Riassunto tellini il romanzo italiano dellottocento e novecento PDF

Title Riassunto tellini il romanzo italiano dellottocento e novecento
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto Tellini - Il romanzo italiano dell'Ottocento e Novecento Letteratura italiana (Università degli Studi di Verona)

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LETTERATURA ITALIANA (P) – dal Seicento all’Unità d’Italia

SEICENTO LA PROSA SCIENTIFICA

Nel Seicento nacque la prosa scientifica, che si configurò subito come una prosa antibarocca per il suo carattere antiretorico, per la linearità e l’essenzialità dell’espressione, per la funzione immediatamente comunicativa. Essa si affermò conseguentemente alla rivoluzione scientifica che Galilei promosse in opposizione alla cultura ufficiale organizzata dalla Chiesa → gli aspetti più significativi: - l’affermazione dell’autonomia della scienza dalla filosofia e dalla teologia - la polemica contro l’aristotelismo e il principio d’autorità - l’uso dell’ITALIANO e non più del latino nei trattati scientifici - l’organizzazione della cultura in accademia al riparo dall’invadenza religiosa

• GALILEO GALILEI (1564-1642) Nacque a Pisa nel 1564; accettò l’incarico di matematico all’Università di Padova, dove godette della maggior libertà di pensiero e di ricerca che offriva la Repubblica di Venezia rispetto agli altri Stati italiani del tempo. Mise a punto il cannocchiale (forse già scoperto in Olanda), utilizzandolo per primo nell’osservazione degli astri: scoprì i primi 4 satelliti di Giove (“Medicei” in onore dei Medici), e le “macchie solari”, contribuendo a far conoscere per la prima volta il mondo degli astri nella sua vera realtà, procurandosi celebrità ed ammirazione, ma anche polemiche e accuse dai pensatori tradizionali e neoaristotelici, soprattutto appartenenti agli ambienti ecclesiastici.

La Nuova Scienza: si afferma agli inizi del Seicento ed è espressione di una vera e propria rivoluzione culturale, in particolare nello studi dei fenomeni naturali si avvia un metodo di lavoro che costituisce il presupposto della scienza moderna → questo metodo si basa sul ricorso a modelli matematici e a controlli sperimentali. Processo molto difficile perché ci si trova in antitesi a concezioni ritenute per secoli vere e indiscutibili; le autorità politiche e religiose si trovano alleate al richiamo della tradizione, come principio di autorità e ordine. Nel generale dibattito tra tecnica e scienza si cerca di superare la separazione tra il sapere teorico e pratica operativa → Galileo Galilei (1564-1642) sostiene la tesi che per utilizzare adeguatamente uno strumento meccanico occorre conoscere le leggi matematiche e i presupposti teorici che lo fanno utilizzare. Con l’operetta in latino Sidereus Nuncius – dedicata a Cosimo II de Medici, Galileo informa la comunità scientifica internazionale delle proprie scoperte astronomiche: - la natura montuosa della luna - l’osservazione delle stelle prima sconosciute - l’individuazione di quattro satelliti del pianeta Giove (denominati stelle medicee) Il breve trattato offre la verifica sperimentale della validità del sistema copernicano (fortemente contestato dai teologi), ovvero del sistema eliocentrico elaborato da Niccolò Copernico → la teoria copernicana si oppone al sistema geocentrico dell’astronomo alessandrino del II secolo Claudio Tolomeo, che pone la Terra – e il genere umano – al centro dell’universo.

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➔ Galileo Galilei e il cannocchiale: il cannocchiale era nato negli ambienti dell’artigianato olandese, Galileo lo ricostruisce e presentato a Venezia. Inizialmente usato negli ambienti meccanici, progredito solo per pratica, parzialmente accolto negli ambienti militari e del tutto ignorato dalla scienza ufficiale. Galileo lo impiega e lo volge al cielo con spirito metodico e con mentalità scientifica. Le osservazioni di Galileo non segnarono solo la fine di una visione del mondo, ma segnarono l’atto di nascita di un nuovo concetto di esperienza e di verità, spezzando il cerchio senza fine delle parole dei “filosofi di carta”. Nella rivoluzione culturale della Nuova Scienza, Galileo si impone sul piano della ricerca scientifica, della riflessione filosofica e della comunicazione espressiva. Con la Nuova Scienza nel Seicento nasce anche la moderna prosa scientifica, che si distingue per chiarezza, precisione, esattezza e perspicuità lessicale. Molto importante il fatto che Galileo, per le sue opere principali, non sceglie il latino (lingua predominante nelle università e nella comunicazione scientifica internazionale), ma il VOLGARE → con questa scelta mostra la volontà di rivolgersi a un pubblico più vasto di quello accademico e specialistico → Galileo vede nella lingua italiana la nuova lingua scientifica europea. Galileo infatti non è solo il primo grande scienziato, ma anche il fondatore di una nuova prosa scientifica: abbandona il latino filosofico-scientifico, scegliendo il volgare; in questo modo Galileo mostra di rivolgersi a un pubblico più largo di quello degli accademici e degli studiosi → egli intende comunicare con tecnici e ingegneri + con un pubblico non di specialisti. La prosa di Galileo si costituisce nel rifiuto dei modelli formali astratti, portandolo a un rifiuto di ogni oscurità e complicazione artificiosa, di ogni prospettiva manieristica o barocca. La base fiorentina nella lingua di Galileo si spoglia dei caratteri marcatamente locali, tendendo piuttosto a dispiegarsi in un italiano medio, preciso e pacato, sicuro nel proprio argomentare → la lingua diventa così veicolo essenziale della conoscenza; preferisce trasferire in ambito tecnico parole del linguaggio comune, solitamente riferite alle cose e alla vita quotidiana.

Una data storica: il 1632 Il 21 febbraio 1632 esce il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei; l’opera rientra nel complesso disegno galileiano di difesa del copernicanesimo (giudicato eretico fino al 1616) come fondamento della nuova scienza. Nel luglio del 1631 giunge da Roma l’ordine di vietare la vendita del volume e nel settembre è imposto a Galileo di presentarsi al Sant’Uffizio → si presenta nell’aprile 1633 e viene emessa la sentenza di condanna al carcere. I personaggi che prendono parte al Dialogo sono tre: 1. Giovanni Francesco Sagredo, nobile veneziano, scrittore e scienziato, interlocutore attento e di ampie vedute → inizialmente di posizioni neutrali; svolge un ruolo di intelligente divulgatore. 2. Filippo Salviati, nobile fiorentino, matematico e fisico → sostenitore del copernicanesimo; impersona l’alter ego di Galileo. 3. Simplicio, aristotelico (personaggio immaginario) → sostenitore del sistema tolemaico; documenta il versante aristotelico, conservatore e pedante, arroccato sulla dogmatica difesa della tradizione. Mentre Salviati e Simplicio sono antagonisti e oppositori, Sagredo si definisce “semplice ascoltatore”, ma si entusiasma per le idee nuove e le espone a sua volta in modo semplice e piano → intelligente divulgatore. Il Dialogo è diviso in quattro giornate: 1. nella PRIMA giornata sono passati in rassegna temi già trattati da Galileo in precedenza: moto dei corpi celesti e le nuove scoperte; le caratteristiche della

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luce solare riflessa dalla luna; la contestazione del dogma aristotelico sull’immobilità dei corpi celesti 2. nella SECONDA giornata si illustrano le esperienze che smentiscono tutte le prove esibite per negare il moto della Terra 3. nella TERZA giornata gli interlocutori discutono del moto annuo, tradizionalmente attribuito al Sole, ma da Copernico assegnato alla Terra → si dimostra la veridicità del sistema copernicano 4. nella QUARTA giornata si parla delle maree e si confuta (erroneamente) Keplero, che per primo le ha attribuite all’influsso gravitazionale della Luna, e si cerca invece di spiegarle con le differenti velocità connesse al moto della Terra. Il Dialogo si prefigge un duplice scopo: • demolizione delle antiche credenze • costruzione delle nuove credenze in questo non mancano errori ben giustificabili, il più grave quello sull’interpretazione delle maree. Il Dialogo inaugura una nuova concezione dell’uomo e del mondo. Fino ad allora la conoscenza del creato si fondava sui testi sacri e su una tradizione profana risalente ad Aristotele, conciliata dagli scolastici con la tradizione religiosa e improntata in un dogmatismo. Queste tradizioni si accordavano nel concepire l’universo in funzione di due termini estremi: DIO, che tutto comprende, e l’UOMO, che dal tutto è compreso e ne rimane al centro. La scienza non rimase per Galileo ritrovamento dotto destinato a essere da atri svolto e propagato alle sue conoscenze, ma la scienza, ch’egli ha la passione di divulgare, costringe alla chiarezza. Chiarezza e precisione, mosse da passione: ecco i termini d’ogni poesia, prendendo poesia nel suo senso esatto: suscitamento di commozione superiore ottenuto con la parola. L’universo di Tolomeo, che Galileo scompigliò, si era costituito secondo immobili scale che facevano da modello alle scale terrestri e sociali. Il nemico previde fin da subito che il nuovo ordinamento degli astri avrebbe scoperto agli uomini l’ansia fondamentale di un analogo ordinamento delle convivenze, che anche la società avrebbe sentito l’impulso a diventare da tolemaica a copernicana; alla scala gerarchica di Tolomeo avrà da succedere l’universo aperto di Galileo. Simplicio è personaggio insieme comico e serio, dogmatico e conformista, che invita a riflettere sui caratteri della sua perenne attualità; incontrollabile difensore dei suoi principi geocentrici e antropocentrici; la sua immobilità mentale è inquietata senza tregua in un continuo moto perpetuo da Salviati e da Sagredo. La tendenza al dogmatismo, alle formule, al “simplicismo” del quieto e pseudo pensare non è un pericolo scongiurato per l’umanità, solo per il fatto che siamo diventati tutti galileiani, chi prima e chi dopo qualche secolo.

BAROCCO

Il termine “barocco” è stato usato in senso negativo per definire la natura irregolare ed inconsueta del gusto artistico e della poetica che dominarono durante il Seicento: si trattava di un’arte basata sull’ambizione della novità e sulla rottura con la tradizione del classicismo, avendo come fine ultimo la meraviglia. Alla fine del Cinquecento arrivò a compimento il processo storico ed artistico che in Italia, nel clima della Controriforma e del dispotismo spagnolo, aveva svuotato la civiltà rinascimentale. Se il Medioevo trova la sua direzione in un Dio trascendente e il Rinascimento nel principio dell’uomo libero e autonomo, la civiltà barocca trova la propria unica certezza nella coscienza dell’incertezza di tutte le cose → la civiltà barocca non ha più una sua fede e una sua certezza; la sua unica fede è forse quella nella validità di una tecnica sempre più perfezionata; la sua unica certezza è nella coscienza dell’incertezza di tutte le cose, dell’instabilità del reale, delle ingannevoli parvenze, della relatività dei rapporti fra le cose stesse.

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Il Barocco è la testimonianza di una crisi antropologica, la messa in discussione di un sistema di saperi e di valori che per secoli ha dato stabilità e sicurezza alla cultura europea. Più che segno di decadenza, il Barocco è la testimonianza di una profonda crisi antropologica che produsse sconvolgimenti e squilibri motivati da una particolare situazione storica: guerra dei Trent’anni è solo una delle tante sedizioni che turbarono la vita nel Seicento + spaventosa inflazione che diffuse ovunque un senso di insicurezza e precarietà + la messa in discussione di un sistema di saperi e di valori su cui si era retta per tanti secoli la cultura europea trovandovi la sua sicurezza. La nuova scienza ha battuto il vecchio sistema a lungo puntellato dagli aristotelici, ma dopo averlo demolito facendo perdere un equilibrio conoscitivo, non è stata in grado di sostituirlo con un nuovo paradigma di restituire le sicurezze perdute. Soprattutto la Chiesa perde le distanze dai valori che avevano trionfato nel Rinascimento, responsabili non secondari del distacco dei protestanti, indignati per la cultura paganeggiante che si era imposta perfino presso i papi. Alla ricerca di grazia e della gioia schietta dei beni terreni, subentra una tonalità severa e grave, orientata alla visione trascendente del mondo → CONTRORIFORMA, che si esercita con l’attività dell’Inquisizione, con l’istituzione dell’Indice dei libri proibiti (1559-1966), con la lotta spietata alle eresie, con la promozione di un’agguerrita letteratura contro le dottrine protestanti. Controriforma = Riforma cattolica, rielaborazione culturale, opera del Concilio di Trento (1545-1563).

• GIOVAN BATTISTA MARINO (1569-1625)

Nasce il 14 ottobre 1569 a Napoli; incline a servire i potenti come cortigiano ben pagato ma, allo stesso tempo, insofferente all’autorità e pronto anche alla violenza. Si fa notare dall’aristocrazia napoletana per la sfrontata intraprendenza e per la vivacità dell’ingegno artistico, ma anche per atti di prepotente spregiudicatezza, che lo portarono per due volte in carcere. Nel 1600 fugge da Napoli e si ripara a Roma, poi a Torino, dove nel 1609 riceve la nomina nell’ordine cavalleresco sabaudo - “cavalier Marino” → Murtola, poeta di corte e segretario di Carlo Emanuele, geloso, spara a Marino. Nel 1623 pubblica a Parigi l’ampio poema di venti canti in ottave, l’Adone, dedicato a Luigi XIII. Terminata la pubblicazione, forse per timore di turbolenze interne alla corte di Francia, torna in Italia, tornando a Napoli. Muore in città il 25 marzo 1625. Dopo le intemperanze giovanili, il poeta si reca a Parigi dove esercita la professione del cortigiano → conta il profitto, non la condizione “servile”. Nella crisi ormai irreversibile delle corti italiane, egli porta all’estremo la figura del letterario cortigiano, tutto teso alla ricerca di vantaggi personali e di gloria esteriore → appartengono alla stessa famiglia, in tempi moderni e con le debite distinzioni, autori come Filippo Tommaso Marinetti e Gabriele D’Annunzio. Già nella prima attività lirica, con le Rime, Marino mostra di allontanarsi dalla linea del petrarchismo cinquecentesco (es: Bembo) per orientarsi alla lezione del Tasso più morbido, languido e sensuale. Il tono espressivo tende alla preziosità, all’artificio, alla sottigliezza. La padronanza retorica e metrica si intreccia al raffinato gioco del concettismo, procedimento canonico della scrittura barocca, che considera la lingua come animatrice di oggetti: “concetto” non significa qui pensiero speculativo, ma imprevisto rapporto (per analogia o per metafora) tra cose o immagini diverse, contrapposte, per creare connessioni che comportano acutezza, arguzia, ingegnosità, diletto immaginativo, sorpresa, meraviglia; la metafora assume un ruolo primario: è lo strumento privilegiato di una scrittura fiorita e piccante, d’un atto creativo versatile e ingegnoso, che mescola sacro e profano, attingendo a materiali e temi rari e preziosi. Adone: è un poema di Giovan Battista Marino pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1623; l’opera descrive le vicende amorose di Adone e Venere e costituisce uno dei

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poemi più lunghi della letteratura italiana [40.000 versi, endecasillabi, riuniti in ottave (poco più dell’Orlando Furioso di Ariosto, ma tre volte la Divina Commedia e la Gerusalemme Liberata)]. Dedicato a Luigi XIII re di Francia, esso è composto da 20 canti ed è preceduto da una lettera indirizzata alla regina Maria de Medici; la lettera è preceduta a sua volta da una prefazione del critico francese Jean Chapelain, in cui il poema, del tutto fuori da ogni canone rinascimentale, viene giustificato come “ poème de la paix”, epico ma non eroico. Ogni canto è preceduto dagli Argomenti in prosa e da Allegorie che dovrebbero spiegare il significato morale del testo. Ogni singolo canto è fornito di un titolo e di un proemio di sei ottave ≠ proemio primo canto di dodici ottave. Marino trasse dalle Metamorfosi di Ovidio solo il nucleo narrativo, un esile argomento mitologico che poi si dilatò a dismisura con l’estro e la fantasia che lo contraddistinguevano, nel rispetto di quella “poetica della meraviglia” di cui fu il sommo artefice → la trama risulta quindi arricchita da una serie di descrizioni spettacolari che prevalgono sull’azione e da un’abile trasfigurazione del reale, attuata mediante un linguaggio elaborato e raffinato. È l’opera più significativa del Barocco italiano.

Arcadia → prima accademia italiana a carattere nazionale Nasce nel 1690 a Roma, fu la prima accademia italiana a carattere nazionale, e dominò il gusto poetico per quasi mezzo secolo; fu comune la volontà di opporsi al “cattivo gusto” e all’ampollosità del barocco, con un bisogno di ritrovare un linguaggio semplice e spontaneo, che rispondesse in poesia all’esigenza di chiarezza e naturalezza diffusasi in tutta Europa attraverso i principi del razionalismo cartesiano e avvertita anche in Italia in alcuni ambienti culturali di fine Seicento (come quello toscano). Fin dal principio si profilarono due opposte posizioni: classicismo integrale di Gravina, e petrarchismo idillico di Crescimbeni; prevalse il programma di Crescimbeni, più superficiale e limitato, ma proprio per questo meglio rispondente alle moderne aspirazioni di rinnovamento della cultura media del tempo. L’Arcadia intende riformare la letteratura italiana non soltanto nel gusto e nelle forme espressive, bensì anche nell’organizzazione pratica e nell’inquadramento territoriale, attraverso una struttura di tipo federalista.

SETTECENTO ILLUMINISMO Nella seconda metà del Settecento si afferma in Italia l’Illuminismo; nel nuovo clima culturale europeo (centri determinanti in Europa sono Francia e Inghilterra) si diffondono le idee fondamentali di: - cosmopolitismo - rifiuto del principio d’autorità - il primato del materialismo e della conoscenza razionale - fiducia nel progresso scientifico - fiducia nelle riforme delle istituzioni politiche, amministrative e sociali Dalla “Ragion di Stato” (Botero, 1589) si passa all’importanza della “ Pubblica felicità” (Muratori, 1749) → rinnovamento sostanziale delle strutture e dei generi letterari: scritture dell’io/autobiografia e critica militante (letteratura periodica soprattutto a Milano e Venezia), quando si consolida la classe borghese come ceto costitutivo di un nuovo assetto sociale → etica non più dei doveri ma dei DIRITTI: “a una civiltà fondata sull’idea del dovere, i doveri verso Dio e verso il sovrano, i nuovi filosofi tentarono di sostituire una civiltà fondata sull’idea di diritto: i diritti della coscienza individuale, i

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diritti della critica, i diritti della ragione, i diritti dell’uomo e del cittadino”. Si aggiunge la svolta, verso gli anni Ottanta del Settecento, verso posizioni non più cosmopolite ma nazionaliste. La concezione illuministica dello stato prevede lo spostamento d’interesse al di là della concezione assolutista, verso la felicità della nazione. Se prima il letterato metteva la sua opera e la sua riflessione al servizio del potere assoluto del principe ed entro l’ambiente della corte, ora in Europa si giunge a una professionalizzazione: i nuovi pensatori politici si dichiarano giuristi, economisti, giornalisti, tecnici, amministratori; cercano spesso la loro sopravvivenza economica lontano dalla corte. La figura classica del letterato asservito cede il passo in Europa al letterato che, grazie all’allargamento del pubblico colto o a una professione, riesce a vivere del proprio lavoro → in Italia questa evoluzione subirà notevoli ritardi rispetto alla situazione francese o inglese, a causa della mancanza di un ceto medio di lettori colti + in Italia non è mai stato facile assumere posizioni di critica verso il potere della Chiesa. Se la dissimulazione, il nascondere ciò che si prova o si pensa era l’atteggiamento comunicativo della società di corte, la borghesia illuministica assume un atteggiamento contrario: quello di mettere in pubblico le pro...


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