Riassunto Sociologia, libro \"Sociologia. Fondamenti e teorie\" PDF

Title Riassunto Sociologia, libro \"Sociologia. Fondamenti e teorie\"
Course Sociologia
Institution Università di Pisa
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APPUNTI SOCIOLOGIALa sociologia è lo studio della società e la società è costituita dagli individui e dalle istituzioni che si creano per organizzare al meglio le proprie vite. Tali istituzioni includono il Governo e la politica, l’economia, la religione, la famiglia, l’educazione, il lavoro, la cul...


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APPUNTI SOCIOLOGIA La sociologia è lo studio della società e la società è costituita dagli individui e dalle istituzioni che si creano per organizzare al meglio le proprie vite. Tali istituzioni includono il Governo e la politica, l’economia, la religione, la famiglia, l’educazione, il lavoro, la cultura e i media, il commercio e le organizzazioni, lo sport e il tempo libero. Tutte queste istituzioni hanno uno scopo nella vita delle persone “comuni”, ma ciascuna di loro, è guidata da disuguaglianze interne alla struttura sociale: disuguaglianze basate su classe, status, “razza” ed etnicità, genere, età, sessualità, fisicità. Secondo alcuni studiosi, la sociologia manca di credibilità come disciplina; altre discipline non sembrano soffrire di questo problema. Ciò in parte deriverebbe dal fatto che il campo di osservazione della sociologia è così vasto da averle fatto smarrire il centro focale, riducendola a una terminologia inutile che, insieme alle discipline sorelle, l’antropologia sociale e i culturai studies, mira solo a complicare all’eccesso il senso comune. Non ci sono dubbi sul fatto che il “senso comune” rappresenti la fonte originaria dello sguardo sociologico. Noi tutti abbiamo un corpo che conosciamo; anche le scienze esatte sono guidate in parte dal senso comune. La sociologia ne risente di più perché fornisce giudizi sulle realtà che noi, come persone, sperimentiamo e nelle quali viviamo, ogni giorno della nostra vita. Lo studio scientifico della società non coincide con la comprensione quotidiana che abbiamo di essa più di quanto lo studio scientifico del corpo coincida con la realtà fisica di vivere con esso. La sociologia risponde a una serie di domande complesse (come funziona la società? quale ruolo svolgono gli individui nella sua costituzione? quali sono le parti che costituiscono la società? etc.) Per capire il significato della sociologia come disciplina, bisogna prima comprendere cosa si intende con il suo oggetto di studio: la società e il sociale. Quando si parla di un evento sociale si intende un evento a cui partecipano persone legate da un “gioco sociale”. Le persone si incontrano socialmente: i politici e i loro elettori parlano di sicurezza sociale o di servizi sociali; che cosa unisce i party ad alto tasso alcolico e le politiche di Welfare? La risposta è molto semplice: è nota la dichiarazione dell’ex primo ministro britannico, Margaret Thatcher, secondo cui “la società non esiste”. Il termine “società” fu usato in modo “appropriato”: volve a sottolineare che noi, non abbiamo responsabilità verso gli altri, nemmeno verso coloro meno fortunati di noi, né l’obbligo di proteggere qualcun altro all’infuori di noi stessi, ne dobbiamo aspettarci sostegno dagli altri o dal governo. Sta a noi farci strada in questo mondo; il rifiuto della società da parte della Thatcher ricorda una teorizzazione ugualmente accorata della “società”, anche se ideologicamente opposta: la nota affermazione del filosofo francese Jean−Paul Sartre, secondo cui “l’inferno sono gli altri”. Vivere in un mondo dove ci sono altre persone è difficile: significa che non possiamo ottenere quello che non vogliamo davvero, non possiamo godere di totale libertà. 1

Siamo costretti a vivere nel mondo con gli altri e dobbiamo tenerlo in considerazione ogni volta che agiamo. La società riguarda gli altri, sociale è il mio essere con gli altri e la sociologia è lo studio di come viviamo in un mondo dove ci sono altri individui. Alcuni sociologi si limitano a studiare alcuni particolari aspetti della società: esistono sociologi della religione, dell’educazione, della famiglia. Altri cercano di fornire cornici teoriche che riguardano le dinamiche della società stessa. Essi pongono domande in merito alla comparsa delle società e dello Stato e analizzano il cambiamento sociale nella storia e i processi su larga scala come l’industrializzazione, il capitalismo e, più di recente, la globalizzazione. Ma pongono anche interrogativi sull’identità, l’azione umana e il Sé. Sono interessati alla cultura, alle norme e ai valori, a ciò che è prodotto dalle nostre vite e a ciò che le influenza e a come questo possa causare un particolare pregiudizio e a come questo possa causare un particolare pregiudizio, sotto forma di ideologia. Si interrogano su come gli individui interagiscono gli uni con gli altri, su come funzionino le reti sociali e i sistemi di parentela. guardano alle molteplici forme di disuguaglianza e stratificazione sociale che esistono nella società, incluse le gerarchie tra le classi, il genere e l'etnicità. Si chiedono come venga mantenuto l’ordine sociale e chi esercita il potere nella società. Se la sociologia riguarda tutti questi aspetti, qual è il suo elemento distintivo? Per rispondere alla domanda, dobbiamo rivolgere l'attenzione a uno degli autori più importanti della disciplina, il sociologo francese del XIX secolo Emile Durkheim. In un suo celebre lavoro confronta i tassi di suicidio registrati in differenti paesi, mostrando che i suicidi possono essere causati da fattori esterni all'individuo, fattori che hanno a che fare con le norme e i valori di determinate società e con il rapporto che l’individuo ha con loro. Durkheim cerca di dimostrare che per comprenderlo appieno è necessario andare oltre la psicologia e analizzarlo dal punto di vista sociale. Una teoria cerca fattori esterni alla mente umana per spiegare fenomeni come il suicidio o i risultati scolastici o le disuguaglianze legate al genere o ai sistemi di parentela. Da quando Durkheim dichiarò esplicitamente che la sociologia non è riconducibile alla psicologia, I sociologhi hanno avvertito con piena convinzione che la loro disciplina e in ogni senso legittima. La teoria sociale ha un campo di osservazione più vasto della teoria sociologica. Consideriamo queste tre discipline: la sociologia, la psicologia e la biologia. Un sociologo e uno psicologo possono essere interessati allo stesso oggetto di studio, come i tassi di suicidio. Ciò che li distingue, come ha sostenuto Durkheim, è la scelta dei fattori esplicativi; in maniera simile, gli psicologi e i biologi hanno sempre cercato di spiegare i medesimi fenomeni, come l'infermità mentale, ma l'hanno fatto usando metodi molto differenti. Può anche accadere che vi sia una sovrapposizione tra biologi e sociologi: sia gli uni 2

che gli altri potrebbero essere interessati alle cause del crimine, come potrebbero esserlo anche gli psicologi, ma tali sovrapposizioni sono meno comuni. Nella maggior parte dei casi, i sociologi possono avere intrapreso dibattiti attivi con gli psicologi, lasciando in pace i biologi. Dopotutto, perché uno sociologo dovrebbe cercare di spiegare come funziona il cuore umano o come le piante ricevono nutrimento? La sociologia, come ogni altra disciplina, non si è mai ripromessa di spiegare tutto. La relazione tra le due discipline non è in realtà così paritaria. La sociologia non dispone degli strumenti necessari neppure per cercare di spiegare come il cuore pompa il sangue nel corpo; i biologi, invece hanno gli strumenti per tentare di spiegare quasi ogni aspetto della vita umana, persino il significato della religione o i risultati scolastici. Dai semplici studi di fisiognomica applicati alla criminalità alle diffuse idee contemporanee che emergono dalla ricerca genetica, i biologi sono in grado di fornire una spiegazione biologica plausibile di un fenomeno sociale. La biologia può fornirci una teoria sociale, ma non una teoria sociologica. Quando la sociologia era agli esordi, molti dei suoi studiosi facevano proprio questo: usavano la biologia come base della propria pseudo sociologia. Nel XIX secolo, il medico francese Paul Broca, ricollegava la dimensione del cervello all'intelligenza, per dimostrare che gli uomini sono per natura più intelligenti delle donne; Cesare Lombroso, professore di medicina legale, sosteneva di poter individuare determinati segni fisici, come il cranio piccolo e le orecchie attaccate alla testa, atti a distinguere i criminali dai non criminali. Esempi come questi possono sembrare ridicoli: ma servono a illuminare la natura peculiare dell’approccio sociologico. Disuguaglianze di genere comportamento criminale sono oggetti di studio appropriati per i sociologi, i quali non gli spiegano in termini di caratteristiche fisiche, ma piuttosto in termini più ampi di istituzioni, norme e valori della società. La distintività della sociologia non dipende dalla domanda, ma dalla risposta. La sociologia è una scienza? Alcuni dei suoi fondatori l’hanno certamente pensato, ma altri, specialmente in tempi più recenti, si sono astenuti dal pronunciare simili affermazioni. Di frequente, si fa riferimento la sociologia come a una scienza sociale, per ritagliarle uno spazio tra le “vere” scienze e gli studi umanistici, ma forse questo è un modo per eludere la domanda. La verità è che la sociologia può essere una scienza, ma non deve necessariamente esserlo. Da un certo punto di vista, essere una “scienza” non ha niente a che vedere con l'organizzazione delle discipline accademiche inopportuni raggruppamenti, come le facoltà universitarie.

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Dipende dallo scopo della ricerca: se si sta studiando qualcosa con l'obiettivo di scoprire leggi generali, di spiegare, allora si fa scienza; mentre se si desidera interpretare un evento, documentarlo, senza tentare generalizzazioni, allora la ricerca rientra nel campo degli “studi umanistici”. Se con il proprio lavoro si intende non scoprire leggi, ma rilevare i problemi, avanzare critiche sullo stato delle cose e ispirare un cambiamento, allora l’attenzione è di tipo pratico, politico e attivistico. Negli anni, la sociologia è stata tutto questo. BREVE STORIA DELLA TEORIA SOCIOLOGICA Se possiamo definire la sociologia in questo modo, allora c'è del vero nell’idea ricorrente secondo cui essa esisteva già molto prima di essere definita e formalizzata come disciplina accademica. Molti filosofi, teologi e teorici politici classici hanno elaborato una certa forma di sociologia. È stato il francese Auguste Comte, nel XIX secolo, a definire la sociologia come disciplina autonoma. Comte si è dato l’obiettivo di stabilire una scienza positiva della società; ha creduto che fosse possibile trattare il mondo sociale in maniera molto simile a come i fisici trattavano il mondo naturale. Va notato che il positivismo di Comte era molto differente da simili approcci al comportamento sociale, i quali miravano a estendere all'azione sociale modalità non sociologiche di spiegazione dei fenomeni. Chi dà spiegazioni biologiche del perché un individuo commetta crimini, non fa di certo sociologia: cerca di spiegare un fenomeno sociale dal punto di vista biologico. Comte, al contrario, ha voluto fondare la sociologia come scienza distintiva, in grado di occupare il proprio posto al fianco di discipline quali la fisica, la chimica e la biologia. Come queste, la sociologia avrebbe utilizzato il metodo scientifico, usando procedimenti sperimentali e sviluppando leggi generalizzabili, per arrivare a leggi proprie. Comte ha elaborato l'idea di società come entità autonoma, come oggetto di studio che può essere spiegato in questo modo. Non sorprende certo che, agli esordi della disciplina si sia posta tanta enfasi sull’istituzione della sociologia come scienza: era una maniera per legittimarla. Sebbene Herbert Spencer, pioniere della sociologia in Gran Bretagna, si sia accostato alla disciplina in maniera radicalmente diversa da Comte, anch’egli ha cercato di metterne in primo piano le credenziali scientifiche, sfruttando gli sviluppi della teoria biologica evoluzionistica e applicandoli alla tematica del cambiamento sociale. Se l’inizio della sociologia si deve a Comte e a Spencer, a dare un contributo importante allo sviluppo della disciplina nel XIX secolo sono stati Karl Marx, Emile Durkheim e Max Weber. Questi tre autori classici differivano ampiamente in moltissimi importanti aspetti − da cui le origini delle differenti scuole sociologiche emerse nel XX secolo − ma in un certo senso erano uniti dalla condivisione di un unico interesse. 4

Ciascuno di loro sapeva che il mondo stava cambiando rapidamente. Il XIX secolo, in Europa, fu il periodo della Rivoluzione industriale: si costruivano industrie per agevolare il nuovo sistema di produzione reso possibile dalle nuove tecnologie, le persone emigravano dai villaggi ai luoghi in cui si trovavano queste industrie e emergevano nuove aree urbane. In queste nuove città, la vita era molto diversa da quella delle più piccole comunità rurali: gli individui si relazionavano tra loro in modi differenti, si sviluppavano ruoli più specifici. I modi di vivere subivano una completa trasformazione: i legami della comunità lasciavano spazio a reti di associazioni più formalizzate, le strutture familiari allargate erano sostituite da famiglie nucleari più ristrette. La nuova economia capitalista portava cambiamenti nelle modalità di compravendita delle merci e le gerarchie di potere si trasformavano totalmente. Stava per dissolversi il vecchio modello “feudale”, in cui i proprietari terrieri e gli aristocratici conducevano una vita di sfarzi solo per il privilegio di nascita, mentre i “contadini” lavoravano per i signori ed erano impossibilitati a elevare la propria condizione. Con il capitalismo, il potere si trasferiva a una nuova “classe media”, formata dalla precedente classe inferiore, i servi della gleba, che aveva sfruttato imprenditorialmente a proprio vantaggio le nuove tecnologie industriali. Improvvisamente, potere e status non erano più diritti di nascita, ma obiettivi da raggiungere attraverso il lavoro, l'investimento e la capacità di sfruttare il nuovo sistema. L’intero panorama politico stava mutando: come aumentava il potere economico delle nuove classi sociali, così si consolidava la loro richiesta di potere politico; quest'ultimo si spostava dalle comunità locali alle città e in particolare alle capitali. I processi decisionali arbitrari e locali cedevano alle più formalizzate e regole della legge; il controllo sugli “strumenti della violenza”, cioè il diritto di punire e di fare giustizia, veniva strappato dalle mani di individui e comunità e assegnato a tribunali, polizia ed esercito: tutti organismi dello Stato. Nasceva il moderno Stato−Nazionale centralizzato, con autorità assoluta sul mantenimento dell'ordine sociale all'interno dei propri confini territoriali. Si tratta di trasformazioni di ampia portata che naturalmente non si sono realizzate da un giorno all'altro, ma il loro impatto è stato tale da aver spinto le maggiori menti del tempo a porsi la più semplice delle domande: qual è la causa di tutto ciò? Questa è la domanda che ha portato Marx, Durkheim e Weber a sviluppare le proprie complesse e magistrali descrizioni del mondo sociale. Ognuno di loro ha guardato fuori dalla finestra e ha avvertito la necessità di indagare le cose che gli accadevano attorno. Ognuno di loro ha osservato lo stesso mondo, si è reso conto delle medesime trasformazioni, anche se Weber si trovava in Germania,

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Durkheim in Francia e Marx era un tedesco che trascorse gran parte della vita in Inghilterra. È proprio il modo in cui essi hanno proceduto per spiegare quelle medesime trasformazioni che li distingue così nettamente ed è da queste distinzioni che emerge la sociologia moderna. Marx ha sostenuto che la forza trainante di tutto il cambiamento consiste nel passaggio dal “modo di produzione” feudale a quello capitalista. Per “modo di produzione” egli intendeva semplicemente un sistema di organizzazione dell'economia, la produzione di beni materiali necessari per la sopravvivenza. La descrizione di Marx è stata fondamentalmente materialistica; la sua preoccupazione principale verteva sul fatto che, se il sistema feudale era stato definito da un rapporto di potere tra l'aristocrazia e i servi della gleba basato sullo sfruttamento, a definire il nuovo sistema capitalista era un rapporto basato ancor di più sullo sfruttamento: quello della borghesia, proprietaria di industrie, sul proletariato, che lavorava per la borghesia. Erano queste le nuove classi sociali, definite dal rapporto fra i loro appartenenti e i mezzi di produzione (proprietari o lavoratori). Gli esseri umani, a parere di Marx, sono animali creativi per natura, ma la capacità di lavorare e creare è soffocata nel capitalismo, dove chi svolge il lavoro non ne trae direttamente vantaggio (Marx ha definito questa condizione alienazione). Per Marx, il capitalismo era fondato su un gruppo di persone che traeva vantaggio dal lavoro di un altro gruppo; per sua stessa definizione, ciò costituiva sfruttamento. Egli iniziò a descrivere questo sistema attraverso vividi dettagli, prevedendo l'inevitabile crollo del capitalismo e la sua sostituzione con un nuovo modo di produzione comunista, in cui lavoratori, vale a dire tutti, mantengono il controllo sul proprio lavoro e ne godono i benefici. Sia Durkheim che Weber hanno avviato con Marx un profondo dialogo metaforico: il primo non ha negato l'importanza del passaggio dal feudalesimo al capitalismo, ma ha ritenuto che il fattore principale delle trasformazioni nella società non fosse tanto il cambiamento nei rapporti economici, quanto il cambiamento nei rapporti socioculturali. Sociologo e antropologo, Durkheim si è maggiormente interessato al passaggio da un modo di vivere a un altro: da un insieme di accordi sociali caratterizzati da forti legami comunitari e ruoli flessibili, che egli ha definito “solidarietà meccanica”, a una più rigida divisione del lavoro con ruoli sociali più specializzati e formalizzati, che egli ha chiamato “solidarietà organica”. È stato Durkheim a elaborare l'idea di coscienza collettiva, il sistema di valori condiviso che unisce gli individui all'interno di una singola comunità sociale. L’indebolimento di questi legami collettivi e il distacco dal più ampio sistema di lavoro danno come risultato una condizione caratterizzata dall’assenza di norme, o anomia.

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Come Comte, Durkheim ha considerato la società una realtà indipendente, sui generis, ed è stato spesso descritto come un sociologo positivista impegnato a scoprire leggi e a studiare fatti sociali. Weber sia impegnato in un confronto più diretto con le idee di Marx, condividendo con lui l'enfasi posta sulle forme di organizzazione economica come motore della società. Tuttavia, Weber ha voluto mostrare, contro Marx, che la forma capitalista di organizzazione economica era essa stessa riflesso di una visione del mondo in trasformazione: in quanto materialista, Marx sosteneva che la materia veniva prima dell’idea, mentre Weber riteneva che la vera questione al centro di queste grandi trasformazioni consistesse nella comparsa di una nuova forma di razionalità. Per Weber, il capitalismo era reso possibile da un nuovo modo di vedere il mondo, collegato al protestantesimo e favorevole all' individualismo e alla competitività. Inoltre, Weber si è distinto da Marx e Durkheim perché ha messo molto più risalto il dovere del sociologo di cercare di capire il mondo nella maniera in cui i suoi abitanti ne hanno esperienza. In questo senso, egli parla di comprensione. Secondo Weber, questo processo di razionalizzazione ha dato inizio a una visione dominante del mondo fortemente impegnata a trovare risposte a domande, soluzioni a problemi, mezzi per attuare fini; una visione manifestatasi non solo sotto forma di capitalismo, ma anche nelle istituzioni emergenti, basate su controllo sociale e regolamentazione, tipiche del moderno Stato−Nazione. Più degli altri due padri fondatori, Weber è stato un sociologo pessimista, che ha descritto mondo sempre più regolamentato, in cui la libertà viene progressivamente rosa e il potere trasferito dalle persone a sistemi impersonali. Possiamo notare che tutti e tre gli studiosi si sono impegnati a comprendere quali fossero le forze guida dietro questo massiccio processo di cambiamento sociale: la transizione dalla “tradizione” alla “modernità”. Per Marx il motore era economico, consistendo la transizione nel passaggio da un’economia feudale a una capitalista: ogni altra cosa ne era una conseguenza; per Durkheim, il motore era socioculturale, consistendo nel mutamento di norme e valori; per Weber, il motore era politico, nella misura in cui attendeva a un modo di ved...


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