Anni di piombo - Riassunto Scienza Politica PDF

Title Anni di piombo - Riassunto Scienza Politica
Author Leonardo Borsato
Course Scienza Politica
Institution Università degli Studi di Padova
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Summary

Tesina su incontri formativi...


Description

Borsato Leonardo Matricola: Tesina trattante “Anni di Piombo” (Incontro con esperto Luca Telese) Il retroscena degli “Anni di Piombo” Sono le 16.36 del 12 dicembre 1969, un normalissimo venerdì pomeriggio, tutti gli istituti di credito stanno chiudendo, tutti tranne la Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano, gremita ancora di molti clienti. Sono le 16.37, le voci delle persone all’interno della banca vengono interrotte da un rumore fortissimo, uno scoppio, come fosse una bomba. Un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode, uccidendo 17 persone e ferendone altre 87. Quest’avvenimento doloroso, quanto impressionante, può essere considerato come punto di inizio di quegli anni caratterizzati da terrore, violenza e dolore, denominati, non a caso, “anni di piombo”. Da qui inizia uno dei periodi più oscuri che caratterizzeranno la politica italiana. La Strage di Piazza Fontana può infatti definirsi la chiave di volta per l’ascesa del terrorismo in Italia. Lo stesso giorno, ad orari diversi, esplodono più ordigni, facendo aumentare il numero di morti e di feriti. Solo in quel giorno gli atti terroristici furono addirittura cinque, suddivisi in un lasso di tempo che non va oltre i sessanta minuti, colpendo contemporaneamente Roma e Milano, le maggiori città del paese. Dopo quel fatidico giorno gli attentati terroristici si moltiplicarono con metodi sempre diversi. Si può ricordare il rogo di Primavalle del 1973, primo delitto promosso da un movimento extraparlamentare chiamato “Potere Operaio”, dove persero la vita Virgilio e Stefano Mattei, figli di Mario Mattei (segretario della sezione Giarabub di Primavalle del Movimento Sociale Italiano) il quale doveva essere la vittima predefinita dell’attentato. Venne utilizzata la bomba “Lilli” (una tanica di benzina trattata con un particolare innesco che faceva detonare la bomba). In senso quasi di sfida gli attentatori lasciarono queste scritte sul selciato: “Brigata Tanas – guerra di classe – Morte ai fascisti – la sede del MSI – Mattei e Schiavoncino colpiti dalla giustizia proletaria”. Vennero incriminati tre esponenti del “Potere Operaio”, in seguito condannati dalla magistratura a diciotto anni di reclusione.

Nel 1974, un altro attacco passato alla storia come il primo delitto delle Brigate Rosse ebbe luogo in via Zabarella 24 a Padova, sede cittadina del Movimento Sociale Italiano. Cinque uomini incappucciati e armati di pistole con silenziatore entrarono e fecero una strage. Il giorno dopo, una telefonata anonima alla sede del “Gazzettino” confermò tutti i dubbi: fu opera delle Brigate Rosse. Per questo delitto fu accusato Renato Curcio, uno dei fondatori delle Brigate Rosse. Così, con una frase che fece rabbrividire l’Italia intera, descrisse in un suo libro l’accaduto di Padova: “L’omicidio di Mazzola e Giralucci? Per le Br è stato un incidente di percorso.” Nel 1975 ci fu un'altra strage, ricordata, oltre che per il numero di morti, soprattutto per la lunghezza del processo, che, solo nel 2017, portò alla condanna dei due responsabili. Si tratta dell’esplosione a Brescia del 1975 in Piazza della Loggia, provocata da una bomba nascosta in un cestino portarifiuti durante una manifestazione contro il terrorismo neofascista. Provocò otto morti e svariati feriti. Ciò che più fa riflettere fu il comportamento tenuto da un ufficiale dei servizi segreti, che dopo il fatto, invece di raccogliere tutte le prove disponibili, ordinò immediatamente dopo l’accaduto di pulire la piazza con gli idranti. Egli, infatti, verrà incriminato trentacinque anni dopo. Il 1975 verrà definito dallo scrittore e giornalista Luca Telese, nel suo libro “Cuori Contro”, come il “metronomo del sangue” per tutti gli omicidi politici, spesso immotivati, che stavano portando via il senso di un uomo, il valore della persona umana. Si ricorda in quest’anno così cruento, la sparatoria per le strade di Roma dove perse la vita Miki Mantakas, uno studente ventiduenne greco, giovane militante del Fronte Universitario D’Azione Nazionale (FUAN), trovatosi lì per manifestare in occasione del processo per il “rogo di Primavalle”. Segue poi, pochi mesi più tardi, la morte di un altro studente, stavolta sedicenne, sempre di destra, Mario Zicchieri, sopravvissuto alla sparatoria dove morì Mantakas. Mario venne ucciso perché alla ricerca di un testimone per il processo. Moriranno lui e il testimone, uccisi da un gruppo che fonderà la colonna romana delle brigate rosse. Queste faide non risparmiano nessuno, e sono principalmente i giovani a perdere la vita lasciando un vuoto enorme nel cuore di chi resta. Si ricorda tra queste vittime, Stefano Cecchetti, colpevole soltanto di portare i Camperos. Si tratta di particolari stivali definiti da alcuni giornalisti di “Lotta continua” come un simbolo di destra, in quanto, nel film “La febbre del sabato sera”, venivano indossati da un sottoproletario

che riuscì ad emanciparsi grazie al ballo. Questo film fu accusato di essere un film di destra, in quanto incitava al disimpegno. Stefano viene ucciso davanti ad un bar definito “fascista” perche spesso frequentato principalmente da persone di destra. Si verrà in seguito a sapere attraverso i suoi amici e compagni che lui non era né di destra, né di sinistra, anzi probabilmente non aveva nemmeno una vera e propria identità politica, ma indossava i Camperos in un bar di fasci.. Roma 10 Gennaio 1979, Stefano aveva 17 anni. Chiunque abbia vissuto in quegli anni, e ne sia sopravvissuto per raccontarli, certamente non scorderà mai quella calda mattina del 2 Agosto del 1980, quando nell’affollata stazione di Bologna, alle 10.25 esplode un ordigno contenente ventitré chili di esplosivo uniti a tritolo e T4. Verrà ricordato come il più grave atto terroristico della storia italiana ad oggi, e per anni rimarrà in Europa la strage con il numero maggiore di vittime (85 morti e più di 200 feriti) seconda oggi solo all’attentato nel volo della Pan Am ordito dalla Libia. Nell'immediatezza dell'attentato la posizione ufficiale sia del Governo italiano (allora presieduto da Francesco Cossiga), sia delle forze di polizia, fu quella dell'attribuzione dello scoppio a cause fortuite, ovvero all'esplosione di una vecchia caldaia sita nel sotterraneo della stazione. Tuttavia, a seguito dei rilievi svolti e delle testimonianze raccolte sul posto, apparve chiara la natura dolosa dell'esplosione, rendendo palese una matrice terrorista. Ciò contribuì ad indirizzare le indagini nell'ambiente del terrorismo nero . Le indagini proseguirono a rilento, infatti solo nel 1995 si arrivò ad una sentenza che condannò Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, accusati di appartenere alla banda responsabile della strage di Bologna. Nel 2007 verrà invece incriminato Luigi Ciavardini, che all’epoca era ancora minorenne. In Italia ormai la paura faceva da padrona. Queste stragi tremende quanto dolorose, raggruppano solo un piccolo numero di morti rispetto al numero effettivo raggiunto in quegli anni così sanguinosi. L’Italia ha conosciuto qualsiasi tipologia di terrorismo (terrorismo politico, terrorismo di Stato, terrorismo degli indipendentisti del Sud Tirolo ecc..) ma è stato anche l’unico stato a riuscire ad uscire e superare questa cruenta stagione di terrorismo, attraverso una grande e forte mobilitazione della società civile. Il popolo con le sue forze ne è piano piano uscito dimostrando solidarietà e solidità. In Italia l’avvenimento a cui si fa riferimento per inquadrare la fine del terrorismo politico è stata la morte di Aldo Moro (9 Maggio 1978), politico, accademico, giurista

italiano, cinque volte Presidente del consiglio dei ministri, segretario politico e presidente del consiglio nazionale della Democrazia Cristiana (DC). Rapito la mattina del 16 Marzo dalle Brigate Rosse e ritrovato morto il 9 Maggio dentro il portabagagli di una Renault 4 in via Caenza, a pochi passi dalla sede del partito comunista. Aldo Moro è stato ucciso dai brigatisti allo scopo di colpire la Democrazia Cristiana. Come si intende da una dichiarazione di Mario Moretti, brigatista italiano, lo scopo dell’attentato era di colpire l’artefice principale della solidarietà nazionale e dell’avvicinamento tra DC e PCI, la cui espressione sarebbe stata il governo Andreotti IV. La morte di Moro segnò la fine del terrorismo, non delle morti. L’ultima vittima degli anni di piombo fu Paolo Di Nella

(giovane

militante

del Fronte

della

Gioventù,

organizzazione

giovanile

del Movimento Sociale Italiano) aggredito mentre affiggeva manifesti a Roma la sera del 2 febbraio 1983. Morirà dopo 7 giorni di coma. Con la fine degli “anni di Piombo” viene sancita la vittoria del popolo ai danni dei terroristi. La coercizione popolare nonostante le continue batoste è riuscita a rimanere unita e solida superando uno dei periodi più difficili e sanguinosi della storia Italiana. Ma i veri vincitori, coloro che questa vittoria l’hanno sofferta più di tutti, sono state le madri e in generale i famigliari dei ragazzi uccisi nel corso di quegli anni, che sono riusciti a tenere viva la memoria e addirittura alcuni a perdonare coloro che sono stati i responsabili della morte dei loro figli, queste persone sono i vincitori di una guerra senza pace. Per anni, i racconti del terrorismo politico sono stati tratti da libri di ex terroristi pentiti ( e non) , poi tutto ciò è stato sostituito dalle parole delle vittime che sono riuscite ad uscire dalla “fossa di dolore” in cui si trovavano, e narrare i fatti, cambiando il racconto della storia e rendendolo indelebile per sempre....


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