Riassunto Salute Organizzativa PDF

Title Riassunto Salute Organizzativa
Course Modulo 2: Psicologia del benessere organizzativo
Institution Università degli Studi di Foggia
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PER ESAME DI PSICOLOGIA DEL BENESSERE ORGANIZZATIVO...


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SALUTE ORGANIZZATIVA PREMESSA Nel linguaggio comune della vita quotidiana si impiegano termini ed espressioni che sono stati oggetto di un lungo dibattito o, spesso, di numerose indagini empiriche. Negli ambienti organizzativi è, per esempio, del tutto abituale chiedere a un collega o amico come sta, come si trova, se è soddisfatto o meno del suo lavoro, come trascorre la giornata, quali sono le sue prospettive professionali. Le diverse risposte date a queste domande alludono a un primo livello, alla soddisfazione, alla speranza di miglioramento, al sentimento di contribuire a raggiungere scopi comuni o al contrario al nervosismo, allo stress, a uno stato di malessere o delusione. Essi possono anche avere un secondo livello che rinvia ad un fattore organizzativo che determina o contribuisce a determinare il benessere di chi lavora e più in generale alla sensibilità e alla capacità di una organizzazione di promuovere o di mantenere il più alto grado di salute e benessere fisico, psicologico e sociale delle persone impegnate nei loro ambiti professionali. Durante il secolo scorso, il rapporto tra organizzazione e malattia è stato considerato oggetto al contempo della riflessione sulle organizzazioni della ricerca psicofisiologica sul lavoro industriale e sugli interventi della medicina del lavoro. All’inizio il legame organizzazione-benessere è stato analizzato in senso biomedico secondo due prospettive convergenti che costituiscono la moderna ergonomia: un collegamento tra gli orientamenti biomedici concentrati sul corpo al lavoro e la riflessione sociale applicata al lavoratore. In seguito è superata la mentalità neopositivista e la riflessione sulla salute non è stata più caratterizzata dal dominio medico perché il corpo è stato considerato nella sua unità biopsichica e nelle relazioni sociali. Nell’epoca post-moderna (la nostra) il tema della salute è affrontato in base ad alcune questioni fondamentali: 1) La salute non ha a che fare solo con il benessere psico-fisico ma interessa i temi del rischio e della vulnerabilità sociale. 2) La salute non è uno stato individuale ma richiede una riflessione sui beni collettivi. 3) La gestione della salute non può andare incontro ad effetti non intenzionali di malessere. 4) La salute è un processo sociale.

5) La salute ha a che fare sia con l’oggettività del sistema sociale sia con il mondo soggettivo. Oggi una teoria sulla salute organizzativa mette insieme il paradigma della azione e quello della relazione. La prima parte del volume ricostruisce origine e prospettive di studio della psicologia della salute nei contesti lavorativi ed esamina strategie di intervento per promuoverne il miglioramento. La seconda parte definisce il costrutto di salute organizzativa presentando lo strumento di indagine e i risultati della ricerca sul campo. Le prime considerazioni per la salute dei lavoratori sono datate inizio 900. Negli anni successivi si riflette sulla concezione dei rischi di infortunio in termini fisici, psicologici e sulla prevenzione. Negli anni 80 subentra una conoscenza ai fattori che minacciano la “salute”. Capitolo 1 Nascita e sviluppo della psicologia della salute organizzativa All’inizio del ventesimo secolo, stampa e letteratura sociale, hanno descritto la sofferenza (dei lavoratori) provocata da datori di lavoro e industrie, che ignoravano la responsabilità sociale di dare alla forza lavoro un ambiente sicuro e salubre. L’organizzazione lavorativa era concepita in funzione del conseguimento del miglior risultato dell’impresa, senza tenere in considerazione né l’ambiente lavorativo né lo stato di salute del lavoratore, visto come un essere passivo che rispondeva a stimoli economici. Tuttavia col tempo il concetto di salute nel lavoro si è modificato; prima ristretto al concetto di sicurezza poi ampliato fino ad abbracciare molteplici aspetti. Negli anni ’30-’40 nell’ambiente Nord-Americano si iniziò a porre l’attenzione sugli infortuni e sulle malattie in ambito lavorativo e si cercò di intervenire per correggere le condizioni di lavoro e curare i danni fisici oltre che prevenirli. Questo periodo fu caratterizzato dalla messa a punto di strumenti di assistenza per i lavoratori infortunati e dall’istituzione di enti e comitati preposti alla sorveglianza e al miglioramento della sicurezza. Prevaleva dunque una concezione meccanicistica e una casualità di tipo lineare dall’ambiente di lavoro al lavoratore. Con la nascita del movimento delle relazioni umane (Mayo – 1933-1945) si mise in evidenza l’importanza del fattore umano. Si incomincia a parlare dei possibili danni al benessere dei lavoratori, e si considerarono nuovi fattori quali: motivazione, alienazione, fenomeni di gruppo, che incidono sulla condizione di malessere del lavoratore.

Negli anni 50-60 ci fu una visione più attiva del lavoratore considerato in interazione con l’ambiente di lavoro, ma restava ancora un concetto di casualità di tipo lineare. Gli aspetti della sicurezza e della salute iniziano a comprendere campi come “ job design”, la formazione e la selezione dei dipendenti. L’intervento era centrato sulla cura dell’individuo ma si prestava attenzione anche alle conseguenze psicologiche (affaticamento, disturbi psicosomatici, ecc). L’interesse verso gli aspetti non solo fisici ma anche mentali della salute fu molto forte negli Usa fino a sfociare negli anni 70 nello studio dei cosiddetti aspetti psicosociali del lavoro. Studi paralleli in Europa si possono rintracciare nei lavori di Garendell. Successivamente gli anni 70-80 furono caratterizzati dal passaggio da un approccio di intervento incentrato sulla cura ad uno focalizzato sulla prevenzione. Si affinarono gli studi e le tecniche per migliorare la qualità della sicurezza nei contesti lavorativi. L’importanza della sicurezza nei luoghi di lavoro era ormai un principio riconosciuto. Negli anni ’80 nascono i concetti di Welness e di Occupational Health Promotion. Terborg distingue: -Healt Protection che consiste nel proteggere quante più persone e possibile dalle minacce alla loro salute; -Health Promotion che consiste nell’indurre le persone a fare scelte ragionate che migliorino la salute fisica e mentale. Il job design mira al primo aspetto, le tecniche di motivazione al secondo. La novità principale è lo spostamento dell’interesse dalla prevenzione degli infortuni e delle malattie alla conservazione attiva della salute. Infatti in secondo luogo l’attenzione si concentrava anche sui comportamenti dei lavoratori: bere, mangiare, fumare; si cerca di cambiare i comportamenti dannosi per sostituirli con quelli salutari. Cominciano a farsi strada modalità di analisi di tipo sistemico, e per sottolineare il profondo cambiamento di prospettiva si può riprendere l’esempio della sicurezza. Oggi le organizzazioni si contraddistinguono per l’eccellenza nel campo della sicurezza che considerano un valore a fondamento della cultura di un’organizzazione. A tal proposito: GRANT: ritiene che il comportamento dei dipendenti sia strettamente collegato alle priorità che il management mostra di seguire. Di conseguenza se la strategia manageriale pone la sicurezza come priorità, si dovrebbe ottenere un comportamento più sicuro da parte dei lavoratori.

PIERCE: prefigura un nuovo modello di leadership. Occuparsi di sicurezza e di salute secondo l’autore, significa possedere e sapere esercitare determinate capacità e competenze. PRATT: Parla di creazione della cultura della salute e non semplicemente della cultura della sicurezza; inoltre presenta alcuni elementi essenziali di questa cultura, come una comunicazione a 360 gradi, un significativo EMPOWERMENT (crescita sia dell’individuo che del gruppo) e un equilibrio tra vita lavorativa e privata. Ma solo con ROSEN si comincia a sottolineare l’importanza per la salute nelle organizzazioni di aspetti quali il clima e la cultura organizzativa. WOOD E PATRICK: Introducono il termine OCCUPATIONAL HEALTH PSYCOLOGY (OHP) per indicare la convergenza di psicologia della salute e salute pubblica negli ambienti lavorativi. Gli elementi che hanno determinato l’emergere di questo approccio si possono rintracciare negli studi sullo stress e nei fattori psicosociali che influenzano la sicurezza lavorativa. Occupational Health Psychology applica la psicologia nei setting organizzativi per il miglioramento della vita lavorativa, la protezione e la sicurezza dei lavoratori e la promozione della salute nei luoghi di lavoro. Nel pensiero degli autori gli ambienti di lavoro sani sono caratterizzati da: alta produttività, alta soddisfazione del lavoratore, buona sicurezza, basso assenteismo, basso turnover e assenza di violenza. OHP interviene su tre dimensioni; ambiente di lavoro, individuo, rapporto lavorofamiglia, ponendo particolare enfasi sulla prevenzione primaria. Il concetto di sicurezza è stato inglobato in quello più ampio di salute nell’organizzazione e si comincia a parlare di salute dell’organizzazione. Poche sono le ricerche recenti nelle quali si sostiene il concetto di salute dell'organizzazione (Organizational Health). Tra queste ricerche ritroviamo quella di Fiorelli e collaboratori che sottolinea una totale mancanza di letteratura riguardo il tema e presenta uno strumento di valutazione della salute dell'organizzazione che è basato su cinque indici, elaborati in base a due criteri: la caratteristica temporale degli indicatori e la disponibilità di raccolta di dati. L'obiettivo è di stabilire un indice con componenti che includano misure di eventi passati (turnover, burnout); situazioni presenti (contatti con l'area Human Resources e visite del "difensore civico") e situazioni future (bisogni di cambiamento lavorativo). Lo strumento presentato (Organizational Health Report) consente di stabilire una soglia dello stato di salute dell'organizzazione, al di sotto della quale viene sollecitato un intervento "riparatore". Monitorare la salute di un'organizzazione vuol dire, nel pensiero degli autori, rilevare alcune dimensioni oltre che tener controllo gli indici di malessere. Tra le dimensioni esplorate attraverso un questionario vi sono: (organizzazione del luogo "accogliente" per il dipendente, un luogo dove poter comunicare con franchezza, potersi sentire coinvolti nel lavoro e avere un certo peso nelle decisioni da prendere).

Monitorare la salute di un’organizzazione significa controllare alcune dimensioni quali: il carattere accogliente dell’organizzazione, un luogo dove poter comunicare con franchezza, di sentirsi coinvolti nel lavoro e di incidere sulle decisioni. Altri invece sottolineano l’importanza della reputazione di cui gode l’organizzazione. In conclusione, gli studi relativi al benessere sui luoghi di lavoro hanno posto l’attenzione prevalentemente sulla sicurezza ampliando l’interesse a dimensioni psicologiche indagando lo stress piuttosto che il benessere globale, e l’individuo piuttosto che l’organizzazione in salute. Importante svolta in Italia è segnata dal decreto 626 del 1994 che propone il passaggio da un concetto di sicurezza centrato sull’ambiente fisico di lavoro e sul singolo, ad un concetto centrato sul lavoro organizzato: la sicurezza non dipende solo dalle carenze di macchine e impianti, ma dalla organizzazione globale del lavoro che sappia considerare il benessere psichico, sociale e fisico dei lavoratori. Inoltre è maturato il concetto di promozione della salute poiché il mondo del lavoro è cambiato: cresce il benessere economico ma aumentano disagi e sofferenze di chi lavora. Ciò richiede ulteriori riflessioni sul concetto di benessere. Capitolo 2 Le concezioni della salute organizzativa La salute organizzativa si può definire come l’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando il benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative. Diversi sono i contributi volti a definire la salute organizzativa. Lo studio della salute organizzativa è riconducibile a discipline diverse. In ambito psicologico, la psicologia generale ha fornito contributi nelle aree di processi psicologici quali: processi cognitivi ed emotivi, la percezione, l’apprendimento, la personalità, lo stress, le differenze individuali, le strategie di copin. La psicologia dello sviluppo ha prodotto conoscenze sui diversi stadi della vita e sulle conseguenti implicazioni nella dinamica dello sviluppo professionale. PSICOLOGIA SOCIALE: Si è occupata delle dinamiche dei gruppi lavorativi, del supporto sociale e dell’integrazione persona-ambiente. PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI: Ha sottolineato lo stress lavorativo e la fatica, le caratteristiche della posizione e delle mansioni, la qualità dei processi, l’autoefficacia personale e collettiva, la psicologia della personalità e della motivazione e le variabili organizzative che influenzano la salute e

gli interventi nel settore della gestione delle risorse umane. Con “salute organizzativa” si intende crescere e svilupparsi mantenendo uno stato di benessere fisico e psicologico. Le organizzazioni possono contribuire o meno al benessere e influire sullo stato di salute dell’intero sistema. Le discipline dell’ingegneria e delle scienze tecnologiche hanno proposto numerose soluzioni finalizzate ad assicurare la migliore integrazione tra sistemi sociali, tecnologici e singoli prestatori di lavoro. La sociologia, la scienza politica e l’antropologia culturale hanno prodotto significativi contributi sui ruoli, sulle variabili strutturali delle organizzazioni e sulle dinamiche del potere. Altri contributi provengono dalle scienze mediche e biologiche sulla fisiologia della salute, sullo stress, sulle patologie da lavoro. Dunque i contributi sono diversi ma si possono rintracciare dei temi centrali.

Temi comuni alle concezioni della salute organizzativa L’analisi della letteratura sulla salute organizzativa, pur nella diversità delle discipline d’indagine consente di individuare alcuni temi di base che caratterizzano la maggior parte degli approcci concettuali. La letteratura quindi, sulla salute organizzativa, individua alcuni temi fondamentali. Tali temi possono essere indicati in 7 punti: 1. CONCEZIONE MULTIDIMENSIONALE DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA: Molti autori partono dall’assunto che esistono diverse dimensioni di salute: FLEISHER e BROWN propongono sei dimensioni e parlano di un “benessere organizzativo complessivo”. Queste dimensioni individualmente sono: -

La nutrizione La salute emotiva Il non uso di alcool Il sonno Il supporto interpersonale La gestione dello stress

Da ciò emerge che i singoli individui sono portatori di una concezione multidimensionale della salute facendo prevalentemente riferimento alla salute fisica, al benessere emotivo, all’armonia cognitiva, alla serenità lavorativa (sicurezza lavorativa, livelli di stress accettabili, clima relazionale franco e produttivo)

2. PLURALITA’ DEI LIVELLI DI ANALISI DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA:

È stata studiata a livello individuale come supporto sociale, a livello di gruppo come coesione, e a livello organizzativo come “capitale sociale”. Da ciò emerge che i livelli di analisi della salute organizzativa sono 4: individuo

gruppo

unità organizzativa intera organizzazione (ufficio, dipartimento, filiale)

3. AUTOREGOLAZIONE NEI PROCESSI DI ADATTAMENTO E DI DEFINIZIONE DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA: Capacità di organizzazione di autoregolarsi nei processi di integrazione interna e di adattamento verso l’esterno e nella disponibilità a ridefinire correttamente la concezione di salute. 4. IMPEGNO NELLA PROMOZIONE DELLA SALUTE: Questo tema si riferisce al piano strategico dell’organizzazione e, in particolare, all’impegno nella promozione della salute intesa operativamente come disponibilità, frequenza e intensità ad attivare specifici programmi di promozione della salute e adottare politiche coerenti di tutela dell’ambiente organizzativo e di gestione delle risorse umane.

5. GRADO DI CONGRUENZA: In letteratura è consolidato il concetto di congruenza a livello:

6.CAPACITA’ DI RISPONDERE PROATTIVAMENTE ALLE TENSIONI ORGANIZZATIVE, che rinvia a particolari competenze manageriali di lettura del contesto, di ascolto dei segnali, di gestione dei conflitti, di negoziazione ecc.

7. RIFLESSIVITA’ E PROATTIVITA’ DI FRONTE ALLO SVILUPPO E AL DECLINO ORGANIZZATIVO: Le organizzazioni tendono a crescere, a espandersi in un ambiente globale competitivo. Le organizzazioni efficaci tendono a impiegare le migliori risorse per prevenire e contrastare le forze regressive che vengono dall'esterno o che nascono anche al proprio interno, e che possono produrre conseguenze negative sulle azioni dei membri e, talora, sulla stessa possibilità di sopravvivenza dell'organizzazione. Le organizzazioni tendono a crescere, svilupparsi, ma in questo processo evolutivo c’è, quindi, anche il rischio che possano arrivare al declino, alla regressione, all’estinzione se vi è un ambiente molto competitivo.

Tutto questo può portare gravi conseguenze sugli individui (stress e problemi di salute), sui gruppi di lavoro (tensioni e conflitti), sull’organizzazione (ridimensionamento) e un’intera comunità (aumento della povertà). Queste 7 aree, sottolineano la forte interdipendenza tra i livelli: individuo, gruppo, organizzazione, e forniscono punti di riferimento utili per la costruzione di un modello integrato. Il TERMINE SALUTE ORGANIZZATIVA: Considera lo stato individuale come un percorso dinamico che va mantenuto in equilibrio attraverso interventi preventivi e non ex-post e quindi concepisce la salute organizzativa come un processo, enfatizza la funzione del sistema organizzativa come un processo, enfatizza la funzione del sistema organizzativo e sociale come agenti implicati nel mantenimento e nel cambiamento del modo di vita dei singoli.

Salute organizzativa e paradigmi organizzativi Le diverse teorie differiscono tra loro per i contenuti analitici, ma la diversità può discendere anche dalla loro fondazione: gli schemi di riferimento attraverso i quali gli scienziati guardano il mondo, il modo in cui generano le loro formulazioni teoriche e il MODUS OPERANDI secondo il quale si dispongono alla ricerca intorno agli individui e alla società. Gli assunti fondanti sono di due specie:

E’ alle diverse combinazioni di questi elementi metateorici che si fa riferimento con il termine “paradigma”  esso definisce una prospettiva specifica per l’analisi dei fenomeni sociali e per lo sviluppo della scienza che li studia; corrisponde all’adesione a una concezione della conoscenza e della realtà peculiare. Vari paradigmi fondano diverse teorie della società. L’impresa scientifica è costituita da un complesso estremamente ristretto di metateorici. Nel loro insieme i paradigmi costituiscono delle visioni possibili e mutuamente esclusive del mondo. Esistono due diverse visioni, sia della società sia della scienza che la studia le quali, combinandosi tra loro, sostanziano quattro paradigmi mutuamente esclusivi:

1. Il paradigma funzionalista

2. Il paradigma 3. il paradigma interpretativo strutturale radicale

Il paradigma umanista radicale

Questi paradigmi rappresentano nel loro insieme i fondamenti filosofico-scientifici delle teorie organizzative. I paradigmi fondano diverse teorie della società, cosi come uno stesso paradigma può accomunare teorie differenti. I 4 paradigmi sono reciprocamente contradditori perché basati su assunti metateorici in opposizione; essi sono alternativi e non consentono di essere adoperati congiuntamente ma in successione. Nel loro insieme compongono uno schema analitico utile non solo per esplorare il campo dell’analisi organizzativa, ma anche per essere applicato ad altri ambiti delle scienze sociali. Il concetto di paradigma è stato introdotto nella riflessione epistemologica di Khun. Burrel e Morgan hanno formulato una sistematizzazione per paradigmi del campo delle scienze organizzative e delle discipline manageriali. Il paradigma funzionalista rappresenta la prospettiva dominante nella sociologia accademica. Esso vede la società e l'organizzazione come un insieme ordinato, unitario, coeso e...


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