Etica Nicomachea Aristotele - Riassunto PDF

Title Etica Nicomachea Aristotele - Riassunto
Author Erika Lazzini
Course Pratiche filosofiche
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
Pages 7
File Size 166.9 KB
File Type PDF
Total Downloads 51
Total Views 136

Summary

Download Etica Nicomachea Aristotele - Riassunto PDF


Description

ETICA NICOMACHEA E LA TEORIA DELL’AMICIZIA Etica nicomachea grande opera di filosofia etica di aristotele prende il nome dal padre di Aristotele Nicomaco + stesso nome di figlio di Aristotele. Opera che dedica al figlio. Opera si occupa soprattutto di virtù e felicità e ciò è sicuramente una grande dedica. E’ un inno alla virtù + è un inno all’essere felici. Felicità è possesso di virtù e vizio e ciò che vi allontana. L’Etica si interroga su una questione decisiva degli uomini cioè: Che cos’è il bene? E’ importante capire e dare definizione ad essa poichè è “il fine a cui tende l’esistenza umana” Tale bene riguarda sia la sfera della politica che quella individuale: il bene è il medesimo per il singolo e per la città = il fine della costituzione politica è il bene dei singoli. La ricerca di Aristotele che muove da natura di “cosa è il bene?” diventa poi “cosa è la felicità?” TEMA DI ETICA : FELICITA’ - QUANDO UN UOMO E’ FELICE? Aristotele dice che ci sono molte opinioni: chi dice che è ricchezza, chi piacere, chi onore. Lui dice che bene richiede sicuramente anche beni materiali ( non può essere felice chi è brutto, o di origini oscure, chi è solo o senza figli etc) Felicità etica ha a che fare con nostra vita pratica è obiettivo/fine ultimo della vita dell’uomo. Felicità non è metà di attività (nel senso di fine da raggiungere e basta!) ma è qualcosa che si accompagna a queste attività. Se una persona Nel mondo greco è la virtù a portare la felicità , dunque la felicità è una conseguenza dell’essere virtuosi. Paradigma greco ---> essere virtuosi = essere felici ---> è l’esercizio e il possesso di una sana e robusta virtù a fare la felicità dell’uomo. Tale modello sarà poi criticato da Nietzsche nell’800. ESSENZA DI FELICITA’ = AGIRE SECONDO VIRTU’ = realizzare la parte migliore di uomo che è quella razionale, quindi perfetta felicità è attività contemplativa dei sapienti. Ma non tutti possono aspirare a ciò, la maggioranza di persone deve tendere a realizzare le virtù etiche. VIRTU’ = DISPOSIZIONE DI ANIMA CHE MERITA LA LODE = DISPOSIZIONE CONTINUA E ABITUALE AD AGIRE BENE Per capire quando un uomo è felice bisogna capire quando un uomo è virtuoso -- la domanda passa a “quando un uomo è virtuoso?”. Un  uomo è virtuoso quando esercita al meglio la propria virtù specifica. es. panettiere è virtuoso quando usa al meglio delle sue capacità il pane VIRTU’ = ESERCIZIO DI ESSA (Il Panettiere che sforna in maniera virtuosa è felice) Ma domanda è quando L’UOMO è felice, non quando il panettiere è felice - e uomo è felice quando esercita al meglio la virtù/l’attività propria dell’uomo, cioè essere razionale. (TRITTICO PLATONE-SOCRATE-ARISTOTELE) L’uomo è virtuoso quando esercita al meglio l’abito che gli è proprio = essere razionale. Quando l’uomo esercita la razionalità è felice! Dunque la felicità dipende dall’esercizio dell’habitus, della virtù della condizione specifica di uomo = l’essere razionale. Virtù si dividono in due grandi tipologie:

1. Etiche: dipendono da un rapporto fra parte intellettiva e parte sensitiva dell’anima. Virtù razionali che riguardano la vita pratica dell’uomo, cioè come mi comporto, come agisco nella mia vita pratica in  mezzo agli altri uomini ( es come mi comporto in coda alle poste, sul bus, durante una partita a calcio). Esercizio della ragione nella vita pratica. = vita pratica e condotta pratica concreta di uomo = nostro vivere con altri uomini in mezzo ad altri uomini. Sono virtù da esercitare nella nostra vita associata, perchè uomo è animale sociale, non può stare solo, e se non siamo virtuosi la società politica non funziona secondo Aristotele. VIRTU’ ETICHE = CORAGGIO, LIBERALITA’, MAGNANIMITA’, AMICIZIA, GIUSTIZIA, TEMPERANZA ETC. -

il coraggio come giusto mezzo tra la viltà e la temerarietà, la temperanza come giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità, la liberalità come giusto mezzo tra avarizia e prodigalità, la magnanimità come giusto mezzo tra la vanità e l'umiltà, la mansuetudine come giusto mezzo tra l'irascibilità e l'indolenza. La virtù principale, comunque, è la giustizia a cui sarà dedicato l'intero quinto libro.

Virtù in ambito etico secondo Aristotele: -

capacità di scegliere il giusto mezzo fra due estremi, fra due eccessi il giusto mezzo = virtù etica per eccellenza (es fra essere vigliacchi ed essere temerari, il giusto mezzo è il coraggio. Uomo vigliacco è uomo che quando vede un uomo picchiato da sei persone fa finta di nulla, uomo temerario è uomo che si butta in mezzo. Ma uomo coraggioso è uomo che prende il telefono la polizia, o chiama altre persone.) Virtù etica è virtù  mediana, rispetto a noi stessi, a quello che siamo noi. Virtù come giusto mezzo cambiano in base a chi noi siamo ( es. professore, che è adulto, che vede la scena del pestaggio fra ragazzini ha giusto mezzo non solo se chiama le forze dell’ordine, ma anche se si butta in mezzo) = virtù etiche, quelle che riguardano il comportamento, sono a metà fra due estremi e tale metà dipende anche da chi noi siamo. Virtù etica superiore è quindi la GIUSTIZIA , poichè essa stessa si concretizza nella capacità di scegliere il giusto mezzo. Essa ha vari significati: rispetto di norme giuridiche + rispetto dell’uguaglianza (onori e denaro dati proporzionati ai meriti = giustizia distributiva) Figure tipiche di uomo giusto: giudice, insegnante (giusto in voti), genitore (giusto in educazione), arbitri, forze dell’ordine. Diciamo che sono ingiuste quando percepiamo che non sono in grado di essere proporzionati, capaci di saper scegliere fra due estremi e non saper applicare giustizia a vita pratica. Aristotele parla di due tipi di Giustizia (TEMA DI QUINTO LIBRO):

a) Commutativa commutare rispetto ad un comportamento una pena o un premio, è alla base dei diritti, dei  contratti. Ci  deve essere proporzione! E’ giustizia propria da rispettare nei contratti, nei commerci di beni e servizi. Pena va proporzionata, commutata: perchè se io do 3 anni di galera a chi ruba cibo e 5 a chi uccide, NON c’è giustizia commutativa reato-pena e viene  meno fiducia dei cittadini. E quando si sviluppa questo nei cittadini la giustizia viene meno.

b) Distributiva consiste nel distribuire in maniera equa qualcosa, premi, punizioni, voti es. giusto professore non è quello che sa scegliere giusto mezzo (da 0 a 10 , 5) ma che sa valutare il punto di partenza che non è per tutti uguale = io devo premiare anche la crescita . Per Aristotele essere giusto non è metà spaccata ma saper  valutare il contesto . Genitori giusti non sono quelli che trattano figli in modo uguale in ogni fase della vita, sono quelli che applicano giustizia contestualizzata a quel periodo e quei bisogni! Giustizia non si costruisce su esatta metà e perfetta proporzionalità, essa è data anche da esigenza di proporzionalità.

 2. Dianoetiche: sono collegate alle funzioni dell’anima razionale. Virtù razionali che riguardano non più la vita pratica ma quella intellettuale e intellettiva campo intellettuale da vita alle virtù dianoetiche

= riguardano l’esercizio della ragione in

= riguardano la condotta e la vita intellettiva dell’uomo - per Aristotele è la vita più alta che può condurre un uomo. Quinto grado, il più basso è dato dall’arte- techne (per lui è una virtù, mentre Platone invece la vedeva come fantasia) = virtù tecniche perchè se io sono un artigiano applico delle conoscenze intellettive nel processo per fare qualcosa = sono un virtuoso della tecnica. Le conoscenze intellettive tecniche sono quinto grado. Quarto grado saggio. Saggio e sapiente per Aristotele non coincidono, sono gradi conoscitivi diversi (mentre per Platone il sapiente, avendo conosciuto il sole - la verità - nel mito della caverna ed essendo poi ridisceso sotto,e avendola condivisa con gli altri allora è saggio). Saggio è colui che conosce la virtù etica del giusto mezzo e la sa applicare - sono saggio per me e devo esserlo anche nell’insegnarlo gli altri, nel rapportarmi agli altri. Terzo grado di conoscenza = intelligenza è quella che coglie i principi primi, capacità di cogliere ad esempio le formule matematiche e di applicarle = conoscenza astratta + capacità di concretizzare quella conoscenza nella risoluzione dei problemi adesso. Secondo grado di conoscenza= Scienza NON solo ha capacità di riconoscere i principi primi, ma DEDUCE i principi primi e sa effettuare le dimostrazioni. Quindi: persone intelligente è persona che data una formula la sa applicare - la persona scienziata è colui che la formula, l’ha dedotta, l’ha dimostrata. E dunque è colui che effettua le dimostrazioni > di chi applica e basta Primo grado di conoscenza = sapienza  sapiente è colui che è scienziato - conosce i principi e le dimostrazioni - li domina pienamente e studia le realtà più alte e sublimi = non solo le sostanze naturali e materiali (vita, biologia, astrologia) ma studia anche la sostanza prima, Dio, il motore immobile - il fine a cui tutto tende. Sapiente è colui che coglie il principio primo dell’universo =Dio, causa prima e causa ultima - atto puro, forma pura = pensiero che pensa se stesso in modo da essere immobile ed essere così la causa prima e ultima. La Sapienza è la più elevate tra le attività teoretiche dell’uomo (ci permette di

conoscere i principi primi delle cose e delle scienze e concorre alla formazione in noi di una disposizione, di un habitus, che ci permette di capire le cause della realtà) VS la Saggezza ha il compito di orientarci nella vita e di guidare il comportamento morale/l’azione in due modi : aiutando a calcolare il giusto mezzo in ogni circostanza + scelta dei mezzi più idonei



In OTTAVO LIBRO Aristotele parla dell’AMICIZIA (inno ad amicizia ed inno a amore.)

Aristotele vede l’uomo come un animale sociale = non vive da solo ma realizza se stesso nel rapporto con gli altri. E’ nell’amicizia che egli raggiunge la felicità attraverso la virtù. Amicizia è una virtù o si accompagna alla virtù! Di certo è essenziale per vita. Chi può vivere una vita senza amici? = amicizia rende la vita degna di essere vissuta. Quindi amicizia NON è un atto momentaneo o impulsivo ma una disposizione permanente dell’anima e ha bisogno di tempi lunghi per potersi consolidare. Universale bisogno di amicizia che riguarda TUTTI gli uomini Amicizia è incontro costante NON è solo negli uomini, è amicizia/legame fra tutti. Lui parla di amicizia in adulti ricchi e poveri; ricchi, senza amici non sanno con chi condividere e avrebbero paura che altri gli portassero via loro ricchezze - poveri, non posso vivere senza amicizia perchè senno sarebbero soli e isolati. Per questo Aristotele sostiene che amicizia sia essenziale anche per la vita della città: perchè quando le persone si amano con amicizia allora è assicurata la concordia della vita cittadina. Amicizia è necessaria ma anche bella e piacevole. Aristotele definisce TRE TIPI DI AMICIZIA in base ai tre possibili motivi che la originano: 1. Amicizia fondata su utile - è quella di persone anziane = fine esterno ad amicizia esterna, cioè noi ci uniamo perchè abbiamo un’utilità (es. stiamo insieme oggi perchè lui sa inglese e io matematica e scambiamo nostre conoscenze, ). Non siamo persone che non si conoscono, ma ciò che ci porta a passare il tempo insieme è l’utilità. 2. Amicizia fondata sul piacere - è quella dei giovani = noi passiamo del tempo insieme/ci uniamo per la piacevolezza, noi non stiamo insieme per i valori etc. ma perchè a tutti e due ci piace ballare, andare al cinema etc. . E’ piacere del cinema che ci spinge a stare insieme, finito tale piacere noi magari non ci vediamo più. QUESTI DUE TIPI DI AMICIZIE SONO SOGGETTE AL TEMPO - PASSEGGERE E TEMPORANEE MA SONO AMICIZIE MOLTO IMPORTANTI, FINE DI AMICIZIA E’ ESTERNO(anziano: se non mi serve più imparare inglese non ci sentiamo più; giovane; se cambi/cambio gusti non ci sentiamo più). 3. Amicizia fondata sul bene = io sono suo amico perchè voglio il suo bene, amicizia meno soggetta a tempo e più duratura. Il fine dell’amicizia NON è esterno (l’utile e il piacere) ma è interno è bene suo e bene mio con lui . Questa amicizia è bella perchè è disinteressata, per questo amicizia fra uomo e donna per Aristotele sono molto difficili perchè c’è elemento piacere e sessualità che può togliere gratuità di amicizia. Tale amicizia è sia utile e piacevole, che buona e virtuosa. Anche lontananza non è buon terreno per amicizia, perchè essa ha bisogno di essere coltivata nel tempo e nello spazio, altrimenti si indebolice. Amicizia è difficile da stabilire fra i vecchi, che sono acidi, e i giovani, che raramente raggiungono la vera intimità, sono volubili. NEL LIBRO NOVE Aristotele parla di amore e emerge una difficoltà circa l’amore per sè stessi, o l’essere amici di sè stessi. E’ da considerare un egoismo? C’è un equivoco nell’uso del termine: da una parte è condannabile; dall’altro è uomo virtuoso quello che ama sè stesso. Questo perchè di solito viene associato a brama di ori e ricchezze, mentre invece chi vuole per sè le virtù o il bene

morale è un egoista in senso positivo = vuole bene veramente a sè stesso e a parte razionale e virtuosa di sè. L’uomo felice ha tutti i doni spirituali ma ha bisogno di amici, e condivisione di sua attività filosofica e ricerca di verità rende sua felicità ancora più perfetta.

LIBRO I I primi due libri dell'Etica e capp. 1-6 del terzo sono dedicati a definire l'oggetto della ricerca morale che è il bene dell'uomo, inteso non astrattamente, ma come il massimo dei beni che si può acquisire e realizzare attraverso l'azione. Per Aristotele l'etica è una scienza eminentemente pratica e in essa il sapere deve essere finalizzato all'agire. In questo senso, radicale è la critica rivolta a Platone, che considera ontologicamente il bene come Idea suprema e, come tale, inattingibile dall'uomo. E il sommo bene a cui ogni individuo tende è la felicità (eudaimonia). Ciascuno, però, l'intende a suo modo: chi la ripone nel piacere (edonh) e nel godimento; chi nella ricchezza; chi nell'onore, chi, invece, nella vita contemplativa (bioV qeorhtikoV). Ma il vero bene, e con esso la vera felicità è qualcosa di perfetto, termine ultimo a cui si richiamano tutte le determinazioni particolari: "Ciò che è sufficiente in se stesso è ciò che, pur essendo da solo, rende la vita sceglibile e non bisognosa di nulla; ora, una cosa di questo genere noi riteniamo che è la felicità" , la quale consiste in "un'attività dell'anima razionale secondo virtù e, se le virtù sono molteplici, secondo la più eccellente e la perfetta" . Dalla felicità l'indagine si sposta quindi alla virtù. Un'importante distinzione viene fatta, nell'ambito delle virtù umane, tra le virtù dianoetiche, che sono proprie della parte intellettuale dell'anima, e le virtù etiche che corrispondono alla parte appetitiva dell'anima, in quanto guidata dalla ragione.

LIBRO II Nel secondo libro Aristotele si sofferma a esaminare la natura di tali virtù: esse le virtù sono del carattere e derivano dall'abitudine, da cui hanno tratto anche il nome ("etiche" da hqoV) e non si possiedono per natura, anche se per natura l'uomo ha la capacità di acquisirle, e si determinano soltanto in base ad una serie azioni di una certa qualità; esse consistono nella "disposizione a scegliere il "giusto mezzo" adeguato alla nostra natura, quale è determinato dalla ragione, e quale potrebbe determinarlo il saggio" . Il giusto mezzo si trova tra due estremi, di cui uno è vizioso per eccesso e l'altro per difetto, cosicché, nel passare ad enumerare le singole virtù Aristotele considera: ●

il coraggio come giusto mezzo tra la viltà e la temerarietà,



la temperanza come giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità,



la liberalità come giusto mezzo tra avarizia e prodigalità,



la magnanimità come giusto mezzo tra la vanità e l'umiltà,



la mansuetudine come giusto mezzo tra l'irascibilità e l'indolenza.



La virtù principale, comunque, è la giustizia a cui sarà dedicato l'intero quinto libro.

LIBRO III Il terzo libro concerne l’atto pratico, al fine di definire la volontarietà e l'involontarietà dell'azione: "Poiché involontario è ciò che si compie per costrizione e per ignoranza, si converrà che volontario è ciò il cui principio risiede nel soggetto, il quale conosce le condizioni particolari in cui si svolge l'azione" . E' chiaro, quindi, come per Aristotele la virtù e la malvagità dipendono soltanto dall'individuo, il quale è libero di scegliere in quanto "è il principio e il padre dei suoi atti come dei suoi figli" .

LIBRO IV Il libro quarto è dedicato all'esame di particolari virtù etiche, già enumerate nel secondo libro.

LIBRO V Il libro quinto tratta della giustizia, la virtù intera e perfetta: "La giustizia è la virtù più efficace, e né la stella della sera, né quella del mattino sono cosi meravigliose, e citando il proverbio diciamo:Nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola. Ed è una virtù perfetta al più alto grado perché chi la possiede è in grado di usare la virtù anche verso gli altri e non soltanto verso se stesso" . Esiste una giustizia distributiva a cui compete di dispensare onori o altri beni agli appartenenti alla stessa comunità secondo i meriti di ciascuno, ed essa è simile ad una proposizione geometrica in quanto le ricompense e gli onori distribuiti a due individui stanno in rapporto tra di loro, come i rispettivi meriti di costoro. Esiste poi una giustizia correttiva simile ad una proposizione aritmetica, il cui compito è di pareggiare i vantaggi e gli svantaggi nei rapporti contrattuali tra gli uomini sia volontari che involontari. Sulla giustizia è fondato, inoltre, il diritto che Aristotele distingue in diritto privato e diritto pubblico, a sua volta distinto in diritto legittimo, che è quello fissato dalle leggi vigenti nei vari stati, e in diritto naturale, che è il migliore in quanto è "ciò che ha la stessa forza dappertutto ed è indipendente dalla diversità delle opinioni" . Viene, poi, definita l'equità, la cui natura "è la rettificazione della legge là dove si rivela insufficiente per il suo carattere universale" ; cosicché il giusto e l'equo sono la stessa cosa in quanto l'equo è superiore non al giusto in sé, ma al giusto formulato dalla legge, che nella sua universalità è soggetta all'errore. LIBRO VI Il sesto libro contiene la trattazione delle virtù dianoetiche, che sono proprie dell'anima razionale. Esse sono la scienza, l'arte, la saggezza, l'intelligenza, la sapienza. La scienza  (episthmh) è "una disposizione che dirige la dimostrazione" ed ha per oggetto ciò che non può essere diversamente da quello che è, vale a dire il necessario e l'eterno; l'arte (tecnh) è "una disposizione accompagnata da ragionamento vero che dirige il produrre" ed è diversa, pertanto, dalla disposizione che dirige l'agire, in cui consiste la saggezza, che è definita "come l'abito pratico razionale che concerne ciò che è bene o male per l'uomo" ed ha una natura mutevole al pari dell'uomo; l'intelligenza è un abito razionale che ha la facoltà di intuire i principi primi di tutte le scienze, nonché i "termini ultimi" , i fini, cioè, a cui deve indirizzarsi l'azione, e insieme con la scienza costituisce la sapienza  (sofia), che è il grado più elevato e universale del sapere, in quanto è "insieme scienza e intelligenza delle cose più alte per natura" e, come tale, è ben distinto dalla saggezza. LIBRO VII Il settimo libro tratta della temperanza e dell'intemperanza, della fermezza di carattere e della mollezza, e in ultimo, del piacere, definito "l'atto di un abito che è conforme a natura" . In questo senso il piacere, come disposizione libera e costante, svincolata dalla sensibilità, rappresenta il fondamento della felicità. LIBRI VIII e IX

L'ottavo e il nono libro sono dedicati all'amicizia, che Aristotele considera "una cosa non soltanto necessaria, ma anche bella" , in quanto "nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se fosse provvisto in abbondanza di tutti gli altri beni" : "L'amiciz...


Similar Free PDFs