Riassunto Sociologia delle migrazioni, 2020, Il Mulino, Ambrosini PDF

Title Riassunto Sociologia delle migrazioni, 2020, Il Mulino, Ambrosini
Course Dinamiche e politiche dell'immigrazione
Institution Università degli Studi di Torino
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LEZIONI DINAMICHE E POLITICHE DELL’IMMIGRAZIONELez. 23.Sociologia dell’immigrazione e studio dei fenomeni migratori che si sta consolidando nel nostro paese negli ultimi anni. Definizione inglese: “Sociology of immigration” ne sottolinea la cultura, le etnie le strutture sociali, le politiche econom...


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LEZIONI DINAMICHE E POLITICHE DELL’IMMIGRAZIONE Lez. 23.02.2021 Sociologia dell’immigrazione e studio dei fenomeni migratori che si sta consolidando nel nostro paese negli ultimi anni. Definizione inglese: “Sociology of immigration” ne sottolinea la cultura, le etnie le strutture sociali, le politiche economiche, i processi di assimilazione, di adattamento. A seconda dei punti divista possiamo parlare di più o meno nuova emersione del fenomeno. In Italia, questo, è abbastanza recente. Cosa si intende con approccio sociologico e politologico nello studio delle immigrazioni? Chi lavora con l’immigrazione ha una prospettiva a livello di coinvolgimento, chi se ne occupa a livello di policy (es. lavorando in servizi/uffici che si occupano del fenomeno) si parte da una raccolta di dati e di esperienze affrontate quotidianamente. INVECE, la visione sociologica e politologica parte A DISTANZA. Mettersi in comunicazione con chi si è già occupato in precedenza del fenomeno; il ricercatore dovrebbe andare oltre l’esperienza concreta e dovrebbe chiedersi come quell’esperienza concreta che sta osservando si inserisce all’interno di altri problemi e questioni affrontati già da altri studiosi ma soprattutto la questione del METODO (come ci si approccia ad una certa questione). BISOGNA AVERE MAGGIORE DISTANZA RISPETTO ALL’OGGETTO OSSERVATO. Lez. 24.02.2021 - CONCETTI BASE -

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IMMIGRATO: utilizzo del termine dipende dal punto di vista in cui ci si pone. EMIGRATO  colui che parte e lascia un paese. IMMIGRATO  colui che arriva. In concreto sono la stessa persona ma cambia il punto di vista di chi guarda. Si può usare o uno o l’altro termine anche per dinamiche INTERNE (es. “emigrazione” nei risultati dell’anagrafe per chi si sposta da un comune all’altro). SOCIETA’ DI ORIGINE/SOCIETA’ RICEVENTI O DI ACCOGLIENZA: Il primo è “da dove arriva”, il secondo “dove approda”. MIGRANTE vuole indicare un dualismo ovvero il fatto che i soggetti coinvolti nel processo migratorio sono al tempo stesso sia emigrati sia migranti. È UNA CONDIZIONE FLUIDA, IN DIVENIRE (si trova in un processo migratorio che implica allo stesso tempo sia la società di origine – perché lì ha lasciato famiglia di origine, figli – sia la società ove vive attualmente – attività lavorativa, attività sociali nel contesto di accoglienza-. MIGRANTE NON E’ UNO STATO FISSO MA FLUIDO. TRANSMIGRANTE: (imposto soprattutto nella letteratura antropologica degli anni 2000 in poi) vuole sottolineare ancora di più questa condizione di fluidità. Si è sempre nel mezzo tra i diversi contesti. Questa persona mantiene relazioni con tutti questi contesti con cui entra in relazione. Le trasnmigrazione sono le RETI che vengono tessute tra i vari contesti attraverso le biografie dei migranti (es. dopoguerra e migrazione dei giovani verso altro stati con cui comunque si mantiene una relazione e si viaggia). È importante non fermarsi al dato PARTENZA-INGRESSO ma si prendono in considerazione LE RETI. IMMIGRATO varia a seconda dei contesti giuridici, delle vicende storiche, delle contingenze politiche. Non è detto che gli immigrati di un certo periodo vengano considerati tali anche in periodo storici successivi. ES. paesi d’oltremare, colonie USA, le persone che si sono stabilite in questi contesti a lungo sono stati chiamati Coloni più che immigrati perché non c’era una legislazione che ne limitava o ne definiva in maniera precisa i criteri. Chi voleva partire poteva ed era il benvenuto. Oggi, invece, negli stessi paesi vi sono margini di ingresso più stringenti. Tra gli stati stessi, con ordinamenti giuridici differenti, cambia anche la visione e il trattamento degli stranieri. Diverse definizioni di immigrato incidono sul conteggio degli immigrati stessi e rendono le statistiche difficilmente comparabili tra di loro. Le statistiche comparate tra i vari stati sono poco equiparabili perché sulla voce straniero, in Italia e Germania ne risulteranno sicuramente di più in quanto è più articolata la burocrazia che porta all’acquisto della cittadinanza, rispetto ad un paese come la Francia, con cui si ottiene velocemente e con meno vincoli. DEFINIZIONE CONVENZIONALE DELLE NAZIONI UNITE DI IMMIGRATO  PERSONA CHE SI E’ SPOSTATA IN UN PAESE DIVERSO DA QUELLO DI RESIDENZA ABITUALE E CHE VIVE IN QUEL PAESE DA PIU’ DI UN ANNO. Questo spostamento, dunque, è importante e significativo. ELEMENTI CHIAVE: 1

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Spostamento; Pese diverso; Permanenza prolungata. PROBLEMI:

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NON SI TIENE CONTO DELLE MIGRAZIONI INTERNE: mantiene i propri diritti però anche le migrazioni interne possono avere le loro criticità, anche in termini culturali (Italia della 2° Guerra, dopoguerra), inserimento sociale, scolastico. Il grosso rischio della definizione sopra citata è non considerare che le migrazioni interne sono le più frequenti (es. rifugiati all’interno dello stesso paese). NON SI TIENE CONTO DELLE MIGRAZIONI STAGIONALI si sofferma sulle istituzioni e sugli attori organizzati che favoriscono i percorsi migratori. Attori più strutturati, mediano tra le aspirazioni individuali e le concrete possibilità di trasferirsi all’estero. Possono essere le imprese (es. che recluta lavoratori all’estero) associazioni di immigrati, sistemi di parentela, agenzie governative, professionisti dell’intermediazione, agenzie illegali ecc. CRITICHE: Teoria criticata perché vediamo un coacervo di attori molto ampio e variegato che mette sullo stesso piano organizzazioni e istituzioni molto diverse tra loro e alcuni studiosi, spingendosi oltre, annoverano anche le organizzazioni criminali (chiamarle “istituzioni” sembrano una contraddizione in termini).

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LA REGOLAZIONE NORMATIVA  sottolinea il peso dei fattori politici. Fattore poco considerato, soprattutto dagli approcci microsociologici, ma in realtà i flussi migratori sono fortemente indirizzati dalle norme in vigore, dalle leggi. Le leggi selezionano il tipo di flusso, favoriscono l’ingresso di un certo tipo di migrante rispetto ad altri. In questa idea di regolazione che indirizza i flussi in un modo piuttosto che in un altro, rientrano le leggi (per il permesso di soggiorno, i visti) ma anche politiche che non riguardano solo l’immigrazione ma che riguardano ad esempio determinati settori del lavoro (domestico/di cura). Negli anni 80, in Italia, la legislazione sul mercato domestico e di cura, tendeva a tutelare molto di più le donne co-residenti piuttosto che quelle lavoravano a ore: leggi che non riguardavano direttamente le migrazioni ma erano dettami con cui poi si fronteggiavano le donne immigrate. Questo perché in Italia vi erano già molte colf che lavoravano con contratti a ore e meno quelle disposte a passare 24h su 24 nell’assistenza. Altro elemento sono i regolamenti di applicazione delle leggi, gli strumenti e le capacità di controllo del territorio, il ruolo dei sistemi giudiziari ecc. Non si parla solo di leggi ma di tutto l’apparato che regola le migrazioni. Le tendenze recenti evidenziano come i fattori normativi siano molto importanti nello strutturare i flussi in un determinato paese/continente (allargamento ad est dell’UE). Altro esempio, le legislazioni che hanno aperto l’entrata alle skilled migrato n, ovvero alle migrazioni altamente qualificate. Abbiamo parlato come negli anni ‘70 le restrizioni del centro-nord Europa abbiano in qualche misura indirizzato i nuovi ingressi nel sud Europa e poi molte ricerche hanno evidenziato l’importanza delle politiche sanatorie o di regolarizzazione come possibile fattore di attrazione, di nuove migrazioni irregolari: le persone arrivano nella speranza che prima o poi vi sarà una nuova regolarizzazione. Alcuni studiosi, dunque, reputano importante analizzare la regolazione normativa per capire i processi dei flussi migratori. 6

CRITICHE: tutti questi tre approcci meso non spiegano perché i flussi iniziano. In secondo luogo, c’è una scarsa considerazione di quello che sono i vincoli esterni dati per esempio dalla normativa. Si dà per scontato che nel tempo i network continuino grazie a chi è già presente nel paese di destinazione ma queste teorie tendono un po’ a sottovalutare l’impatto che può avere una normativa restrittiva che a un certo punto rende più difficile favorire l’ingresso di parenti, amici ecc. altra critica è quella del funzionalismo implicito delle reti: si tende a sottolineare gli aspetti positivi, sul primo inserimento soprattutto, non vedendo tutti i rischi a lungo termine. Queste critiche mettono in luce la necessità di mettere maggiormente a fuoco i contesti. Ci invita a pensare a formulazioni più dinamiche flessibili che cercano di mettere in luce l’intreccio di più fattori all’interno di un flusso migratorio. Infine, tra questi fattori tutti sono importanti ma vanno modulati e analizzati a seconda dei diversi contesti (struttura socio-economica, strategie familiari, decisioni individuali). Lez. 02/03/2021 - INSERIMENTO LAVORATIVO NEL MERCATO DEL LAVORO Il tema del lavoro è centrale però non è l’unica questione; a seconda dei paesi potrebbe anche non essere la questione principale. In molti paesi gli immigrati, come per esempio in Africa, in Asia, si spostano all’interno dello stesso paese o nei paesi vicini. In questo caso, troviamo non poche situazioni dove gran parte degli immigrati non sono tali solo per cause lavorative ma la condizione è presente per fuggire da conflitti o per ragioni politiche e vive in condizione di sospensione, con l’idea e la speranza di fare al più presto rientro. In letteratura il tema del lavoro è centrale perché il lavoratore immigrato è la figura classica, che accompagna l’emisfero nord del fenomeno migratorio. La domanda che si fanno gli studiosi si concentrano sull’assimilazioneimmigrazione della forza lavoro nazionale, migliorando quindi le loro condizioni sociali, arrivando anche a competere con i lavoratori nazionali. Altra considerazione è quella che vede i lavoratori immigrati sempre in una posizione subalterna svantaggiata rispetto ai cittadini nazionali. Vediamo come le risposte date in letteratura sono sostanzialmente di tre tipi: -

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APPROCCIO LIBERALE E ASSIMILAZIONISTA  questo approccio si rifà ai primi studi sulle migrazioni che hanno caratterizzato soprattutto la letteratura americana. Questa letteratura presenta, anche nei filoni successivi, un punto di vista ottimista sull’integrazione degli immigrati che sottolineano il processo di miglioramento nel miglioramento del tema, da quando arrivano, man mano ad un crescente grado e acculturamento della propria situazione professionale. Secondo questi studiosi (Scuola di Chicago) man mano che si procede nel percorso di acculturazione si assiste ad un processo di mobilità sociale, ed è il classico percorso che questi studiosi descrivono come un percorso virtuoso da PEDDLER (bassi fondi, mendicante, estrema povertà lavorativa) A PLUMBER (operaio specializzato che entra in una qualche struttura con possibilità di migliorare la posizione rispetto alla precarietà estrema della prima fase) fino al PROFESSIONAL (assimilazione vera e propria, che grazie allo studio aspira ad alte posizioni). L’assimilazione viene descritta come un processo che avviene a livello individuale e man mano, imparando la lingua, diventando più competente, diviene una parte più accettata con conseguente perdita di alcuni tratti della cultura di origine come la lingua (alcuni, altri come la religione) ed è un processo anche desiderabile. Alcuni tratti considerati poco graditi dalla società di accoglienza vengono visti come una cosa desiderabile perché facilita l’inserimento nella società di accoglienza e quindi è un processo individuale desiderabile con una maggiore accettazione e facilità di progressione nel mondo del lavoro. Processo che parte dagli individui. APPROCCIO STRUTTURALISTA  parte da un altro filone di ricerca, ha radice più europea, fa riferimento alla sociologia critica marxista che tende a descrivere i rapporti sociali come fortemente influenzati dalla struttura economica e dalle relazioni che maturano in campo economico. Visione più pessimista. Per questi studiosi gli immigrati rappresentano un esercito industriale di riserva e quindi tenuti in una posizione subalterna che vuole usarli in modo più flessibile. Gli immigrati convengono al sistema capitalistico, sono più “sfruttabili”. Piore, riprendendo l’approccio marxista, parla di settore secondario del mercato del lavoro: se i cittadini nazionali cercano lavoro nei settori più tutelati, retribuiti, settore primario del mercato del lavoro, nel sistema capitalistico ci sono lavori secondari con meno tutele, come ad esempio il settore agrario, industriale, più pericolosi, con turnazione notturna ecc; settore non gradito ai cittadini nazionali ed è in questo ambito che si concentrano le attività più pericolose e impegnative. Per cui secondo Piore vi è una gerarchia delle occupazioni che crea disuguaglianze e anche tutta una serie di pratiche discriminatorie che spingono gli immigrati verso il settore secondario, per non togliere posti alla popolazione 7

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nazionale nei settori primari. Pratiche discriminatorie che spesso si estendono anche sulle seconde generazioni. Queste sono un elemento strutturale del mercato del lavoro che cerca di attenuare la concorrenza all’interno dei gruppi nazionali, spostando i rischi della concorrenza attraverso l’ingresso di lavoratori immigrati e successivamente tenendo le generazioni successive attraverso l’ingresso nel lavoro secondario, disincentivando anche la continuazione degli studi, diminuendo di conseguenza possibilità di carriera. Castels e Miller (1993) parlano di una vera e propria segmentazione del mercato del lavoro, non solo più un settore primario e secondario ma anche all’interno dello stesso settore secondario vi sono delle nicchie (vedi settore della cura, dell’agricoltura, l’industria pesante) e questo porterebbe ad una forte biforcazione dei lavoratori stranieri con nicchie più protette (stranieri presenti sul territorio da più tempo) e meno protette. Un sistema simile di segmentazioni lo troviamo anche nelle Città Globali, attività subalterne all’interno dei servizi (rider, ristorazione) che implica lavori precari, poche tutele. L’approccio strutturalista tende a sottolineare come queste pratiche discriminatorie e le posizioni secondarie delle seconde generazioni siano un elemento persistente delle economie contemporanee. Gli immigrati si concentrano in maniera massiccia in questi settori. L’arrivo di nuovi migranti per certi aspetti tende a perpetrare questa situazione di flessibilità e di precarietà del lavoro: lo scopo degli immigrati, all’inizio, è quello di mandare al più presto rimesse al paese di origine e di fare rapido rientro dove magari hanno lasciato la famiglia, dunque, non investono tanto nel lavoro stabile, purché vi sia un reddito. Intanto che c’è una forza lavoro che si offre disponibile anche a queste condizioni svantaggiate, gli imprenditori avranno scarso interesse a cambiare sistema. Se invece la forza lavoro fosse più rivendicativa, questo potrebbe portare ad un ripensamento dell’organizzazione stessa. COSTRUZIONE SOCIALE DEI PROCESSI ECONOMICI E CAPITALE SOCIALE  approccio intermedio che si discosta dal primo e dal secondo. Al centro di questo approccio vi sono le reti sociali. La prospettiva di questo approccio è la “Nuova sociologia economica” di Polanyi /’74) ripresa con il capitale sociale di Granovetter (1985), diventa centrare l’elemento delle reti sociali, dell’aspetto relazionale, in questo caso dei migranti e dell’accesso nel mercato del lavoro. Rispetto a questa prospettiva, i legami sociali sono dei fattori importanti per comprendere i comportamenti e i rapporti della sfera economica. Fondamentale, dunque, è il capitale sociale e l’ embeddedness (incastonamento): il fatto che l’azione economica non sia sganciata dalle relazioni sociali, ma anzi è parte integrante di contesti sociali più ampi che la favoriscono, la modellano, oppure la vincolano. Com’è stata applicata questa teoria nel fenomeno lavorativo dei migranti? Al centro dell’attenzione vi sono gli attori sociali: i datori di lavoro e i lavoratori che vengono visti come individui che interagiscono tra loro e fanno parte di più estese relazioni sociali. Ne consegue, dunque, che la ricerca di lavoro e di lavoratori è un processo che non avviene in astratto, in maniera sganciata, ma di solito è un processo che avviene proprio utilizzando quelle relazioni sociali proprie dell’individuo e che forniscono informazioni sui posti disponibili, sui lavoratori in quel momento disponibili ecc. l’elemento della rete sociale è fondamentale. L’azione economica degli immigrati, così come in generale, è fortemente influenzate dalle relazioni sociali degli immigrati stessi: caso tipico è quello delle reti etniche  l’immigrato innanzitutto tenderà ad avere delle relazioni sociali che (soprattutto all’inizio) saranno legate alle sue amicizie, conoscenze maturate nel paese di origine. Però queste relazioni perdurano nel tempo e tendono ad influenzare anche nelle decisioni economiche successive (la ricerca del lavoro e la decisone di assumere una certa persona). Questo implica alcune conseguenze in termini di integrazione. Soprattutto a partire dagli anni 90 in poi la letteratura si è interrogata sempre di più sul c.d. “Modello Mediterraneo” di integrazione degli immigrati  in particolare hanno messo in luce come in questo modello appaiano caratteristiche degli immigrati del sud arrivati più tardi nel contesto europeo delle migrazioni. Hanno iniziato a chiedersi se esista un modello Mediterraneo dell’immigrazione con caratteristiche particolari come la centralità delle reti migratorie in termini dell’inserimento lavorativo e se sì, in che misura si differenzi dai paesi dell’Europa centrosettentrionale che avevano già conosciuto questo modello all’epoca della ricostruzione economica. Se alcuni hanno sottolineato il modello mediterraneo, altri hanno messo in luce come in realtà la migrazione sia cambiata dagli anni ’90. In effetti, nella seconda metà degli anni ‘70 si assiste ad un cambiamento di status dell’Europa mediterranea, da esportatori a importatori di manodopera. Gradualmente, in questi anni si assiste ad una riconversione a nuove mete di flussi migratori, soprattutto dalla sponda nord del mediterraneo ma anche Filippine ecc. Secondo gli studi che hanno coniato il nome del modello succitato, questo modello Mediterraneo sarebbe caratterizzato da un’immigrazione diversa, con flussi prevalentemente spontanei e improvvisi, non sollecitati; inoltre, vi è una molteplicità di nazionalità coinvolte, forti asimmetrie di genere (che riflette le richieste del mondo del lavoro. Vi è una 8

condizione prevalente di irregolarità e di clandestinità (irregolarità di chi arriva con un permesso di soggiorno magari per motivi di turismo e poi resta in maniera irregolare. Clandestinità di chi arriva senza documenti validi), marginalità sociale (non entrando in un sistema di lavoro strutturato, sono tenuti più a lungo ai margini della società in generale, non avendo tante reti sociali), occupazioni estremamente precarie (i primi migranti di solito si situano nelle nicchie meno ricche e ambite dai cittadini nazionali. Lez. 03/03/2021 Il dibattito sul modello Mediterraneo è importante perché ha cercato di focalizzare le specificità dell’immigrazione del sud Europa, evidenziando delle dinamiche viste come peculiari: flussi spontanei, determinati per la maggior parte da push fastors rispetto a fattori di attrazione, grande diversità dei paesi di origine, grande asimmetria di genere, irregolarità e clandestinità, marginalità sociale e occupazioni molto precarie ecc. in realtà, negli anni ‘80 e sempre più negli anni ‘90, il mercato del lavoro è diventato sempre più complesso anche in quei paesi che in passato avevano un’economica caratterizzata sull’impresa fordista: negli anni ‘50 e ‘60, paesi come Germania, Francia, Inghilterra, Belgio, tante volte reclutavano immigrati che andavano ad inserirsi in quelli che erano i settori trainanti dell’economia nazionale, erano settori dove la forza lavoro era molto regolamentata, con forte presenza di sindacato; gli immigrati andavano ad inserirsi in queste categorie con r...


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