L\' Ultimo Eroe RIASSUNTO PDF

Title L\' Ultimo Eroe RIASSUNTO
Author Giorgia Segnana
Course Letteratura latina I
Institution Università degli Studi di Trento
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Summary

Riassunto per capitoli del libro L'ultimo eroe....


Description

L’ultimo eroe. Filottete, straordinarie fortune di un arciere greco. Federica Boero, Margherita Rubino Introduzione Il Filottete di Sofocle è l’unica tragedia di cui si conosce la data (409 a.C.) e l’eroe Filottete è uno degli ultimi eroi della tragedia greca: l’eroe tragico, isolato e possente di qui in avanti non esisterà più. Filottete, il più bravo arciere dell’esercito greco, viene abbandonato sull’isola di Lemno dai sui compagni, in seguito al morso di un serpente che lo ha reso inavvicinabile. L’intera tragedia vede l’eroe, menomato nel corpo e umiliato nell’anima, sopravvivere solo su un’isola (cfr Robinson Crusue); Filottete non riesce a comunicare se non con urla disumane: il suo strazio è reso continuo dalla ferita che non si rimargina e lo costringe a un destino di solitudine. L’arciere è asociale, inferocito, pieno d’odio nei confronti di quei compagni che non hanno esitato ad abbandonarlo, ma allo stesso tempo è capace di emozioni struggenti, dovute al suo isolamento: il chiamare la sua ferita per nome oppure salutare con affetto i luoghi in cui ha sofferto per 10 anni (cfr Leopardi: saluto a Recanati, da luogo di sofferenza a luogo del ricordo). Il testo greco crea una situazione scenica unica, delinea un’azione senza vie d’uscita: solo un dio alla fine può convincere Filottete a seguire i compagni a Troia, dove lo aspettano guarigione e gloria immortale. La tragedia è quasi priva di trama, a dominarla è la personalità di Filottete: la ricchezza delle sue passioni determina ricchezza ulteriori, varietà ulteriori. Non vuole partire né tanto meno combattere: senza l’intervento di Eracle deus ex machina, la vicenda non avrebbe conclusione.

Cap. 1 – La riscoperta di Filottete Fénelon, Les aventures de Tèlèmaque Si tratta di un’opera composta da 18 libri, che seguono i viaggi per terra e per mare del giovane Telemaco, ripercorrendo i racconti del padre. Nella seconda parte Telemaco incontra Filottete, il quale narra in prima persona e in maniera molto teatrale l’incontro con Ulisse. Nell’opera gli elementi di affettività, composizione dei contrasti, accordo finale dopo ire sono dovuti alle esigenze pedagogiche di un libretto destinato a un futuro re. Fénelon era infatti il precettore del Duca di Borgogna, designato come futuro re di Francia: l’autore cerca un futuro re ideale, per questo la tragedia è improntata a ideali di moderazione, governo delle proprie passioni, equilibrio nell’azione. Per queste polemiche contro la guerra e il lusso sfrenato viene cacciato da corte. Fénelon trascura due elementi centrali nella tragedia di Sofocle: - l’eroismo totale, senza né patti né compromessi - l’arco, simbolo di tale eroismo: nel romanzo infatti si parla solo di frecce: esse sono avvelenate e vengono consegnate da un Eracle morente a Filottete, che accidentalmente le fa cadere sul piede, causandosi così la piaga orrenda. Il Filottete francese non è grandioso, è un ragionatore che impara dalle esperienze.

Chateaubrun, verso la scena Les aventures de Télémaque diventano un classico della letteratura francese e il Filottete inizia ad essere tradotto prima in inglese (1725) e poi nel resto d’Europa, ciascun stato nella propria lingua. Nel 1775 Chateaubrun riporta sulla scena il Filottete. La più grande novità nel dramma riproposto dall’autore francese è l’introduzione di un nuovo personaggio: Sophie, la figlia di Filottete. Di Sophie s’innamora Neottolemo,

che si distingue per una purezza personale e assoluta. Filottete propone di portar guerra a Troia indipendentemente dagli altri Greci, in modo che Agamennone non si tenga tutto il merito, ma Odisseo, giunto a sapere del piano minaccia di uccidere Sophie se Filottete non parteciperà alla spedizione. Neottolemo rinuncia all’amore per la fanciulla, in nome del bene comune. Viene ribadito che “.. lo Stato ha diritti su tutti gli aspetti dell’esistenza: in nome dello stato bisogna dominare le proprie passioni.” Inaspettatamente Filottete, al termine della lunga discussione con Ulisse, che è disposto a farsi uccidere o a prendere il suo posto in esilio pur di convincerlo a partire, riconosce di essere stato troppo rancoroso nei confronti di Ulisse. Conclusione che si allinea perfettamente alle finalità dell’autore: la tragedia sofoclea contiene un messaggio politico, che è quello della riconciliazione. Lo scopo di Chateaubrun è mostrare che La Ragion di Stato deve avere il sopravvento su ogni cosa: sulle passioni che turbano la mente del sovrano, sugli affetti, quando questi nocciono alla felicità pubblica.

Vittorio Alfieri e la più bella tragedia greca È il primo a tradurre il Filottete in italiano, insieme ad altre tragedie greche. Lo scrittore utilizza la pratica del teatro militante: la sua traduzione ha un incredibile senso della scena, anzi, è la prima vera e propria trasposizione per la scena del dramma. Egli suggerisce un incipit dinamico, in movimento, elimina molti lamenti e aggiunge annotazioni riguardo luoghi e toni da usare (note didascaliche).

Cap. 2 – l’Ottocento. La poesia, la musica, la scena Il Romanticismo: Thomas Russel e William Wordsworth Scritto a Lemnos, forse Su questa isola solitaria, i cui ruvidi scogli spaventano I timonieri prudenti, nel susseguirsi di dieci anni Il grande figlio di Peante, un tempo non avvezzo alle lacrime Pianse sulla sua ferita: come vide ciascuna luce rigare Il cielo, e ne maledisse il volo indugiante, di giorno il grido del gabbiano attorno alla sua caverna portò via il torpore dai suoi occhi, di notte onde mugghianti e urla selvagge cacciarono i suoi sogni. La speranza era ancora in lui: in ogni flebile brezza, che sibilò Attraverso la sua grotta grezza, sentì l’avvicinarsi di un remo, in ogni bianca nuvola scorse una vela approssimarsi; né di rado ascoltò l’immaginario ruggito dei torrenti dell’Eta, o la più rauca corrente che separa la celebre Trachis dalla sponda dell’Eubea.

Quando Filottete nell’isola di Lemnos Quando Filottete sull’isola di Lemnos come una forma scolpita su di un monumento resta accucciato; su di lui o sul suo temibile arco allentato un uccello selvatico spesso potrebbe posarsi, e strappare Ai rigidi tratti uno sguardo fugace, disperdere le lacrime, o dare sfogo ai sospiri, placando i tormenti di un duro esilio dalla sua amata casa, e dalla sua eroica fatica. Lui confida che Creature spirituali muovano attorno a noi, per lenire dolori che la Ragione non può guarire; sì, i peggiori rettili sono stati sufficienti a provare

Russel analizza lo stato emotivo del protagonista tramite le reazioni che i fenomeni naturali innescano in lui. Egli non trova riposo: il sonetto descrive una situazione prolungata e ripetitiva. Nella prima parte il poeta si concentra sulla disperazione dell’eroe e sull’atteggiamento ostile dell’ambiente circostante. Nella seconda irrompe l’elemento umano, ovvero il remo che Filottete crede di aver visto. Si crea un’opposizione tra la forza dell’uomo, alimentata dalla speranza, e la forza della natura. Russel mette in luce la psicologia del personaggio rapportato al contesto in cui è costretto a vivere. Lo scenario descritto è quello sofocleo.

Wordsworth dipinge il quadro di immobile desolazione sul quale campeggia il corpo di Filottete, che, pietrificato dalla lunga attesa e dal dolore, diviene parte del paesaggio al punto da non spaventare nemmeno più gli uccelli che si posano con gesto quasi dissacrante su di lui. Il suo arco viene definito temibile, anche se per ora è allentato e quindi lontano dal rappresentare una minaccia. Arco = simbolo astratto dell’eroe, a cui è stato imposto di rimanere inoperoso, lontano dalla guerra e dalla società pur conservando la sua potenziale temibilità. Il Filottete di Wordsworth è rappresentato in lacrime, ma la natura, stavolta benevola, riesce a strappargli un

alla miseria in catene, che nessuna Bastiglia è abbastanza profonda da bandire la luce dell’amore, anche se un uomo ha cessato di provarlo per un altro uomo suo fratello.

sorriso fugace. La natura in questo caso porta sollievo all’uomo: non arreca ulteriore angoscia come in Suppos’d to be written at Lemnos, ma esercita una funzione incoraggiante.

Un libretto di Herder e un Lied di Schubert Johann Gottfried Harder (filosofo, promotore dello Sturm und Drang) in Selve critiche o considerazioni sulla scienza e l’arte del bello (1769) si sofferma sull’analisi del protagonista Filottete e del suo modo di manifestare il dolore fisico provocato dalla ferita: la sua impressione, come di Winckelmann, è quella di un eroe, che, combatte il dolore sopportandolo, trattenendolo con profondi sospiri. Come il Lacoonte, rappresentato non nell’atto del gridare per la sofferenza, ma mentre emette un penoso sospiro, così Filottete sopporta il dolore, assumendosi l’aspetto di eroe paziente, tipico del Neoclassicismo. Harder produce anche un libretto Filottete. Scene di canto in cui la musica di Johann Christoph Friedrich Bach, oggi sparita, riveste un ruolo fondamentale, in grado di trasmettere la carica emozionale della sofferenza di Filottete, assente a livello testuale. I versi vengono rielaborati in modo, per esempio, che il sollievo appaia non come una sensazione fisica effettiva, ma soltanto come un orgoglioso tentativo di dissimulazione. L’intreccio della commedia non viene alterato, ma semplificato: viene me sso in scena un dramma essenzialmente a due voci, Filottete e Neottolemo. La semplificazione della vicenda tuttavia compromette la verosimiglianza del dramma. Nel 1817, Franz Schubert compone un Lied (canzone musicale di lingua tedesca) per un testo di Mayrhofer, dedicato a Filottete, Da sitz’ ich ohne Bogen, D. 540. A differenza del libretto di Harder, non rivisita tutta la vicenda, ma un solo momento di particolare intensità vissuto dal protagonista quando, ormai privato dell’arco, si abbandona alla disperazione sulla spiaggia. La disperazione di Filottete nasce dalla perdita dell’arco, termine su cui Mayrhofer pone l’accento ripetendolo ben tre volte. Il Lied si apre con una frenetica introduzione pianistica, che introduce un’atmosfera di angoscia ed inquietudine. Mayrhofer non fa tanto riferimento al dolore fisico dell’eroe, quanto alla sua impotenza: viene descritto come un uomo dal capo ingrigito che, seduto sulla spiaggia, continua a cercare invano il suo arco, l’unico strumento che gli ha permesso di sopravvivere. Gli animali accerchiano indisturbati l’eroe, un tempo facili prede delle sue frecce.

André Gide, Philoctète, ou, Le traité des trois morales La struttura è quella del dramma, ma originariamente non era destinato alla messa in scena, ma rappresentava un’occasione di riflessione personale sui diversi generi di morale incarnati dai tre protagonisti. Le novità introdotte sono due: - l’ambientazione: l’isola di Lemnos presenta un paesaggio freddo e glaciale, senza alberi né luce ed è ancora più isolata (occorre una navigazione di 15 giorni). È un’isola interiore, riflesso di un uomo malato nel fisico e nella morale, che ha trovato nella solitudine il luogo adatto per portare avanti un percorso di maturazione spirituale. L’eroe diventa eremita, libero dai vincoli di appartenenza a una società che in passato ha limitato il suo percorso verso la virtù. L’isola è lo specchio dell’uomo che la abita ed evolve con lui: lo stretto legame tra l’uomo e la natura che lo circonda nasce dal fatto che è Filottete stesso a decidere di autoesiliarsi sull’isola. Filottete sceglie la solitudine così come fece Gide, anticonformista che si allontana dalle convenzioni della società, esiliato per via della propria omosessualità. - i motivi della presenza di Ulisse e di Neottolemo sull’isola sono diversi: i greci non vogliono più che Filottete partecipi alla spedizione verso Troia, ma vogliono solamente rubargli l’arco.

Le tre morali 1) La morale Itacese: Ulisse è determinato ad assecondare sempre e comunque il volere degli dèi per il bene della Grecia. Rappresenta colui che, avendo come unico scopo la vittoria, è succube dei decreti divini e sottomesso a un’etica utilitaristica. Sottomette senza rimorsi il bene del singolo al bene di tutti.

2) La morale di Filottete: rappresenta l’uomo libero e in pieno possesso del proprio destino, egli possiede una saggezza stoica che gli permette di parlare pacatamente con Odisseo, nonostante stato lui ad incoraggiare il suo abbandono dieci anni prima. 3) La morale di Neottolemo: il padre gli ha insegnato a lottare, soffrire e morire per la Grecia, ma egli trova in Odisseo un nuovo maestro che lo conduce al sentiero della virtù. I due si ritrovano a discutere della questione centrale dell’opera: è meglio votarsi agli dèi e alla patria oppure votarsi a qualcosa di superiore, di universale? “io sono diventato di giorno in giorno meno greco, di giorno in giorno più uomo” questa la battuta finale di Filottete, che riassume con queste parole il significato di libertà: essere libero significa staccarsi dall’umano e raggiungere la visione dell’universale. Egli rinuncia volontariamente all’arco di Eracle, l’unica risorsa che ha per sopravvivere e anche l’unica che lo rende desiderabile per gli altri uomini. Per questo quando Neottolemo, in segno di amicizia e rispetto, gli mostra la boccetta di sonnifero che Odisseo ha intenzione di somministrargli per rubargli le armi, lui lo beve comunque, con l’unico rimpatrio che il suo gesto sarà servito lo stesso per il bene della patria. Riconosciuto il gesto di vera virtù nel sacrificio di Filottete, Odisseo si commuove sul corpo addormentato, non vuole più rubare le armi, ma la sua sottomissione al volere divino lo costringe a fare ciò. Filottete si risveglia che la barca dei greci è già salpata: è circondato da un paesaggio in evoluzione, i fiori bucano la neve e gli uccelli cantano, come un segno di approvazione divina. L’inverno, specchio della sua interiorità, lascia spazio alla primavera, segno di cambiamento: la virtù spazza via ogni negatività.

Cap. 3 – Il Novecento. Varie e straordinarie fortune. Heiner Müller o della disattenzione teatrale Ursula Krechel: contesto pacifista, Filottete =emblema poetico delle vittime della brutalità umana. Rudolf Pannwitz (1916): mondo eroico in cui gli ideali morali dei grandi poemi vengono meno, alla fine Filottete muore stramazzando al suolo con una risata isterica. Heiner Müller: l’autore stesso è considerato simbolo dell’intellettuale comunista avversato dalla DDR. In Italia sono degni di nota due allestimenti della sua opera (1968): 1) Glauco Mauri mette in scena Filottete e Neottolemo vestiti come due clown e Ulisse come un prestigiatore. Egli antepone la tragedia di Sofocle alla pièce di Müller. (1983-1984) 2) Matthias Langhoff è il regista: intermezzo sotto la forma di diario di guerra, per allungare la messinscena più che per spiegare meglio il senso del dramma di Müller. Il prologo del Filottete di Müller avverte che il seguito è senza morale: l’opera acquista valore se considerata da questo punto di vista e rapportata agli anni in cui fu scritta e alla storia personale dell’autore. Il modello greco è funzionale alla descrizione della situazione della DDR (la DDR ha in programma l’abolizione della società classista, società della polis greca, mentre all’epoca del dramma la società greca era fondata sui clan). L’urgenza politica di mettere in scena questo dramma ha costretto Müller a costruire un testo in cui la credibilità dei personaggi e delle scene viene meno. Quello che emerge è: -la condanna del falso eroismo militare, -il degrado in cui ogni parola o azione è affetta dalla menzogna, -la ferita: equivale alla guerra, che ammorba tutto ed esplode nei monologhi di Filottete Mancano il dolore atroce e continuo del protagonista, la varietà del testo della versione greca e di alte rivisitazioni, una giustificazione per le azioni dei personaggi. I tre personaggi sono tutti negativi e di conseguenza simili, quasi interscambiabili. Essi non sono guerrieri resi spietati dalla guerra, ma militari che la guerra coninuano ad alimentarla. La pièce è interessante, ma monocroma, caratterizzata dal disfattismo metafora dell’essere degli uomini.

La tragedia di Aldo Moro Si tratta di un testo scritto da Dario Fo nel 1978 e destinato alla scena, a pochi mesi dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro e in assoluta coincidenza con L’affaire Moro scritto da Leonardo Sciascia. L’opera di Sciascia era basata sulle lettere su alcune delle lettere scritte da Aldo Moro durante la prigionia. Le stesse sono adoperate da Fo come base per la seconda parte del suo dramma, un’immaginaria conversazione tra Aldo Moro e i suoi compagni di partito. Negli appunti di Fo salta fuori la frase “MORO COME FILOTETE”, in un altro appunto si trova un possibile prologo in cui è chiaro il collegamento con la tragedia greca, oltre a un elenco di miti del sacrificio, tra cui il “Filotete”. La tragedia di Moro pare a Fo una tragedia vera, simile a quelle antiche, dove si consuma un sacrifico scegliendo un capro espiatorio. Su tutte sceglie il Filottete, spiegando, anni dopo, partendo dalla farsa del Fanfani rapito, la somiglianza di situazione teatrale tra il dramma antico e quello del rapimento di Moro. Filottete viene abbandonato dal suo equipaggio a causa della ferita maleodorante al piede e alla pazzia che ne consegue.

Moro viene abbandonato dal suo partito e lasciato morire nell’isola rifugio controllata dai terroristi.

Fo ha ben in mente la figura dell’eroe, ma non il contesto, tanto che in molti suoi manoscritti troviamo il Filottete citato come un’opera di Euripide. Fo prende più volte in mano l’opera e più volte l’abbandona, fino ad abbandonarlo direttamente: sente l’urgenza di metterlo in scena, ma il lavoro ogni volta non lo convince. Moro è un personaggio più sofisticato, articolato e complesso rispetto a Filottete, che, a parte la condizione di prigioniero e tradimento da parte dei compagni, non condivide nulla con lo statista.

I neogreci e Ghiannis Ritsos Christos Koulouris pubblica una poesia (1952) ispirata alla tragedia raccolta nella Malinconia di Dedalo: esempio di come l’interiorità di Filottete acquisisce grande rilievo nel Novecento. Nella poesia Filottete trova il coraggio per sopravvivere proprio nell’attesa dell’arrivo di chi lo ha abbandonato, consapevole del proprio ruolo ai fini della vittoria greca. La caratterizzazione del protagonista appare debole, mentre la poesia è invece di alto livello: si snoda tra immagini di angoscia e speranza. Il desiderio è quello di raggiungere una dimensione superiore, serena: il raggiungimento della pace, non della virtù. Sempre Koulouris scrive un brano in prosa (1963) La solitudine di Filottete, in cui descrive un quadro realistico della vita dell’eroe sull’isola di Lemnos, una vita in movimento, volta alla riaffermazione del sé. Dimitri Christodoulou pubblica l’atto unico in prosa L’arco (1964). Si tratta di una rilettura pacifista: riproduce lo schema della vicenda sofoclea, apportando modifiche alla caratterizzazione dei personaggi, soprattutto a Neottolemo, e al finale: Neottolemo e Filottete muoiono, incapaci di trovare un senso alla guerra. L’insensatezza della guerra e la disobbedienza a comandanti dai cattivi princìpi sono tematiche comuni ai due autori. Ghiannis Ritsos è l’autore della rilettura neogreca meglio riuscita della tragedia, grazie all’utilizzo di un linguaggio di struggente lirismo, capace di creare azione in una vicenda fondata sulla procrastinazione attraverso l’uso di flashbacks e imprevisti squarci di futuro → ciò dona al monologo dinamica teatrale. La rilettura è portatrice di valenza politica: chi parla è Neottolemo, la cui presa di coscienza ha come sfondo il contesto particolarmente lacerante del dopoguerra, quello della contrapposizione USA-URSS e delle guerre civili in Grecia. Le drammatiche vicende personali del poeta si riversano nella caratterizzazione di Filottete e Neottolemo, rappresentanti di due generazioni: quella dei padri, che hanno combattuto e conquistato la gloria sul campo di battaglia, ma a caro prezzo, e quella dei figli, cresciuti nell’ombra di una guerra materialmente lontana, ma le cui conseguenze pesano ancora sulla loro vita. Nel monologo Filottete non viene mai nominato: l’intera scena presuppone un senso di indeterminata sospens...


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