Riassunto-LA- Sfida- Delle- Migrazioni- Cesareo PDF

Title Riassunto-LA- Sfida- Delle- Migrazioni- Cesareo
Course Sociologia
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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LA SFIDA DELLE MIGRAZIONI Capitolo 1 : uno sguardo insieme Mobilità umana Nel corso dei millenni fino ad oggi le cause che hanno spinto uomini e donne a migrare non sono cambiate. Nel più lontano passato, all’epoca delle glaciazioni, i fattori climatici rappresentarono la causa esclusiva degli spostamenti degli esseri umani impegnati in una vera e propria lotta per la sopravvivenza. Successivamente la stabilizzazione del clima rese possibile una maggiore stanzialità con la creazione dei primi villaggi migliorando le ragioni economiche e demografiche. Una svolta fu data dallo sviluppo delle conoscenze in particolare quelle geografiche e dalle innovazioni, tra cui la nave a vapore che facilità gli spostamenti. Già a partire dal XVI secolo, marinai , commercianti, agricoltori e uomini in cerca di fortuna lasciarono il continente europeo per raggiungere le Americhe, l’Asia, l’Africa e l’Oceania. Ma fu alla fine dell’ottocento che si registrò una forte accelerazione della colonizzazioni di nuovi territori in Africa e Asia da parte delle potenze europee. I processi di colonizzazione possono essere considerati una forma organizzata di immigrazione e ne furono alla base ragioni economiche, politiche ,ideologiche e culturali. La tratta degli schiavi comportò lo spostamento forzato e disumani di persone : praticata in Europa a partire dal XI secolo, la schiavitù assunse caratteristiche differenti e specifiche, quando prese avvio il commercio di uomini tra Africa e Americhe. Le prime spinte verso l’abolizione della tratta degli schiavi sono ravvisabili a inizio ottocento anche grazie a basi culturali poste dall’Illuminismo e dall’impegno della chiesa. Importante è distinguere tra migrazioni volontario, in cui protagonisti sono uomini e donne che scelgono per ragioni economiche o familiari di spostarsi, e migrazioni forzate che, ben lungi dal rappresentare un fenomeno esclusivamente legato al passato. La situazione globale cambiò con le due guerre mondiali, periodo caratterizzato da stagnazione economico e dalla diffusione di tendenze xenofobe. Furante quegli anni molti migranti tornarono in patria per prendere parte alla guerra e per contribuire al lavoro nelle fabbriche belliche. Contemporaneamente si diffuse ostilità nei confronti degli stranieri. Da questo sguardo complessivo sulla mobilità umana è possibili identificare alcune caratteristiche e dimensioni delle migrazioni internazionali: 1) dimensione storica : gli spostamenti di persone hanno avuto un ruolo decisivo in alcune epoche . processi quali l’industrializzazione. La composizione delle nostre società oggi è l’esito di migrazioni avvenute nei secoli precedenti che hanno influenzato gli sviluppi del mondo contemporaneo. 2) Dimensione geografica : i flussi migratori hanno riguardato tutti i continenti dall’Africa all’Europa, dalle Americhe all’Oceania e all’Asia. 3) Le migrazioni sono processi nei quali entrano in gioco molteplici fattori ( economici, politici, culturali e sociali) per cui discipline differenti (sociologia, demografia, politica..) sono chiamate a contribuire all’analisi di approcci in grado di fornire prospettive teoriche e metodologiche.

4) Alcune importanti cause delle migrazioni siano costanti nel corso di tutta la storia, le scoperte scientifiche, geografiche e le innovazioni tecnologiche hanno giocato un ruolo centrale ( nave a vapore, apertura del canale di Suez). 5) È possibile distinguere tra migrazioni volontario o forzate, temporanee o permanenti, regolari o irregolari. -volontarie o forzate, sono state accennate prima. -temporanee o permanenti: i progetti migratori portano con se delle aspettative. Spesso sono pensati come temporanei ( raccogliere una certa somma di denaro per poi rientrare nel proprio paese ) o al contrario permanenti. -regolari o irregolari: bisogna fare riferimento al quadro giuridico e alle norme che regolano l’ingresso e la permanenza degli stranieri. Molti stranieri presenti oggi in Italia con uno status regolare sono stati in passato migranti irregolari. Cause delle migrazioni Tra le cause principali delle migrazioni troviamo la povertà in senso ampio ( carestie, siccità, malattie), le evoluzioni demografiche, le guerre, le persecuzioni, il mutare delle condizioni economiche, il miraggio di nuove terre da raggiungere. Alcune forme di mobilità umana, come ad esempio il colonialismo, non solo sono tipiche di un preciso periodo storico, ma arrivano addirittura a definirlo. Un altro esempio di mobilità umana storicamente situata, legata all’industrializzazzione, è il surplus demografico che spinge le persone a muoversi dalle zone rurarli verso la città, o ancra, dai paesi meno sviluppati a quelli più sviluppati. Le cause economiche possono essere considerate le più ricorrenti. La loro individuazione e la loro analisi fanno capo a discipline economiche che hanno sviluppato diverse teorie a partire da quelle del push- pull, cioè di espulsione e attrazione, che spongono le persone a partire dal proprio paese di origine perché attratte dai paesi di approgo, ritenuti in grado di offrire migliori condizioni di vita. Tra i fattori push troviamo la repressione politica, scarsità di lavoro, la povertà; tra i fattori pull troviamo libertà politica, domanda di lavoro, opportunità di mobilità sociale. L’inserimento nella società di arrivo Importante è interrogarsi sulle dinamiche di inserimento e di integrazione sociale. Le sfide che coinvolgono i paesi di destinazioni sono tante: attivazione di politiche di gestione dei flussi migratori, i paesi di approdo sono chiamati a fornire servizi di accoglienza o di pronto emergenza, approntare politiche sociali di inserimento e integrazione per i migranti che concernano programmi di alfabetizzazione linguistica e civica. Un nodo critico riguarda nella difficoltà di realizzare un’integrazione che assicuri sia il riconoscimento delle differenze culturali di cui i migranti sono portatori, e sia il mantenimento di un sufficiente grado di coesione sociale all’interno delle società di accoglienza. Molti fattori influenzano questo processo tra cui, l’orientamento della cultura maggioritaria, l’atteggiamento dei migranti, lo status socio-economico di questi ultimi.

L’orientamento della cultura maggioritaria può configurarsi come assimilazionista o come pluralista. Nel primo caso la disponibilità ad accogliere il migrante è subordinata al fatto che costui accetti di adeguarsi alla cultura prevalente. A sua volta l’orientamento pluralista si divide in : pluralista culturale, quando i valori e i comportamenti di una cultura minoritaria sono accettati nella misura in cui essi rimangano confinanti alla sfera privata; e multiculturalismo, se la cultura minoritaria può manifestarsi pubblicamente. L’atteggiamento dei migranti può essere invece definito acculturalista, se costoro sono disposti ad acquisire in buona parte i modelli culturali del paese di approdo. Molto importante è anche lo status socio-economico. Le ricerche empiriche confermano che il grado di integrazione aumenta nella misura in cui migliora lo status socio-economico degli immigrati e viceversa. In cosa consiste l’integrazione? Qual è il modello auspicabile? Per il primo quesito è possibile distinguere tre elementi che contraddistinguono l’integrazione : il primo riguarda la dimensione temporale, nel senso che l’integrazione è un processo lungo e richiede tempo; in secondo luogo l’integrazione è sempre multidimensionale, riguarda cioè diverse sfere della vita del migrante; in terzo luogo l’integrazione è sempre bidirezionale cioè coinvolge sia il cittadino straniero e sia quello autoctono. Il secondo interrogativo è quello più complesso. Parlare di “buona integrazione” si rifà a tre criteri: 1) il primo criterio si basa sulla dichiarazione universale dei diriti umani secondo cui tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti e devono agire con spirito di fratellanza. 2) Il secondo criterio consiste nella promozione del rispetto reciproco tra migranti e autoctoni. 3) Il terzo criterio concerne l’adesione ai principi democratici che comportano la tutela e garanzia della dignità della persona. Perciò l’integrazione può essere definita come quel processo multidimensionale finalizzato alla pacifica convivenza, entro una determinata realtà storico culturale e sociale, tra individui o gruppi di individuo culturalmente ed etnicamente differenti, fondato sul reciproco rispetto delle diversità etno-culturali, a condizione che queste non ledano i diritti umani fondamenti e non mettano a rischio le istituzioni democratiche. Oltre a essere l’era delle migrazioni , quella contemporanea è anche l’era della multietnicità. La multietnicità è definibile come una situazione di compresenza in un determinato spazio fisico e relazionale di diversi gruppi etnici portatori di differenti patrimoni culturali. Tali gruppi sono fondati sulla credenza di una comunanza di origine, reale o presunta, che ha costituito e continua a costituire l’elemento qualificante dell’etnicità, insieme ad alcuni tratti distintivi quali un nome, dei miti, una storia.

Capitolo 2 : il caso italiano Un breve excursus storico

le informazioni riguardanti le migrazioni sono attendibili sono dopo il censimento del 1871. Nel corso di quel secolo i movimenti migratori europei intracontinentali non rappresentavano ancora un fenomeno rilevano, soprattutto se confrontati con quelli intercontinentali. Infatti la fase della grande espansione delle migrazioni avvenuta nell’Ottocento riguardava flussi che a partire dai paesi anglosassoni, dalla Francia, Germania, avevano come destinazione le Americhe e i movimenti riguardavano perlopiù forza-lavoro. Dal 1860 il fenomeno migratorio ha assunto un certo rilievo anche in Italia: inizialmente i flussi partirono dalla Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto; successivamente hanno riguardato anche il meridione in particolare Calabria, Puglia, Campania e Sicilia. L’emigrazione italiana presenta alcune peculiarità: in primo luogo ha preso avvio in un momento successivo rispetto a quello che ha interessato le popolazioni anglosassioni e tedesche. In secondo luogo essa ha registrato il suo apice tra il 1900 e il 1914, periodo di espansione economica in Italia. A cavallo tra le due guerre mondiali si è verificato un declino dei flussi per motivi socio-economici. Nei decenni successi alla secondo guerra, le emigrazioni del nostro continente hanno assunto nuove caratteristiche: accanto alle tradizionali mete quali America, se ne affiancarono nuove come Australia, Venezuela ed Israele. Importante è anche segnalare il fenomeno delle migrazioni interne in Italia: tra gli anni ’50 e ’60, insieme al Boom economico, numerosi migranti si trasferirono al nord dal mezzogiorno. L’aspetto pià interessante è che le persone coinvolte non lasciarono la propria regione d’origine per motivi solo economici, ma anche spinti dalla voglia di migliori condizioni di vita, una migliore società. Si attuò quello che sociologicamente parlando viene definita come socializzazione anticipatoria, che si verifica quando una persona ancora prima di lasciare la propria terra, non si sente più in sintonia con la cultura della località in cui ha vissuto. A partire dal 1973 si verificò un’inversione di tendenza significativa: per la prima volta le anagrafi nazionali registrarono un saldo migratorio positivo che ha trasformato l’Italia da un paese di emigrazione ad un paese di immigrazione. La prima immigrazione di massa si verificò nel 1991 con la caduta del regime comunista in Albania, la crisi economica che colpì quel paese, provocarono un grande esodo. Oltre all’invasione albanese ci fu nel 2007 quella rumena. Le politiche La crescita di flussi migratori verso il nostro paese ha comportato l’adozione di specifici provvedimenti legislativi. Il primo intervento finalizzato a regolamentare i flussi risale al 1986 con la legge n. 943 che contiene alcuni principi generali quali la parità dei diritti tra lavoratori italiani e stranieri, l’eccesso garantito ai servizi sociali e sanitari, la salvaguardia dell’identità culturale. Nel 1990 venne approvata la legge Martelli che tentò di disciplinare in modo organico le migrazioni introducendo regole di ingresso e di soggiorno degli stranieri, il diritto di asilo. Fu elaborato anche il Turco- Napolitano che disciplinava la programmazione dei flussi di ingresso, le modalità per ottenere la carta di soggiorno, la tutela della famiglia. Quest’ultimo nel 2002 è stato sostituito con il Bossi-Fini. Nel 2009 fu elaborato il Pacchetto sicurezza che prevede la sottoscrizione di un accordo di integrazione, secondo cui tutti i cittadini stranieri di età superiore ai 16 anni devono stipulare un accordo con lo stato italiano.

L’analisi dell’integrazione L’analisi può essere affrontata a livello macro, cioè concentrando l’attenzione sugli aspetti delle politiche adottate nei confronti degli immigrati, sulle condizioni strutturali e culturali e anche a livelli micro, se si pone al centro dell’attenzione la persona immigrata analizzandone il vissuto nel percorso dell’integrazione. Gli aspetti macro vanno distinti in strutturali e culturali. Un fattore strutturale va colto nell’entità dei flussi congiuntamente alla durata degli stessi poiché quanto più essi sono consistenti e avvengono in tempi brevi, tanto più problematici risultano i processi di integrazione. Un altro fattore lo troviamo nella desità di presenza immigrata. È dimostrato che al crescere di quest’ultima diminuisce il livello di integrazione. Altri ostacoli di natura culturale sono il pregiudizio etnico. Capitolo 3: globalizzazione e transnazionalismo Globalizzazione e fenomeni migratori La globalizzazione è un concetto fondamentale per analizzare e comprendere gran parte dei fenomeni sociali contemporanei. Per globalizzazione si intende la profonda interdipendenza dei processi economici, politici e culturali che si sviluppano in regioni del mondo anche fisicamente molto distanti fra loro. In tal senso un elemento caratterizzante è la quantità dei flussi di varia natura che attraversano il nostro pianeta. Il transnazionalismo è invece una chiave interpretativa dei fenomeni migratori ed è anche una connotazione specifica assunta da questi ultimi. Quest’ultimo non è altro che l’esito reso possibile dalla trasformazione tecnologica. L’affermarsi del concetto di transnazionalismo nello studio delle migrazione deriva dalla constatazione che oggi la migrazione non implica più necessariamente una rottura radiale. Quando un migrante lascia fisicamente la propria terra di origine non è detto che esca del tutto dalla società in cui ha vissuto. Ci sono oggi molti modi attraverso i quali, nonostante la lontananza fisica, egli può continuare a vivere al suo interno: voli low-cost, strumenti tecnologici, internet. Da qui nasce una nuova figura del migrante ovvero il transmigrante, ossia una figura caratterizzata dalla partecipazione simultanea ad entrambi i poli del movimento migratorio, un soggetto cioè che si trova a vivere simultaneamente in due società differenti. Di conseguenza il transnazionalismo presuppone una doppia integrazione che si realizza sia nella società di origine che nella società di residenza.

Pregiudizi e stereotipi Il pregiudizio consiste in un atteggiamento spesso negativo nei confronti di un intero gruppo sociale, è un modo di pensare male degli altri senza una ragione sufficiente.

Lo stereotipo rappresenta l’associazione rigida tra l’appartenenza a un determinato gruppo sociale e una sua specifica caratteristica, per esempio un comportamento o una qualità. Mentre il pregiudizio si riferisce ad una valutazione negativa di un intero gruppo, lo stereotipo consiste nell’attribuzione rigida di una caratteristica di un gruppo. Per esempio una persona che afferma “ non mi piacciono i rumeni” esprime un pregiudizio, se invece afferma “ i rumeni sono delinquenti” esprime uno stereotipo. Entrambi non derivano da un’interazione diretta facci a a faccia, ma è il prodotto dell’apprendimento della cultura d’appartenenza. Il pregiudizio si esprime in diverse forme e una delle più diffuse è quella della distanza sociale. I pregiudizi e gli stereotipi non sono le uniche forme di atteggiamento negativo ma esistono anche stigma, quando cioè una società manifesta profondo discredito di un determinato gruppo. A questi concetti si collega il concetto di discriminazione, che riguarda gli effetti concreti del pregiudizio, dello stereotipo e dello stigma, che genera disuguaglianze sociali. L’evoluzione degli atteggiamenti degli italiani nei confronti degli immigrati Per quanto riguarda il triennio 1970-2000 è possibile individuare diverse fasi storiche: 1) quella della neutralità, riguarda gli anni ’70 in cui lo straniero stimola curiosità; 2) dell’inconsapevolezza, anni ’80, periodo in cui l’immigrazione inizia a diventare un fenomeno non più trascurabile, dove lo straniero viene visto come un potenziale pericolo; 3) quella dell’emergenza, che inizia nel 1986 con l’approvazione della legge 943, in cui lo straniero viene percepito come colui che con la sua presnza compromette equilibri sociali ed economici; 4) quella dell’etichettamento, anni ’90, in cui lo straniero da problema sociale diventa un problema di ordine pubblico: non solo indesiderato ma anche pericoloso. Arrivando al primo decennio del nuovo secolo, esso è stato caratterizzato da diversi avvenimenti che hanno concorso a orientare le opinioni e gli atteggiamenti degli italiani. Tra i più rilevanti troviamo il crollo delle torri gemelle nel 2001, la guerra in Iraq, gli attentati compiuti in Europa dagli estremisti, la crisi economica. Gli italiani manifestano una crescente apertura nei confronti degli immigrati ma dal 2008 l’andamento si è modificato suscitando timori e ansie nei confronti degli stranieri.

Migrazioni: problema o risorsa? Le migrazioni costituiscono in primo luogo una sfida per colui che migra: l’esperienza individuale di migrante in un nuovo paese può portare con se opportunità ed occasioni in termini per esempio lavorativi, ma presentare allo stesso tempo delle difficoltà, come per esempio pregiudizi.

Una seconda sfida è quella che il paese di origine si trova ad affrontare : se da un lato le rimesse dei migranti ( economiche, sociali) sono un vantaggio, dall’altro lato vi è il fenomeno della fuga dei cervelli che comporta gravi perdite per il paese d’origine. Il venir meno di personale qualificato che per varie ragioni sceglie di trasferirsi in un altro paese, ha ripercussioni in termini di stagnazione economica, spreco di fondi pubblici per l’istruzione. La terza sfida riguarda il paese ricevente: la società di arrivo gioca un ruolo importante nel successo o meno del percorso di inserimento dei migranti. Infatti i contesti nazionali, regionali e locali delineano le chances del migrante di essere incluso o escluso. A tale riguardo si richiama il ruolo della struttura politica che in termini di diritti di cittadinanza, determina la possibilità o meno di un migrante di partecipare al contesto politico e societario in cui si ritrova. A ciò si aggiunge l’apertura delle istituzioni, delle organizzazioni, dei sindacati e dei partiti politici. Le sfide poste dall’arrivo dei migranti si riflettono su diversi piani: 1) politico: emerge la questione di quali diritti concedere ai nuovi arrivati, basti pensare al dibattito sulla concessione della cittadinanza; 2) economico: nel corso della storia i migranti hanno rappresentato una risorsa fondamentale per lo sviluppo di alcuni paesi per esempio durante la rivoluzione industriale. In altre fasi storiche invece la loro mobilità è stata osteggiata e limitata anche a seguito di momenti di stagnazione e cambiamenti economici dei paesi che necessitavano manodopera; 3) culturale : il contatto tra culture se pur difficoltoso porta ad un arricchimento e induce a pensare alla propria identità. Alla luce di questo si possono identificare due tipi di prospettive che il paese ricevente può assumere nei contri dei migranti: da un lato la prospettiva dell’accoglienza, che si basa su principi di solidarietà umana, dall’altro lato la prospettiva della convenienza, centrata sulle esigenze dello stato nazione. Conclusione La vera sfida è quella di conciliare queste due serie di istanze: da una parte quelle dello stato che il compito di garantire sicu...


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