Riassunto CAP 1-7 - Fondamenti di scienza politica, Il Mulino PDF

Title Riassunto CAP 1-7 - Fondamenti di scienza politica, Il Mulino
Author Maddalena Rata
Course Scienza politica
Institution Università degli Studi di Macerata
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1.LA POLITICA COS'E' LA POLITICA? Alla politica si può attribuire la realizzazione di condizioni di pace e di sicurezza all'interno e all'esterno di un paese, le garanzie della libertà o l'oppressione, una grande protezione sociale o l'emarginazione, l'uguaglianza nelle opportunità o la disparità della stessa. Per Sartori, con Machiavelli la politica diventa una scienza, quindi nella prospettiva della scienza politica bisogna cercare una definizione empirica capace di cogliere la realtà concreta che abbracci la politica dalle tribù primitive agli stati contemporanei democratici e non. Il cittadino di oggi vede la politica come un insieme di attività tra politici e partiti in cui il cittadino singolo partecipa solo nel momento delle elezioni e che col passare degli anni guarda sempre con maggior distacco. CHI LA FA? (I SUOI ATTORI) Secondo Weber, al giorno d'oggi la politica è fatta di professionisti a tempo pieno, che vivono di e per la politica. Oltre ai politici di professione, esistono altre figure che partecipano alle loro stesse attività: questi attori non sono semplicemente politici, perché si collocano anche in altre attività. Ad esempio nell'antichità, la sfera familiare, che oggi consideriamo lontana dalla politica, era la principale sfera politica in quanto le famiglie dei sovrani determinavano le realtà politiche di alcuni paesi. Anche oggi troviamo casi di parentela in eventi elettorali. Quindi la politica non è il terreno esclusivo di azione di attori la cui identità è unicamente politica, ma si presta ad incursioni di soggetti che provengono da altri ambiti. Non è possibile identificare in modo incontrovertibile la politica in base agli attori che la impersonano; la tipologia degli attori però consente di distinguere tra politiche diverse (es. democratica o autoritaria). COME SI FA? (IL SUO MODUS OPERANDI) L'agire politico, pluralista, democratico, si contrappone alla soluzione militare (che è comunque un particolare tipo di agire politico, es. colpi di stato, guerre) per la risoluzione di un conflitto. Si distingue da altri ambiti per i modi in cui si fa e gli attori che la fanno. Ciò che caratterizza la politica è: 1.

Un modus operandi non violento e basato sul dialogo, contrapposto ad uno coercitivo;

2.

Decisioni imposte d'autorità piuttosto che sul libero scambio;

3.

Il ricorso a valutazioni di interesse pubblico piuttosto che utilitaristiche o personali;

4.

Il carattere pluralistico e non monistico e gerarchico;

5.

Il prevalere dell'opinione e la ricerca del consenso piuttosto che la ricerca della verità.

Esistono essenzialmente due modi di fare politica: uno violento, l'altro pacifico. Il concetto di potere è la capacità di indirizzare i comportamenti di altri soggetti nella direzione voluta ed è una condizione degli attori politici i quali occupano un posto rilevante insieme con la ricerca, la conquista, l'utilizzazione e la difesa del potere stesso. Il potere non caratterizza un ambito specifico, infatti accanto a questo si trovano partecipazione e solidarietà, altri modi importanti di fare politica. Il dialogo si contrappone alla violenza. La convinzione alla coercizione. La decisione alla non decisione. Anche elementi normalmente considerati della vita privata possono assumere valore politico, se “politicizzati”, come l'abbigliamento (sanculotti) o i gesti (pugno chiuso o braccio teso): ancora una volta permettono di distinguere tra politiche diverse, ma non di definire la politica. DOVE SI FA? (la sede collettiva) Anticamente, pensando alla radice etimologica, il luogo dove si faceva politica era la polis greca. Nel corso del tempo si è svolta in tribù, città-stato, regno, impero, stato-nazione. Questo può differenziare la politica da altre sfere di attività umana, quella economica, morale e religiosa: •

Nello scambio economico vi è un rapporto reciproco in cui non conta l'identità come in politica.



Nella dimensione morale è centrale il rapporto tra l'io e gli altri, più che l'aspetto collettivo.

• Nella religione il rapporto tra l'io (individuo) e la divinità, che va oltre l'appartenenza a un gruppo. Il carattere collettivo è un aspetto proprio dell'esperienza politica: ciò collega la politica allo stato (inteso come territorio o meglio sfera di validità giuridica, sovranità intesa come supremazia, quindi monopolio dell’uso legittimo della forza, e

popolo), che non sempre corrisponde ad un'identità fatta di contenuti culturali, etnici, linguistici, di tradizioni storiche comuni, che distinguono una popolazione da un'altra. PERCHE' SI FA? (I SUOI MOLTEPLICI OBIETTIVI) Weber osservava che non vi è scopo che i gruppi politici non si siano qualche volta proposto. Difficile dunque distinguere la politica da altri ambiti (es: economia, morale e religione). Secondo Bobbio il fine minimo attribuibile ad ogni entità politica collettiva è la responsabilità dell'ordine , di assicurarlo all'interno di determinati confini, garantendo la convivenza pacifica, esigenza fondamentale dell'uomo. Un'entità diventa politica (si politicizza) se si pone come la collettività all'interno della quale questo problema viene affrontato (anche se non necessariamente risolto). Così facendo si crea una potente forma di coesione e di identità collettiva, separando gli esterni che non fanno parte della stessa collettività. Alla responsabilità dell'ordine interno si affianca quella di difesa verso l'esterno -> sovranità interna ed esterna. NB. L'ordine è però un fine intermedio, in vista di altri obiettivi, che riguardano il cosiddetto “indirizzo politico” (le scelte di determinati mezzi e in qualche caso anche di fini). DEFINIZIONE DI POLITICA Altri ambiti collettivi: associazioni, gruppi e imprese hanno la caratteristica di essere passaggi intermedi. All'interno di queste organizzazioni si pongono problemi politici di conquista e gestione del potere. In queste l'aspetto politico resterà secondario fintanto che non subiranno un processo di politicizzazione. → All'interno della comune categoria politica, si differenziano una pluralità di politiche particolari, con tratti molto diversi. La politica è un mezzo per i contenuti più diversi. → La politica è l'insieme di attività, svolte da uno o più soggetti individuali o collettivi, caratterizzate da comando, potere e conflitto, ma anche da partecipazione, cooperazione e consenso, inerenti al funzionamento della collettività umana ed alla distribuzione interna di costi e benefici, materiali e non. Riguarda la gestione della collettività responsabile dell'ordine pacifico. La politica si configura come un'invenzione umana, collettiva o individuale, spesso inconsapevole, spesso risultato di piccoli mutamenti che si sono accumulati. Vari autori hanno definito la politica: •

Weber: è il monopolio dell'uso legittimo della forza (è la definizione di potere).



Schmitt: guida la logica amico/nemico.



Lasswell: è la distribuzione delle risorse, chi quando e come.



Easton: è la distribuzione imperativa di valori nell'ambito di una comunità.



Sartori: è la sfera delle decisioni colletivizzate sovrane (però coercizzate).

POLTICS (POTERE ISTITUZIONI) Si riferisce alla sfera del potere, quindi alla sua natura, alla sua distribuzione e trasmissione, al suo esercizio ed ai suoi limiti -> responsabilità della politica. Potere è da intendersi anche come la capacità di influire sulle decisioni prese dagli individui (che deriva appunto dal monopolio dell’uso legittimo della forza). Nei regimi democratici la quotidianità dell'esercizio del potere si presenta sotto forme benigne, ma non possiamo dimenticare che al fondo rimane la possibilità del ricorso alle forme estreme di coercizione. I momenti di crisi politica sono l'incapacità di fare ricorso a queste risorse estreme per fronteggiare una grave minaccia interna o esterna all'ordine pacifico. Lo studio del potere si può articolare su due piani: 1) Analisi delle architetture del potere, ovvero i regimi politici. Si tratta dell’analisi degli elementi differenziali che caratterizzano il determinato regime politico, delle caratteristiche specifiche. 2) Studio degli attori politici (leaders, partiti, gruppi di pressione, elettori, ecc.) e dei processi che vi si svolgono (elezioni, formazione e crisi dei governi, decisioni di governo e legislative). Per ciascuno di questi livelli possiamo distinguere due approcci di studio: • un approccio statico e di breve periodo, individua caratteristiche (o elementi differenziali), differenze ed interazioni tra i diversi regimi. •

un approccio dinamico e di lungo periodo, che si concentrano sulle trasformazioni di regime.

Analizza come le stesse componenti cambiano in un periodo di tempo più lungo.

POLICY (POLITICHE PUBBLICHE, PROGRAMMI D’AZIONE) E’ quella variegata realtà costituita dagli innumerevoli programmi d’azione, provvedimenti ed interventi che vengono proposti dagli attori politici e decisi nelle sedi politiche. Gli effetti di queste azioni ricadono sulla vita quotidiana dei cittadini. Studiare le politiche pubbliche significa: •

Analizzarne i contenuti e mettere in luce la distribuzione dei costi e benefici che esse comportano.



Indagare il processo di decisione nelle sue diverse fasi (dalla individuazione dei problemi.

• Studiare gli attori e le relazioni col processo di attuazione delle politiche nelle burocrazie pubbliche. L’attuazione di una politica non discende automaticamente dalla sua decisione ma richiede la collaborazione di molti altri soggetti e può essere facilitata, distorta o addirittura bloccata da questi.

POLITY (L’IDENTITÀ ED I CONFINI DELLA COMUNITÀ POLITICA) È la definizione di identità e confini della comunità politica (popolazione che insiste su un determinato territorio, con relative strutture e processi di mantenimento e cambiamento). I confini sono visibili grazie a separazioni simboliche (es bandiere, linee sulle carte geografiche, ecc..) o barriere fisiche (mura ecc..) o coercitive (presenza di truppe armate) -> i confini mutano con la polity. Ci sono polities ermeticamente chiuse verso l'esterno che minimizzano la possibilità di uscita e altre molto più aperte, in uscita ed entrata. L'epoca contemporanea è stata dominata dalla polity dello stato nazionale, ma non mancano anche polities costruite su basi multinazionali (ex imperi) o nelle quali un'identità nazionale complessiva convive con il riconoscimento al suo interno di identità distinte (Svizzera, Spagna…). Oggi la vicenda dell'integrazione europea mostra come, accanto a quelle nazionali, abbia potuto svilupparsi una polity basata su una comunanza di intenti. Il coinvolgimento degli individui nelle polities può differire a seconda del “grado” di cittadinanza o di sudditanza che ne qualifica i componenti. La natura della polity non dipende, infatti, solo dal principio sul quale essa si fonda, ma anche dalla sua organizzazione interna. Vi sono due poli estremi: • polity fortemente centralizzata ed omogenea, basata su un unico, coeso sistema di autorità. • polity a elevato grado di decentramento e differenziazione, che riconosce competenze politiche più o meno estese e un'identità propria a comunità territorialmente ristrette (regioni, province...). La costruzione o la crisi di una polity hanno a che fare con le capacità di azione e con i successi o gli insuccessi sulla scena internazionale. Tenere insieme una polity suppone lo sviluppo di tecnologie potestative adeguate al territorio, dunque capaci di assicurare il mantenimento dell'autorità al suo interno.

COME CAMBIA LA POLITICA Sono tre le grandi linee di trasformazione politica nell'ambito della polity negli ultimi duecento anni: la costruzione dello stato nazionale, la nascita e il consolidamento della democrazia e di un sistema di welfare state universalistico. Sul piano della politics, sembra netta la tendenza verso la democrazia, pur incontrando diversi limiti e possibili involuzioni. In molti paesi di consolidata democrazia il livello di partecipazione sembra diminuire, e altrettanto per la soddisfazione e la fiducia nei confronti delle sue istituzioni. La sovranità popolare non si realizza ancora completamente in ambito quotidiano. Lo sviluppo di gruppi di pressione o oligarchie populiste organizzate limita il ruolo degli individui comuni, che è la base della democrazia. Quanto al livello della policy l'emergere degli effetti perversi del welfare state, l'intensificarsi della concorrenza internazionale, iniziano a cambiare gli assetti. Nel settore pensionistico o sanitario si propone infatti di ridurre il ruolo dello stato a favore dei privati. Lo sviluppo dello stato interventista subisce la sfida rinnovata del mercato. Dunque il lungo ciclo della politicizzazione lascia intravedere la possibilità di una inversione di tendenze e di un processo di depoliticizzazione. Sul piano della polity il processo di diffusione degli stati nazionali sembra proseguire, ma fenomeni come l'integrazione europea, lo sviluppo di organismi internazionali e le spinte regionaliste segnalano una contemporanea spinta verso una limitazione della sovranità esterna degli stati.

2.DEMOCRAZIA, DEMOCRAZIE COS'E' LA DEMOCRAZIA “Potere del popolo” -> deriva dal popolo, appartiene al popolo, e deve essere usato per il popolo. La nozione di regime democratico configura quel tipo di politics-policy-polity in cui ai diritti della tradizione liberale (partecipazione politica dei cittadini, possibilità di dissenso, opposizione e competizione) si sono aggiunte le concezioni democratiche della sovranità popolare presuppone l’uguaglianza politica e sostanzialmente. Definizione minima: regime che presenta almeno: suffragio universale, pluralismo politico (più gruppi di interesse) ed di informazione, separazione dei poteri ed elezioni libere, competitive, ricorrenti (cioè a scadenze regolari), corrette e rilevanti (chi viene eletto ha potere effettivamente politicamente determinante). -Per Schumpeter è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare. -Per Lipset è un meccanismo sociale per risolvere il problema del decision-making nella società tra gruppi e interessi confliggenti, che consente alla maggioranza della popolazione di influenzare le decisioni, attraverso la capacità di scegliere tra contendenti alternativi per le cariche pubbliche. -Per Morlino (definizione empirica) è l’accordo-compromesso fra i conflitti politicamente rilevanti tra attori. -Per Popper consiste di governi di cui ci si può sbarazzare senza spargimenti di sangue (es. tramite elezioni) -> riprende von Clausewitz “la guerra non è che la continuazione della politica, con altri mezzi”. -Per Schmitter la moderna democrazia politica è un sistema di governo nel quale i governanti sono considerati responsabili (da cui la responsiveness o risposta dei governi) per le loro azioni nella sfera pubblica (indirizzo politico) da parte dei cittadini che agiscono indirettamente attraverso la competizione e la cooperazione dei loro rappresentanti eletti. -Sartori, invece, preferisce mettere l'accento non solo sulla competizione, ma anche sui valori: “è un sistema eticopolitico nel quale l'influenza della maggioranza è affidata al potere di minoranze (membri del governo e dei gruppi parlamentari) concorrenti che l'assicurano” appunto attraverso il meccanismo elettorale. Democrazia in senso formale formalizzazione, attraverso un insieme di procedure, dei diritti e delle libertà. -Kelsen afferma che, come metodo o procedura, la democrazia è una forma (è una garanzia), a differenza del contenuto dell'ordinamento che è un elemento materiale o sostanziale (decisioni). Il regime democratico consente la maggiore incertezza (in ordine al contenuto concreto delle decisioni) che è sempre relativa e non può superare certi confini-base definiti dalla salvaguardia delle proprietà privata. Quanto minore è la complessità delle articolazioni politiche (formali) che comunque sono forme di garanzia, tanto efficaci sono le decisioni. Secondo Bobbio, non tutte le decisioni devono necessariamente essere prese attraverso queste procedure. -Lijphart: dipende dalla propensione delle classi politiche all'accordo, al compromesso e dall’esistenza di una cultura politica omogenea o anche eterogenea (come nel suo paese d’origine, l'Olanda). CulturaCOMPETITIVA (élites conflittuali) CONSENSUALE (élites aperte all’accordo) OMOGENEA

CENTRIPETA (Inghilterra/Paesi Scandinavi) DEPOLITICIZZATA (U.S.A.)

ETEROGENEA

CENTRIFUGA (Italia/Francia)

CONSOCIATIVA (Olanda)

Lijphart ha costruito due modelli ideal-tipici di stato e di governo, ai quali si ispirano le moderne democrazie: MAGGIORITARIO, i rappresentanti raggiungono le proprie decisioni in base al principio di maggioranza. Corrisponde al modello Westminster (parlamento britannico), in cui vi è una accountability verticale (responsabilità del corpo elettorale e del governo); caratterizzato da: concentrazione dell’esecutivo in governi monocolore (singolo partito), dominio dell’esecutivo sul legislativo, sistema bipolare (a due partiti) maggioritario, unitarietà e centralizzazione dello stato, costituzione flessibile e banche centrali dipendenti dall’esecutivo. CONSENSUALE è opposto, ad evitare l’alienazione delle minoranze e la tirannia della maggioranza  dunque è basato maggiormente sul compromesso. Questo modello si caratterizza per: ripartizione del potere in ampie coalizioni multipartitiche a sistema proporzionale, equilibrio esecutivo-legislativo, decentramento amministrativo, costituzione rigida (Corte Costituzionale e procedura aggravata di revisione) e banche centrali indipendenti.

N.B. Il modello maggioritario è adatto a paesi con società omogenee, in cui l'asse destra-sinistra si avvicina al centro, ma non adatto in società plurali, perché non vi è la flessibilità necessaria e non risulterebbe democratico. Il regime democratico fin’ ora descritto, concerne la democrazia rappresentativa, la quale non comporta una partecipazione diretta dei cittadini, se non molto saltuariamente, al momento del voto; le decisioni sulla cosa pubblica vengono delegate ai professionisti della politica, attraverso una specializzazione dei compiti che fa del governare una professione particolare. Sotto questo profilo, è esistita (in antichità) anche la democrazia diretta, regime autoritario di fatto poiché in mano ai cittadini (una minoranza), con l’esclusione di donne, schiavi e stranieri. Le forme attuali di democrazia diretta sono: referendum, petizione popolare, legge di iniziativa popolare ed assemblea.

DEMOCRAZIE IDEALI (il “come dev’essere”, diverso dalle definizioni operative, strumentali, empiriche) -Morlino: quell'insieme di norme e procedure che risultano da un accordo-compromesso per la risoluzione pacifica di conflitti tra gli attori sociali politicamente rilevanti e gli attori istituzionali presenti nell'arena politica. -May: regime caratterizzato da necessaria corrispondenza tra gli atti di governo e i desideri di coloro che ne sono toccati. -Dahl: regime dalla continua capacità di risposta (responsiveness) del governo alle preferenze dei suoi cittadini, fatta valere attraverso la capacità di sanzione di chi vota, che valuta la contiguità delle risposte governative alle proprie preferenze. In assenza di cittadini partecipanti e consapevoli rimangono ancora, essenziali e ineludibili in democrazia: • L'esistenza sia di un'opposizione parlamentare attiva e attenta ai problemi dei diversi gruppi di cittadini, sia di mezzi di comunicazione essi stessi attenti a quei problemi e in competizione. •

L'efficienza degli apparati amministrativo e giudiziario, affinché gli stessi diritti siano effettivamente garantiti.

LE CONDIZIONI NON POLITICHE FAVOREVOLI: CULTURA Dahl enumera alcuni valori: la credenza nella legittimità delle istituzioni, nell'autorità, nelle capacità del regime, la fiducia rec...


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