Riassunto piccola storia della letteratura italiana di c vecce PDF

Title Riassunto piccola storia della letteratura italiana di c vecce
Author Raffaele D'Alise
Course Italiano per Studenti Stranieri - Corso b
Institution Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro
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Piccola storia della letteratura italiana - C. Vecce

PARTE I - IL MEDIOEVO 1. La civiltà medievale Alla fine del mondo antico, nascerà in Italia, ma anche in altri paesi europei, una nuova civiltà, data dalla disgregazione politica, economica e culturale dell’Impero Romano in nuove civiltà, influenzate tra l’altro dalle nuo popolazioni giunte nell’impero. Dal punto di vista linguistico infatti, si passò dal latino alle lingue neolatine o romanze, anche se comunque l’evento più influente sarà la nascita del cristianesimo: gli insegnamenti di un giovane ebreo di nome Gesù vebgibi nessu oer uscrutti e tradotti in brevi testi che raccontan la sua vita e riportan le sue parole. Questi testi vengono chiamati "Vangeli", cioè in greco "Buona Novella". Roma non era più la capitale dell'impero: il suo posto era stato preso da Milano in occidente e Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli, ad Oriente. Del materiale letterario precedente ovviamente non poteva essere conservato tutto, ma soltanto gli scrittori che vennero definiti “classici”, dunque “degni” di essere salvati, come ad esempio Virgilio, con le sue “Bucoliche” , le “Georgiche” e “L’Eneide”, che faranno poi da guida a futuri generi letterari come la poesia pastorale, didascalica, ed epica, e ai tre stili che nel Medioevo furono considerati fondamentali: lo stile umile, lo stile medio e lo stile sublime. Altri “classici” furono Ovidio, Cicerone, Orazio, Terenzio, Seneca. In questo periodo la trasmissione della cultura era affidata ai copisti, che trascrivevano le opere sulle pergamene sui papiri, mentre le grandi biblioteche distrutte da incendi erano sostituite dai monasteri, favorendo la nascita di u nuovo “stile” di vita, ad opera di Benedetto da Norcia, dedito alla spiritualità e sulla regola “ora et labora” (“prega e lavora”). Con la caduta dell’impero Romano nel 476 e l'invasione dei Longobardi nel 568 si avrà dunque una nuova era, ovvero il Medioevo, quindi “un’età di mezzo” ,anche se ovviamente chi ci viveva non era sapeva di vivere in un’e di mezzo, ma comunque erano consapevole che era accaduto qualcosa di catastrofico che aveva portato alla caduta della civiltà romana. Anche in questo caso però, le varie interpretazioni furono influenzate dal cristianesim Il primo autore influente in questo senso, fu " Agostino da Ippona", uomo africano trasferitosi in Italia, che si convertirà al cristianesimo e di cui si ricordano le Confessioni, in cui ripercorre tutte le tappe più importanti della sua vita, e della sua ricerca costante di Dio, e il " De Civitate Dei", in cui tratta del senso della Storia, del rapporto tra la città terrena e quella di Dio, dunque tra la perfezione di quella divina e la caducità di quella umana. L'impostazione Agostiniana sarà fondamentale per i secoli successivi anche attraverso un'opera storica scritta da un suo seguace, Paolo Orosio, le "Historiae adversus paganos" in cui si rigettava l'accusa che Roma fosse decaduta a causa dell'abbandono della religione dei padri e che l'indebolimento sarebbe stato causato dalla cristianizzazione; al contrario, secondo Orosio, il Cristianesimo segnava per l'uomo del Medioevo non elemento d frattura ma di continuità, di salvezza. Ha svolto un'intensissima attività pastorale e di studio fino alla morte, continuando la predicazione, le discussioni pubbliche e innumerevoli scritti. Con Agostino è giunta a piena maturità la filosofia cristiana ed in particolare la Patristica. La formazione culturale di Agostino è avvenuta nell’ambito della tradizione retorica e per questo è stato influenza dai più grandi pensatori e intellettuali del mondo antico (Platone, Aristotele, Cicerone). Agostino non si è limitato a ripetere pensieri e teorie altrui, ma ha utilizzato la cultura classica per dare una nuova sistemazione a tutta la conoscenza umana. Nella Sacra Scrittura ha posto il vertice della Sapienza, facendo apparire la vecchia cultura pagana subordinata a quella cristiana che è diventata quindi il punto di partenza che doveva essere superato per giungere alla conoscenza di Dio: ogni conoscenza ricavata dalla Scrittura era superiore a qualsiasi testo filosofico pagano. Ha analizzato il concetto di trinità e ha fondato la sua dottrina sull’illuminazione divina e sull’analisi dell’interiorità di ogni persona. L’opera filosofica di Agostino costituisce una sintesi organica del pensie cristiano dopo più di quattro secoli di dibattiti e di controversie. Il tema centrale del suo pensiero è l’elaborazione del rapporto tra ragione e fede, tra ricerca filosofica e rivelazione divina. La fede è, per Agostino, al termine del ricerca, non all'inizio. La ricerca che Agostino s’impone è rigorosa e difficile: essa non si abbandona a credere, non chiude gli occhi di fronte alle difficoltà della fede, non tenta di evitarle, le affronta continuamente. Il rigore del procedimento della ricerca non si arresta di fronte al mistero, ma fa dello stesso mistero un punto di riferimento. Per capire è indispensabile anche credere, avere la fede, che è simile alla luce che indica il cammino. Viceversa, per avere una fede salda, è indispensabile anche comprendere e cioè filosofare. Per Agostino la fede e la ragione sono complementari, la ragione alimenta la fede, non la elimina, ma la rafforza, ed, un certo senso la chiarifica; mentre la fede non ostacola lo sviluppo della ragione perché non impone all'uomo di credere a cose assurde o totalmente inspiegabili, al contrario, rende stabile quel sottile equilibro che è andato a formarsi col tempo. Confessarsi vuol dire indagare tutti i problemi che ci assillano, che ci toccano in prima person per cercare di chiarirli. Ripiegarsi su di sé, confessarsi è il primo gradino per arrivare alla verità che può essere t l i d d t di i Bi i il iù i ti l d ll’i t l ità

Dio. La verità è Dio e finché l’uomo non l’ha trovata, non sarà mai felice. La possibilità di cercare Dio e di amarlo è radicata nella stessa natura umana. L'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio e tende naturalmente verso di Lui, ma può anche allontanarsi consapevolmente da Dio peccando. Ogni uomo deve scegliere: o vivere secondo la carne, cioè lontano da Dio, nella menzogna e nel peccato, o vivere secondo lo spirito, cioè secondo Dio, nella felicità e nella verità. Col Cristianesimo dunque, autori pagani come Ovidio o Virgilio, vengono reinterpretati; ad esempio la “Venere” no era vista più come la dea dell’amore, ma era associata ad un’altra realtà, spirituale o morale. Tutta la letteratura viene infatti vista come insieme di “segni” che rinviano sempre a qualcos’altro di più “elevato”; di parla infatti i lettura allegorica. Nel Medioevo la lingua utilizzata non era più il latino “classico”, ma un latino più “specializzato”, variabile in base all’argomento, quindi alla filosofia scolastica, alla giurisprudenza, alla medicina, o appunto alla religione. Nel campo della poesia si avvertiva uno dei principali fenomeni di trasformazione della lingua latina, nel passagg alle lingue romanze: la perdita del senso della quantità, secondo cui ogni sillaba poteva essere "lunga" o "breve". Nelle lingue romanze le sillabe hanno tutte la stessa durata e quindi la poesia ha bisogno di altri elementi per marcare il verso: il ritmo degli accenti naturali delle parole e la rima. Un intervento fondamentale fu quello di Carlo Magno, e la conseguente rinascita del Sacro Romano Impero; vi è infatti in questo periodo un forte coinvolgimento di intellettuali per un’opera di recupero della tradizione antica, ch portò ad una vera e propria rinascita detta appunto “carolingia”. D’altra parte si cominciò a prendere coscienza della nascita delle lingue volgari, tant’è vero che nell'813 il Concilio di Tours stabilisce il bilinguismo: si utilizzerà latino per i documenti ufficiali, e spesso il volgare per la predicazione. Contemporaneamente, cominciò ad ottene sempre più autonomia la figura del papato, a fianco a quella dell’imperatore, formando una dualità di poteri.

2. Le origini della letteratura volgare. Non c’è una data precisa alla quale far risalire la nascita della letteratura italiana. Di solito la si faceva cominciare con i primi testi in lingua volgare nel XIII sec. Tuttavia la letteratura italiana non si limita a testi in volgare, quindi questa scelta è errata. Fino all’inizio del ‘500 infatti in Italia si scrivevano testi in provenzale, greco, ebraico, francese, si può parlare quindi di una letteratura plurilinguistica. Le più antiche attestazioni in volgare erano più ch altro indovinelli, come l’Indovinello veronese del VIII Sec. Si potrebbe quindi dire che la letteratura italiana ha avuto una sorta di “ritardo” rispetto a quella europea, tant’è vero che già nel XII sec. Erano state composte opere fondamentali come il Cantar de Mio Cid (in Spagna), o la Chanson de Roland (In Francia), appartenente al ciclo carolingio. Si trattava quindi più che altro di “ romanzi”, dedicati a leggende del mondo antico o a figure storiche trasformate in miti; temi principali diventano l’amore, l’avventura, il coraggio, la forza, la fedeltà, la difesa dei debo e delle donne. L’amore diventa un elemento che nobilita l’anima: tipico esempio è l’amore tra Lancillotto e Ginevr in Lancelot. È un tipo di letteratura che verrà definita cortese, proprio perché si sviluppa nelle corti feudali. Tutto ciò porto anche alla rivalutazione della funzione della donna, la quale nel Medioevo era vista come socialmente e intellettualmente inferiore, come uno strumento del demonio e come una schiava del peccato. La “cortesia”, intes come l’insieme delle virtù di un cavaliere, verrà contrapposta alla “villania”, intesa come viltà, ipocrisia, falsità. In Francia invece, tra la fine del XI e l’inizio del XII sec prevalse la cosiddetta poesia provenzale (o Langue d’oc) una poesia con tematiche simili a quelle del “romanzo” cortese. Infatti i poeti, detti trovatori, pur essendo di vari ambienti sociali, erano tutti in qualche modo legati alla corte. Queste poesie erano eseguite alle feste della corte, ed erano generalmente accompagnate dalla musica, che aiutava il trovatore nella scelta del ritmo. Da qui nasce l “canzone”, caratterizzata dalla suddivisione in strofe e da una conclusione, detta congedo. L’Italia ovviamente, per vicinanza geografica, sarà molto influenzata dalla letteratura francese, e in particolare dal poesia provenzale, tant’è vero che uno dei testi più antichi, ritrovato in una pergamena, è una canzone: Quando eu stava in le tu’ catene. I primi poeti italiani, nella seconda metà del XII sec, erano per lo più giullari che recitavano al servizio di signori feudali, accompagnati da un ritmo, per questo non si faceva molta attenzione alla misura dei versi, o alle parole. Proprio per questo, questi testi vengono definiti " ritmi". Le tematiche non erano quasi mai elevate, ma più che altro comiche.

3. Duecento. All’inizio del ‘200 la poesia provenzale finì un modo improvviso e tragico in quanto la grande prosperità economic e l’indipendenza politica raggiunta dalle corti provenzali, portarono alla convergenza di interessi politici e religiosi nel distruggere quella civiltà. Chi però in Italia accolse l’eredità provenzale, fu Federico II. Da adolescente infatti, era stato testimone indiretto della distruzione della civiltà provenzale, e venne educato ad amare quei testi ed i valori della civiltà cortese, e proprio per questo coltivò il desiderio di salvare quanto più possibile della poesia laic

imitare quei testi. Questa ripresa della poesia provenzale sarà abbastanza fedele nelle forme e nei temi, ma con alcuni cambiamenti. Questi poeti imitatori “dilettanti” infatti iniziarono a sperimentare nuove forme metriche e ad aggiungervi i loro interessi culturali. È infatti utilizzata la sinalefe, con cui la sillaba finale di una parola e quella iniziale della parola successiva, diventano un’unica sillaba; i versi usati erano esclusivamente l’endecasillabo e il settenario. L’invenzione più importante però è probabilmente il sonetto, composto da 14 endecasillabi (2 quartine e 2 terzine). Il suo inventore fu probabilmente Iacopo da Lentini, di cui spiccano “Madonna, dir vo voglio”, o “Amore che è un desio che ven da core”. Tema delle sue opere è dunque l’amore cortese, e l’idea che l’appagamento erotico è raggiunto nella contemplazione della bellezza della donna come se fosse un angelo del Cielo. È infatti una donna idealizzata, assente, la cui immagine è creata dall’autore nel suo cuore, e l’adora. Da ricordare in questo periodo è anche “ Rosa fresca aulentissima”, ad opera di un giullare, Michele d’Alcamo, detto Cielo, in cui si rappresenta un dialogo tra due amanti, con un stile “basso”, adeguato ai personaggi: si tratta infatti dell’amore tra un giullare ed una contadina, e non tra un cavaliere e una nobile, che ha come scopo la semplice e immediata soddisfazione del desiderio sessuale. Agli inizi del 200 l’Italia settentrionale fu interessata dalla nascita di vari movimenti religiosi. - I catari, un movimento con una concezione dualistica dell’esistenza, che vedeva in ogni cosa fisica e terrena l’opera del male, di Satana, compreso l’uomo e la Chiesa, proponendosi come struttura alternativa ad essa e sostenendo che e solo pochi eletti erano in grado di perseguire il Bene. - I “movimenti pauperistici”, caratterizzati dall’aspirazione verso un ideale di povertà cristiana. Tra questi vanno ricordate le figure di Arnaldo da Brescia, condannato al rogo, e il movimento valdese, caratterizzato invece dalla vocazione apostolica e dal precetto di assoluta povertà, motivata dall’osservanza di una lettera del Vangelo. - Il gioachinismo, movimento ispirato all’opera de monaco calabrese Gioacchino da Fiore, il quale sosteneva ch la fine del mondo era vicinissima, e con essa avrebbe avuto inizio un nuovo millennio in cui la vita umana sarebb stata finalmente governata da Dio e dal Bene. Tutta l’esistenza umana era infatti caratterizzata dal succedersi di t età: quella del Padre (Antico Testamento), quella del figlio (con l’avvento di Cristo), e quella dello Spirito Santo, ch doveva ancora venire. Era dunque necessaria una radicale riforma morale e religiosa. A questi movimenti la Chiesa reagì con dichiarazioni di eresie, atti di scomunica e repressioni, con la creazione d Tribunale dell’Inquisizione, e inoltre ritenne necessario accogliere alcune delle istanze di rinnovamento, favorend la nascita di nuovi ordini, gli Ordini mendicanti, ovvero l’Ordine Domenicano, o dei Predicatori, e l’Ordine Francescano, o dei Frati Minori. Erano ordini caratterizzati da una nuova spiritualità che sosteneva una vita basa sulla lettura del Vangelo e alla rinuncia delle ricchezze e dei beni terreni, senza però estraniarsi dal mondo, come accadeva con i monasteri. All’Ordine dei Domenicano appartenne il più grande filosofo del periodo, Tommaso d’Aquino. Tommaso ritiene che tra la ragione e la rivelazione non esista conflitto, poiché si tratta di due modalità di accesso alla verità, la qua è intrinsecamente una. La filosofia possiede un'autonomia di oggetto e di metodo e deve esplorare in modo rigoroso l'universo fisico, la struttura dell'uomo e, al suo vertice metafisico, la totalità dell'essere e delle perfezioni trascendentali. L'oggetto della teologia, di cui Tommaso difende il carattere scientifico, è costituito dai contenuti specifici della rivelazione offerta all'uomo per supportarlo nella conoscenza di verità indispensabili per la sua completa realizzazione, ma irraggiungibili con la sola ragione. Tommaso propone una dimostrazione dell'esistenza di Dio a posteriori, partendo da cinque vie (modalità) diverse del dato empirico, che rinviano, come condizione ultima della loro possibilità, alla necessità dell'esistenza di un Principio Primo. Nella prima via si parte dal divenire delle cose sensibili per giungere all'esistenza di un Primo Motore immobile. La seconda via analizza i rapporti di causalità per arrivare a una Causa Prima. La terza via, sul base del carattere di contingenza del mondo, giunge all'affermazione di un Essere necessario, anteriore a ogni essere possibile. La quarta via, considerando la distribuzione per gradi delle perfezioni più universali possedute dalle cose, conclude all'esistenza di un Essere perfettissimo, che è causa delle perfezioni parziali dei singoli enti. La quinta via, sulla base delle regolarità dei comportamenti degli agenti privi di conoscenza, riconosce l'esistenza di un Fine ultimo e unitario. Il primo essere così dimostrato, totalmente perfetto e sottratto ai limiti del contingente corrisponde a ciò che filosofi e teologi chiamano Dio. L’altro grande ordine mendicante, è quello dei Francescani, fondato da Francesco D’Assisi. Costui, figlio di un agiato mercante, avrebbe potuto continuare l’attività, ma preferisce rinunciare a tutti i suoi beni, vivendo inizialmente in assoluta povertà e solitudine, ma piano piano venne a formarci una piccola comunità che ne condivide lo stile di vita. Dolcezza, semplicità, assoluta dedizione al prossimo, amore per la povertà, sono le caratteristiche proprie di Francesco , che ricopia in sé la figura del Cristo con assoluta fedeltà fino a provare nel suo corpo lo spasimo dei dolori del Salvatore ricevendo le sacre stimmate. Egli vide le difficoltà e gli errori in cui l Chiesa si dibatteva, osservò la corruzione che dilagava fra gli stessi ecclesiastici in una società feudale fatta di violenze e d'ingiustizie, ma non si erse a loro giudice, né pretese di compiere opera riformatrice: fu e rimase un figlio devoto e ubbidiente della Chiesa e la forza della sua lezione è tutta nell'esempio della sua vita, nel suo richiamo continuo alle fonti del Vangelo, alla vita di Gesù Salvatore. La sua predicazione era tesa a un rinnovamento morale e sociale del mondo alla luce dell'insegnamento evangelico. La sua opera principale è il “Cantico delle creature”, una poesia di 33 versi, senza misura fissa e senza rima, in

“fratellanza”, in quanto nate da un unico principio. Fratelli e sorelle dell’uomo sono dunque anche il sole, la luna, stelle, il vento, il fuoco e la terra. Bella terza parte compare anche “sorella Morte”, intesa come morte corporale, dunque per niente spaventosa, ma una semplice ministra di Dio. In Francesco dunque prevale la gioia, poiché og creatura “significa” Dio, cioè rinvia ad una realtà superiore; tant’è vero che anche la morte passa da immagine macabra, a nostra “sorella”. In un certo senso dunque, Francesco, insieme agli altri ordini, dedica molta attenzione al teatro, legato soprattutt alla rappresentazione dei testi biblici e del Vangelo; il messaggio doveva infatti raggiungere le masse nel modo p immediato possibile. Guido Guinizzelli (Bologna, 1235-1276), non compose molto, appena 5 canzoni e 15 sonetti, ma si rivelarono particolarmente importanti per il periodo. Tipico della sua produzione era la lode alla donna attraverso molte similitudini come la rosa, il giglio, la verde campagna, l’aria, mostrando dunque la donna come essere che dona salute, salvezza, rappresentata tramite la donna che “saluta”. Il canzoniere guinizzelliano è composto da venti so testi integri (cinque canzoni e quindici sonetti). La nuova poetica evidenzia una semplificazione dello stile, che abbandona i modi ricercati della preziosa retorica guittoniana dell'ars dictandi, aspirando al linguaggio “dolce e leggiadro” che incontrerà le lodi di Dante. La sua opera più importante è la canzone “Al cor gentil rempaira sempre amore”, in cui è evidente fin dal primo verso il legame tra amore e cuore nobile. È una canzone di 6 stanze composte da 10 versi, settenari ed endecasillabi, scritta in un linguaggio alto, dove non compaiono termin dialettali, poiché Guinizzelli non vuole utilizzare un linguaggio che sia particolaristico, ma nazionale. Parola-chiav della canzone è "gentile". La gentilezza si identifica con la nobiltà, non di sangue, che non si eredita, ma che è propria dell'animo. Come enucleato dal poeta nella IV stanza, la nobiltà non è nella "dignità" ereditata dalla propr famiglia. Se un uomo è privo di un animo "coraggioso", manca di un valore personale e, quindi, non può dirsi nobile. La gentilezza d'animo si esprime con l'amore, come Guinizzelli dice subito, nel primo verso: l'amore ha la sua vera dimora nel cuore gentile, cioè amore e gentilezza sono un'unica cosa. La canzone, inoltre, è nettamente divisa in due parti e ricca di similitu...


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