Risposte alle domande di sistemi logistici integrati PDF

Title Risposte alle domande di sistemi logistici integrati
Author Serena Arena
Course Sistemi logistici integrati
Institution Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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Summary

45 12 89 37 92 69 78 45 23 74 68 5 8 21 87 66 92 90 76 64 X X XXXSimulazione Montecarlo: principi teorici e casi applicativi.Lo scopo di tale simulazione è rappresentare distribuzioni di probabilità differenti mediante generazione di numeri casuali. Quindi è adatta per le situazioni che richiedono m...


Description

Simulazione Montecarlo: principi teorici e casi applicativi. Lo scopo di tale simulazione è rappresentare distribuzioni di probabilità differenti mediante generazione di numeri casuali. Quindi è adatta per le situazioni che richiedono modelli di tipo stocastico. Le peculiarità distintive della simulazione Monte Carlo sono: • • •

permette l’ottenimento di risultati sufficientemente attendibili, in tempi molto rapidi, anche in situazioni di una certa complessità non richiede particolari investimenti in programmi software non richiede particolari conoscenze a livello di linguaggi di programmazione.

Con i numeri casuali è possibile rappresentare un qualsiasi fenomeno aleatorio, anche quando esso non rientri in une legge statistica conosciuta. Partendo da rilevazioni sperimentali su un campione significativo è possibile associare i valori random ai valori delle variabili aleatorie e quindi studiarne gli effetti sul sistema. Per esemplificare quanto detto finora, si riporta nel seguito la costruzione di un modello di analisi del traffico veicolare, utilizzando la simulazione Monte Carlo: 1. analisi del problema e ricerca dei dati: le rilevazioni effettuate hanno permesso di stabilire che: • il flusso medio è di 1 veicolo ogni 4 secondi • l’arrivo delle auto è ipotizzabile come fenomeno casuale, quindi non esistono azioni preferenziali che lo influenzano (ad esempio incroci, semafori …). Tale casualità è, pertanto, rappresentabile mediante un’estrazione di numeri casuali. 2. costruzione del modello: dai dati ottenuti dalla fase 1 risulta che: • passaggi/secondo = ¼ = 0,25 auto/sec • probabilità in un secondo di avere il passaggio di un auto = 25% • probabilità in un secondo di non avere il passaggio di un auto = 75%. Riferendosi all’insieme di numeri da 0 a 99 generati casualmente è possibile riprodurre il fenomeno aleatorio reale nel modo seguente: • ai valori [0, 24] si associa il passaggio di un’auto • ai valori [25, 99] si associa il mancato passaggio di un auto. In Excel tale generazione si effettua con la funzione CASUALE()*100 (se 100 è l’intervallo di interesse). Si considerino ad esempio 20 numeri (corrispondenti a 20 secondi di simulazione): 45 12 89 37 92 69 78 45 23 74 68 5 8 21 87 66 92 90 76 64 X

X

XXX

I simboli “X” indicano il passaggio di un’auto. 3. validazione del modello: su 20 secondi di simulazione si è avuto il passaggio di 5 auto, quindi sul limitato orizzonte temporale di analisi si è riscontrato un dato medio pari a: 5/20 = 0,25 auto/sec Questo valore rispecchia il dato medio di partenza, quindi si ha la validazione, seppur in forma semplificata.

Teoria delle code come metodologia per la risoluzione dei problemi logistici: ipotesi, modelli, esempi applicativi. La teoria delle code è una tecnica avanzata che può rappresentare un notevole supporto alle decisioni nell’ambito della progettazione di un impianto industriale, sia esso manifatturiero, di processo o di servizio. Una “coda” (attesa) si presenta tutte le volte che dei “clienti” (non necessariamente delle persone fisiche, si pensi ad esempio al caso di un magazzino ricambi e di impianti che si guastano) richiedono un “servizio” da parte di stazioni di erogazione. La teoria delle code, quindi, è un utile strumento per la modellazione dei sistemi, al fine di realizzare progetti ottimizzati, anche se, di per sé, la teoria delle code non è uno strumento intrinsecamente ottimizzante. In genere, infatti, il dimensionamento di un servizio sottintende un problema di ottimizzazione economica, di compromesso fra gli oneri diretti per l’erogazione del servizio stesso e i potenziali oneri di mancanza dovuti alla attesa dei clienti in coda o addirittura alla perdita dei clienti scoraggiati dalla presenza della coda stessa. I risultati ottenuti dalla teoria delle code, quindi, sono sottoposti ad una analisi economica che mira alla ottimizzazione. Si pensi, ad esempio, al dimensionamento della “potenza” del servizio di erogazione dei ricambi in un magazzino ricambi di una grande azienda, rappresentato in figura 1. Al magazzino arrivano i manutentori aziendali per richiedere ricambi da sostituire su impianti fermi in attesa della riparazione. Quindi il tempo di attesa in coda al magazzino può determinare una perdita dovuta al fermo impianto. D’altra parte la riduzione di questo tempo richiede un incremento del numero di magazzinieri e quindi maggiori oneri diretti. L’andamento dei costi legati al dimensionamento del servizio è riportato in figura 2. La curva dei costi totali presenta un minimo. In corrispondenza di tale valore si può ottenere la “potenza” ottimale del servizio. La teoria delle code è uno strumento per ricercare tale dimensionamento ottimale.

 esprime il concetto di numero medio di clienti in arrivo al sistema e  quello di servizi medi erogati dal sistema. Si possono calcolare in due modi differenti:

* =

Narr T1

* =

Nser T2

ˆ =

1 T 2arr

ˆ =

1 T ser

dove:

T 2arr T ser Narr T1 Nser T2

media dei tempi fra due arrivi media dei tempi di servizio. numero di clienti complessivamente arrivati nell’intervallo T1 intervallo di osservazione del numero di clienti arrivati al sistema numero di servizi erogati nell’intervallo T2 intervallo di osservazione del numero di servizi erogati.

1. Modello probabilistico del numero di arrivi (formula di Poisson)

P (n , t ) =

(t )n  e − t n!

2. Modello probabilistico del tempo fra due arrivi (distribuzione esponenziale negativa)

f ( t2 arr) =   e −

t 2arr

F (t 2arr ) = 1− e −

t 2 arr

3. Modello probabilistico del tempo fra due servizi (distribuzione esponenziale negativa)

g (tser ) =   e − tser G (tser ) = 1− e− tser 4. Condizione di stazionarietà della coda

   oppure  =    5. Probabilità di avere n clienti nel sistema

    Pn = (1 − )   = 1 −        

n

n

6. Modello probabilistico del tempo di attesa nel sistema (distribuzione esponenziale negativa)

 (tatt) = (  −  )  e− (  −  ) tatt  (tatt) = 1 − e − ( − )tatt 7. Valori medi attesi

Ls =

Ws =



numero medio di clienti nel sistema

−

1  −

Lq = Ls −

Wq = Ws −

  1



attesa media di clienti nel sistema

numero medio di clienti in coda

attesa media di clienti in coda

Bullwhip effect: descrizione, effetti, metodologie per fronteggiare il fenomeno. L’effetto frusta consiste in un aumento delle variazioni della domanda in termini di ampiezza e di periodo di tempo in cui viene percepita questa variazione, tanto più amplificate quanto più ci si allontana dal mercato. Cause dell’effetto frusta 1. Mancanza di coordinamento tra gli attori: obiettivi diversi tra le varie aziende, cioè ognuno segue i propri obiettivi di profitto 2. Obiettivi locali predominano sugli obiettivi di supply chain 3. Mancanza di condivisione di informazioni (solo il reatailer sapeva l’effettiva domanda del mercato). Profilo della domanda non era noto ma si conosceva solo l’interpretazione del profilo che c’era a valle. 4. Previsioni a livello di azienda vs previsioni a livello di SC. In questo caso non sono necessario fare previsioni a livello di azienda ma è importante fare previsioni a livello di supply chain Viene già fatto nel settore automobilistico: tutti i rivenditori vengono interrogati su come sta andando la domanda, l’azienda interroga direttamente i rivenditori che sono gli unici a stretto contatto con i clienti e con la domanda 5. Lead time (di gestione delle informazioni, produzione, trasporto… ). Lead time è un altro ostacolo che nasconde l’informazione, ogni informazione arrivava con tre periodi di distanza 6. Lotti. Altro problema che sporca il dato di domanda è la presenza di lotti, da qui la necessità di studiare i metodi affinché i set-up siano bassi, tanto più questi sono numericamente elevati tanto più sporcano il profilo di domanda 7. Rationing and shortage. Quando manca qualcosa oppure non arriva la risposta automatica è quella di ordinare tanto, per fare capire che il bisogno è elevato, ciò è alimentato dalla paura di non averne abbastanza. Questo fenomeno porta a sporcare ancora di più il profilo della domanda. 8. Sconti. Nel caso di introduzione degli sconti generalmente la tendenza è quella di ordinare in numero superiore, andando così a sporcare il profilo della domanda 9. Periodi fissi di valutazione dei commerciali. Quello che sarebbe un profilo regolare tende ad aumentare nel periodo immediatamente immediato a quello della valutazione Effetti • Aumento dei costi di produzione, dovuti alla non saturazione degli impianti (se devo riuscire a produrre anche nei periodi di picco allora la capacità deve essere elevata). L’occupazione media è bassa e non c’è saturazione degli impianti • Alto dei costi di stoccaggio • Alto dei costi di trasporto (flotta interna) • Aumento dei lead time • Si rovinano i rapporti con la supply chain • Basso livello di servizio e disponibilità del prodotto, conseguentemente si crea una brutta immagine del prodotto perché questo sembra un prodotto poco disponibile Leve manageriali per l’effetto frusta 1. Consignment stock Una delle leve più innovative è quella di cambiare completamente le politiche di approvvigionamento

2. Allineare gli obiettivi dei soggetti di una supply chain (in realtà lavora molto in questa direzione anche il consignment stock) Idea è quella di dividere i benefici su più attori e interpretare la supply chain come una squadra. 3. Gli sconti devono essere un’informazione condivisa nella supply chain Questo significa che bisogna dare informazioni a tutta al supply chain di quando si è in presenza di sconti, capisco che un picco di domanda non è strutturale ma solo dovuto alla presenza degli sconti e quindi ci si piò preparare. 4. Sconti in base a quantità complessive e non per lotto meglio se su intervalli rolling Devono essere fatti su una domanda totale e non per lotto altrimenti avrà sempre dei picchi di rishiesta. Ancora meglio se sconti considerati nell’intervallo rolling, cioè la domanda deve essere alta all’ultimo anno. 5. Ridurre i lead time e ridurre i lotti Come ridurre i set up, ridurre i riallestimenti, cambi produzione in tempo mascherato (group technology e tecniche SMED) 6. Attuare valutazioni dei commerciali su orizzonti rolling questo dovrebbe sfavorire il picco finale dell’ultimo periodo e spronare i commerciali a lavorare sempre bene o comunque mantenere una domanda il più costante possibile

Definizione del funzionamento e dei principali componenti di un impianto per il recupero di frigoriferi dimessi Analizziamo la linea di trattamento dei frigoriferi. Questi arrivano secondo un percorso che prevede diversi punti di raccolta. Gli utenti sono sia utenti domestici che industriali. Questi rifiuti sono o raccolti da utenti industriali a chiamata o dagli utenti domestici conferiti, a dei punti di raccolta. I punti di raccolta possono essere: -

isole ecologiche comunali: ci sono tutti i crismi anche per uno stoccaggio a lungo termine (hanno infatti una tecnologia che permette di trattenere i rifiuti anche per molto tempo, al contrario dei punti vendita che prevedono uno stoccaggio molto breve) - punti vendita (la coop, ad esempio, ha grandi container dove raccoglie rifiuti) Questi sono i punti di partenza per i RAEE. Da questi punti, possono partire mezzi piccoli (piccoli camioncini che possono stoccare circa 8/10 frigoriferi) verso punti di consolidamento. Da questi si va poi all’impianto di trattamento tipicamente con un camion di grandi dimensioni (capace di stoccare 50/60 frigoriferi circa). La scelta di un mezzo piuttosto che di un altro dipende spesso dalla condizione del rifiuto di partenza. Negli impianti di trattamento la prima cosa che viene fatta è quella di stoccare i prodotti (la prima fase è quella di stoccaggio). Tipicamente si utilizzano delle pile non superiori ai 3 metri per evitare la caduta (l’obiettivo è mantenere il più possibile prodotti di buona qualità). Successivamente viene punzonata la serpentina refrigerante dietro il frigorifero e viene aspirato il fluido refrigerante. Poi si chiude la serpentina. Poi si fa un pretrattamento in cui vengono tolte: -

le componenti pericolose (ad esempio luci e condensatori, componenti che se triturati comportano la diffusione di contaminanti) - Le componenti fatte di materiali senza impurità: gli arredi interni (come pianali), il cavo di alimentazione, il compressore (questo tipicamente è fatto di metallo e quindi è di valore) sono materiali senza impurità che vengono tolti, cioè sono smontati prima del trattamento vero e proprio. Dopo di che inizia la triturazione. Si ha una rulliera in cui avviene il pretrattamento descritto sopra e non è motorizzata per dare all’operatore il tempo necessario di lavorarci con calma. Si ha poi una rulliera motorizzata che va in salita e fa cadere i frigoriferi in una camera confinata in depressione in cui il frigorifero è prima tagliato a fette e poi triturato. Dopo di che tutto esce e si aprono due circuiti: il circuito dell’aria e il circuito dei materiali. In quest’ultimo circuito, i materiali sono fatti passare su una calamita. In particolare, il ferro viene separato da tale calamita mentre il resto procede lungo il nastro trasportatore. Si sottopone il flusso che comprende plastica, rame e alluminio. Alluminio e rame sono separati mediante correnti parassite (si crea un circuito dove le correnti parassite fanno uscire questi due elementi dal nastro). Infine, rimane la plastica che procede fino alla fine e poi viene stoccata. Per quanto riguarda il circuito dell’aria, l’aria viene aspirata da ventole che creano una depressione che toglie aria e particelle piccole. L’aria aspirata viene portata nel ciclone. L’aspirazione è nella parte alta e le particelle pesanti come il poliuretano cadono giù. L’aria aspirata è poi rimessa nella camera confinata per triturare altri frigoriferi, si riutilizza il più possibile quell’aria senza prenderne di nuova dall’esterno. Il poliuretano invece passa attraversa un altro percorso subendo due processi di triturazione e poi bricchettate. Abbiamo quindi alla fine del processo dei materiali recuperati: -

plastica e vetro, materiali di alta qualità provenienti dal pretrattamento (ad esempio da arredi interni) ferro alluminio rame proveniente dalla triturazione e dai cavi (è di maggior qualità il rame dai cavi)

- plastica triturata (è di bassa qualità) I materiali da trattare sono: - fluidi refrigeranti - materiali pericolosi provenienti dal pretrattamento I primi creano un guadagno mentre i secondi creano un costo. La differenza tra i guadagni e i costi viene colmata facendo dei contratti con i produttori. Attualmente molti produttori creano un delta prezzo sui loro prodotti per contributi ambientali che l’azienda stessa dovrebbe sostenere. Ecco perché questa sta diventando una determinante di costo: prendere un prodotto facilmente recuperabile significa prendere un prodotto che il produttore ci farà pagare meno per i contributi ambientali. I contributi ambientali non sono stabiliti dallo Stato ma dipendono da una trattativa tra consorzi di recupero e aziende produttrici. Sono quindi una determinante di costo frutto di una trattativa. Ottimizzare il processo di recupero significa ormai ottimizzare una determinante di costo.

Design for disassembly Sempre più si ragiona in termini di Closed Loop Supply Chain, cioè le SC nelle quali la medesima azienda studia sia i processi di distribuzione che i processi di recupero. È una necessità imparare a gestire le risorse e c’è chi ha capito che il costo del recupero è uno dei tanti costi che si sommano alle valutazioni economiche: ridurlo comporta un vantaggio economico. La prima forma di gestione è pensare per il prodotto affinché questo sia recuperabile (cioè con basso costo di recupero). Questa nuova logica di progettazione ha dato vita al Design for Disassembly (DfD): è lo studio di prodotti che siano facilmente disassemblabili e quindi facilmente recuperabili. Alcuni principi del DfD sono: -

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Evitare la commistione di materiali pericolosi e non pericolosi (i televisori a tubo catodico avevano un liquido fluorescente pericoloso); ecco perché c’è stata una revisione delle vernici e dei materiali per saldature Limitare l’uso di materiali non trattabili in loco (ad esempio quando succede un problema grosso come un terremoto, una prima cosa che si ha sono i rifiuti e diventa importante iniziare a pensare al riutilizzo del materiale che si ha in loco per ripristinare condizioni di vivibilità: si stanno studiando cartoni intelligenti utili in determinate condizioni come i solar cooker) Limitare l’uso di materiali (ad esempio nel caso delle bottigliette che ora hanno l’etichetta in plastica e saldata solo da una parte in un angolo per limitare l’uso di materiali mentre prima l’etichetta era in carta e attaccata con la colla) Creare semi assemblati fatti dello stesso materiale e uniti da giunzioni non distruttive (l’incollaggio è una giunzione distruttiva) Limitare il packaging Favorire l’identificazione dei materiali (spesso nei prodotti ci sono etichette fatte per formatura che indicano la composizione del prodotto) Limitare la stampa a inchiostro, preferire gli stampaggi (nelle bottigliette l’identificazione è fatta secondo formatura)

La Reverse Logistics come metodologia per la gestione dei flussi di ritorno del materiale: definizione, contesto applicativo, normativa che ne ha condizionato lo sviluppo, modelli risolutivi di casi applicativi, metodologie di risoluzione dei summenzionati modelli. Sempre più diventa importante il recupero dei prodotti immessi sul mercato. Le catene di recupero funzionano allo stesso modo di quelle di distribuzione con l’unica differenza che sono fatte all’inverso. I punti di partenza sono i clienti, tramite trasporti si arriva a centri di consolidamento o centri di stoccaggio, fino ad arrivare alle aziende che si occupano dei processi di trattamento. Si ragiona in termini di Closed Loop Supply Chain, cioè le SC nelle quali la medesima azienda studia sia i processi di distribuzione che i processi di recupero. Iniziare a ragionare in quest’ottica è stato dovuto ad aspetti cogenti: l’Europa ha spinto molto sulle direttive per il recupero dei prodotti. Inizialmente le aziende hanno quindi subìto queste direttive: è stato imposto loro di recuperare i loro prodotti e per farlo si sono avvalse di soggetti terzi. Fino a poco tempo fa chi trattava il prodotto nuovo e quello vecchio erano due soggetti diversissimi, uniti solo dall’obbligo del produttore di recuperare il vecchio. Adesso sempre più ci sono filiere che gestiscono entrambi i prodotti perché si è iniziato a capire il vantaggio economico della cosa. È una necessità imparare a gestire le risorse e c’è chi ha capito che il costo del recupero è uno dei tanti costi che si sommano alle valutazioni economiche: ridurlo comporta un vantaggio economico. La prima forma di gestione è pensare per il prodotto affinché questo sia recuperabile (cioè con basso costo di recupero). Questa nuova logica di progettazione ha dato vita al Design for Disassembly (DfD): è lo studio di prodotti che siano facilmente disassemblabili e quindi facilmente recuperabili. Si è iniziato a sviluppare il tema relativo alla reverse logistics innanzitutto perché c’è una nuova sensibilità del mercato: i consumatori di oggi sono più attenti ai temi ambientali di quelli di 20 o 30 anni fa. Inoltre, c’è una maggior sensibilità delle istituzioni: c’è stato un forte sviluppo di normative che vanno in questa direzione, indirizzando a una nuova modalità di produzione. Tra queste possiamo citare: NORMATIVA SUI VEICOLI FUORI USO 2000|53|CE Un primo settore molto impattato dalle direttive ambientali è stato quello dei veicoli principalmente perché...


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