Riassunto Il Principe di Machiavelli (Cap. I - XIII) PDF

Title Riassunto Il Principe di Machiavelli (Cap. I - XIII)
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
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Riassunti dal I al XIII capitolo...


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Il Principe •

La Dedica: inizialmente la dedica fu indirizzata a Giuliano de’ Medici, ma successivamente il Principe fu dedicata a Lorenzo che era salito al potere di Firenze sotto il controllo del papa nel 1513. Carlo Dionisotti afferma che la dedica fu rivolta a Lorenzo, duca di Urbino, non dopo la morte di Giuliano (516), ma quando il papa Leone X vietò a Giuliano di assumere Machiavelli nel 1515. Questa dedica si distacca molto dalle precedenti dal momento in cui viene introdotta l’opera come un qualcosa di molto prezioso che è in possesso di Machiavelli ovvero la conoscenza delle azioni degli uomini grandi e lo studio delle vicende degli antichi. Attraverso questa lettura il lettore avrà la possibilità di comprendere e di venire a conoscenza del grande sapere ottenuto da Machiavelli, frutto di una grande esperienza. Nella dedica l’autore ribadisce la grande importanza della materia trattata nell’opera. Machiavelli giustifica il proprio trattare questo argomento di grande importanza attraverso il concetto di prospettiva. La conoscenza infatti si basa su questo e il Machiavelli si paragona per un certo verso ad un pittore. Cosi come il principe è a conoscenza della natura dei popoli, conviene essere popolare per conoscere la natura del principe, perché solo da lontano si è capaci di avere una visuale oggettiva del principe, avendone così una sincera e pura conoscenza.



Capitolo I: I tipi di principato: questo primo capitolo è molto breve e si occupa di suddividere le varie categorie di principati a due a due, questo tipo di suddivisione viene definita dilemmatica, dal momento in cui pone a confronto due categorie completamente opposte che a loro volta si suddividono in altri due sottogruppi.

“Tutti gli Stati, tutti i governi che hanno avuto e hanno potere sugli uomini, sono stati e sono o repubbliche o principati. E i principati sono: o ereditari, se la famiglia del Principe è stata da lungo tempo al potere, o sono nuovi. I nuovi o sono completamente nuovi, come fu Milano per Francesco Sforza, o sono come territori aggiunti allo Stato ereditario del Principe, come è il regno di Napoli conquistato dal re di Spagna. Questi territori così conquistati sono: o abituati a vivere sotto un Principe, o ad essere liberi; e sono conquistati o con le armi d’altri o con le proprie o per fortuna o per virtù.”



Capitolo II: i principati ereditari: questo tipo di principato si ottiene attraverso l’ereditarietà ed è il più facile da ottenere e da governare dal momento in cui basta continuare a seguire il tipo di governo che si è tramandato nel corso dei secoli in quella famiglia che si trova al governo. Difficilmente il principe si potrà trovare in difficoltà e potrà essere usurpato solo da una potenza straordinaria, ma in un momento di debolezza dell’usurpatore potrà riprendere il controllo del proprio principato. Un principe ereditario è anche ben voluto dal popolo e questo facilita molto anche il governo. Nel caso del duca di Ferrara egli non riuscì a contrastare i veneziani e Giulio II.



Capitolo III: i principati misti: colui che conquista un nuovo territorio o lo aggiunge ad un principato preesistente deve affrontare una situazione difficile. Il territorio conquistato infatti può avere lingua e costumi uguali a quello preesistente come no, nel primo caso la situazione risulterà essere più semplice dal momento in cui i due territori diventeranno un unico stato in

breve tempo e con minori difficoltà è importante però eliminare totalmente la precedente dinastia e non cambiare ne leggi ne tasse. Nel secondo caso la situazione è molto più complessa è infatti necessario che il Principe si trasferisca ad abitare nel nuovo territorio in modo tale da poter porre rimedio ai vari disordini che vede nascere, cosa che invece non potrebbe fare se invece fosse lontano. Inoltre questo può permettere al nuovo popolo di conoscere direttamente il nuovo principe e può conquistarsi più facilmente la loro fiducia e la loro benevolenza. Machiavelli riporta l’esempio del re di Francia il quale si trasferì nella regione balcanica appena conquistata per mantenere meglio il controllo. Se il principe agisce in questa maniera sarà difficile che perda il territorio appena conquistato e riuscirà a mantenerlo con più facilità, nonostante le diversità culturali. Oltre a questa possibilità il principe può decidere se mandare colonie o esercito nel nuovo territorio. Il primo caso è quello più conveniente dal punto di vista di sicurezza e di spesa. Infatti le colonie costano poco e inoltre gli offesi, sfrattati per far venire le colonie, sono pochi e rimangono isolati e inermi, non avendo possibilità di creare disagi al principe. Mentre nel secondo caso la spesa diventa molto grande a causa del mantenimento dell’esercito e inoltre questo può causare dei gravi disagi che possono creare dei veri nemici al principe ed offenderlo. È necessario infatti agire sempre in modo tale da offendere persone che non possano poi costituire un problema. È importante poi farsi amici i vicini deboli del nuovo stato e indebolire quelli più forti. Machiavelli riporta l’esempio dei romani che hanno seguito queste regole e non si sono occupati di risolve solo i problemi del momento ma cercavano di porre rimedio anche ai pericoli che sarebbero potuti accadere in futuro. Se si affrontano i problemi solo quando arrivano allora non si potrà mai affrontarli prontamente perché il problema coglierà impreparato il principe. A questo punto Machiavelli riporta l’esempio di un principe che non ha seguito le regole da lui citate e che è stato condannato alla ruina ovvero Luigi XII il quale giunse in Italia con l’aiuto dei veneziani per conquistare la Lombardia ma egli “aveva dunque commesso questi cinque errori: eliminato i meno potenti; accresciuto in Italia la potenza di uno Stato già potente; fatto arrivare in Italia uno straniero potentissimo; non è venuto ad abitarvi; non vi ha mandato colonie.” Luigi XII in questo modo perse la Lombardia e allo stesso tempo creò la potenza della Spagna e della Chiesa.



Capitolo IV: per quale ragione il regno di Dario, che Alessandro aveva conquistato, non si ribellò dopo la morte di Alessandro ai suoi successori: in questo capitolo il Machiavelli affronta due tipi di governo. La monarchia turca caratterizzata da un unico principe che è dotato di servi e servitori, alcuni dei quali per grazia del re sono suoi consiglieri e ministri e il regno francese dove vi è un principe con i suoi signori feudali che hanno ottenuto il loro posto grazie all’ereditarietà e sono riconosciuti e rispettati dai sudditi. Machiavelli afferma che il primo sarà difficile da conquistare ma facile da mantenere, mentre il secondo si dimostrerà facile da conquistare ma difficile da mantenere. Alessandro dunque aveva conquistato il regno di Dario che era simile a quello Turco e dopo i suoi successori poterono governarlo tranquillamente se non si fossero creati problemi per via di ambizione. (Alessandro Magno conquista in pochi anni l’Asia).



Capitolo V: In che modo si debbino governare le città o principati li quali, innanzi fussino occupati, si vivevano con le loro leggi: nel caso in cui si conquisti uno stato abituato a vivere in libertà e secondo le proprie leggi, ci sono tre modi per procedere: o si distrugge lo stato conquistato, o si ci trasferisce oppure si lasciano vivere secondo le loro leggi, cercando di ottenervici un tributo e creandovi un governo di pochi in modo tale da mantenerselo amico. Il

Machiavelli ci riporta alcuni esempi come gli spartani tennero Atene e Tebe creandovi un governo di pochi, mentre i romani distrussero Capua, Cartagine e Numanzia. Il modo più sicuro per controllarla è però quella di distruggere la città perché se non lo si fa sarà la città a distruggere il principe, rivendicando in un modo o nell’altro la propria libertà così come fece Pisa con i fiorentini.



Capitolo VI: I principati nuovi conquistati con le proprie armi e con virtù: IL Principe nuovo deve prendere esempio dalle grande azioni degli antichi e quindi agire per imitazione. In ogni caso il suo governo e la durata di questo così come il suo acquisto dipendono dalla virtù e dalla fortuna. Sicuramente, secondo Machiavelli il Principato durerà maggiormente se questo si è ottenuto e mantenuto più con la virtù che con la fortuna. Machiavelli riporta quattro esempi importanti in questo caso, che sono Mosè, Ciro, Romolo e Teseo. Questi a parte Mosè che ebbe un grande precettore ebbero un’occasione che grazie alla loro virtù riuscirono a sfruttare, ma se l’occasione non ci sarebbe stata loro non avrebbero avuto modo di usare le loro virtù. “- Era dunque necessario che Mosè trovasse, in Egitto, il popolo d’Israele schiavo e oppresso dagli Egiziani, perché, per liberarsi dalla schiavitù, si disponesse a seguirlo. Era necessario che Romolo non fosse accolto in Alba e fosse stato abbandonato alla nascita, perché diventasse re di Roma e fondatore di quello Stato. Bisognava che Ciro trovasse i Persiani malcontenti dei Medi e che i Medi fossero diventati deboli ed effeminati a causa della lunga pace. Non avrebbe potuto Teseo dimostrare la sua virtù, se non avesse trovato disuniti gli Ateniesi.”. Dunque Machiavelli poi afferma che è molto meglio riuscire a conquistare uno stato con la propria forza invece che con l’aiuto altrui ed è importante essere adoperati di istituzioni con le quali poter anche imporre il proprio potere. Perché spesso se si conquista uno stato solo con degli ideali si rischia di perderlo in fretta. In questo caso Machiavelli riporta l’esempio del Savonarola che non possedendo le armi non è stato in grado di mantenere il potere.



Capitolo VII: I principati nuovi conquistati con le armi e la fortuna altrui in questo capitolo il Machiavelli fa riferimento a due grandi personaggi della storia. Francesco Sforza, duca di Milano che arrivò al potere e lo mantenne con grande virtù e forza d’animo e Cesare Borgia, il duca Valentino, il quale ottenne il potere grazie alla fortuna. A questo punto l’autore concentra l’intero capitolo sulle vicende di Cesare il quale secondo lui è un ottimo esempio per i principi nuovi, ma soprattutto per coloro che diventano tali grazie alla fortuna. Il duca Valentino infatti, nonostante abbia ottenuto grande potere grazie al padre,



Papa Alessandro VI e l’appoggio del regno di Francia riuscì a creare delle solide basi per il suo regno attraverso una serie di vicende che dimostrarono le sue grandi virtù e il suo grande ingegno. Inizialmente il Machiavelli individua la caduta del Duca per via della fortuna che gli fu particolarmente avversa poiché porto alla morte il padre e poi lui a causa di una malattia, ma con una più attenta analisi individuò la causa della sua caduta nell’appoggio che aveva dato a Giulio II per diventare papa. La fortuna quindi in questo caso viene messa un attimo da parte e così anche quello che per il Machiavelli risultava il perfetto esempio risulta avere una falla.



Capitolo VIII: di coloro che hanno ottenuto il principato con il delitto: in questo capitolo il Machiavelli tratta di coloro che si impadroniscono del potere attraverso le scelleratezze e i delitti e si

interroga fino a che punto un principe possa spingersi oltre, ovvero fino a quanto può ricorrere all’uso del male per mantenere il potere. In questo contesto il Machiavelli utilizza come esempi per la sua riflessione un personaggio antico e uno moderno ovvero Agatocle e Oliverotto. Il primo era un tiranno e svolse azioni spregevoli, ma l’autore tende ad avvicinare le sue qualità a virtù, anche se esita ad usare questa parola di fronte agli atti da lui compiuti. Oliverotto invece svolse solo una serie di azioni crudeli e poi fu finito dal duca Valentino. Da qui il Machiavelli inizia la sua riflessione riguardo al male che deve adoperare il Principe. Esso infatti non deve essere crudele fine a se stesso perché questo dimostra solo uno spirito perverso. Un principe però deve imparare ad adoperare il male quando risulta necessario, ovvero se è costretto per mantenere il governo. Infatti il fine giustifica i mezzi. È necessario però che il male venga adoperato subito e in maniera decisa in modo tale che si possano ottenere effetti immediati questo non deve assolutamente prolungarsi nel tempo, mentre bisogna adoperare il bene in maniera graduale. Il principe deve saper utilizzare la violenza quando è necessario e non esitare nel farlo.



Capitolo IX: Il Principato civile: il principato poi si può ottenere anche per consenso del popolo o per consenso dei potenti. Nel primo caso il popolo cerca di far divenire principe uno per potersi difendere dai potenti, nel secondo i potenti per accrescere il loro potere cercheranno di far diventare uno principe, il quale però si troverà in grave difficoltà a gestire e governare liberamente lo stato perché subirà sempre l’influenza da parte dei potenti. È molto meglio che il principe giunga al potere con l’appoggio dal popolo perché gli sarà più facile governare, dal momento in cui sarà solo a farlo, inoltre è molto meglio avere il favore del popolo che è la maggioranza rispetto al favore dei potenti che consistono nella minoranza. Il principe infatti può anche fare a meno dei principi ma non del popolo. Da qui il Machiavelli inizia a sottolineare l’importanza che ha il sostegno del popolo per un principe. Il principe deve assolutamente proteggersi da quei potenti che agiscono solo fine a se stessi e per ottenere sempre più potere, poiché questi appoggeranno sempre la sua rovina. Dunque anche nel caso in cui il principe salga al potere per via dei potenti deve fare in modo di ottenere la stima e la fiducia del popolo ed evitare qualsiasi azione che glielo possa rendere nemico perché senza l’appoggio popolare il Principe non può sperare in nessun successo.

“Perciò un Principe saggio deve usare una maniera di governo per la quale i suoi sudditi, sempre e in ogni circostanza (di pace o di guerra) abbiano bisogno dello Stato e di lui; e sempre poi gli saranno fedeli.”



Capitolo X: Come si debbono valutare le forze di tutti i principati altro argomento che l’autore si pone di affrontare è la situazione in cui un principe che si trova a gestire uno stato molto grande in una situazione critica se è il caso di chiedere aiuto a qualcuno per la difesa. Il Machiavelli però afferma che in ogni caso se il Principe sarà amato dal popolo e avrà dalla parte sua il suo sostegno allora nessuno vorrà attaccarlo perché ogni uomo evita le imprese di grande difficoltà. In questo contesto viene riportato l’esempio della Germania che era un popolo forte e unito, regno caratterizzato da grandi mura e fossati e raramente avrebbe trovato qualcuno disposto ad attaccarlo. Dunque se un principe è a capo di uno stato forte e unito allora non avrà nessuno da temere e non avrà mai bisogno di chiedere aiuto a nessuno. “Per cui, se si considererà bene tutto, non sarà difficile a un Principe prudente mantenere fermi gli animi dei suoi sudditi in ogni momento durante l’assedio purché non manchi loro il necessario per vivere e per difendersi.”



Capitolo XI : I principati ecclesiastici: in Italia questi combaciano con lo stato della Chiesa. Egli afferma che per ottenere questo bisogna essere dotati di virtù o di fortuna e perciò in questa prima fase si possono riscontrare delle difficoltà, ma quando questi si ottengono non è più necessario ne’ la virtù e ne la fortuna. Il principato ecclesiastico infatti è retto prima di tutto da motivi superiori alla comprensione umana, ovvero dalla volontà di Dio. In questa prima parte del capitolo si riscontra però una certa ironia da parte del Machiavelli. Nella seconda parte del capito svolge una breve storia dello stato pontificio. Egli evidenzia il fatto che prima di Alessandro sesto questo non era uno stato temuto o visto come una minaccia, ma con Rodrigo Borgia abbiamo un radicale cambiamento dal momento in cui usufruisce del proprio potere per elevare la potenza del duca. Alla sua morte Giulio secondo si ritrova un pontificato potente e continua l’opera di Alessandro ma per aumentare la grandezza della Chiesa e non per interessi personali. Il capitolo termina con un omaggio a papa Leone X.



Capitolo XII: I vari tipi di eserciti e le milizie mercenarie: affronta in maniera ampia il tema delle armi e delle milizie. Ogni tipo di principato deve fondarsi su buone leggi e buone armi. Machiavelli affronta i vari tipi di armi individuando quelle proprie, quelle mercenarie, quelle ausiliari e in fine quelle miste. Il Machiavelli ritiene quelle ausiliarie e mercenarie inutili e pericolose. Quelle mercenarie infatti, da lui stesso sperimentate, sono infedeli, ambiziose e senza disciplina esse sono solo mosse dallo stipendio e non dall’amore per la patria, quindi non sono devote nei confronti del principe per il quale non sono disposte a perdere la loro vita. Machiavelli individua come una delle cause della caduta dell’Italia proprio i soldati mercenari. I mercenari possono essere capitanati da uomini eccellenti o no, se questi lo sono allora aspireranno sempre alla loro grandezza e non saranno ubbidienti al principe e se non lo saranno in ogni caso si dimostreranno la rovina del principato. Per esperienza dimostra che il principe deve lui stesso occuparsi dell’esercito e nel caso della Repubblica, si deve mandare ad occuparsene uno dei cittadini che se si dimostra virtuoso deve essere regolato attraverso le leggi per evitare che questo aspiri solo alla propria grandezza. A questo punto il Machiavelli svolge alcuni esempi di eserciti mercenari che hanno portato alla ruina come per esempio i Cartaginesi che dopo la guerra contro i romani si trovarono oppressi dai loro stessi soldati. I veneziani e i fiorentini hanno accresciuto il loro potere grazie ai soldati mercenari e non hanno avuto problemi solo per grande fortuna. A questo punto l’autore svolge una breve storia dell’Italia che a causa della mancanza di un esercito proprio e il continuo uso delle truppe mercenarie l’hanno portata alla ruina ad essere disonorata e predata.



Capitolo XIII: Eserciti ausiliari, misti e propri: il Machiavelli ritiene anche le armi ausiliari inutili dal momento in cui risultano buone solo per colui che svolge da aiuto. Con l’utilizzo di queste armi si rischia di divenire prigionieri di queste stesse. Nel caso dell’Italia papa Giulio II chiese aiuto ai francesi. Con l’uso di queste la rovina è certa e risultano più pericolose di quelle mercenarie. Infatti quest’ultime hanno bisogno di più tempo e di maggiori occasioni per offendere il principe anche perché queste risultano finanziate da egli e inoltre la persona che viene messa a capo di queste non può ottenere così velocemente tanto potere, da poter risultare pericoloso nei confronti del principe. “Insomma, nelle milizie mercenarie è più pericolosa la pigrizia, nelle ausiliarie il valore”. Il principe savio ritiene più opportuno tenersi alla larga delle truppe ausiliarie e formare un proprio esercito, egli preferisce perdere con le proprie armi che vincere con quelle altrui, dal momento in cui questa non può essere ritenuta una vera vittoria. Come principale esempio Machiavelli riporta ancora una volta Cesare Borgia il quale inizialmente usufruì di milizie ausiliarie, successivamente, ritenendo queste troppo pericolose, si volse ad adoperare quelle mercenarie, con le quali attaccò gli Orsini e i

Vitelli, ma ancor una volta si rese coto della poca fedeltà e sicurezza che si poteva ottenere da queste, perciò creò un esercito proprio. Altro esempio riportato da Machiavelli è quello di Siracusano Gerone il quale affidatosi alle truppe mercenarie, che si comportarono come quelle italiane, decise di ucciderli dal momento in cu non gli conveniva ne tenerle e ne lasciarle andare perciò iniziò ad adoperar le proprie armi senza cercare appoggio in quelle altrui. “In definitiva, le truppe degli altri o ti cadono di dosso, o ti pesano, o sono strette.” Gli eserciti di Francia invece si sono dimostrati eserciti misti, parte mercena...


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