Spinoza - L\' Etica - Riassunto Ethica PDF

Title Spinoza - L\' Etica - Riassunto Ethica
Author Michela Ferrazza
Course Filosofia della storia
Institution Università di Bologna
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Summary

Lavoro sull'Etica di Spinoza utile per l'esame della prof.ssa Spallanzani (Storia della filosofia - unibo)...


Description

SPINOZA – L’ETICA L'Etica dimostrata con metodo geometrico, o Etica dimostrata secondo l'ordine geometrico è l'opera principale del filosofo olandese Baruch Spinoza, si compone di 5 parti: De Deo, De mente, De affectibus, De servitute humana, De libertate. L’opera venne composta presso l'Aia dove il filosofo si ritirò, venne pubblicata postuma per la prima volta nel 1677, anno della sua morte. Il proposito della riflessione filosofica di Spinoza è quello di trovare una soluzione al problema della vita, vale a dire di raggiungere la Libertà, questo obiettivo è anche il punto di partenza in quanto il suo proposito è quello di fornire un'etica nel senso di dare una dottrina della condotta umana che trovi la sua stessa giustificazione nei suoi fondamenti. Il proposito di Spinoza è quello di illustrare una metafisica e una gnoseologia incentrata su Dio e l'uomo; il mondo, la realtà esterna non viene esaminata separatamente in quanto la sua trattazione è inclusa in quella di Dio. L’opera, è organizzata secondo un metodo assiomatico-deduttivo volto a garantire la certezza dei risultati, essa, appunto, si articola in cinque parti,noi ci occuperemo solamente della prima (Dio): Dio e il mondo: il primo libro ha come argomento Dio, in realtà insieme a Dio viene inclusa la trattazione del mondo, perché questa scelta? Spinoza vuole dare una visione unitaria della realtà e per risolvere il problema dell'unità deve superare il dualismo cartesiano, ciò che Cartesio divide, Spinoza unisce: Dio e mondo fanno parte di un unico universo. L'autore vuole dimostrare che esiste un'unica sostanza infinita che si manifesta in infiniti attributi, che nel loro complesso sono la sostanza stessa; solo due di questi, estensione e pensiero, sono percepibili per l'uomo. Questi due attributi «si esprimono nei "modi" ("affezioni" della sostanza), distinti in: infiniti, in quanto coestesi all'infinità degli attributi, e finiti, ossia articolati nelle cose particolari». I modi, materiali e ideali, sono dominati da un determinismo al quale Dio stesso, identificato con la natura nel suo complesso, non si sottrae. Dio come unità: Quando Spinoza parla di Dio, parla dell'universo, della natura, della realtà nella sua complessità; questa concezione totalizzante dell'universo nasce dall'esigenza di oltrepassare i rigidi dualismi presenti nelle riflessioni filosofiche precedenti. Spinoza afferma che “Qualsiasi cosa, che sia, è in Dio, e facendo astrazione da Dio niente può esistere né esser pensato". Ogni cosa deve essere ricondotta all'unità, non devono esserci opposizioni e divisioni e per raggiungere questo obiettivo Spinoza elabora un rigoroso procedimento logico che segue, almeno sul piano formale, l'impianto della scienza matematica. Il metodo geometrico «L'assiduo manoscritto /già pregno d'infinito. / Qualcuno costruisce Dio nella penombra. / Un uomo genera Dio. È un ebreo / di tristi occhi e di pelle olivastra / [...]. Il mago insiste e foggia / Dio con geometria raffinata; / dalla sua debolezza, dal suo nulla, / seguita a modellare Dio con la parola.» (da Baruch Spinoza, di Jorge Luis Borges) L'opera è fortemente sistematica; essa si propone di trattare tutti i campi di indagine filosofica, partendo dalle questioni più fondamentali della metafisica, conduce fino all'etica con il preciso obiettivo di formulare una teoria della beatitudine umana.

L'esposizione del contenuto dell'Etica, come specificato sin dal titolo, è poi organizzata secondo un metodo «geometrico» ispirato al modello assiomatico-deduttivo della geometria euclidea. Spinoza procede enunciando assiomi e definizioni sulla base dei quali dimostra delle proposizioni con i loro eventuali corollari. Tale metodo, che mira a garantire dimostrativamente la certezza dei risultati a cui man mano si perviene, è considerato da alcuni commentatori come un significativo specchio di quella che per Spinoza è la struttura della sostanza stessa a cui afferisce tutto quello che è nel mondo, dal momento che la causalità della dinamica dell'universo corporeo vi è tradotta in una serie di corrispondenti nessi di implicazione logica. Nonostante questo, a più riprese Spinoza sembra mostrare delle insofferenze nei confronti della rigidità del metodo euclideo. È anche per questo che spesso egli aggiunge alle sue proposizioni degli scoli più estesi e di carattere discorsivo in cui chiarifica i suoi risultati o, anche, si occupa di mostrare come essi confutino le posizioni di alcuni dei suoi avversari; allo stesso scopo sono presenti prefazioni o appendici alle singole parti.

Prima parte: di Dio La prima parte dell'Etica di Spinoza è dedicata a definire la sostanza e Dio e a dedurre, a partire da tali definizioni, «[...] la natura di Dio e le sue proprietà, e cioè che esiste necessariamente; che è unico; che è ed agisce per la sola necessità della sua natura; che è causa libera di tutte le cose, e in qual modo lo è; che tutte le cose sono in Dio e dipendono da lui in modo tale che senza di lui non possono né essere, né essere concepite; e, infine, che tutte le cose sono state predeterminate da Dio non secondo la libertà della sua volontà, ossia per suo assoluto beneplacito, ma secondo la sua assoluta natura ossia infinita potenza. (E I, appendice)» Definizioni e assiomi: la sostanza, Dio e gli attributi Spinoza inizia l’Etica proponendo otto definizioni: • D1 - La «causa di sé» è definita come «ciò la cui essenza implica l'esistenza», ciò la cui natura non si può concepire se non come esistente. Spinoza non parla di causa prima (metafisica), ma si serve di un concetto altrettanto carico di tradizione filosofica, quello di causa sua, intesa dal filosofo come potenza attiva assoluta che pone e conserva eternamente sé stessa nell’esistenza, dove la connessione con l’effetto, ineliminabile nel concetto di causa, assume un carattere “riflessivo”, in un certo senso “circolare”, per cui la causa ha come “effetto” sé stessa. La causa sui non è causata da nient’altro che da sé ed è causa di tutto ciò che da essa segue, che da essa è deducibile, che in essa è implicato. Causa sui indica l’essere che esiste per necessità della sua stessa natura e che quindi non è causato da altro; Tale definizione viene poi articolata in due parti, per cui la causa sui è: a) ciò la cui natura/essenza implica l’esistenza e, b) ciò la cui natura non può essere concepita se non come esistente. Se qualcosa è causa sui, allora esiste; se qualcosa esiste senza essere causato da altro, allora è causa sui; essere causa sui è condizione sufficiente per esistere, esistere è condizione necessaria per essere causa sui. Le due parti prese assieme dicono che una cosa è causa sui se ha in sé la ragione della propria esistenza ed è concepibile come causa sui se ha in sé le ragioni della propria intelligibilità.



D2 – Una cosa è finita nel suo genere quando può essere limitata da un’altra della stessa natura. Esempio – un corpo è detto finito perché possiamo concepirne sempre un altro più grande. Allo stesso modo un pensiero è limitato da un altro pensiero; ma un corpo, non può essere limitato da un pensiero, né un pensiero da un corpo.

In base a questa definizione, il finito non esiste di per sé, non esiste in assoluto, ma solo nel suo genere, entro cioè un quadro comune a cui appartengono tutte le altre cose finite. Sicché ogni cosa finita non è mai concepibile per sé (cioè a partire da sé), ma sempre attraverso un’altra cosa finita, la quale a sua volta rimanda a un’altra finitezza e così via all’infinito. Dire che il finito è sempre tale entro un genere, equivale a dire che esistono molteplici generi di cose. Spinoza ci propone anche due esempi: i corpi e i pensieri. a) Un sasso, un gatto, ecc. sono tutti corpi, la cui caratteristica è quella di occupare spazio. La loro finitezza è tale entro il genere res extensa e la ragione di tale finitezza viene chiaramente determinata da Spinoza: un corpo è finito perché posso sempre concepire accanto a questo corpo un altro, tale che assieme formino un corpo più grande, anche se tale accrescimento seriale si estendesse all’infinito. Sarebbe infatti sempre un infinito potenziale o, altrimenti detto, un finito sempre in via di accrescimento. b) L’altro esempio riguarda le cose finite che appartengono al genere pensiero o, con linguaggio cartesiano, al genere res cogitans. Spinoza, qui, non ci dà esempi di pensieri finiti. Non può più essere ora la dimensione dell’estensione, il criterio per valutare la finitezza, dal momento che i pensieri non hanno dimensione né posizione; siamo tuttavia in grado di dare degli esempi: il mio pensiero “oggi piove” può essere unito a un altro pensiero “vado al cinema” per formare un pensiero più articolato “oggi piove, quindi vado al cinema”. Ma posso anche concepire pensieri più o meno ricchi di connotazioni, tali da riferirsi a un minore o maggiore numero di oggetti. Es. il concetto di elemento chimico si riferisce a tutti gli elementi presenti sulla tavola periodica, mentre il concetto di elementi alcalini si riferisce solo a una parte di essi. Questa definizione ha il suo fulcro nell’idea di limitazione. La cosa finita è quella che finisce nel momento in cui ne comincia un’altra, e la limitazione, come visto sopra, ha un carattere potenziale. Il segno distintivo del finito è quello di essere sempre “determinato” in un certo modo. Ma c’è un’altra parte fondamentale in questa definizione del finito, quella che sancisce che fra i diversi generi di cose non c’è influenza reciproca: un corpo non può limitare un pensiero e un pensiero non può limitare un corpo. Un pensiero e un corpo non hanno nulla in comune, cogitatio ed extensio sono generi fra loro assolutamente eterogenei. È assurdo pensare che il pensiero di una giornata piovosa sia bagnato... Se un pensiero non può limitare un corpo né un corpo limitare un pensiero, è evidente che nessun corpo può determinare un pensiero né un pensiero può determinare un corpo. Il finito, non si definisce mai in relazione all’infinito, dato che fra finito e infinito non c’è, per Spinoza, né proporzione né relazione. Dato che la nozione di finito implica quella di determinazione reciproca fra finiti ed essendo ogni determinazione una forma di negazione, l’ambito della finitezza è anche l’ambito della negazione. •

D3 - la sostanza è definita come «ciò che è in sé ed è concepito per sé», ovvero ciò che è autosufficiente quanto alla sua esistenza e non ha bisogno di altro per mezzo del quale possa essere concepito (si è parlato in proposito di «inseità ontologica e perseità concettuale»).

Il termine sostanza non può che rimandare primariamente ad Aristotele. La sostanza è “ciò che sta sotto”, immodificato e immodificabile, a tutto ciò che si può dire di una cosa. È questo il senso proprio di sostanza che Spinoza eredita dalla tradizione filosofica e a tale accezione fa subire una sottile ma decisiva distorsione. La sostanza non è soltanto ciò che è in sé, ma anche ciò che non ha bisogno di un altro concetto per essere pensata. Spinoza attribuisce alla sostanza 4 proprietà fondamentali: 1 la sostanza è increata (non ha cause) 2 è eterna (perché non riceve la sua esistenza, ma la possiede) 3 è infinita (se fosse finita allora dipenderebbe da qualche altra cosa) 4 è unica (non esistono due cose della medesima natura) Appare evidente, quindi, che la sostanza si identifichi con Dio. Per Spinoza quindi la realtà e Dio sono una sola entità, non più separati, con un Dio che trascende la realtà, ma costituenti quell’unica realtà che è la natura, vede l’universo attraverso un’ottica panteistica. La tesi centrale del pensiero di Baruch Spinoza è l'identificazione panteistica o, meglio, immanentistica di Dio con la Natura (Deus sive Natura). In che senso un concetto può, anzi, deve essere pensato per sé, senza far ricorso ad altri concetti? Il concetto “cane” può essere pensato solo con l’ausilio di altri concetti, più generali (mammifero, animale, essere vivente) ma anche più specifici (zanne, pelo, coda, ecc.). È evidente che Spinoza non intende in alcun modo la sostanza come un ente determinato. Né “cane” né “montagna” né “uomo” e via dicendo, sono sostanze nel senso spinoziano del termine, pur essendolo in quello aristotelico. Per Spinoza nessun ente particolare è sostanza. Ciò che non ha bisogno di un altro concetto per essere formato è semplicemente ciò che indica tutto ciò che c’è, l’Essere, del quale non si può dire che sé stesso. Ora, i due caratteri di essere in sé (bastare completamente a sé) ed essere concepito a partire da sé (quindi senza ricorrere ad altri concetti), non possono essere separati ed esauriscono completamente il concetto di sostanza. Il concetto più generale e forse più astratto di tutta l’Etica, è quello dell’ “essere”, considerato in quanto tale. Autonomia, indipendenza ontologica e concettuale caratterizzano la sostanza spinoziana, il cui vero significato diventa, tuttavia, chiaro solo attraverso la comprensione della sua struttura interna (gli infiniti attributi che la costituiscono e la rendono intelligibile), del rapporto con i suoi modi, delle sue proprietà (l’essere causa sui, l’unicità, l’infinità, l’eternità, l’indivisibilità). •

D4 - L'«attributo» è definito come «ciò che l'intelletto percepisce di una sostanza come costituente la sua essenza» , ovvero ciò che rende conoscibile una sostanza dandole una natura determinata;

Molto (e a sproposito) si è parlato dell’ambiguità della definizione spinoziana di attributo, in particolare sulla possibilità che esso sia una proprietà attribuita dall’intelletto alla sostanza, quindi una rappresentazione soggettiva della sostanza stessa. Sostanza e attributo sono lo stesso per Spinoza, con la precisazione che la sostanza si esprime per mezzo degli attributi. È come attributo che l’intelletto conosce la sostanza nella sua realtà essenziale. È evidente che nel rapporto sostanza-attributi è in gioco l’antica questione ontologica dell’Uno e del Molteplice: per Spinoza il “fondo” dell’essere è “uno”, la sostanza è indubitabilmente una, ma costituita da una infinita molteplicità di essenze.

Assolutamente “una” dal punto di vista dell’esistenza, assolutamente “infinita” dal punto di vista dell’essenza. L’unità della sostanza non è trascendente rispetto agli attributi, che ne sarebbero, “parti”, “divisioni”, ma è (esprime) questa stessa molteplicità, l’infinita ricchezza qualitativa ed essenziale. Ogni attributo esprime integralmente la sostanza, nel senso che complica ed esplica l’unicità senza contraddizione. Gli attributi sono fra loro ontologicamente identici, ma formalmente distinti. Con gli attributi l’intelletto pensa, coglie la cosa stessa, la sostanza, secondo un determinato aspetto, quello cui corrisponde l’essenza considerata. Perciò si può dire che la separazione dell’attributo dalla sostanza avviene solo per via astrattiva. L’attributo “costituisce” la realtà della sostanza, pertanto ne è il principio ontologico e inoltre la fa conoscere in quanto tale e ne è quindi il principio gnoseologico. Importante è non confondere l’attributo con la proprietà, dove l’attributo è concepito come essenza costitutiva di un ente, mentre la proprietà è solamente ciò che appartiene a un ente, nella misura in cui esso possiede una determinata essenza. Come vedremo, fra gli infiniti attributi della sostanza, noi ne cogliamo solo due: • l’estensione • il pensiero. Perché solo questi due e perché, tuttavia, sappiamo che sono infiniti, ce lo spiega bene Deleuze Ne conosciamo solo due perché possiamo concepire come infinite solo le qualità che inviluppiamo nella nostra essenza: il pensiero e l’estensione, dal momento che noi siamo spirito e corpo. Ma sappiamo che c’è un’infinità di attributi perché Dio ha una potenza assolutamente infinita di esistere, che non si lascia esaurire né dal pensiero né dall’estensione. (G. Deleuze, Spinoza. Philosophie pratique, cit., p. 73)

Gli attributi, sono comuni alla sostanza e ai modi: gli stessi attributi si dicono della sostanza che essi compongono e dei modi che essi contengono. •

D5 – Il modo è costituito dalle affezioni della sostanza, ossia ciò che è in altro, per il cui mezzo viene anch’esso concepito.

Oltre alla sostanza e agli attributi, vi sono i modi, le particolari specificazioni degli attributi della sostanza divina, che possono essere: •

- infiniti (modi infiniti dell’attributo infinito del pensiero sono, ad esempio, “l’intelletto infinito” e la “volontà infinita”; modi infiniti dell’attributo infinito dell’estensione sono, ad esempio, il movimento e la quiete)



- finiti (modi finiti sono le singole cose o “corpi” e le singole idee o “pensieri”) : l’attributo estensione e pensiero si determina quindi nelle singole cose e nelle singole idee di volta in volta.

Il modo è un primo approccio alla complessità del mondo. La sostanza è molteplicemente “affetta”, modificata. Il modo è una realtà, che esiste solamente in altro, non di per sé. I modi spinoziani sono le cose particolari o finite, mediante le quali gli attributi della sostanza si esprimono, e comprendendo le quali comprendiamo la sostanza. Ontologicamente, la sostanza è, non soltanto soggetto di inerenza rispetto ai modi, ma anche causa di essi. Questo intreccio di inerenza e di causalità, per cui la sostanza è causa immanente dei suoi

modi, nei quali infinitamente si esprime senza dividersi, segna con caratteri originali il rapporto tra sostanza e modi in Spinoza. I modi differiscono dalla sostanza in esistenza e in essenza e tuttavia sono prodotti in quegli stessi attributi che costituiscono l’essenza della sostanza. Quando nella sedicesima proposizione della prima parte dell’Etica Spinoza scrive che “dalla necessità della natura divina devono seguire infinite cose in infiniti modi”, ciò che il filosofo intende dire è che gli effetti sono delle cose, cioè esseri reali aventi un’esistenza e un’essenza propri, ma che non esistono al di fuori degli attributi entro i quali sono prodotti. La nozione di modo, come del resto quella di attributo, è molto complessa e il suo chiarimento, a cominciare dalla differenza fra modi infiniti e modi finiti, andrà fatto nel corso dell’analisi dell’Etica. D6 - Dio è definito come l'essere assolutamente infinito, ossia la sostanza costituita da un’infinità di attributi, ciascuno dei quali, esprime un’essenza eterna ed infinita. Spiegazione Assolutamente infinito, non infinito nel suo genere perché: di tutto ciò che è infinito soltanto nel suo genere possiamo negare un’infinità di attributi; appartiene all’essenza di ciò che è assolutamente infinito tutto ciò che esprime un’essenza e non implica alcuna negazione. •

La definizione di Dio è composta a partire dalle definizioni precedenti: sostanza, infinitezza assoluta e non finitezza nel proprio genere, infiniti attributi. Nella spiegazione Spinoza oppone l’ assolutamente infinito all’infinito nel suo genere. Un essere assolutamente infinito non racchiude nessuna negazione e questo è proprio solo di Dio (o della sostanza). L’attributo, invece, è infinito nel genere e questo significa che ogni attributo, in sé considerato, esprime, senza riserve, la piena perfezione dell’essenza che lo costituisce e solo di essa. Il pensiero (cogitatio) è uno degli infiniti attributi di Dio e, preso in sé, potrebbe far rientrare la definizione spinoziana di Dio nella tradizione (Dio come puro spirito), ma anche l’estensione (extensio) o materia appartiene all’essenza di Dio e questo rende il Dio spinoziano del tutto estraneo alla tradizione teologica. Questo Dio non ha i caratteri della persona, la sua attività non è creatrice, ma di produzione causale regolata da leggi necessarie, sì che tutto ciò che è, è necessariamente e non avrebbe potuto essere in modo diverso. Nulla di ciò che è, è dovuto alla volontà di Dio, secondo i tradizionali canoni teologici. In questa definizione emergono due problemi di cui si renderà conto nell’analisi delle prime proposizioni del De Deo. •

D7 – E’ libera la cosa che esiste per la sola necessità della sua natura, e che è determinata ad agire solamente da sé. Necessaria invece, o coatta, la cosa che è determinata da altro ad esistere e agire in una certa e determinata maniera.

Questa definizione mett...


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