Teorie delle comunicazioni di massa- Sara Bentivegna (2005 ) PDF

Title Teorie delle comunicazioni di massa- Sara Bentivegna (2005 )
Course Sociologia
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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E COMUNICAZIONI DI MASSA. 1.1 DI MASSA. Gili (1990) definisce la di massa, in riferimento alle moderne avviate alla fine del XIX secolo, come una in cui le istituzioni relative ai diversi sottosistemi sociali sono organizzate in modo da trattare con vasti insiemi di persone considerate come indiffer...


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1.SOCIETA’ E COMUNICAZIONI DI MASSA. 1.1.LA SOCIETA’ DI MASSA.

Gili (1990) definisce la società di massa, in riferimento alle società moderne avviate alla fine del XIX secolo, come una società in cui le istituzioni relative ai diversi sottosistemi sociali sono organizzate in modo da trattare con vasti insiemi di persone considerate come unità indifferenziate di un aggregato o massa. Si tratta di società composte atomisticamente da individui che non appartengono più ad un certo segmento o status sociale, ma hanno accesso ai diversi sistemi differenziati per funzioni specifiche svolte nei diversi momenti della loro vita. Saint-Simon (1760-1825) è considerato il fondatore del socialismo moderno e della sociologia positivista. Elabora il concetto di società organica all’interno della quale esiste armonia tra i soggetti che sono parti di un organismo. Per affermare questo modello di società, essa deve fondarsi su basi scientifiche e sul lavoro industriale, dove l’unico potere legittimo è quello economico. Questa fisiologia sociale considera la differenziazione delle parti all’interno dell’organismo sociale come inevitabile, che può essere controllato e organizzato su basi scientifiche. Comte (1798-1857), considerato il padre della sociologia, nel Corso di filosofia positiva elabora una concezione organica della società: la società è un organismo collettivo all’interno del quale troviamo una molteplicità di parti che operano in modo coordinato, ovvero ognuno ha un compito per mantenere un’armonia complessiva. Si intravede il concetto di specializzazione, rintracciabile per lui, in ogni aspetto della nostra vita sociale. Un eccesso di specializzazione potrebbe però ostacolare lo spirito d’insieme, dando vita a corporazioni incoerenti, disorganizzate ed incomunicabili. Saint Simon e Comte elaborano l'idea di una progressiva atomizzazione della società: a fronte della specializzazione delle funzioni, c'è il rischio di una perdita delle relazioni sociali tra individui, rappresentati sempre più soli e isolati. Tonnies (1855-1936) nel suo “Comunità e società” spiega che la comunità si riferisce ad un modo di sentire comune che fa sì che gli uomini si sentano parte di un tutto; la società è impersonale ed anonima, formata da individui che hanno relazioni tra loro in vista di un tornaconto personale. La comunità è un organismo vivente, la società è un prodotto meccanico. È consapevole dell’affermazione della società a danno della comunità a seguito dell’industrializzazione. Gli individui saranno sempre più soli fino ad arrivare all’anomia, ciò che Durkheim (1858-1917) definì nella “Divisione del lavoro sociale” come mancanza di norme. Durkheim definisce: la solidarietà meccanica, deriva dalle somiglianze tra gli individui, divisione del lavoro elementare e dà vita ad un essere collettivo; la solidarietà organica si fonda sulla differenza tra gli individui, divisione del lavoro molto sviluppata e vive grazie a relazioni formali e frammentate. Ciò che viene meno, tornando a Tonnies, è la capacità di sentirsi parte di una comunità e di stabilire relazioni sociali e quindi gli individui vivranno in isolamento, le loro relazioni saranno basate sull’impersonalità e saranno liberi da pressioni sociali vincolanti tanto da creare una situazione di anomia. 1.2 LA TEORIA DELLA SOCIETA’ DI MASSA.

Ne XX secolo nasce il concetto di massa, intesa come manipolabile e con un forte istinto di sottomissione, come teorizza LeBon. I teorici dell’élitismo, tra cui Mosca, Pareto e Michels, sostenevano che la massa è uno strumento di manovra a disposizione delle élite, in quanto disorganizzata a differenza dell’élite, gruppo omogeneo. Così accade che una minoranza organizzata governa una maggioranza disorganizzata. Ortega y Gasset (1883-1955) individua la massa, irrazionale ed incompetente, avvicinandosi al centro della società rischia di diffondere ignoranza, facendo venir meno la razionalità utile per preservare l’organismo sociale. Simmel (1858-1918) sostiene che la massa sia l’esaltazione delle parti che accomunano gli individui e non di quelle che li differenziano. Sottolinea poi i tratti di irrazionalità, disorganizzazione ed isolamento degli individui delle società di massa. Per Blumer (1900-1987) la massa è un aggregato di individui anonimi tra i quali c’è scarsa interazione e organizzazione. Teoria della società di massa: nella società contemporanea sono scomparsi i gruppi primari, gli individui sono isolati, annullano i tratti personali a favore di quelli impersonali, il pubblico delle comunicazioni di massa è atomizzato e i mezzi di comunicazione di massa sono onnipotenti e consentono a chi li controlla di manipolare gli individui. Wolf (1985) sostiene che l’isolamento del singolo nella massa anonima è il prerequisito della prima teoria sui media; infatti la società prodotta dalla rivoluzione industriale è attraversata dai mezzi di comunicazione di massa.

1.3 LA TEORIA IPODERMICA, OVVERO LA TEORIA CHE “NEVER WAS”. ( R): S → R.

La teoria ipodermica, bullet theory (teoria del proiettile magico) o teoria della cinghia di trasmissione, sviluppata negli anni 40, fa riferimento a un modello comunicativo di relazione diretta tra stimolo e risposta. Si postula questa teoria a partire da quella della società di massa ed è la prima teoria che dà conto della presenza dei mass media e che può essere ricondotta ad un modello: un dispositivo di connessioni che lega emittente e destinatario, annullando ogni variabile interveniente e di contesto. I Lang (1981) la definirono una teoria che “never was” a causa dell’estraneità mostrata dagli scienziati sociali, ma fu recuperata per spiegare il carattere manipolatorio delle comunicazioni di massa. Il potere dei media sembra non avere ostacoli nell’imporre alla massa la propria volontà, non a caso Noel-Newmann (1973), nella ricostruzione a cicli della teoria della comunicazione, la colloca nella fase dei media potenti. L’approccio behaviorista, saldandosi alla teoria della società di massa, suggellava una visione del rapporto tra individui e mezzi di comunicazione di massa determinato interamente da questi ultimi. Per ciò che riguarda il contesto sociale,politico e culturale, circolava una preoccupazione circa i rischi derivanti dal ricorso alla propaganda. Questa preoccupazione fu data dalla grande guerra e l’apporto di stampa, radio e cinema. Non vi sono più relazioni, gli individui sono soli, esposti agli stimoli dei media e quindi, non essendovi barriere, i messaggi colpiscono come un proiettile magico gli individui indifesi, che ricevono messaggi mediali in modo standard. Postulati della teoria ipodermica: il pubblico è una massa indifferenziata, formata da individui isolamentio; i messaggi veicolati dai media sono potenti fattori di persuasione; gli individui sono indifesi di fronte al potere dei media; i messaggi sono ricevuti da tutti allo stesso modo. Shannon e Weaver (1949) elaborarono la teoria matematica della comunicazione sulla trasmissione ottimale dei messaggi. Nel loro modello matematico-informazionale esiste un messaggio trasmesso tramite un segnale da un emittente attraverso un canale e ricevuto ed interpretato da un destinatario. Durante il viaggio nel canale il messaggio può essere disturbato da una fonte di rumore, come formulerà più tardi Eco. Eco sostiene che questo schema può essere applicato ad una comunicazione tra macchine, tra esseri umani e tra macchine ed esseri umani. Il momento dell'attribuzione di significato al messaggio da parte del ricevente: esso è semplicemente dato una volta per tutte a tutti. 1.4 IL MODELLO DI LASSWELL.

Wolf (1985) vede un perfezionamento della teoria di Lasswell, fondatore della content analysis, su quella ipodermica e questo riguarda il fatto di sottolineare come l’iniziativa sia esclusivamente del comunicatore e gli effetti siano esclusivamente sul pubblico, quindi il destinatario è completamente passivo. Secondo Lasswell bisogna concentrarsi su “chi -dice cosa -a chi -con quale effetto”. Wolf però critica anche questo modello in quanto si esclude a priori che il destinatario abbia un ruolo attivo e che abbia contatti con l’emittente. 1.5 L’ALLARME PER GLI EFFETTI DEI MEDIA: I PAYNE FUND STUDIES.

I Payne Fund Studies (1929-1932) riguardano gli effetti del cinema sulle giovani generazioni, dato che il cinema ebbe grande successo per la sua economicità di consumo. Le aree di interesse di questi studi riguardano: -gli effetti del cinema sugli atteggiamenti degli individui; -gli effetti del cinema sul comportamento quotidiano degli individui. Peterson e Thurstone studiarono gli effetti sugli atteggiamenti di bambini nei confronti di altri gruppi etnici prima e dopo la proiezione di film riguardanti temi come la pena di morte. Blumer ha invece dimostrato come il cinema influenzi i bambini quando propone soggetti nei quali identificarsi e quando fornisce comportamenti da adottare nei giochi con i compagni. Blumer aggiunge anche che i film propongono modelli di vita estranei a molti individui, anche negli adulti, i quali modellano la loro concezione di tali modelli di vita. Questi studi furono criticati per la mancanza di accuratezza metodologica, ma pongono le basi per nuove ricerche.

2. LO SVILUPPO DELLA RICERCA EMPIRICA: DALLA MANIPOLAZIONE ALLA COMUNICAZIONE PERSUASORIA. 2.1 LA SCOPERTA DELLE VARIABILI INTERVENIENTI.

L’attenzione degli studi si concentra sugli effetti dei media nei confronti di atteggiamenti ed opinioni a breve termine del pubblico, si tratta cioè degli effetti delle campagne dei media che sono voluti e progettati dagli stessi emittenti. Katz e Lazarsfeld introdussero il concetto di variabili intervenienti, variabili che, in certe condizioni, contribuiscono a facilitare il flusso delle comunicazioni tra media e masse e, in altre condizioni, a bloccare tali comunicazioni. Questi studi hanno posto le basi per le teorie dell’influenza selettiva, un’influenza che deve fare i conti con le differenze individuali e con la capacità del pubblico di sottrarsi ai messaggi, fino ad eliminarli. Si costituiscono le basi anche per gli effetti limitati dei media. Si passa quindi dal concetto di manipolazione a quello di comunicazione persuasoria (Klapper). 2.2 IL TRIONFO DELLA RADIO: IL CASO DELLA GUERRA DEI MONDI.

Una ricerca sul rapporto tra media e individui fu portata avanti da Cantril (1940) che analizzò le reazioni di panico derivanti dall’ascolto del radiodramma La guerra dei mondi, dimostrando come lo stesso messaggio può essere interpretato in modo diverso da persone diverse a seconda di alcuni fattori di mediazione. Nel 1938 fu mandato in onda un radiodramma di Orson Welles La guerra dei mondi e su circa 6 milioni di radioascoltatori, un milione credette che gli USA fossero stati invasi dai marziani. I disagi provocati videro assalti alle stazioni autobus, telefonate ai giornali e polizia, code in autostrada. Cantril avanzò una ricerca per capire le condizioni che avevano indotto le persone a credere a quanto veniva raccontato: tono realistico, affidabilità della radio, uso di esperti e località esistenti, sintonizzazione a programma già iniziato. Sottolinea poi la diversità dei comportamenti di fronte all’influenza di un medium e divide in gruppi i radioascoltatori, dimostrando che furono influenzati dal loro grado di istruzione, da aspetti religiosi e della loro personalità: alcuni dimostrarono abilità critica, fecero controlli interni ed esterni al programma, pensando che erano eventi troppo fantastici per essere veri o cercando riscontro nei giornali; altri si convinsero della veridicità del fatto e altri ancora non effettuarono controlli perché certi della veridicità del medium. 2.3 I FATTORI DI MEDIAZIONE RISPETTO AL PUBBLICO.

Klapper (1960) divide i fattori di mediazione rispetto al pubblico, fattori intervenienti che favoriscono o ostacolano l’esposizione a certi messaggi (l’audience può sottrarsi al messaggio mediale), e i fattori di mediazione rispetto al messaggio, fattori intervenienti che fanno riferimento al contenuto e alle modalità di presentazione di questo. Klapper sostiene che la comunicazione persuasoria agisca più per rafforzamento che per conversione, e spesso gli individui si sottraggono ai comportamenti contraddittori alle loro opinioni preesistenti. La variabile interveniente dell’esposizione selettiva (esporsi volontariamente ad un messaggio che ritengo coerente al mio modo di pensare) aiuta a comprendere l’insuccesso di alcune campagne. Lazarsfeld, Berelson e Gaudet dimostrano che bisogna avere interesse ad acquisire una data informazione. Come già teorizzato da Festinger nel concetto di dissonanza cognitiva, gli individui sono più propensi ad esporsi a messaggi che riducono la discrepanza tra il comportamento e ciò in cui essi credono. Allport e Postman analizzarono invece la metamorfosi delle dicerie, scoprendo che alcuni messaggi vengono trasformati in base alle proprie credenze. Cooper, Kendall e Wolf studiarono il pregiudizio razziale: utilizzarono delle vignette satiriche contro il pregiudizio razziale, ma chi era affetto da quel pregiudizio riusciva a distorcere il messaggio a suo favore. Altra tecnica è poi la memorizzazione selettiva, ovvero un ricordo selettivo. L’effetto Bartlett porta nel tempo a ricordare solo gli elementi più vicini al proprio modo di pensare, mentre il sleeper effect spiega come, se in un primo momento la persuasione sembra nulla, col tempo si ricorderà il contenuto del messaggio. 2.4 I FATTORI DI MEDIAZIONE RISPETTO AL MESSAGGIO.

Hovland sostiene che l’ efficacia della comunicazione dipenda dal comunicatore. Individua alcuni elementi rilevanti per facilitare o ostacolare l’efficacia dei messaggi persuasori: -credibilità della fonte; -ordine e completezza delle argomentazioni; -esplicitazione delle conclusioni.

3. GLI EFFETTI LIMITATI DEI MEDIA. 3.1 LA CENTRALITA’ DELLE RETI SOCIALI.

La ricerca di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet sulla campagna presidenziale del 1940 notò che le persone giungono ad una decisione di voto grazie alle influenze personali ; chi era meno informato contava sulle occasioni di conversazione politica; chi aveva cambiato idea nel corso della campagna fu influenzato da conoscenti. La comunicazione non riguarda individui atomizzati, ma inseriti in reti sociali che costituiscono punti di riferimento. Katz e Lazarsfeld elaborarono il Personal Influence, dove dimostrarono il potere di influenza di un leader di opinione all’interno di un gruppo primario. L’esperimento condotto da Roethlisberger e Dickson negli stabilimenti Hawthorne a Chicago iniziò nel 1927 e durò due anni: la produzione degli operai rimaneva costante con qualsiasi variazione luminosa, mentre le preoccupazioni dei lavoratori riguardavano le norme autoprodotte dagli operai stessi che regolavano l’appartenenza al gruppo (non devi produrre troppo o troppo poco, non devi mantenere le distanze sociali e non devi agire contro gli altri operai). Shils condusse una ricerca sui soldati americani durante la seconda guerra mondiale. The american soldier fece notare la presenza di un gruppo primario all’interno dell’esercito: la solidarietà di gruppo rafforzava la motivazione dei soldati. Merton elaborò il concetto di privazione relativa, ovvero una privazione che deriva da un’aspettativa (minore era la possibilità di promozione, maggiori sono le opinioni riguardo alla possibilità di promozione, in quanto il soldato si identificava col reparto con più frequenti promozioni). 3.2 L’INFLUENZA PERSONALE E IL FLUSSO A DUE FASI DELLA COMUNICAZIONE.

Dalla ricerca di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet possiamo comprendere che il peso dell’influenza personale deriva dal contatto face to face, dalla casualità e non intenzionalità, della flessibilità e quindi la possibilità di rafforzare concetti più vicini all’interlocutore per evitare effetti boomerang. I contatti personali offrono una ricompensa immediata, ad esempio l’emarginazione da un gruppo, nella società dei media, dove c’è infatti una forte spinta al conformismo sociale; la fiducia e il prestigio attribuito a chi parla, tanto da iniziare a considerare l’importante spinta del leader di opinione. Katz e Lazarsfeld elaborano il modello del flusso a due fasi della comunicazione, che si stacca dalla teoria ipodermica: le idee passano dai media ai leader e da questi alla parte meno attiva della popolazione. McQuail e Windahl affermarono che: gli individui non sono isolati socialmente; la risposta ai messaggi mediali è mediata e influenzata dalle relazioni sociali; esistono un processo di ricezione e attenzione e uno di risposta; gli individui hanno ruoli differenti nel processo comunicativo; i leader hanno un consumo mediale maggiore e la percezione di sé come soggetti influenti. Per Katz e Lazarsfeld la leadership orizzontale è un’influenza esercitata tra simili; mentre la leadership verticale riguarda un’influenza esercitata da soggetti posti ad un livello superiore della scala sociale. Merton distingue tra leader di opinione locale che vive all’interno della comunità e gli è riconosciuta autorevolezza per le sue idee, saggezza ed impegno in svariati ambiti, per questo è polimorfico; il leader di opinione cosmopolita è una persona che non fa parte della comunità, consuma media di qualità elevata e ed è molto informato in ambiti circoscritti, è monomorfico. 3.3 GLI EFFETTI DEI MEDIA TRA RAFFORZAMENTO E CONVERSIONE.

Klapper sostiene che la comunicazione persuasoria tenda ad agire più sul rafforzamento che sulla conversione. I rari casi di conversione dipendono da una condizione di estraneità verso gli argomenti presenti nei messaggi mediali. L’efficacia della comunicazione di massa nella creazione di opinioni andrebbe misurata in soggetti privi di opinione, per non confondere neutralità e rafforzamento. Sostiene che le comunicazioni di massa, per avere effetti sull’audience, devono essere accompagnate da fattori di mediazione che modificano o rafforzano l’opinione. 3.4 IL PARADIGMA DEGLI EFFETTI LIMITATI DEI MEDIA.

L’offerta mediale oggi disponibile crea infinite reti sociali, ed è impossibile ignorarla, anche se molti criticano la Personal Influence. Gitlin (1978) parlando di paradigma degli effetti limitati dei media si riferisce alla limitatezza degli effetti dei media. Robinson dà un apporto alla ricerca introducendo coloro che non discutono, ovvero coloro che non si fanno coinvolgere nelle discussioni tra leader e influenzati, ma sono più facilmente influenzabili dai media. Altri sviluppi riguardarono la diffusione delle notizie: i soggetti che vengono a conoscenza di notizie di nicchia attraverso i contatti personali è molto bassa, mentre più soggetti vengono a conoscenza di queste notizie se si tratta di temi forti.

4. LA TEORIA DEL FUNZIONALISMO E L’APPROCCIO DEGLI USI E DELLE GRATIFICAZIONI. 4.1 ELEMENTI DELLA TEORIA FUNZIONALISTA.

Il funzionalismo, elaborato già da Spencer, Comte e Durkheim, vede la società come un insieme di parti interconnesse nel quale nessuna può essere compresa se isolata e un qualsiasi mutamento di una ha ripercussioni sulle altre parti. Parsons sostiene che nella società esistono istituzioni (sottosistemi) che operano per mantenere l’equilibrio, risolvere problemi o bisogni fondamentali, ovvero gli imperativi funzionali. Tali imperativi sono i problemi che ogni sistema sociale deve affrontare: adattamento all’ambiente; raggiungimento di un fine; integrazione delle varie parti; mantenimento e gestione delle tensioni. Affinché questi imperativi funzionino, tutti i sottosistemi devono collaborare, anche i media. Merton introduce il concetto di disfunzione, non tutte le istituzioni esistenti sono funzionali per la società. Divide poi le funzioni manifeste (conseguenze attese) e le funzioni latenti (conseguenze non intenzionali). 4.2 LE FUNZIONI DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA.

Le comunicazioni di massa vengono ora analizzate non più in relazione agli effetti di persuasione o influenza prodotti ma alle funzioni/disfunzioni che vengono attivate. Lasswell individua tre funzioni principali: il controllo dell’ambiente, ovvero raccolta e distribuzione delle informazioni; l’interpretazione delle informazioni relative all’ambiente per conto delle varie parti; la trasmissione del pa...


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