Capitolo immigrazione libro ambrosini sciolla sociologia PDF

Title Capitolo immigrazione libro ambrosini sciolla sociologia
Author silvana filice
Course SOCIOLOGIA POLITICA
Institution Università della Calabria
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capitolo sull'immigrazione del libro ambrosini sciolla ...


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PARTE SESTA- TERRITORI E SOCIETA’-CAPITOLO 4-“LE MIGRAZIONI E LA FORMAZIONE DI SOCIETA’ MULTIETNICHE”  I PROBLEMI DI UN CONCETTO Le migrazioni di popolazioni, in forme pacifiche o cruente, volontarie o coatte, hanno accompagnato da sempre la storia dell’umanità, soprattutto con il consolidamento degli Stati moderni nel XIX secolo. L'immigrato, può essere definito riprendendo un documento dell'Onu: “una persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel paese da più di un anno”. Nella definizione citata troviamo tre elementi: 1. Spostamento territoriale, l’immigrato, è colui che trasferisce la sua residenza in un luogo, diverso da quello in cui viveva stabilmente in precedenza; 2. L’attraversamento di un confine nazionale, le migrazioni entrano in tensione con la sovranità che gli Stati esercitano sul proprio territorio, i quali sorvegliano i confini controllando gli stranieri, che chiedono di essere ammessi e li selezionano in base ai propri criteri e interessi; 3. Una dimensione temporale, l’immigrato si distingue dal turista, dal viaggiatore, dal visitatore occasionale, a motivo di una residenza prolungata nel paese che lo riceve. Nello stesso tempo la definizione apre una serie di problemi,poiché non considera le migrazioni interne come le migrazioni dal sud al nord, in secondo luogo esclude le migrazioni stagionali quelle di pochi mesi, in terzo luogo non tiene conto della cosiddetta seconda generazione ossia dei figli degli immigrati, quando nascono nel nuovo paese di residenza dei genitori e in realtà non hanno attraversato alcun confine, ciò nonostante per il nostro sistema legislativo sono considerati stranieri e rimangono tali. Come quarto aspetto va ricordato i discendenti di antichi emigranti. Non è facile, come appare, definire chi siano gli immigrati, a questa difficoltà si aggiunge una questione di rappresentazione sociale. Noi non chiamiamo immigrati, né i cittadini francesi, né gli statunitensi, né i giapponesi e sudcoreani. Il termine immigrati, nell’uso comune, è riservato agli stranieri che provengono da paesi che consideriamo più poveri del nostro, inferiori. Anche tra di essi tendiamo a fare delle distinzioni, non chiamiamo immigrato il calciatore, i cantanti, né gli uomini di affari. Il concetto di immigrato comporta dunque una valenza sottilmente peggiorativa, individua gli stranieri poveri che risiedono in un paese diverso dal proprio. Lo stesso accadde con il termine extracomunitari. Possiamo cogliere però anche un aspetto dinamico della rappresentazione dei cittadini stranieri, greci, portoghesi e spagnoli, gli italiani che nel passato erano trattati tipicamente come immigrati. Sotto il profilo sociologico gli immigrati sono contraddistinti da una doppia alterità: sono stranieri e poveri. Se cade uno dei due aspetti, cade anche l’inquadramento di una persona come emigrata. Si va a generare una stratificazione della cittadinanza, che produce una sorta di piramide rovesciata, in cui al vertice si collocano i cittadini nazionali, titolari di beni, diritti, poi sono seguiti dai cittadini dell'Unione Europea e poi dagli immigrati, con permesso di soggiorno di lunga durata, poi da quelli con permessi che richiedono rinnovi periodici e per ultimi vengono gli immigrati in condizione irregolare. Un altro aspetto lessicale basilare riguarda la distinzione tra il concetto di emigrazioni, con cui si intende la fuoriuscita dal paese d'origine e il concetto di immigrazione, che si riferisce all’insediamento nel paese di destinazione. Si definiscono emigranti e immigrati, i soggetti che effettuano questi spostamenti. I processi migratori possono essere analizzati nella prospettiva delle migrazioni, sia dal punto di vista dei luoghi di partenza oppure nella prospettiva delle migrazioni, ossia dal punto di vista dei luoghi di approdo. Ultimamente molti studi hanno però adottato un approccio transnazionale, con l’intento di tenere insieme le due prospettive. Si parla poi di migranti per indicare i primi a partire nell’ambito di un nucleo familiare. In alcune fasi storiche sono stati prevalentemente maschi oggi sempre più spesso sono anche donne. I familiari ricongiunti, vengono definiti familiari al seguito e a volte si ritorna al concetto di migrazioni secondarie. La successione temporale tra gli arrivi e arrivi successivi, vengono indicati come fasi o stati delle migrazioni. Un primo momento in cui arrivano lavoratori giovani, soli con un orizzonte di temporaneità, in un secondo momento entrano altri immigrati, legati ai primi, cresce l’età media e l’orizzonte temporale si allunga. In un terzo momento si attivano i ricongiungimenti ed entrano in scena le famiglie, il quarto momento gli immigrati acquistano una consapevolezza di insediamento e formano istituzioni proprie, associazioni, chiese, stazioni Radio, per rivendicare una piena inclusione nella società ricevente.

 I DIVERSI TIPI DI IMMIGRATI Dopo aver definito il concetto di immigrato, il secondo passaggio consiste nell’ individuare i diversi tipi di immigrati. Le principali categorie di immigrati sono le seguenti: -Immigrati per lavoro, rappresentano la figura più importante nelle migrazioni moderne. Sono ammessi per periodi limitati, senza familiari al seguito. Tendono poi a insediarsi e a richiamare i familiari. Toccano a loro le mansioni meno ambite, non coperte dall’offerta di lavoro nazionale, possiamo parlare dei lavori delle 5 p: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati, penalizzati socialmente; -Immigrati stagionali o lavoratori a contratto, sono sottoposti a una regolamentazione apposita che ne permette l’ingresso per periodi limitati, in risposta ai fabbisogni dell’agricoltura, dell’edilizia, dell’industria alberghiera. Questa forma di migrazione è stata ridefinita con il termine di migrazione circolare, presentata come un’opzione che avvantaggia le società di destinazione e società di origine e migranti stessi; -Immigrati qualificati e gli imprenditori, sono un’altra categoria favorita dalle politiche migratorie dei paesi sviluppati, che li vedono come una risorsa di incremento del capitale umano, a disposizione dei propri sistemi economici; -I familiari al seguito, sono coloro che emigrano non per lavoro ma in quanto congiunti di immigrati entrati per lavoro e stabilmente insediati. Dalla metà degli anni 70 il loro numero è cresciuto. Alle migrazioni familiari si collega il caso dei migranti di seconda generazione, di solito questo termine è inteso così da comprendere tanto i figli degli immigrati nel paese ricevente, quanto quelli nati nel paese d’origine ricongiunti in seguito. Una conseguenza indesiderata è la formazione di altre figure, quelle dell’immigrato in condizioni irregolare, del clandestino, della vittima del traffico di esseri umani. L’immigrato in condizioni irregolare, è colui dopo essere entrato in maniera regolare si è trattenuto dopo la scadenza del permesso di soggiorno. Il clandestino è invece colui che attraversa il confine sprovvisto di documenti idonei oppure ricorre a documenti falsi. La vittima del traffico, non ha scelto consapevolmente le modalità della migrazione, si tratta spesso di giovani donne straniere coinvolte con forza e inganno, costrette a svolgere attività come la prostituzione forzata. Sono le leggi dello Stato ospitante a definire la condizione di regolarità o irregolarità di un migrante. Esistono poi i migranti di ritorno, coloro che rientrano nei luoghi d’origine dopo aver trascorso un periodo della loro vita in un altro paese. Un caso particolare di migrazione è infine quello dei rifugiati e richiedenti asilo, come oggi si definisce migrazione forzata. Il rifugiato è definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1951, come una persona che risiede al di fuori del suo paese di origine, che non può o non vuole ritornare, a causa di persecuzioni per motivi di razza, religione, opinione politica. I richiedenti asilo sono invece più genericamente coloro che attraversano un confine in cerca di protezione, ma non rientrano nei criteri della Convenzione di Ginevra.  LE CAUSE DELLE MIGRAZIONI Una delle questioni sociologiche nello studio delle migrazioni, riguarda la spiegazione delle cause del fenomeno. Nella letteratura sociologica si distinguono alcuni grandi gruppi di teorie esplicative delle cause delle migrazioni, distinte di solito: in spiegazioni macro, spiegazioni micro e spiegazioni meso o intermedie. -Le spiegazioni macro. Riconducono le migrazioni a grandi cause strutturali. Nel primo caso si parla di fattori di spinta: la sovrappopolazione, la disoccupazione e la desertificazione del suolo, le guerre. Nel secondo caso si punta l’attenzione ai fattori di attrazione, la richiesta di manodopera. Il difetto di queste spiegazioni consiste nel considerare i migranti come soggetti passivi o persino come vittime; -Le spiegazioni micro. Influenzate dal pensiero economico pongono l’accento sulle scelte individuali dei migranti, questi sono visti come attori razionali, calcolatori, auto-interessati. Spostano il loro lavoro all’estero per ottenere maggiori guadagni. Una versione più raffinata della teoria, pone l’accento sulla famiglia di migranti come sede decisionale, sceglie di mandare uno o più dei suoi membri, investendo su di lui con lo scopo di accrescere le opportunità di benessere per l’intera famiglia; -Le spiegazioni meso. Spicca il ruolo delle reti migratorie, queste possono essere definite come punti sociali che attraversano le frontiere, collegando immigrati, migranti e non migranti. Attraverso le reti finiscono informazioni, stimoli imitativi, conoscenze utili e risorse logistiche. Gli immigrati già insediati diventano delle teste di ponte per parenti e amici che maturano la scelta di raggiungerli, che danno loro la consapevolezza di miglioramento delle proprie condizioni sociali. Nel mercato del lavoro si notano le cosiddette specializzazioni etniche, ossia degli addensamenti d’immigrati della stessa provenienza, per esempio: i filippini nel lavoro domestico, rumeni e albanesi

in edilizia, gli indiani nell’allevamento dei bovini, le donne ucraine e moldave nell’assistenza agli anziani. Aldilà delle reti, altri studi hanno parlato di istituzioni migratorie intendendo i diversi attori, agenzie e servizi legali e a volte illegali, che promuovono e agevolano l’insediamento nella società ricevente. Un oggetto di molto interesse negli ultimi anni, che può essere collocato sul livello meso- macro, è la regolazione politica delle migrazioni. Sono diventate più restrittive, ammettono un certo numero di immigrati stagionali, autorizzano a certe condizioni i ricongiungimenti familiari. Come effetto indiretto provocano un aumento dell’immigrazione irregolare. La regolazione politica influisce sul come delle migrazioni e a volte sul dove, non ci spiega però perché le persone partano, ossia le cause. Possiamo formulare delle conclusioni: a livello macro è cresciuta l’attenzione verso i legami sociali, a livello micro il passaggio dall’individuo alla famiglia come sede decisionale, allarga la prospettiva verso le reti parentali, aumentando la consapevolezza dei flussi migratori. Come avviene di norma per i fenomeni sociali è difficile individuare un’unica causa.  LA FORMAZIONE DI SOCIETA’ MULTIETNICHE E IL PROBLEMA DEL RAZZISMO La questione dell'accettazione e del trattamento dei nuovi residenti da parte delle popolazioni maggioritarie è molto antica, basti ricordare che la Bibbia è fitta di raccomandazioni ad accogliere e rispettare gli stranieri. Oggi la questione appare complicata, con quella che è stata definita: superdiversità, ossia la percezione di una problematica sovrapposizione di varie forme di diversità, non solo fisiche ma anche relative alla lingua, alla religione, agli usi culturali, all'identificazione politica. Incontriamo qui problemi della xenofobia, del razzismo e della discriminazione. La xenofobia ha a che fare con la paura e il rifiuto nei confronti degli stranieri, si rivolge verso gli estranei che per definizione sono poveri. Il concetto di razza si collega allo sviluppo delle scienze moderne nel XVIII secolo, gli europei trovarono nelle classificazioni in differenti razze, una potente giustificazione ideologica del dominio dello sfruttamento dei popoli africani e asiatici assoggettati. La base di classificazione era essenzialmente nel colore della pelle, non in altre caratteristiche fisiche, come altezza, peso, il colore degli occhi. La funzione ideologica delle distinzioni razziali è confermato dal fatto che si attribuì il colore giallo ai cinesi e la distinzione tra bianchi e neri. Il razzismo non necessariamente riguarda gli immigrati stranieri può essere infatti definito, secondo l'UNESCO, come “qualsiasi teoria che stabilisca una superiorità o un inferiorità intrinseca di gruppi razziali o etnici in base alla quale si riconosca agli uni il diritto di dominare o di eliminare gli altri presunti inferiori o che fondi dei giudizi di valore su una differenza razziale”. Basti pensare alla formazione di stereotipi a base etnica, comuni nel linguaggio corrente, in cui gli individui sono ricondotti sulla comune origine nazionale o religione professata (come i rom rubano, i musulmani sono terroristi ). Il razzismo e la xenofobia rientrano nell'area degli atteggiamenti, la discriminazione si riferisce invece ai comportamenti pratici. L’insediamento stabile di popolazioni immigrate, ha dato origine all'espressione: società multietnica, con questo termine si intende la semplice constatazione che la maggior parte delle società sviluppate ospitano al loro interno, in varia misura, popolazioni di origine diversa. Nell'affrontare invece la questione politica, la posizione più antica è quella dell’assimilazionismo: gli immigrati dovrebbero al più presto abbandonare retaggi e legami tradizionali, abbracciando la lingua, la mentalità, gli stili di vita della popolazione maggioritaria. Oggi questa posizione riaffiora in nome di Neo-assimilazionismo politico. In diversi paesi si richiede agli immigrati la conoscenza della lingua ed elementi della storia delle leggi della società ricevente prima di ammetterli sul territorio o al momento del rinnovo del permesso di soggiorno. Sono invece, oggi, in declino le posizioni multi culturalistiche, si usa il plurale perché si tratta in realtà di orientamenti vari, più moderati o più radicali. In comune hanno l'idea di un riconoscimento positivo e di una promozione attiva delle culture minoritarie. Oggi invece il multiculturalismo è sotto accusa, poiché ritenuto foriero di segmentazione delle società in comunità non comunicanti. Un altro concetto molto utilizzato e spesso criticato, è quello di integrazione, la definizione di questo termine equivale: al processo del divenire una parte accettata della società. Una definizione che sottolinea il carattere processuale dell'integrazione. L'acquisizione della cittadinanza del paese ricevente rappresenta sul piano politico la manifestazione più importante dell'integrazione.

 MINORANZE ETNICHE E DIASPORE Alla questione dell'integrazione degli immigrati si collega la formazione di minoranze etniche. Le minoranze etniche possono essere insediate su un determinato territorio in maniera stabile e danno vita a nuove generazioni che nascono e crescono in un paese diverso da quello dei genitori. I caratteri delle minoranze etniche: -Sono gruppi subordinati all'interno di società complesse; -Presentano aspetti fisici o culturali soggetti a valutazione negativa da parte del gruppo dominante; -Acquistano un autocoscienza di gruppo, essendo legati da una medesima lingua cultura e appartenenza; -Possono in qualche maniera trasmettere alle generazioni successive l'identità minoritaria. Al concetto di minoranza etnica si collega quello di diaspora, oggi molto utilizzato in varie discipline. L'idea di diaspora, a partire dal riferimento storico dell’ esperienza del popolo ebraico, è stata ampliata fino a comprendere una molteplicità di esperienze di mobilità territoriali in forme collettive. Si parla di diaspora italiana, riferendosi all’immigrazione dal nostro paese. Un contributo di rilievo, per la ricerca di una teorizzazione più rigorosa del concetto di diaspora, è stato offerto da Cohen , il quale partendo dal caso ebraico distingue vari tipi di diaspore: 1)diaspore delle vittime, 2)diaspore Imperiali, 3)le diaspore di lavoro,4)le diaspore commerciali, 5) le diaspore culturali. Tutte queste esperienze condividono diversi tra questi caratteri: a) la dispersione da una madre patria originaria,b) l'espansione dalla patria in cerca di lavoro, di opportunità, c) una memoria collettiva e un mito intorno alla madrepatria, d) un’idealizzazione della supposta patria ancestrale, e) un movimento di ritorno, f) una forte coscienza di gruppo etnico, g) una relazione tormentata con le società ospitanti, h) la possibilità di una vita peculiare creativa, arricchente in società tolleranti. Particolarmente significativo, passando dall'analisi storica all’attualità è poi l'assunto che le diaspore abbiano un ruolo nei progressi di globalizzazione. Per esempio in campo economico, secondo Kotkin, le diaspore di successo sul piano economico posseggono 3 requisiti: 1) una forte identità culturale, 2) un vantaggioso profilo occupazionale, 3) una passione per la conoscenza sul piano culturale. Le diaspore contribuiscono alla deteriorializzazione delle identità sociali. Nella società moderna, l'epoca del cyberspazio, una diaspora, può in qualche misura essere tenuta insieme o ricreata nella “mente” attraverso artefatti culturali e immaginazione condivisa. Un tema approfondito in modo particolare da APPADURAI, che ha coniato il termine di ethnoscape....


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