita anche nel codice del 1917 in cui si dice che lo stato può intervenire solo in ordine agli effetti di natura patrimoniale e che le cause matrimoniali tra battezzati spettano al giudice ecclesiastico. CAPITOLO 1 La concezione di matrimonio nel codice del 1917 e le successive trasformazioni sociali Il nuovo codice di diritto canonico si occupa del matrimonio in un apposito titolo del IV libro (la funzione di santificare della chiesa), compreso nella parte che disciplina i sacramenti. Secondo la disposizione di apertura di questo titolo, can. 1055: “Il patto matrimoniale (matrimoniale foedus) con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra di loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo alla dignità di sacramento”. Il codice del 1917 dimostrava di avere una visione del matrimonio fortemente giuridicizzata . Il matrimonio era visto essenzialmente come un contratto col quale la donna e l’uomo danno e accettano, l’uno nei confronti dell’altra, una serie di diritti e doveri tra i quali emerge come essenziale il diritto personalissimo (ius in corpus) perpetuo ed esclusivo che ciascun coniuge dà all’altro sul proprio corpo per il compimento dell’atto sessuale. In questa concezione assumeva grande importanza la procreazione della prole: era questa infatti il fine primario del matrimonio. Poco spazio invece era riservato ai valori personali del matrimonio; il mutuum adiutorium (aiuto reciproco) e il remedium concupiscentiae (legittimo soddisfacimento degli impulsi sessuali) si trovavano in posizione secondaria rispetto alla procreazione.

Questa concezione del matrimonio così come contenuta nel codice del 1917 stava entrando già in crisi ed era destinata ad essere superata, soprattutto in occidente, grazie ai profondi cambiamenti che avevano coinvolto la vita individuale e collettiva dell’uomo. Bisogna sottolineare soprattutto il fatto che i profili pubblicistici che prima caratterizzavano in larga misura il matrimonio hanno lasciato il posto alle componenti più strettamente personali legate all’esistenza individuale dei due sposi. Il matrimonio si è andato così privatizzando e viene visto come responsabile impegno personale vicendevolmente assunto da uomo e donna, che ha motivazioni affettive e sentimentali e che scaturisce da una decisione presa liberamente dai due nubenti a prescindere da ogni imposizione esterna. L’evoluzione della dottrina della chiesa sul matrimonio e il Concilio Vaticano II Questa nuova concezione del matrimonio ha esercitato un notevole influsso sulla chiesa intesa come comunità di uomini che vive, pur mirando a fini ultraterreni, nel mondo. La chiesa così intesa non può restare indifferente ai cambiamenti di cultura, di costume, di mentalità cui è soggetta la comunità umana nel suo divenire storico. Questa evoluzione della concezione del matrimonio era già stata avvertita prima del Concilio Vaticano II e aveva portato alla luce quegli aspetti più strettamente personalistici del matrimonio che nella dottrina cattolica non erano stati considerati a sufficienza; si possono ricordare per esempio le concezioni di alcuni teologi tedeschi che prima dell’ultima guerra, avevano cercato di rivalutare l’amore tra i coniugi, attribuendogli una posizione di preminenza all’interno del matrimonio, in contrasto con l’impostazione tradizionale che dava rilievo alla procreazione della prole. Con il concilio vaticano II si è raggiunta una maggiore consapevolezza di questo. In virtù di questa nuova concezione, che evidenzia l’aspetto personalistico del matrimonio visto quindi come rapporto interpersonale, come unione d’amore tra uomo e donna, è posta in rilievo la stretta connessione intercorrente tra la procreazione (precedentemente considerata fine primario e giustificativo dell’unione coniugale) e l’amore coniugale. La definizione di matrimonio nel nuovo codice canonico Nel nuovo codice canonico (can. 1055) il matrimonio è definito come foedus, termine biblico usato più volte nella costituzione Gaudium et Spes che sottolinea l’antica alleanza tra Dio e il popolo eletto di Isdraele, che nell’antico testamento indicava l’amore tra uomo e donna. Inoltre il termine foedus, invece di quello più strettamente giuridico di contractus, segna il superamento della concezione contrattualistica tipica del precedente codice. Col matrimonio l’uomo e la donna costituiscono tra loro un consortium totius vitae. Il termine foedus fa riferimento al momento genetico, cioè all’impegno che le parti assumo l’una nei confronti dell’altra, invece il consortium indica la sostanza del rapporto matrimoniale; si tratta di un duplice aspetto della realtà matrimoniale che ha un riscontro anche nel linguaggio comune dove si parla di matrimonio facendo riferimento sia all’atto con cui l’uomo e la donna si prendono come coniugi e sia al rapporto continuativo che si instaura tra di loro in virtù dell’atto. Ora il matrimonio si fonda sul profondo sentimento comune che spinge due persone ad unire intimamente la propria esistenza. Mentre nel codice del 1917 era stabilita una gerarchia dei fini del matrimonio e la

posizione primaria era attribuita alla generazione della prole, nel nuovo codice il matrimonio appare orientato ad un’unica finalità cioè al bene degli stessi coniugi e alla procreazione e educazione della prole che costituiscono ora due aspetti essenziali dell’unione tra uomo e donna che tende a trascendere le persone stesse dei coniugi e a sfociare nel mistero di una nuova creatura. Si denota così una stretta connessione tra amore coniugale e procreazione e una valorizzazione del significato della sessualità umana non più vista in modo negativo. La dottrina della chiesa ha preso posizione contro qualsiasi forma di procreazione artificiale in quanto l’atto coniugale non è solo espressione privilegiata dell’amore tra gli sposi, ma ha in sé anche una dimensione parentale al punto che solo nel loro corpo e per mezzo del loro corpo gli sposi possono diventare padre e madre. L’atto coniugale è considerato il solo luogo degno della procreazione umana. Il matrimonio come sacramento Il matrimonio quando viene celebrato tra battezzati è elevato da Cristo alla dignità di sacramento. Nell’antico testamento il matrimonio è visto come figura dell’alleanza tra Dio e il popolo di Isdraele. Nel nuovo testamento, con l’opera redentrice di Cristo, il matrimonio assume un significato ancora più intenso perché diventa rappresentazione del mistero che unisce Cristo alla chiesa. Nel matrimonio cristiano vi è quindi l’unione di una realtà umana con una realtà divina. In questa prospettiva si inserisce la visione del matrimonio come sacramento in senso stretto, segno efficace della grazia di Cristo. Il sacramento è una caratterizzazione fondamentale del matrimonio. L’amore dei coniugi, il reciproco donarsi in vista della felicità dell’altro e per il compimento di un disegno creativo che trascende le loro persone, l’impegno di fedeltà sono inseriti nella realtà sacramentale. Cristo ha elevato l’istituto naturale del matrimonio alla dignità di sacramento: non ha quindi istituito un nuovo tipo di matrimonio, ma ha inserito il matrimonio naturale nella sua opera di redenzione. Il concilio di Trento e il nuovo codice canonico stabiliscono che tra battezzati non può esistere valido matrimonio che non sia sacramento, che il contratto matrimoniale non può essere separato dal suo significato soprannaturale (sacramento). Davanti alla realtà, oggi sempre più diffusa, di battezzati non credenti, che si allontanano dalla chiesa e che rifiutano la fede, ci si chiede come sia possibile la celebrazione del matrimonio inteso come sacramento quando manca la fede stessa. È vero che la grazia è comunicata in virtù dell’opera di Cristo e che la sacramentalità non deriva direttamente dalla fede ma sembra eccessivo considerare la fede come elemento irrilevante e superfluo, come se la grazia venisse data al di fuori e in assenza di fede. Le proprietà essenziali del matrimonio Le proprietà fondamentali del matrimonio sono: unità e indissolubilità (can 1056). Queste due proprietà pur distinte formalmente, in realtà sono strettamente connesse. Indissolubilità: è la pienezza dell’unità; la capacità di essere marito o moglie si dispiega nella sua perfezione quando si orienta in rapporto a una sola donna e a un solo uomo in modo tale che solo la morte ponga fine a questa capacità. Qualifica il rapporto coniugale in senso temporale rendendolo perpetuo e sottraendolo

alla stessa volontà dei coniugi o di qualsiasi altra persona o autorità. Si contrappone al divorzio inteso come scioglimento del vincolo matrimoniale e teso al recupero dello stato libero da parte dei coniugi. Unità: qualifica il rapporto coniugale come monogamico che unisce un solo uomo e una sola donna con esclusione di altre persone. Questa proprietà si contrappone a quei modelli di matrimonio che consentono la poligamia e la poliandria. Unità diventa sinonimo di fedeltà coniugale e si contrappone all’adulterio. Il legame che unisce gli sposi attribuisce loro il diritto esclusivo a diventare padre e madre l’uno attraverso l’altro. Il ricorso ai gameti di una terza persona viola quella proprietà fondamentale del matrimonio che è l’unità. L’unità e l’indissolubilità caratterizzano il matrimonio come istituto di diritto naturale . Il convincimento della chiesa sull’appartenenza di queste due proprietà essenziali al diritto naturale si basa su un insegnamento di Cristo che condannando la pratica del divorzio ha fatto riferimento a un principio: da principio Cristo creò l’uomo e la donna; l’uomo lascerà il padre e la madre per unirsi alla donna con la quale sarà una sola carne. Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non può separare. Questo principio, sancito dal concilio di Trento, vige ancora seppur con qualche eccezione; sono ammesse così alcune ipotesi di scioglimento giustificate esclusivamente dalla chiesa in quanto sono legate a esigenze di fede. Al di fuori di queste ipotesi non ci possono essere deroghe al principio di indissolubilità. Tutte le leggi che ammettono il divorzio e la poligamia sono considerate contrarie al diritto naturale. Se il matrimonio non è consumato il vincolo coniugale può essere sciolto, anche se eccezionalmente e solo con un intervento personale della suprema autorità della chiesa. Se il matrimonio è consumato e rato, cioè viene contratto validamente da due persone battezzate, il principio dell’indissolubilità è inderogabile. Se il matrimonio non è rato e non è consumato, il principio dell’indissolubilità subisce delle deroghe che consentono alcune ipotesi di divorzio che solo la chiesa può disciplinare. Il consenso nel matrimonio canonico La definizione del matrimonio come foedus cioè come patto tra uomo e donna ne dimostra la natura consensuale di accordo che si forma per esclusiva volontà dei diretti interessati. Il matrimonio non può sorgere senza consenso; è il consenso che fa il matrimonio. Esso non può essere supplito da nessuno. (il consenso può essere dato solo dai due nubenti e da nessun’altro). Anche quando venga a mancare il consenso di uno dei due nubenti il matrimonio non può essere considerato valido. L’insostituibilità del consenso caratterizza il matrimonio canonico. Ovviamente l’effettiva volontà di contrarre matrimonio deve prevalere sulla dichiarazione esteriore con la quale tale volontà viene espressa. Sconosciuto al diritto matrimoniale canonico è il principio dell’affidamento (importante invece negli ordinamenti civili) che dà esclusivo rilievo alla dichiarazione esteriore della volontà, senza verificare la sua effettiva esistenza (della volontà) nell’animo del contraente. Se manca tale effettiva volontà, cioè la causa efficiens del matrimonio stesso, secondo il diritto matrimoniale canonico, il matrimonio non è mai sorto. Oltre a essere necessario e insostituibile, il consenso è anche sufficiente a costituire il matrimonio.

Ciò non è sempre stato così in quanto una antica dottrina, che trovò la sua teorizzazione intorno al XII sec. nel decretum di Graziano e che continuò a essere sostenuta dalla scuola giuridica di Bologna, ritenne che fosse necessaria per la piena costituzione del matrimonio anche la consumazione dello stesso seguita allo scambio del consenso tra gli sposi. Così il matrimonio era visto come un negozio in formazione progressiva, che iniziava con una desponsatio, cioè con una manifestazione di volontà delle parti (si parlava di matrimonio initiatum, secondo la terminologia di Graziano). Poi il matrimonio si perfezionava producendo tutti i suoi effetti solo con la commixtio corporum (matrimonium perfectum o ratum). Prima della consumazione il matrimonio poteva essere sciolto e si riteneva che un eventuale secondo matrimonio celebrato da una delle due parti con un’altra persona e seguito dalla consumazione prevalesse sul primo matrimonio che era semplicemente initiatum. Successivamente la chiesa fece propria la tesi sostenuta nello stesso periodo dalla scuola di Parigi, secondo cui il consenso era sufficiente a costituire il matrimonio considerato già perfetto e indissolubile, anche se la consumazione comunque continuava a rappresentare una conferma della volontà espressa dai due sposi. Se poi al consenso non seguiva la consumazione, il matrimonio eccezionalmente poteva essere sciolto: occorre la consumazione per renderlo assolutamente indissolubile. Il legislatore definisce il consenso come l’atto della volontà con cui l’uomo e la donna con patto irrevocabile danno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio. Con questa definizione si sottolinea il superamento della vecchia concezione che vedeva il matrimonio come un contratto fonte di una serie di diritti e doveri reciproci. Ora invece ciascun nubente è sia soggetto attivo del consenso matrimoniale sia oggetto e destinatario di tale consenso. Con questa volontà di donarsi reciprocamente mediante un patto (foedus) irrevocabile nasce il matrimonio (consortium vitae). Il diritto al matrimonio e le sue limitazioni Il matrimonio poichè è un istituto che appartiene al diritto naturale, deve essere aperto a tutti. Vi è in ogni individuo un’attitudine naturale che lo porta a unirsi con una persona di sesso opposto e ad istaurare con questa un progetto di vita comune. Quindi non consentire di accedere al matrimonio vuol dire negare questa attitudine naturale. Anche il diritto al matrimonio è però soggetto a limitazioni: 1- Le limitazioni derivano dallo stesso diritto divino (positivo e naturale) e hanno portata universale in quanto fanno riferimento a quel modello di matrimonio istituito dal Cristo che vale per tutti 2- Le limitazioni possono derivare anche dall’autorità ecclesiastica che proibirà il matrimonio sulla base di valutazioni contingenti, soggette a cambiare col tempo, stabilendo limitazioni valide solo per gli appartenenti alla chiesa di Cristo: esse vincoleranno solo i battezzati nella chiesa cattolica con esclusione di quelli che pur essendo battezzati appartengono ad altre confessioni cristiane. Un ulteriore potere dell’autorità ecclesiastica è quello di interpretare il diritto divino e di precisare quali effettive limitazioni derivano da questo diritto. In questo caso l’intervento dell’autorità ecclesiastica non ha

portata innovatrice del diritto vigente, perché non introduce nuove norme, ma si limita a chiarire principi già esistenti nell’ordinamento, a livello di diritto divino. Le norme contenute nella fonti normative canoniche possono essere: -

Determinazioni positive del legislatore umano

-

Dichiarazioni interpretative del diritto divino

Non è agevole la distinzione tra diritto umano e diritto divino. La nullità del matrimonio L’invalidità o nullità giuridica del matrimonio può essere ricondotta a tre fondamentali categorie di motivi: 1- Per celebrare un matrimonio valido occorre una...


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