Weber - Riassunto La scienza come professione-La politica come professione PDF

Title Weber - Riassunto La scienza come professione-La politica come professione
Author Giulia Manin
Course Scienza politica
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

Riassunto delle due conferenze di Weber aventi per oggetto la scienza e la politica come professione....


Description

1. Max Weber! Dopo il congedo militare nel 1915, egli collaborò con la sezione bavarese della Libera Associazione studentesca di Monaco, la quale organizzò una serie di conferenze su “Il lavoro intellettuale come professione”, rivolte ai giovani universitari democratici tedeschi. Le conferenze tenute da Weber verranno rielaborate per la stampa fra febbraio e marzo del 1919 ma non costituiscono un’unità. ! 2. La scienza come professione, 7 novembre 1917! In riferimento al termine tedesco beruf, Weber osserva l’ambivalenza fra professione e vocazione, essendo quella dello scienziato una missione spirituale che genera passione. In Europa la professione dello scienziato comincia dopo l’abilitazione con lezioni autodefinite e guadagnando con le tasse d’iscrizione, in attesa di una paga che rende difficile la carriera per chi non ha patrimonio, mentre in America si comincia ricoprendo il ruolo di assistente, fin da subito soggetto a stipendio nonché al rischio di licenziamento e dovendo rispettare il piano di insegnamento stabilito dall’autorità. Solitamente si preferisce concedere l’abilitazione solo a chi rispetta le esigenze dell’insegnamento e non a qualsiasi studioso, nonostante il rischio di favoritismi verso i propri studenti, perchè essere un buono studente non significa essere un buon insegnante. Inoltre mentre in Europa uno studioso si dedica meno di quanto vorrebbe all’insegnamento, ripiegando sul lavoro scientifico, in America il libero docente poiché pagato è sommerso di lavoro. Sempre più però si verifica una convergenza europea verso il modello americano di università come imprese capitalistiche di Stato, necessitando di un grande apparato amministrativo e comportando la separazione fra il lavoratore e i mezzi di produzione, con una sempre maggior dipendenza del professore dai mezzi messi a sua disposizione. Weber definisce tale processo burocraticizzazione, laddove per burocrazia si intende la forma di organizzazione dei ruoli, e ciò entra in contrasto con l’essenza del lavoro scientifico, sfavorendo l’innovazione. La capitalizzazione delle università porta ad allentare il rapporto fra ricerca e insegnamento e a far prevalere il caso nella scelta dei docenti, anche per le leggi della collaborazione fra uomini. La vita accademica è inoltre tendente alla mediocrità e l’unica cosa che può spingere uno studioso ad accettare la cattedra è la vocazione, che porterà poi a maturare l’esperienza vissuta della scienza, allontanandosi dal vedere il proprio oggetto di studio come mero strumento per i propri obbiettivi. Altro fattore è l’ispirazione, elemento necessario al lavoro scientifico nonché frutto di lavoro e passione. In secondo piano vi sono talento e personalità, derivata dall’esperienza vissuta e propria solo di chi riserva intima dedizione all’oggetto. Il lavoro scientifico è partecipe di un progresso infinito, poiché ogni nuovo risultato comporta delle nuove domande ed essere superato è il suo scopo. Il processo di razionalizzazione comporta una crescente intellettualizzazione, cioè la consapevolezza che sia possibile apprendere in qualsiasi momento le nozioni scientifiche di ciò che ci circonda, con un conseguente disincantamento del mondo poiché non c’è nulla che la scienza non possa spiegare. Coerente risulta il pensiero di Tolstoj che vede la morte come un fenomeno privo di significato per l’uomo civilizzato. Ma qual è il valore della professione scientifica nella vita di un uomo? Weber cita il mito della caverna di Platone, ma mentre nell’antica Grecia si scopriva il concetto al di fuori della grotta e nel Rinascimento si scopriva l’esperimento razionale in qualità di esperienza controllata, al giorno d’oggi la scienza non è in grado di spiegare come dobbiamo vivere. Seppur sia stata sfruttata per provare l’esistenza di Dio, per studiare la sfera dell’irrazionale o per trovare la felicità dominando scientificamente la propria esistenza, oggi si parla di scienza senza presupposti. I presupposti di ogni attività scientifica sono seguire le regole universali della logica e del metodo e giudicare importante il proprio lavoro, degno di essere conosciuto. Le scienze in generale però, pur insegnandoci a dominare la vita, non dicono se ciò abbia un senso. Secondo Weber la politica dovrebbe essere il più possibile estranea all’università, non addicendosi al ruolo di docente ne ad analisi scientifiche. Il compito del professore dovrebbe essere, piuttosto che quello di demagogo, stimolare intellettualmente gli studenti per prendere una posizione, pur insegnando fatti scomodi per la propria opinione. Il docente deve astenersi dal ruolo di guida. La scienza offre dunque di positivo le conoscenze tecniche e gli strumenti per ottenere chiarezza.! 3. La politica come professione, 28 gennaio 1919! La politica viene intesa da Weber come l’insieme di scelte che indirizzano la vita di un gruppo o di uno Stato al giorno d’oggi, il quale detiene il monopolio dell’uso della forza legittima. Pur non essendo l’unico strumento statale, è l’unico che lo contraddistingue poiché senza vi sarebbe anarchia. È necessario sottomettersi al potere statale in quanto legittimo, secondo tre fondamenti: la legittimazione del potere tradizionale, per via consuetudinaria poiché storicamente è come si è sempre fatto, la legittimazione del potere carismatico, per le doti del leader, e la legittimazione del potere in quanto legale e razionale. Tutti e tre i tipi di legittimazione su cui il potere si basa sono a propria volta costruiti sul timore di chi è più forte e sulla speranza di miglioramento. La professione politica è interconnessa al carisma del capo, che viene dunque riconosciuto come giusto e meritevole dagli altri, come i maghi nelle antiche società orientali o i demagoghi, i profeti o i capi di stato nel mondo occidentale. Il potere statale necessita di essere amministrato e quindi sia di mezzi che di burocrati, che sono spronati dalla ricompensa materiale, così come i vassalli con il signore. A seconda poi della proprietà dei mezzi, se da parte dei funzionari o da parte del gruppo politico, si andrà costruendo nel primo caso un sistema per ceti, come nel mondo feudale, e nel secondo caso un monopolio, come nel mondo prefeudale. Nello Stato moderno assistiamo all’espropriazione dei beni dall'apparato amministrativo, poiché la burocrazia è parte dello Stato, ma non detiene il potere. In questo processo nasce, dando una svolta all’occupazione temporanea dei consigli, la figura del politico di professione, colui al servizio del detentore del potere politico con lo scopo di indirizzare lo stato. Si può sia vivere di politica, traendo da essa sostentamento economico, o vivere per la politica, essendo economicamente indipendente, magari per rendita, e sposandola come causa. Una classe politica può o essere costituita da chi vive di rendita e sarà inconsciamente o meno portata a salvaguardare lo stato attuale delle cose, assicurandosi lo stesso benessere economico anche in futuro o permettere invece l’accesso a dipendenti statati, come ministri e funzionari. Per la nascita dello stato moderno è stata fondamentale una burocrazia specializzata,

sostituendo il funzionario scelto dai partiti a caccia di cariche. Altra figura tipica è quella del dirigente politico, che si assume le responsabilità delle scelte politiche effettuale dal governo. Il peso esercitato dai Parlamenti ha portato nel mondo a lotte al potere con le figure regnanti: se in Germania principi e burocrati rimasero estranei alle lotte di partito contrastando il potere parlamentare, in Inghilterra fu quest’ultimo a prevalere sul monarca. Con lo sviluppo dei partiti nacque la necessità di corpi collegiali ufficiali, quali i gabinetti prima e i ministeri poi, e in conseguenza la scissione fra funzionari politici, legati ad un partito, e funzionari specializzati, legati alla funzione. I politici di professioni furono all’inizio soprattutto letterati e la piccola nobiltà, a Versailles come la gentry a Londra. Altre figure importanti nella moderna politica sono gli avvocati, per la sapienza e le capacità di oratore, e i giornalisti, che pur rimanendo estranei alla lotta partitica poiché salariati in base al proprio prodotto, assumono importanza nel reclutamento e nella propaganda. Ricoprendo questi ultimi il ruolo di funzionari politici, le testate giornalistiche assumono sempre più potere politico. Un tempo la partecipazione alla vita politica era riservata alla borghesia, ma la parlamentarizzazione e il diritto elettorale di massa hanno portato i partiti ad attrarre sia l’elettorato attivo che quello passivo, distinguendosi con programmi e calendari d’azione: con la permanente mobilitazione degli interessati alla politica nasce il funzionario di partito, impegnato in politica a tempo pieno. Weber critica la mentalità piccolo borghese del sistema proporzionale, poiché favorisce una politica senza capi. Secondo Weber l’uomo politico per avere la forza di una personalità politica deve essere dotato di passione, nel senso inteso da Sachlichkeit quale dedizione, di senso di responsabilità, inteso come porsi al servizio di una causa, e di lungimiranza, distaccandosi dalla realtà e lasciando che questa operi su di noi nel corso del tempo. La mancanza di tale distacco comporta l’inettitudine dell’uomo politico. Difetto principale è rappresentato dalla vanità, che spesso conduce alla perdita della causa e della responsabilità. Ogni agire politico in senso etico può essere ricondotto o ad un’etica di principi o ad un’etica di responsabilità: la prima parte da posizioni fisse e non si cura delle conseguenze poiché convinta di agire nel giusto e assoluto, la seconda invece tiene conto delle conseguenze e calcola rischi e vantaggi. È secondo quest’ultima che la politica dovrebbe agire, avendo degli obbiettivi temporali e non curandosi se un’azione sia eticamente morale o meno, ma giustificando la potenza e l’eventuale violenza. Un uomo politico deve agire calcolando le proprie responsabilità e conseguenze, non in base a pregiudizi e principi assoluti....


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