Riassunto L\' Harem E L\' Occidente PDF

Title Riassunto L\' Harem E L\' Occidente
Course Pedagogia interculturale
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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appunti sull'harem occidentale...


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L’HAREM E L’OCCIDENTE CAPITOLO 1 Jasmina, nonna di Fatima, morta quando lei aveva 13 anni, le diceva sempre “viaggiare è il modo migliore per conoscere e accrescere la tua forza”. Lei viveva in un harem con porte sbarrate, che le donne non potevano aprire. Anche per questo le diceva “devi focalizzarti sugli stranieri e cercare di comprenderli: più comprendi uno straniero, maggiore sarà la conoscenza di te stessa e quindi più conoscerai te stessa, più sarai forte”. Jasmina viveva la sua vita nell’harem come una vera e propria prigionia e per questo aveva un’idea grandiosa del viaggiare, considerando il viaggio come un sacro privilegio. Qualche anno prima, Fatima si era recata in Occidente per la promozione del suo libro “La terrazza proibita”. Durante l’incontro per pubblicizzare il libro, i giornalisti occidentali avevano un sorriso sconcertante quando si nominava l’harem. Infatti Fatima si domandava come si può sorridere evocando una prigione; infatti per Jasmina, “harem” rimandava alla restrizione dei suoi diritti, tra cui viaggiare. Jasmina allora aveva sussurrato all’orecchio di Fatima che doveva allenare uno stato di prontezza, poiché il bagaglio più prezioso che portano gli stranieri è la loro differenza; quindi Fatima doveva avere una mentalità più aperta verso le differenze. La storia preferita di Jasmina, tra le storie di Shahrazad, era quella della “Donna dal vestito di piume”: il suo messaggio è che la donna dovrebbe vivere come una nomade, sempre pronta a migrare anche quando è amata, perché l’amore può diventare una prigione. A 19 anni Fatima va all’università di Rabat con Kemal, suo compagno di studi e unico punto di riferimento che aveva, il quale conosceva a memoria la favola di Jasmina. La loro amicizia era molto importante, perché nella società musulmana le donna non può avere amicizie con un uomo. La vera storia era intitolata “Storia di Hassan al-Basri” che una notte scruta dalla terrazza un uccello bellissimo. Quest’ultimo si spoglia delle sue piume e si scopre essere una donna nuda che corre a tuffarsi nel mare. Hassan le nasconde la veste; privata delle ali, la donna è in suo potere: lei gli dà 2 figli e lui si convince che non andrà più via, ma trovata la veste la donna va via con i figli. Inoltre Jasmina aveva narrato la storia dicendo che Hassan non trova più la moglie, invece nelle “Mille e una notte” lui la trova e vivono felici e contenti. L’Oriente, vedendo la donna con le ali, con le piume come un uccello, quindi capace di volare grazie a una forza incontrollabile, la imprigiona nell’harem, ossia nello spazio domestico della casa. Quindi la donna è vista come un essere capace di una grande libertà e possiede molte potenzialità e intelligenza, perché può sfuggire alla presa dell’uomo. Quest’immagine di potenza nella donna vista dall’Oriente, non è presente invece nell’Occidente: l’Occidente non vede una donna con le ali, non vede nella donna una minaccia e il pericolo che sfugga. Quindi secondo la Mernissi l’Occidente ha una visione molto dimensionata della donna rispetto a quella che ha l’Oriente. Ci sono quindi due modi di intendere la donna: quello orientale e quello occidentale. CAPITOLO 2 L’idea di questo libro è venuta a Fatima quando è andata in giro in Europa a pubblicizzare il suo libro precedente e durante gli incontri si accorge che, per gli occidentali, l’harem rimandava ad un festino orgiastico, mentre per lei era una realtà storica e un sinonimo di famiglia come istituzione.

Essi consideravano l’harem come un luogo dove le donne sono a disposizione degli uomini, come un “paese delle meraviglie pieno di sesso sfrenato”. L’harem, visto dall’Occidente, era un festino orgiastico, fatto di piacere sessuale, per Fatima, invece, era un luogo dove l’uomo si aspetta resistenza dalla donna, non ottiene quindi piacere senza difficoltà. L’immagine dell’harem occidentale è data da alcune immagini, quadri, film che hanno trasmesso dei contenuti non corrispondenti alla realtà orientale. Nelle miniature i musulmani rappresentano donne attive, mentre gli occidentali donne nude e passive. L’harem musulmano è un luogo densamente popolato, dove è difficile trovare tempo per la coppia e la gratificazione sessuale è una cosa impossibile. Una delle donne più spesso ritratte nelle miniature musulmane è Zuleikha, moglie di Putifarre, che viene rappresentata nell’atto di molestare sessualmente Giuseppe. Inoltre in questo testo si vuole enfatizzare il contrasto tra il modo di vedere le donne nella storia di Scherazade, cioè la donna che racconta le favole delle “Mille e una notte” e rappresenta l’arguzia femminile e l’affermazione di sé, e il contrasto con alcune versioni occidentali della stessa storia che vedono Scherazade come una figura erotica. Per l’Oriente il confronto intellettuale con la donna è necessario, perché, secondo la Mernissi, alle donne è concesso un cervello, mentre per l’Occidente lo scambio intellettuale con le donne è un ostacolo al piacere erotico. Alle donne in Occidente si nega un cervello. CAPITOLO 3 La Mernissi parla anche delle odalische e delle schiave che sono presenti negli harem orientali. “Odalisca” è una parola turca, non araba, che viene da “oda”, che significa “stanza”: infatti odalisca significa proprio “la donna della stanza”. Invece “gariya” è una parola araba usata per le schiave dell’harem. I sultani avevano tante donne, perché era consentita la poligamia. Queste odalische, come le schiave, si compravano al mercato degli schiavi o si rapivano come bottino di guerra. Per entrambe, investire nell’istruzione e nell’acquisizione di abilità professionali, come musica, poesia e danza, era il solo modo di guadagnare visibilità dal padrone dell’harem. Infatti quanto erano più istruite tanto più piacevano ai sultani. Inoltre la Sharazade occidentale mancava della più potente arma erotica che la donna possiede, il nutq, ovvero la capacità di tradurre il pensiero in linguaggio e di penetrare il cervello di un uomo con parole appropriate. Infatti la Sharazade orientale non faceva altro che pensare e infilare, parole per parola, storie che avrebbero dissuaso suo marito dall’ucciderla; essa è puramente celebrale e questa è l’essenza della sua attrazione sessuale. L’unica danza che la Sharazade orientale faceva è il gioco del linguaggio nel cuore della notte, detto samar, che raggiunge la perfezione nelle notti di luna (“l’ombra della luna”). Quindi la comunicazione è fondamentale per il piacere. CAPITOLO 4 Sharazade è il nome persiano della giovane sposa che racconta le storie nelle Mille e una notte, che inizia come una tragedia di tradimento e vendetta omicida che oppone uomini e donne, e finisce come una favola, grazie alla capacità di Shahrazade di leggere nella mente del marito. Sharazade è una donna molto astuta e istruita che ha 3 doti strategiche: una vasta riserva di informazioni, una lucida comprensione della mente criminale, cioè sa chi è Sharhyar e cosa vuole fare, e molto sangue freddo per agire, perché è consapevole dell’uomo che ha davanti, ma decide di mettere in atto una strategia.

La prima dote è di natura intellettuale: Sharazade aveva una grande cultura, perché per raccontare storie diverse per mille notti di seguito bisognava avere un bagaglio culturale notevole. La seconda dote è di natura psicologica: Sharazade è una stratega, perché è capace di usare il linguaggio, di interpretare le espressioni facciali e il linguaggio corporeo, anche di un uomo che non parla, per mettere in atto la mossa successiva. Infatti durante i primi sei mesi il sultano resta in silenzio e ascolta senza dire niente. L’ultima dote è il sangue freddo, cioè la capacità di controllare le proprie paure. Con queste doti è stata capace di sconvolgere l’equilibrio del potere e di vincere, facendo addirittura innamorare il sultano, e di autodeterminarsi. Questo è il motivo per cui i fondamentalisti egiziani nel 1980- 1990 hanno bruciato il libro. CAPITOLO 5 Il priamo viaggio di Sharazade in Occidente fu in compagnia di Galland, il primo traduttore delle “Mille e una notte”, ma traducendo il libro la Sharazade intellettuale andò perduta, poiché agli occidentali interessavano solo avventura e sesso. Anche nel 1800 Edgar Allan Poe la definì una damigella politica, bugiarda e passiva. Poi Sharazade fece furore alla corte di Francia, perché le signore erano diventate delle grandi ammiratrici dell’Oriente, come la Marchesa di Pompadour, che appese nella sua camera da letto tre quadri di sultane ingioiellate e con vesti lussuose. Poi l’immagine di Sharazade viene messa in scena da alcuni ballerini russi in dei balletti, ma essa è diversa, non è quella vera, perché c’è un rovesciamento della storia originale: in questi balletti la donna desidera l’uomo ed esso è l’oggetto del desiderio, esattamente l’opposto di quello che succede nelle “Mille e una notte”. Inoltre a Holliwood vengono fatti dei film con Sharazade come protagonista e rappresentata da una vamp hollywoodiana, che non incoraggia gli uomini al dialogo, ma vuole distruggerli e succhiarne le energie. CAPITOLO 6 Secondo la Mernissi in Occidente le donne intelligenti vengono rappresentate come donne brutte, poiché lì il concetto di donna è legato alla bellezza piuttosto che all’intelligenza. La Mernissi giustifica questa espressione attraverso un’operetta di Kant, dove il Sublime è il razionale, la capacità di pensare ed è maschile, mentre il Bello è femminile: queste due cose devono essere separate. Quindi in Occidente la donna bella è una donna che non pensa, senza cervello, mentre in Oriente la donna bella è una donna intelligente, caoace di conquistarti con le parole. La donna ideale di Kant è senza parole. CAPITOLO 7 La Mernissi parte da alcuni dipinti: il primo dipinto è di Jacques Ingres “Bagno turco” e vengono rappresentate le donne orientali nell’hammam, ma il vero hammam, secondo la Mernissi, è un luogo dove le donne vanno per curare la loro pelle, per farsi il bagno. Guardando bene il quadro, però, la Mernissi si accorge che, sulla destra, ci sono due donne che si accarezzano reciprocamente, ma lo scambio erotico tra donne non avviene nel vero hammam, nel quale si prendono solo cura del corpo e non è un luogo di erotismo.

Il secondo dipinto è “La grande odalisca” di Ingres che rappresenta un’odalisca nuda sdraiata dell’harem, un luogo lussuoso con tende di seta preziose. Questa donna è nuda e vulnerabile, ma la Mernissi spiega che negli harem le donne non sono nude. L’ultimo dipinto è “L’odalisca con pantaloni rossi” di Matisse, dove questa donna è in una posa molto vulnerabile e seminuda, completamente disponibile all’occhio e al desiderio di chi la guarda. Questo quadro è del 1921, anno nel quale si stavano attuando delle leggi importantissime in favore delle donne che garantivano loro il diritto all’educazione e al voto. Inoltre fu abolita la poligamia, garantito uguale diritto di divorzio a entrambi i coniugi e il diritto alla custodia dei figli per le madri. CAPITOLO 8 Tra tutti i Califfi arabi che ci sono stati, solamente uno viene in mente a Fatima: il Califfo Harun arRashid, che aveva avuto una ricca vita sessuale e affettiva, non aveva paura di amare ed esprimeva le sue emozioni e i suoi sentimenti, inoltre egli era solito ammettere che un uomo, quando si innamora e dichiara le sue emozioni, si mette in una condizione di vulnerabilità che ne compromette la capacità di dominare la donna. Inoltre era bravo negli affari e sapeva quando era il momento di smettere di giocare. La prima donna di cui si innamora , all’età di sedici anni, fu sua cugina e principessa Zubayda, con la quale poi si sposa. Dopo essere diventato il quinto Califfo, e nonostante il suo matrimonio, egli era circondato da un gran numero di gariyya (odalische), donne straniere provenienti da ogni parte del mondo, che avevano tantissime qualità e talenti, tra cui il canto e il ballo. Inoltre per essere in grado di entrare nel mondo dei sentimenti e dell’attrazione sessuale, bisogna destinare ad esso un tempo ben preciso, proprio come si faceva con le battaglie. CAPITOLO 9 Harun ar-Rashid pianificava il maglis, cioè il tempo del piacere, come calcolava il tempo per preparare le sue battaglie. Il dovere di un Califfo musulmano è aspirare al wasat, il punto il mezzo ideale tra due cose. Il maglis doveva svolgersi, come una battaglia, secondo un copione prestabilito, in cui gli attori e la scena fossero studiati attentamente. Maglis significava proprio rilassarsi senza fare nulla, dove un gruppo di persone, con affinità in comune, si incontravano in un posto gradevole, un giardino o una terrazza, per conversare e passare bene il tempo. CAPITOLO 10 Monsieur Ingres nasce da una famiglia modesta in una città afflitta da rivolte sociali, Montauban. Subisce molto l’influenza della religione: viene battezzato e mandato in una scuola religiosa. A 17 anni arriva a Parigi dove tutti erano ricchi e colti e per questo lui si preparava scrupolosamente e vinceva ogni gara di pittura. Le donne che ama tanto da voler sposare sono lontane dall’essere passive odalische: la prima Julie Forestier e la seconda Laura Zoega, ma i fidanzamenti sono brevi. Decide di sposare quindi di sposare qualcuno che non conosce. La moglie di un suo amico gli propone sua cugina Madeleine Chapelle. Dopo un anno Ingres decide di introdurre una schiava nella sua vita, la Grande Odalisca, che aveva il compito di stare distesa ad essere bella e non fare niente, diversamente da sua moglie che doveva cucinare e accudire la casa, come una buona musulmana. Passando mesi interi a dipingere una bella donna, Ingres dichiarava ogni giorno e ripetutamente a sua moglie che lei era brutta. Quando sua moglie morì, egli si sposò a 72 anni con Delphine Ramel, 30 anni più giovane di lui.

CAPITOLO 11 Il mondo musulmano ha una splendida tradizione di pittura, dove sono molto presenti le donne, spesso dipinte in movimento per cambiare il pianeta, in sella a un purosangue come la principessa Shirin o su un cammello come Zuleikha. Shirin è l’ideale di bellezza nelle fantasie musulmane ed è un’eroina profana alla ricerca dell’amore, infatti è una principessa reclusa che lascia il suo harem nel momento in cui si innamora. È l’equivalente di Sharazade in pittura ed è spesso ritratta nei boschi, a cavallo, in cerca del suo amore, e quando lo trova, essi sono dipinti mentre cacciano insieme. Inoltre Shirin è molto differente dalle odalische di Ingres. CAPITOLO 12 La regina Nur Giahan, dopo aver sposato nel 1611 l’imperatore Giahangir fece cambiare il suo nome da Nur Mahl, ossia “Luce del Palazzo” a Nuhr Giahan, “Luce del Mondo”. Il suo passatempo era di cacciare tigri. Essa, inoltre, influenzò molto l’arte e la politica, infatti è inserita nei dipinti con suo marito e viene rappresentata come padrona di casa, non essendo solo una sportiva. Era acquirente d’arte e in modo indiretto influenzava mode e gusti e contrattava con gli artisti nuove rappresentazioni, dettando temi d’amore, intimità coniugale. CAPITOLO 13 Fatima Mernissi descrive, infine, un episodio che le è capitato a New York, mentre stava cercando una gonna in un magazzino. Però si accorge che ha i fianchi prosperosi quindi tutte le gonne le andavano strette, perché c’erano solo taglie 40/42. Allora la commessa le dice che deve andare in qualche altro negozio specializzato, perché è “fuori norma”, ma lei si domanda chi decide quale sia la taglia giusta, quale sia la norma: in Occidente gli uomini decidono come le donne si debbano vestire, loro fanno la moda. Perciò le donne occidentali, per essere normalizzate, stare nella norma, devono essere costrette ad avere un certo peso corporeo, perché questa è la norma decisa dagli uomini, che le costringono ad essere sempre delle ragazzine. Mentre l’Oriente chiude la donna nello spazio, cioè l’harem, l’Occidente chiude la donna in un tempo, la sua adolescenza. La bellezza per una donna è dimostrare 14 anni. Le donne orientali hanno solo un mese di digiuno, le occidentali 12 mesi l’anno....


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