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Title Riassunto manuale Sociologia delle Comunicazioni di Massa
Author Carlo Cestaro
Course Comunicazioni di Massa
Institution Università degli Studi di Padova
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Riassunto completo del manuale Sociologia delle comunicazioni di massa Comunicazione di Massa Università degli Studi di Padova 186 pag.

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COMUNICAZIONI DI MASSA Materiale didattico per il corso di Comunicazioni di massa. Corso di Laurea triennale in Comunicazione. Università degli Studi di Padova. Anno accademico 2015-2016.

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INDICE IMPARARE LA COMUNICAZIONE

Pg. 2

LE COMUNICAZIONI DI MASSA

Pg. 8

TEORIE DELLA SOCIETÀ: APPROCCI CLASSICI

Pg. 15

TEORIE DELLA SOCIETÀ: APPROCCI CONTEMPORANEI

Pg. 38

NUOVI MEDIA E MEDIA TRADIZIONALI

Pg. 51

IL PROBLEMA DEL SENSO NELLA COMUNICAZIONE DI MASSA

Pg. 60

LA RICERCA EMPIRICA SUGLI EFFETTI A BREVE TERMINE

Pg. 75

LA RICERCA EMPIRICA SUGLI EFFETTI A LUNGO TERMINE

Pg. 96

DAGLI EFFETTI A LUNGO TERMINE ALL’ETNOGRAFIA DEL CONSUMO DEI MEDIA Pg. 112 LA RICERCA SUGLI EMITTENTI E SUL CONTENUTO DEI MESSAGGI

Pg. 120

EROS, CYBERSEX E NEOPORN

Pg. 136

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IMPARARE LA COMUNICAZIONE La comunicazione è qualcosa di molto più complesso di quanto possa apparire: essa si basa su dei meccanismi latenti e non esplicitati che non tutti conoscono, in maniera analoga alla metafora goffmaniana della ribalta e del retroscena. Dobbiamo cercare di guardare alla realtà dei media in un modo differente da quello abituale di tutti i giorni. Un primo processo individuale, che gioca un ruolo decisivo nel permettere tale cambio di punto di vista, è la riflessività, ovvero la capacità di porre se stessi nell'ambito di ciò che si sta affrontando e vedendo. Prendiamo in considerazione il modello generale della comunicazione, schema indicativo ma utile all’orientamento all'interno di ogni ambito del mondo della comunicazione: ci sono due attori, l'emittente (colui che produce il messaggio e lo invia) e il destinatario (colui che interpreta il messaggio ricevuto). Il messaggio costituisce il contenuto, ovvero il punto chiave della comunicazione, ed è espresso tramite un codice (l'insieme di convenzioni linguistiche utilizzate e la gestualità). Il mezzo fisico attraverso cui passa tale messaggio è il canale (ciò che serve a comunicare: la voce, l'aria, le slide, l'aula ecc.). Quando siamo in grado di conoscere e riconoscere questi cinque elementi, possiamo allora interpretare ogni tipo di comunicazione, variando e adattando gli elementi a seconda dei diversi casi presi in esame. Un attore può essere contemporaneamente emittente e destinatario, intercambiando i due ruoli secondo le proprie esigenze, le quali variano in ragione del tipo di comunicazione: ▪

Si può essere impegnati in una conversazione faccia a faccia o in una telefonica (comunicazioni mediate SIA/SIA).



Al contrario, quando si interagisce con un medium come la radio, ci si trova ad interfacciarsi con un tipo di conversazione O/O (cioè in cui o sono l'emittente o sono il destinatario, poiché le due cose non possono essere compresenti dal momento che i due ruoli sono ben definiti). A questo punto ci si può porre piuttosto un’altra domanda: la radio è emittente o canale? Ambedue. È canale in quanto strumento fisico, ma è anche emittente rispetto al contenuto, per cui c'è un'ambiguità riguardante il senso del termine emittente. Spesso quando noi ci riferiamo alla radio non consideriamo l'oggetto di per sé ma l'emittente radiofonica che esprime qualcosa di specifico.

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Infine si può avere una comunicazione SIA/SIA SPECIALE , ovvero quella di gruppo, che solitamente si verifica in aula o in un comizio politico.

Il significante è il portatore del significato e può essere espresso in una parola o in un'immagine: si hanno quindi significanti diversi per uno stesso significato. Ad esempio, il termine «cane» ha molti significanti differenti (basti pensare alla traduzione di tale parola nelle diverse lingue del mondo) ma tutti hanno lo stesso significato (mammifero onnivoro ascritto al genere Canis, animale a quattro zampe che scodinzola e abbaia). Secondo tale definizione poi, il codice è un sistema di regole che mette in relazione più significanti con un significato (cane: codice ortografico-fonetico, bau: codice sonoro, immagine del cane: codice iconico). In linguistica, la coesistenza di significati diversi in una stessa parola viene detta polisemia. Essa può sorgere come effetto di estensione semantica del vocabolo (per esempio in latino liber, «corteccia», che è il senso più antico, e «libro») o come effetto della diversità di etimo tra due parole semanticamente diverse, ma fonologicamente identiche (come nel caso di «riso», nome di pianta e atto del ridere). L’esistenza di un’alta percentuale di casi di polisemia in una lingua (polisemantismo) è caratteristica in genere di quelle lingue che per certi settori del lessico hanno un numero di vocaboli non molto elevato e che vengono a contatto con lingue di cultura superiore o diversa, per cui si determinano, per esempio, fenomeni di calco linguistico. Quando ci troviamo di fronte a dei messaggi polisemici, ne possiamo dare diverse interpretazioni in base al contesto a cui si fa riferimento. Il fatto che esistano più interpretazioni determina la presenza di più connessioni tra significante e significato, ovvero, in altri termini, più codici. Se l'interpretazione del ricevente fosse quella che l'emittente si aspetta, non ci sarebbe alcuna spiegazione al fatto che, per esempio, degli alunni di uno stesso corso prendano voti nettamente differenti, e questo stesso corso non avrebbe senso di esistere. L'interpretazione è uno dei cardini di ogni meccanismo comunicativo, proprio perché non esiste un'automatica compatibilità e coincidenza tra messaggio prodotto e ricevuto. La comunicazione ben formata è quindi quella che avvicina quanto più possibile ciò che voleva dire l'emittente con ciò che interpreterà il destinatario. Ma questa è un’eventualità che non accade quasi mai: ecco anche spiegata l'esistenza, ancora molto attuale, di tutti i meccanismi di persuasione usati dal mondo politico, pubblicitario e delle campagne preventive.

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Comunicazione faccia a faccia. Di questo tipo di comunicazione, diretta e basata sulla compresenza e dunque sull’interazione l’uno di fronte all’altro, l’esempio più lampante è sicuramente la conversazione, in cui gli individui sono coinvolti nel processo comunicativo nella loro totalità psico-fisica. La mimica facciale è indubbiamente il canale più importante sul piano della relazione, poiché rappresenta il principale focus di attenzione durante la comunicazione. Infatti, attraverso lo sguardo, gli individui prendono contatto, scambiano inviti e allusioni, palesano emozioni. Attraverso le espressioni posturali, si manifestano atteggiamenti remissivi o di sicurezza, si danno indizi sulla propria personalità e sui propri stati affettivi. La gestualità aggiunge e completa il significato del linguaggio verbale. La velocità e l’ampiezza dei gesti possono essere indicatori di autorevolezza, solennità, eccitazione o inquietudine. L’interazione faccia a faccia è dunque quella che presuppone la presenza in uno stesso contesto fisico e un comune riferimento spazio-temporale. Il che comporta importanti conseguenze, come ad esempio la possibilità di utilizzare espressioni deittiche1, sapendo di essere capiti o comunque di poter eventualmente spiegare in maniera immediata (indicando l’oggetto in questione) il senso del proprio discorso. Questo tipo di comunicazione ha un carattere dialogico, ossia si realizza attraverso un flusso comunicativo in due direzioni: il destinatario può rispondere all’emittente e quest’ultimo trasformarsi a sua volta in destinatario. Riassumendo, nell’analisi delle interazioni faccia a faccia possiamo ricavare dei punti caratterizzanti: ▪

Prevedono un numero limitato di persone.



Necessitano di turni di conversazione tra emittente e destinatario che permettano l’intercambiarsi dei ruoli.



Sono molto influenzate dalla comunicazione non verbale.



Presuppongono la compresenza fisica e l’estensione sensoriale.



Sono quelle a maggior contenuto di informazione.



Canale: aria, luce, ambiente.



Codice: lingua, gesti, abiti ecc.

1 Si definiscono deittiche quelle espressioni aventi la funzione di identificare l’elemento spazio-temporale di un enunciato (ad esempio questo, quello, qui, ora) o di individuarne i protagonisti (io, lei, etc.).

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Comunicazione mediata. Questa distinzione assume ai giorni nostri una grandissima rilevanza, essendo cresciute in maniera esponenziale proprio le forme di questo tipo di comunicazione. Essa rappresenta un’interazione non diretta, ma dotata, come l’interazione faccia a faccia, di un carattere dialogico, e che, pertanto, trova una mediazione attraverso specifici canali comunicativi quali le lettere, il telefono, o anche Internet (in relazione ad alcuni servizi da esso offerti quali, ad esempio, l’email). L’interazione mediata costituisce dunque un tipo di comunicazione che richiede l’uso di un mezzo tecnico (carta, elettricità, etc.) tale da consentire il trasferimento di contenuti tra soggetti distanti spazialmente e/o temporalmente, ma che nel contempo conserva una natura dialogica, a cui si associa il fatto che gli interlocutori sono sempre identificabili, specifici e particolari. Naturalmente, non ci troviamo più in un contesto di compresenza, e ciò fa sì che non sia più possibile ricorrere alle espressioni deittiche; inoltre gli indizi simbolici (quelli conferiti dalla comunicazione non verbale) sono più limitati, con l’eventualità che la conversazione rischi di diventare più ambigua. Ecco quindi che le principali caratteristiche della comunicazione mediata risultano essere: ▪

La mancanza della compresenza fisica e una parte di estensione sensoriale (tatto, olfatto e delle volte vista).



L’essere più selezionata in quanto si effettua una scelta ben consapevole della persona a cui ci si desidera rivolgere.



Il codice si basa quasi totalmente sulla voce e sui toni.

Resta infine da discutere rapidamente la quasi-interazione mediata, ovvero quella situazione comunicativa caratterizzata da una sostanziale asimmetria tra emittente e destinatario del messaggio, determinata dall’uso dei mass media che ormai possiamo definire “tradizionali”: televisione, cinema, radio, stampa. Non è un caso che si parli di quasi-interazione e non di interazione nel senso pieno del termine2, dato che in realtà il soggetto diventa il tal caso un fruitore di contenuti da altri veicolati, che conserva sì – oltre naturalmente alle proprie personali capacità interpretative e di elaborazione del messaggio – alcune possibilità di utilizzo della stessa fonte che trasmette le forme simboliche (zapping, interventi telefonici in diretta tv, lettere ai giornali, ecc.), ma che fondamentalmente vive una condizione di non reciprocità rispetto a chi divulga i contenuti. 2

Tuttavia va ricordato che la quasi-interazione mediata, pur essendo una forma di interazione sui generis, definita nel suo significato dal quasi, è pur sempre annoverabile nella categoria delle comunicazioni, poiché, infatti, unisce gli individui in un processo di comunicazione e di scambio simbolico, creando una particolare situazione sociale, asimmetrica, ma ricca e differenziata.

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Nella quasi-interazione mediata, dunque, la comunicazione è a distanza, come nel caso di quella mediata (con la conseguente riduzione degli indizi simbolici utilizzabili), ma non è più dialogica, visto che il rapporto comunicativo non è reciproco, il flusso informativo è unidirezionale e gli interlocutori, o meglio, i destinatari, non sono singolarmente identificabili.

Comunicazione di gruppo. I gruppi sono la condizione necessaria per l’elaborazione e la conservazione dei sistemi di comunicazione. Se prendiamo ad esempio una situazione di interazione di gruppo, come una lezione o una conferenza, possiamo subito notare delle evidenti peculiarità, quali: ▪

L’emittente è un soggetto individuale che si rivolge a un “pubblico”.



Il destinatario è un soggetto collettivo che reagisce, quindi dotato di una propria coscienza e di un proprio senso critico;



Si presuppone ovviamente la compresenza fisica e una quasi-estensione sensoriale.



Canale: aria, luce, ambiente, apparecchi tecnici.

Comunicazione essere umano-macchina. Il modello di comunicazione uomo-macchina è simile a un modello di comunicazione persona-persona in cui il messaggio è dato dall’input (azioni, scelte, concatenazioni logiche), il canale è costituito dall’hardware e il codice dal software. L’interfaccia può essere vista come un messaggio inviato dal progettista o sviluppatore all’utente. Entrambi sono in possesso di un proprio modello mentale (una rappresentazione selettiva della realtà che si evolve con l’esperienza individuale e l’interazione con cose e persone) e di un modello concettuale su ciò che deve fare l’interfaccia.

Modelli concettuali Donald Norman. Secondo Norman l’usabilità di un prodotto software misura la distanza cognitiva tra due modelli: 1. Il modello del progettista (inteso non come singola persona ma come gruppo armonico).

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È il modello del prodotto, delle funzioni che esso deve svolgere e di come deve essere usato, che il progettista possiede in base alle sue conoscenze e che incorpora nel prodotto, ovvero l’affordance3 reale. 2. Il modello dell’utente. È il modello di funzionamento del prodotto che l’utente si costruisce (sempre in base alle sue conoscenze e abilità) e del tipo di interazione consentita, ovvero l’affordance percepita Norman la intende nell'accezione di autorizzazioni che l'oggetto sembra permettere. "Sembra", poiché secondo lui le proprietà possedute da un oggetto, in particolare di ordine ottico, dipendono da chi osserva l'oggetto. In altre parole chi percepisce un significato ci riesce perché possiede un sistema di raccolta dati che gli consente di ottenerlo. Per quanto a tutti coloro che usano un programma per il loro lavoro sembri che la comunicazione avvenga tra utente e interfaccia (programma che stanno usando), in realtà la comunicazione avviene tra i sistemi utente e progettista, tramite l’interfaccia, ovvero, esiste: ▪

L’utente, presente, attivo e consapevole, con il proprio modello mentale del mondo.



Il progettista, assente, e raramente conosciuto, con il proprio modello mentale del mondo.



L’interfaccia, presente, che rappresenta il modello mentale del progettista relativo al prodotto congelato nel sistema.

Modello progettuale

Modello dell’utente

PROGETTISTA

UTENTE SISTEMA Immagine del sistema

Il progettista comunica con l’utente attraverso l’idea di utente che ha inserito nel sistema e che si traduce in logiche d’uso. Se voglio avere un effetto incisivo rispetto a ciò che voglio comunicare, è necessario che io conosca bene il destinatario a cui intendo rivolgermi. Per sedurre bisogna cercare di conoscere una persona e, nel momento in cui la si è conosciuta, si tenta di avvicinarsi a ciò che è più vicino a quest’ultima, al fine di rendere il messaggio il più 3

La qualità fisica di un oggetto che suggerisce a un essere umano le azioni appropriate per manipolarlo. Questo concetto non appartiene né all'oggetto stesso né al suo utilizzatore ma si viene a creare dalla relazione che si instaura fra di essi.

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interessante possibile per l'altro. L'idea che ci si costruisce di chi sta dall'altra parte è quindi intrinseca nel messaggio. Ad esempio, la persona che progetta una macchina deve pensare anche e soprattutto a chi la utilizzerà, cercando di renderla auto-evidente nel suo uso (esempio istruzioni Ikea: queste riportano le spiegazioni sotto forma di immagini, schematizzazioni e vignette, e non attraverso lunghe descrizioni scritte, proprio perché in questo modo si facilita la comprensione del montaggio al più vasto numero possibile di persone differenti).

Modello progettuale

Modello dell'utente

Progettista e utente non

PROGETTISTA

UTENTE

comunicano in modo diretto

SISTEMA (il frigo, il computer, la macchina del caffè) Il progettista comunica con

L'utente comunica col

l'utente attraverso l'idea di

progettista grazie all'immagine

utente che ha inserito nel

(il simulacro).

sistema, che si traduce in logiche d'uso.

Esistono diverse strategie per adattare un messaggio al più alto numero di individui possibile: la prima è differenziare il messaggio (le pubblicità, ad esempio, non vengono trasmesse attraverso un solo canale, come può essere la televisione), azione che dà la possibilità di attuare una prima selezione del pubblico a cui si è intenzionati a rivolgersi (non si troverà mai in un manifesto per strada la pubblicità di una poltrona da dentista). L’Emittente può selezionare i propri destinatari utilizzando linguaggi o canali diversi, in modo da stratificare le modalità di interazione con i riceventi del suo messaggio. Quindi, meno si conosce il proprio destinatario, meno probabilità si hanno di terminare efficacemente la comunicazione, ovvero di far arrivare il proprio messaggio al pubblico designato. La seconda strategia è invece caratterizzata dall’autoselezione, la quale si realizza quando, ad esempio, il pubblico di un programma televisivo o i lettori di un determinato giornale hanno già attuato da sé una determinata scelta di fruizione in ragione del proprio orientamento ideologico/culturale ecc.

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LE COMUNICAZIONI DI MASSA Tecnicamente, le comunicazioni di massa sono l’insieme dei mezzi per far conoscere, diffondere e divulgare messaggi significativi a un pubblico anonimo, indifferenziato e disperso, attraverso tecniche con le quali gruppi specializzati elaborano e diffondono informazioni, segni e simboli carichi di valori diversi. La comunicazione di massa utilizza modi di trasmissione di natura assai varia: scrittura, audiovisivi, cassette, bande magnetiche, sistemi elettronici, televisione, radio, cinema, stampa e Internet, solo per citare i più utilizzati. Attraverso questi mezzi si è venuta a creare una nuova cultura, fondata sui modi di trasmissione utilizzati piuttosto che sui contenuti dei messaggi divulgati: la forma tecnica data ai contenuti comunicati cambia la natura stessa di questi contenuti. La comunicazione è trasmissione, la quale però è utile nella misura in cui il destinatario l’accoglie. Per facilitare questa ricezione, l’informazione deve ricorrere alla ripetizione, alla persuasione e a fattori colorati d’affettività. Importanti a questo proposito sono gli studi di Harold Dwight Lasswell (1948), sulla b...


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