Riassunto del testo La storia come pensiero e come azione PDF

Title Riassunto del testo La storia come pensiero e come azione
Course Filosofia contemporanea
Institution Università degli Studi di Siena
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Riassunto del testo La storia come pensiero e come azione...


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Il testo La storia come pensiero e come azione costituisce la chiusura della riflessione crociana sulla storia. C. con questo testo del 1938, vuole chiarire ancora una volta la differenza che emerge tra storia e storiografia proprio per fare risaltare molto di più (anche se è un dato di fatto) il legame fortissimo che esiste tra vita e pensiero, tra azione e pensiero. Quando noi ci muoviamo nell’azione, ci muoviamo dal fatto che sappiamo, muoviamo sulla base di quello che conosciamo, ma questo non condizione l’azione perché essa è sempre creazione di novità, è sempre un nel futuro che non è precostituito, è sempre un costruire un futuro che non è ancora in forme nuove. Nel 1938 siamo in pieno fascismo trionfante, così C. dopo un primo porsi in attesa di vedere lo sviluppo degli eventi, dal 1925 è in radicale opposizione. Nel ’25 la reazione pubblica di Croce, contro gli argomenti del manifesto intellettuale dei fascisti, visti da lui come inconsistenti. Primo motivo in assoluto per cui lui sentiva l’esigenza di reagire e che questo manifesto era rivolto agli uomini delle altre nazioni. Croce allora si interrogava sul bisogno inutile di informare su vicende che loro non potranno mai conoscere perché non le vivono. Dal ’25 C. assurge a ruolo di simbolo culturale antifascista. C. ha condotto una vera e propria lotta di resistenza e l’ha condotta proprio erigendo opere storiografiche, che sono tre, (cercare su internet) sulla base della sua teoria che la storia è sempre storia contemporanea. C. si rivolge al ripensare l’Italia che si viene a costruire e che getta le fondamenta a creare uno spirito di nazione che prima non esisteva completamente, quindi, ha avuto un ruolo preponderante. Tutte le scelte dei soggetti storiografici che costituiscono la riflessione delle sue opere dalla fine degli anni venti e dell’inizio degli anni trenta, partono dalla sua idea di storia: mi rivolgo a quel passato per poi riportarlo a quel momento di bisogno contemporaneo per chiarire il perché è arrivato il fascismo. La storia come pensiero e come azione può essere vista come l’enunciazione dal punto di vista teorico, presente nelle tre grandi opere storiche  la storia d’itali, la storia dell’età barocca in Italia, e la storia d’europa (?). C. enuncia quale punto di vista teorico importante? Enuncia l’idea che l’uomo è responsabile delle sue azioni, che la responsabilità è sempre individuale, e va richiamata l’essenza dell’uomo libero che non può mai rinunciare alla libertà, proprio perché è essenziale. Il punto di riferimento da tenere ben presente è una definizione (p. 59)  “storicismo, nell’uso scientifico della parola, è l’affermazione che la vita e la realtà, è storia e nient’altro che storia”. Questo è il nostro faro guida per comprendere tutto il testo. C. ci sta dicendo che tutto è storia, sia il vivere che il conoscere, e tutto si colloca all’interno della storia. Storicismo è un modo per dire in forma positiva, quindi non criticabile in maniera banale, relativismo. Ogni cosa ha il suo senso se radicato nel suo tempo. Fuori dal tempo ci sarà qualche altra cosa ma non appartiene all’umano. C. non sarò mai antitetico alla religione. Non è mai stato anti religioso perché ha sempre compreso il valore e la profondità di sentimento e gli ideali che possono portare ad una vita ben condotta sulla base di spinte religiose, sicuramente amava la concretezza della razionalità. Tutto è storia, tutto si colloca all’interno della storia, se partiamo da questo punto di vista comprendiamo la necessità che c. avverte di capire che cosa caratterizza la storia.

Il primo problema che affronta, riguarda La storicità di un libro di storia, riguarda i criteri su cui va giudicata la validità di un’opera storiografica. [lettura, p. 9]  polemica che alla fine bisogna rifare ancora oggi, il problema che C. pone è quello tradizionale a cui lui ha dato una risposta, [dicendo che c’è Estetica quando si è cominciati a vedere l’arte come qualcosa di indipendente, come per l’arte, molto spesso per la storia, ci si è interrogato su quale fosse il valore del libro di storia prescindendo dal fatto che deve essere un libro di storia, come l’arte deve essere un’opera d’arte. Un libro di storia non va giudicato se non per la sua storicità. Il primo modo sbagliato è la valutazione di tipo letterario [lettura, p. 9 – 10 ]  un libro di storia non va giudicato come letteratura. Dobbiamo stare attenti a non cadere nel vezzo del letterario monista per cui fa prevalere solo la visione letteraria alla dimensione storiografica. C. cosa vuole dire? C. dice che il bello scrivere è importante ma in maniera collaterale, non è quello che fa si che un libro di storia sia n libro di storia. [lettura]  il giudizio che rivitalizza il passato, è questo un aspetto importante. Quello che conta non è lo stile ma il pensiero cosi come la quantità dei dati, dei documenti, la ricchezza di notizie per far si che si possa dire che un libro è un libro di storia e non un libro di altro tipo. [lettura, p. 10]  la scienza nuova di Vico è libro ricco di pensiero storico perché pensa al passato e ce lo riconsegna in una certa veste. Qua, in questa affermazione, siamo di fronte alla necessità di C. di ribadire che senza pensiero i documenti e le notizie non ci dicono niente, ed è cronaca cioè di un qualcosa di morto come residuo di qualcosa che era stato vivo. [lettura]  ancora una volta, non si può pensare alla differenza tra storia e cronaca in termini quantitativi. Questo ricorda l’attacco di C. alle pseudo storie, non sono storie perché sono filologicamente fondate. L’ultimo criteri che C. chiama in causa è quello che un libro di storia non ha il suo valore nel sentimento che riesce a suscitare, questa è un’altra cosa. [lettura, p. 11] Un libro di storia deve valere perché è sintesi di pensiero e documento, e questa sintesi la possiamo definire Storicità. [lettura, p. 11]  la storicità è la comprensione attraverso il pensiero di un periodo passato al quale ci rivolgiamo a partire da un bisogno pratico dell’oggi, per chiarirci le idee su qualcosa di oggi, è un atto di pensiero. Questa è la tesi su cui C. ha basato l’affermazione “tutta la storia è storia contemporanea”. Il pensiero storiografico sorge da un bisogno pratico genuino, io è dall’esigenza di chiarire un aspetto sulla quale si trova la vita spirituale. [lettura, p. 12]  qua, C. ci dice che cos’è il senso e la prospettiva storica. E ci definisce che cos’è la necessità di quella che noi chiamiamo prospettiva storica e senso storico = guardare la storia degli altri immedesimandoci nel bisogno pratico. Se non capiamo il bisogno pratico per cui si scrive quel determinato periodo, se non entriamo in sintonia con quel dato passato, il documento diventa sterile, manchiamo di prospettiva storica. Dobbiamo guardare la storia degli altri guardando il loro bisogno pratico così le rendiamo contemporanei, li rivitalizziamo e li rendiamo presenti. [lettura, p. 12]  la storicità di un libro di storia risiede in questo rispondere alla necessità di un bisogno pratico attraverso un pensiero che fa si che andando al passato lo presentifichi facendo attraverso il giudizio.

Se questa è la storicità di un libro, affrontiamo un altro tema  il problema della Verità di un libro di storia. [p. 15]  per quanto lontano possa essere il passato su cui noi stiamo riflettendo e studiando, esso vive solo nel bisogno presente che mi ha spinto nell’oggi a quell’epoca remota. Il fatto storico deve prima di tutto essere spiritualmente dentro di noi. [lettura] è il mio vivere e il mio stato d’animo che mi spinge a guardare il passato. Se io non ho quel sentimento del bisogno pratico dell’oggi, i documenti non mi parlano, se io non ho nell’animo quella spinta a guardare una data epoca allora non ho la spinta necessaria a guardare con un determinato interesse una determinata epoca, se lo spirito non è pronto non è tarato e in sintonia con quel documento, quel documento allora non esiste, ecco perché il documento deve essere all’interno dell’uomo. Quindi, negli uomini devono esserci quei sentimenti, quei valori che va a cercare nel passato. [lettura]  siamo un micro cosmo di tipo storico, dentro di noi, in momenti diversi, siamo capaci di vivere ciò gli uomini hanno vissuto prima di noi, entrando in sintonia con un determinato passato. Ora, l’avere percepito la presenza la presenza della storia nell’uomo, secondo C., può essere stato il motivo di alcuni errori dell’idealismo tedesco, [lettura, p. 14]  pensate all’io produttivo di Fichte, dice C, che genera tutto pure la storia. Gli idealisti hanno percepito questa dimensione fondamentale del soggetto spirituale dentro il quale deve esserci il documento o quanto meno consonanza di spiriti con il documento, dove tutto è un’unità di pensiero, avendo presentito tutto ciò, però C., ci dice che hanno regalato una storia totalmente che si costruisce a priori, logicamente da parte di un io produttivo, salvo cadere nell’errore opposto che è quello che in certa misura fa hegel, che ricostruendo un movimento dialettico pone la ragione da una parte e la materia da un’altra parte e C. ci dice come è un errore anche questo, perché non esiste la materialità non pensata, non c’è una realtà che non sia interiorizzata da uno spirito, dove ad agire è sempre un individuo spirituale. Tutte le scelte sono individuali e la responsabilità è del singolo. L’uomo è un micro cosmo storico, cioè il fatto che si passa sempre da un bisogno pratico dell’oggi per ripensare il passato,fa si che quel passato rivisitato possa essere tutto. È come se la storia fosse dentro tutto. Tema della verità di un libro di storia  alla fine la risposta sarà quella che leggiamo nella Logica e che leggeremo anche in questo testo, che la storia è tutto nel giudizio. La storia non è la storiografia, non è una riproduzione immediata della vita. [lettura, p. 14]  la storia deve essere consapevole di essere ripensamento della vita vissuta e non ripetizione. La storiografia pretende il distacco della mediazione cioè pretende la dimensione del giudizio e non l’immediatezza dell’intuizione. Qui si aggiunge l’elemento valutativo e critico. C. qui ci dice come c’è una differenza fondamentale tra la storiografia e la poesia e la differenza si gioca tutta sull’immediatezza e mediazione. [lettura]  la poesia rende universale l’immagine nella sua immediatezza, la dimensione l’estetica è quella per cui io non ragiono sulle cose, le percepisco e le rendo universali perché le catalogo ( bello e brutto) ma nell’immediatezza dell’intuizione. La storia no, la storiografia no, la conoscenza, il momento in cui noi discutiamo di vero e di falso, non ha nulla di immediato, in cui la critica dell’arte è storiografia, la cosa importante è che C. qui riporta sempre il tema del giudizio storico, quindi, sintesi di un soggetto ( la rappresentazione, l’immediatezza, l’intuizione) e il predicato, dove il giudizio è unità nella distinzione. [lettura]  distinguere e unificare significa che noi riconosciamo un soggetto e un predicato, ma questo soggetto e

questo predicato hanno senso soltanto se presi nella loro unità, separati non hanno nessun significato dal punto di vista della connotazione storica e della conoscenza. La vita del giudizio sta nella sua unità, per quanto possiamo scomporlo, il giudizio non è soggetto più predicato in un senso astratto ma è soggetto e predicato presi assieme. Allora, qual è la verità di un libro di storia. La verità della storiografia coincide con l’unità sintetica del giudizio  unica opera di conoscenza vera, l’unica opera nella quale i componenti del giudizio non possono essere presi in maniera separata. [lettura]  nessuna intuizione che si definisce tale vive senza espressione. Lo stesso discorso vale per quello che sta dicendo C., noi non possiamo dire: “guarda ho un buon metodo ma non ho il contenuto”allora, non abbiamo storia, se non riusciamo a cogliere l’unità del giudizio dove soggetto e predicato stanno in sintesi, non abbiamo niente senza esso. Questo errore del separare si trova in tutte quelle interpretazioni storiografiche che distinguono la narrazione dei fatti dalla metodologia. [lettura]  quando noi ci troviamo di fronte questa disarticolazione di fatti e teorie, vuol dire che non siamo di fronte a opere storiche. [lettura]  C. conclude dicendo che il compito della critica storiografica è cogliere la verità di un libro di storia, verità che è l’unità sintetica del giudizio. [e anche se C. usa la parola sintesi, non ci deve far pensare che egli è un kantiano, ricordiamo come K. è un filosofo dell’astratta ragione scientifica e i suoi schemi sono astorici. C non pensava potessero fraintenderlo fino a questo punto]. La vera critica storica deve vedere nell’unità propria del giudizio la verità di un libro di storia.  Tema dell’unità = se la verità di un libro di storia risiede nella sua contemporaneità, cioè, nel fatto che un giudizio storico si fonda su un bisogno pratico dell’oggi, allora, l’unità di un libro di storia, e l’unità si trova nel senso di un libro di storia, e il senso di un libro di storia si trova nel problema che affronta. Partiamo sempre dall’idea di contemporaneità. Se si parte da un problema pratico genuino, allora, un libro di storia sarà unitario nella misura in cui sarà genuino quel problema, se ho un problema serio, tutto quello che guarderò nel passato, lo guarderò in quell’ottica, e quell’ottica darà unità al libro di storia e non sarà una giustapposizione di problematiche scollegate l’una dall’altra. [p. 17]. L’unità del libro di storia non è un fatto estetico ma è un fatto logico. L’unità di un libro di storia è nel problema che il giudizio storico formula e nel formularlo risolve, e dunque, è di natura logica. L’unità è il problema, per questo fa parte della logica, possono essere fatti diversi e disparati, cioè, l’unità è la prospettiva che fa collegare sotto un’unica luce anche problemi diversi. Fatti apparentemente diversi vengono ricondotti a una radice di senso unitario. L’unità di un libro di storia si trova anche nel singolo problema trattato che, se nella sua singolarità, si fonda sull’esigenza pratica, in quel momento è tutta la storia, perché l’esigenza che mi porta a ripensare è circoscritta a quel fatto e in quel momento per me, che parto da un bisogno pratico dell’oggi, quello è tutta la storia che mi interessa. Quando si parla di unità si pensa anche allo stile di un libro di storia, ed è giusto che vi sia un’unità stilistica. Lo stile però è l’elemento assolutamente secondario e non può prevale su quello che è l’aspetto storiografico, lo stile è un’aggiunta. [p. 17]  qui C., ha sintetizzato perché le pseudo storie sono tali, e sono tali perché hanno fatto prevalere l’intento stilistico, l’intento esterno e hanno fatto prevalere l’elemento estetico su quello puramente storiografico. Ma la vera storiografia, subordina l’elemento oratore, poetico e cosi via, e lo subordina a tal punto che l’elemento esortativo viene sublimato nella pagina del libro di

storia. Quello che conta è la coerenza di pensiero e non quella stilistica che è puramente esteriore. C. sta dicendo anche che la coerenza del pensiero può essere accompagnata dallo stile ma non necessariamente. [lettura]  il rischio che si corre con la storia delle nazioni è la pretesa di un’unità e coerenza logica laddove unità e coerenza logica non si può trovare per nessun motivo. [lettura]  non esiste l’Italia o la Germania in sé ma esiste l’evoluzione di un paese, di una cultura che si è data dei confini e che ha lottato per averli, ad esempio, ma non qualcosa che precede e che addirittura diventa l’elemento esplicativo della stessa storia. [lettura]  dobbiamo credere all’unità logica che ci è stata richiesta dal pensiero critico nel problematizzare un aspetto del nostro passato e fallo rivivere nel pensiero sulla base di un problema dell’oggi. Un ulteriore salto negativo è costituito dalla sostanzializzazione di cose e immagini. [p. 19]  l’errore fondamentale di tutte queste pseudo storie è non capire che la storia non è la storia di Messina ad esempio, perché sono gli uomini di Messina che hanno creato delle strutture, che hanno agito e cosi via. La storia si fa di azioni e non di cose. La vita è attività distinti e se la storia si facesse di cose e non di azioni non si farebbe altro, per C., che perdere la storia e costruire e creare delle visioni morali per proprie morbosità  le storie nazionalistiche. [lettura]  C. ce l’ha con la storiografia dei luoghi comuni, con la storiografia delle generalizzazioni assolutamente astratte che alla fine non dicono proprio nulla. [lettura] Il significato storico della necessità  il termine necessità ci riporta al determinismo, al meccanicismo. Necessità in campo storico potrebbe far pensare che tutto è già scritto. Non è questo che intende Croce con cui il termine necessità può avere ed ha rilevanza e significato per la storia. [lettura, p. 21, cap. 4]  C. si richiama alla logica aristotelica, alla vecchia logica, dicendo che il passato e i fatti del passato vanno ripensati secondo la logica aristotelica. Un fatto è quello che è, un fatto non è quello che non è accaduto, la necessità logica è costituita dal dover pensare i fatti come si sono svolti. La necessità storica non è la negazione della libertà con cui si fa la storia, con cui si agisce, quella è garantita. La necessità storica deve essere opposto in quanto necessità logica a chi vuole ricostruire al storia con i sé e con i ma. La necessità storica è che i fatti sono andati in un determinato modo e noi oggi ripensando quel passato non possiamo negare che siano andati in quel modo. Possiamo giudicarli in maniera diversa, ma non possiamo pensare a come sarebbero andate le cose se alcune cose non fossero o meno successe. [lettura, p. 21]  l’accidentalità di un’azione dove risiede e quando si può trovare? Prima che essa si concretizzi. Una volta che abbiamo deciso di agire in un modo tutte le altre alternative scompaiono. E quando l’azione si è concretizzata, essa inizia a far parte della storia. La storia per C. è l’accadimento. [lettura dalla Filosofia della pratica, p. 68]  una volta che l’azione si è concretizzata essa è consegnata all’accadimento, esso è la totalità dell’azione, cioè, quello che non si può più mettere in discussione, per questo è l’opera del tutto. Necessaria è la totalità della storia, necessario è l’accadimento logicamente necessario. Noi siamo liberi quando agiamo, ma quello che è accaduto ha la necessità logica e non può essere più messo in discussione. È la totalità della storia ad essere necessaria, e nella totalità storica applichiamo la necessità logica, cioè, ne riconosciamo in un certo senso la sua razionalità. C. ribadisce questo concetto più volte, concetto per il quale, quando guardiamo alla totalità della storia, l’individuo fa quasi un passo indietro. [lettura, FdP].

Non esiste e non deve esistere la storia fatta con i sé e con i ma, non si giudica la storia, se è esistita o meno, si giudicano le azioni, quelle azioni liberamente agite ma che una volta consegnate alla storia diventano parte necessariamente logica di questo tutto. [lettura del testo in programma]  la storia quando ci rivolgiamo al passato, nella sua interezza è necessaria, ecco perché non deve esistere una storia fatta con i sé e con i ma. E si tratta di una necessità logica perché la storia la conosciamo con il pensiero e con quel giudizio che è unità e se conoscibile con il pensiero, allora, la storia necessaria logicamente è razionale. Questo significa razionalità della storia. Si agisce liberamente si conosce necessariamente perché i fatti accaduti non possono più essere cambiati. La storia come totalità non è un qualcosa che può essere messa in discussione nel suo essere accaduta, il parlare di necessità della storia, non significa dire che le nostre azioni sono pre determinate e condizionate ma significa dire che la storia non si fa con i sé e con i ma. C. distingue tra l’azione e l’accadimento. L’azione è il momento individuale in cui ognuno sceglie veramente e la c’è anche totale libertà prima della scelta ma una volta che l’azione è compiuta, rientra nella totalità e una volta che l’azione è compiuta, essa è consegnata alla storia. Il senso del discorso è che con i sé e con i ma non si può fare storia. Il passaggio successivo e ch...


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