Risposta alle domande internazionale PDF

Title Risposta alle domande internazionale
Author Iris De Césare
Course Diritto internazionale
Institution Università degli Studi di Perugia
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Summary

Risposte alle domande più effettuate dalla professoressa Amina Maneggia, dell'Università di Perugia...


Description

Domande Internazionale: I TRIBUNALI IBRIDI: Nei paesi emergenti da un conflitto, in cui la popolazione civile ha sofferto gravi violazioni dei diritti umani e in cui sono stati commessi crimini di guerra, i quattro principali obiettivi di un processo di giustizia di transizione sono: la ricerca della verità, i risarcimenti, le riforme istituzionali, l’inchiesta e il perseguimento dei colpevoli. Spesso, tuttavia, le istituzioni delle giurisdizioni domestiche nei contesti post-conflittuali hanno subìto un collasso, e i paesi soffrono gravi problemi strutturali, rendendoli incapaci di condurre processi per crimini di siffatta gravità. Perciò, al fine di perseguire tali crimini, le giurisdizioni domestiche possono richiedere assistenza internazionale che si basa su buone prassi internazionalmente riconosciute come, ad esempio, le corti e i tribunali “ibridi”. Le corti ibride sono definite come corti a giurisdizione mista, che comprendono aspetti nazionali e internazionali. Normalmente operano all’interno delle giurisdizioni nelle quali i crimini sono stati perpetrati e sono spesso destinate a processare un numero selezionato di criminali in un periodo di tempo limitato. Ad oggi sono state create corti ibride in Sierra Leone, Kosovo, Timor-Est, Bosnia Erzegovina, Cambogia, Colombia e Repubblica Centrafricana, e altri stati emergenti da situazioni di conflitto stanno progettando di crearne una (ad esempio, lo Sri Lanka). I POTERI IMPLICITI: La cosiddetta teoria dei poteri impliciti è un principio giuridico proprio del diritto degli Stati Uniti, poi adottato anche nel dº internazionale dalle Nazioni Unite: fu elaborata per ampliare al massimo i poteri dello Stato federale rispetto a quelli degli stati membri; la teoria dei poteri impliciti viene applicata alle Carte istitutive di OOII. In base ad essa, gli organi delle OOII possono esercitare non solo i poteri esplicitamente attribuiti loro dal trattato istitutivo, ma anche tutti i quei poteri che sono necessari e sufficienti all’esercizio dei poteri espressi. Praticamente la potestà di intervento dell’Unione non è necessariamente circoscritta a ciò che è espressamente puntualizzato nei Trattati. Le istituzioni europee devono poter beneficiare anche di quei poteri che, sebbene non codificati nel diritto primario, risultino indispensabili per l’esercizio di competenze attribuite. Ciò vale laddove l’intervento dell’Unione sia essenziale allo scopo di garantire l’effettività e la coerenza di una politica dell’Unione. La regola dei poteri impliciti tende ad urtare con l’opposta fondamentale regola di “attribuzione”, secondo cui gli organi possono esercitare soltanto i poteri che gli stati membri hanno loro conferito nello statuto. L’idea di fondo è chiaramente di favore per le organizzazioni internazionali e di sfavore per la sovranità dei singoli stati.

Sembra corretto ritenere che il criterio dei “poteri impliciti” in quanto contrario al principio di attribuzione, non sia giuridicamente accettabile. Un’estensione di poteri presenti nello statuto, al di là di quanto lo statuto stesso preveda secondo le comuni regole di interpretazione, può ammettersi soltanto nelle misure in cui sussiste una prassi oggettiva e incontestata che giustifichi la rilevazione di una norma consuetudinaria particolare che deroghi allo statuto dell’organizzazione. Il criterio dei poteri impliciti è del resto anche irrealistico perché tende ad allargare “solo sulla carta” i poteri delle OI rispetto a quelli degli stati membri, i quali potrebbero molto più concretamente reagire riducendo sul piano formale i poteri dell’organizzazione o semplicemente rifiutarsi di collaborare con un’organizzazione ritenuta troppo invasiva. c) MARE TERRITORIALE: Per territorio si intende la terraferma e, qualora lo Stato si affacci sul mare, una zona di spazio marino adiacente alla costa (c.d mare territoriale), nonché la colonna di spazio aereo sovrastante la terraferma e il mare territoriale (c.d. spazio aereo nazionale). Lo spazio terrestre è oggi completamente assoggettato al potere di uno o di un altro stato, eccezion fatta per l’Antartide che è un continente sul quale vige un regime internazionale. Lo spazio marino invece, via via che ci si allontani dalle coste, in parte è assoggettato alla sovranità automatica dei rispettivi stati costieri (mare territoriale) in parte è soggetto ad un regime internazionale (fondi marini oceanici) in parte è libero (alto mare). Lo spazio aereo è in parte automaticamente sottoposto allo stato sovrano sulla terraferma e sul mare territoriale sottostante (spazio aereo nazionale), in parte è disciplinato da un regime di tipo funzionale (zone di identificazione aerea) e in parte è libero (spazio aereo internazionale). Lo spazio marino, se si eccettua il mare territoriale, non è sottoposto alla sovranità degli stati costieri. Storicamente la pretesa di alcuni stati di estendere il loro potere esclusivo sul mare (regime noto come dominio dei mari), è venuto meno intorno al XVIIsec. Il principio della libertà dei mari affermava che ogni stato è libero di utilizzare il mare nel rispetto della pari libertà altrui. Dalla seconda metà del XIX gli stati costieri infatti hanno sempre più preteso di esercitare il controllo esclusivo sul mare adiacente alle proprie coste e il processo ha avuto inizio con l’istituzione del mare territoriale, formalmente introdotto con un’ampiezza di tre miglia marine dalla GB nel 1878 in seguito all’incidente della nave tedesca Franconia a circa due miglia dalla costa britannica nel Canale della Manica. Il successivo paso di erosione si

verificò nel 1945 quando il presidente degli USA rivendicò il dº esclusivo di sfruttamento da parte degli USA di tutte le risorse minerarie presenti nella “piattaforma continentale”. Nel frattempo il dº internazionale del mare è stato oggetto di diversi tentativi di codificazione: iniziò la Società delle Nazioni con la Conferenza dell’Aja del 1930 che fallì a causa dei contrasti che insorsero sull’ampiezza del mare territoriale soggetta a poteri della polizia da parte dello Stato costiero. Più successo ebbero le successive quattro Convenzioni di Ginevra del 1958 adottate durante la prima conferenza sul diritto del mare convocata nelle Nazioni Unite, rispettivamente concernenti: (1CG) il mare territoriale e la zona contigua,(2CG) la piattaforma continentale, (3CG) la pesca e la conservazione delle risorse biologiche dell’alto mare, (4CG) l’alto mare. L’intera materia è oggi regolata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare conclusa a Montego Bay in Giamaica il 10 dicembre 1982 e conta con 320 articoli, prevale tra gli stati contraenti, sulla Convenzione di Ginevra del 1958 sul diritto del mare ed è in vigore sul piano internazionale dal 16 dicembre 1994 (162 stati). Le acque interne sono definite le acque situate verso terra rispetto alla linea di base del mare territoriale, e nel nostro ordinamento deve intendersi comprensiva non solo dei laghi, fiumi, canali, ma anche delle acque situate verso terra rispetto alla linea di base del mare territoriale. Il mare territoriale è la fascia di mare adiacente alla costa alla sovranità dello stato costiero e secondo una dottrina che risale al XVIII sec, le acque territoriali si estenderebbero fino al limite della portata massima del tiro dei cannoni costieri su un’estensione massima del mare territoriale di 12 miglia marine: accolto attualmente nell’ordinamento italiano all’art 2 del codice navale. Ci si dovrebbe chiedere a partire da dove le 12 miglia vengono misurate, cioè qual’è il limite interno del mare territoriale (c.d. linea di base) dal quale misurare la sua ampiezza. Di regola il limite interno è dato dalla linea di bassa mare (art 5 CMB), secondo cui la linea base normale dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale è la linea di bassa marea lungo la costa, come indicata sulle carte nautiche a grande scala ufficialmente riconosciute dallo stato costiero; la linea di bassa marea è accolta anche dall’art 2 del codice navale italiano. Gli stati hanno di regola interesse a chiudere le baie e stabilire così una linea base più avanzata verso il mare, acquisendo così ampie zone marittime a partire da essa. Il problema è se le baie possono o meno essere chiuse dallo stato costiero tracciando una linea che congiunge i punti di apertura.

d) CRITERIO DEL SEMICERCHIO: L’art 10 (2) CMB sancisce il criterio del semicerchio dove prevede che per aversi una baia in senso giuridico deve dimostrarsi che si tratti di un’insenatura ben marcata la cui superficie sia almeno uguale a quella di un semicerchio che abbia come diametro la linea tracciata attraverso l’entrata dell’insenatura. L’art 10 (4,5) CMB sancisce il criterio delle “24 miglia” stabilendo che una baia in senso giuridico può essere chiusa con una linea dritta congiungente i punti di entrata se ha un’ampiezza fino a 24 miglia, altrimenti la linea di base deve tracciarsi mediante una linea dritta di 24 miglia all’interno della baia in modo da racchiudere la massima superficie possibile di acque. La regola del semicerchio e delle 24 miglia incontrano alcune eccezioni: in primo luogo, le due regole non si applicano quando la linea di base viene determinata col metodo delle linee rette e in secondo luogo le due regole non si applicano alle c.d. baie storiche, intese come insenature sulle quali lo stato costiero ha esercitato nel tempo diritti di sovranità senza la contestazione (acquiescenza) degli altri stati. La principale eccezione al criterio generale della linea di bassa marea è quella relativa alle “baie” (art. 10 Cnudm): infatti, in virtù di un’antica norma consuetudinaria, codificata dalla Convenzione di Montego Bay ed ancor prima dalla Convenzione di Ginevra sul mare territoriale, in presenza di una insenatura che penetri profondamente nella costa, lo Stato costiero può tracciare una "linea di base retta" congiungente i punti di entrata naturali, a condizione che siano osservati due requisiti geometrici (=Regola del Semicerchio):

la superficie dell’insenatura deve essere «uguale o superiore» a quella di un semicerchio avente per diametro la linea tracciata attraverso la sua entrata; la linea di chiusura dell’insenatura non può superare le 24 miglia. Rispettando questi criteri geometrici, si è in presenza di una baia in senso giuridico c.d «baia giuridica», sicché le acque che si trovano all’interno di essa sono considerate acque interne.

Qualora il segmento di chiusura sia " maggiore di 24 miglia ", gli Stati sono autorizzati a tracciare una linea di base di tale misura all’interno della baia, in modo da racchiudere la massima superficie possibile di acque. La Convenzione di Montego Bay 1982 stabilisce che le disposizioni precedenti non si applicano alle cosiddette «baie storiche». Solo l’Italia ha giustificato la chiusura del Golfo, attraverso una linea di 60 miglia che congiunge S. Maria di Leuca e Punta Alice, sostenendo che si tratti di una “Baia storica”. Lo stato sovrano costiero ha diritto di esercitare sul mare territoriale gli stessi poteri che può esercitare sulla terraferma. Nel mare si aggiungono due limiti ulteriori: l’obbligo di permettere il passaggio alle navi straniere e il divieto di esercitare la giurisdizione sulle navi straniere. Zona contigua e zona archeologica: la zona contigua è una fascia marina adiacente al mare territoriale. Nella Convenzione di Ginevra del ’58 in mancanza di una delimitazione del mare territoriale, la zona contigua si estendeva per un massimo di 12 miglia marine dalla linea di base; l’articolo 33 della convenzione di Montego Bay ha esteso la zona contigua a 24 miglia e corrisponde al dº internazionale consuetudinario. Sulla zona contigua lo stato costiero può esercitare il controllo necessario al fin di prevenire e reprimere le violazioni di polizia doganale, fiscale, sanitaria e d’immigrazione. Alla zona contigua di 24 miglia si sovrappone la zona archeologica, introdotta dall’art 202 della CMB e prevista anche dalla convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo del 2001, dove lo stato costiero può esercitare il controllo del commercio di oggetti di carattere storico e archeologico scoperti in mare, presumendosi che la rimozione di tali oggetti dalla zona senza la sua autorizzazione si risolva in una violazione delle proprie leggi e regolamenti. d) CRITERI DI AMMISSIONE ALL’ONU: il riconoscimento di un nuovo stato o governo è un atto che solamente altri stati o governi possono concedere o negare. l’ONU non ha il potere di compiere tale riconoscimento, non essendo né uno stato né un governo. Lei può invece ammettere un nuovo stato tra i propri membri o accettare le credenziali fornite dai rappresentanti di un nuovo governo. L’art 4 (1) della CNU stabilisce che possono diventare membri dell’ONU tutti gli altri stati amanti della pace che accettino gli obblighi del presente statuto e che a giudizio dell’organizzazione, siano capaci di adempiere tali obblighi e disposti a farlo. La procedura per l’ammissione è la seguente: lo stato candidato presenta una richiesta al Segretario Generale delle Nazioni Unite, insieme a una dichiarazione in cui vengono formalmente accettati gli obblighi riportati nella carta delle nazioni unite (CNU). La richiesta viene esaminata a prima istanza per il Consiglio di Sicurezza. Per conseguire la raccomandazione di ammissione la candidatura deve ottenere il voto favorevole di almeno nove dei quindici stati membri del consiglio, a patto che nessuno dei membri permanenti (Cina🇨🇨, Francia 🇨🇨; Russia🇨🇨, Regno Unito🇨🇨 e USA🇨🇨) voti contro tale candidatura. Nel caso in cui la votazione del Consiglio di Sicurezza abbia esito positivo, la raccomandazione di ammissione viene sottoposta al vaglio dell’Assemblea Generale. Per l’ammissione di un nuovo stato è necessaria una maggioranza di 2/3 dell’Assemblea, e tale provvedimento risulta effettivo dal giorno stesso in cui viene adottata la risoluzione di ammissione. Ad ogni seduta l’Assemblea generale prende in considerazione le credenziali dei rappresentanti di tutti gli stati membri partecipanti alla seduta. Durante tale valutazione può presentarsi la questione delle legittimità di un rappresentante, ovvero se un particolare rappresentante sia stato o meno accreditato dal governo in carica al momento della seduta. In caso di disputa, viene risolto in modo definitivo con un voto di maggioranza dell’Assemblea.

La procedura di ammissione è regolata dall’art 4 (2) della Carta delle NU e avviene “con decisione dell’Assemblea Generale su proposta del Consiglio di Sicurezza” dove la proposta del consiglio, essendo ritenuta di carattere “non procedurale”, viene deliberata a maggioranza di nove membri compresi i cinque membri permanenti, cioè con esercizio del loro dº di veto (art 27 (3)). La decisione dell’Assemblea Generale, ricadendo tra le questioni importanti, è deliberata a maggioranza di 2/3 dei membri presenti e votanti. e) ELEMENTI DELLO STATO: nella teoria del dº per “soggettività” o “personalità” giuridica si intende la titolarità di dº e obblighi nell’ambito di un ordinamento giuridico di riferimento. Nel dº internazionale invece, il più delle volte si intende la titolarità o la destinatarietà di diritti e obblighi stabiliti del diritto internazionale. Gli stati sono tradizionalmente i soggetti per eccellenza del dº internazionale, ad essi le norme internazionali attribuiscono diritti e impongono obblighi. Lo stato, secondo il dº internazionale, si definisce come un ente di governo effettivo e indipendente su una comunità territoriale e affinché si abbia uno stato occorre quindi la presenza di uno o più individui (governanti) che pretendano di regolare la vita di altri individui (governati) stanziati stabilmente entro un territorio delimitato da confini, dai quali riescano a farsi obbedire senza dipendere da altri stati all’esterno (indipendenza). Un governo che non riesca a farsi obbedire da coloro che pretende di governare non forma uno stato. Drei elementen Lehre da George Jelinek sostiene che lo stato secondo il diritto internazionale è identificabile dalla triade governo-popolo-territorio e questa teoria tridimensionalistica della statualità è generalmente accolta dalla giurisprudenza internazionale. "uno stato non esiste se non soddisfa le condizioni di avere un territorio, un popolo che vi abita e un potere pubblico esercitato sul popolo e sul territorio.” La convenzione di Montevideo sui diritti e doveri degli stati del 1933 sull’art 1 stabilisce che “lo stato come persone di dº internazionale dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche: a) una popolazione permanente, b) un territorio definito, c) un governo e d) la capacità di intrattenere rapporti con gli altri stati”. (il quarto elemento viene usualmente inteso nel senso dell’indipendenza dello stato nei confronti degli altri stati). TERRITORIO: porzione di terraferma delimitata da confini. Lo stato esprime la razionalizzazione dell’esigenza di governo efficiente attraverso una divisione spaziale dove ogni stato ha in principio l’autorità su chiunque si trovi entro il suo territorio. Sono indiscutibilmente stati anche quelli i cui confini sono incerti o contestati, come quando la questione dei confini viene sottoposta ad arbitrato internazionale: “non c’è nessuna regola secondo cui le frontiere terrestri di uno stato devono essere compiutamente delimitate e definite” (corte internazionale di giustizia, sentenza sul mare del nord, 1969). Per territorio deve intendersi pure una porzione di superficie che sia venuta ad esistenza in modo naturale. Ad esempio una piattaforma artificiale costruita dall’uomo sul mare e unita al fondo marino da pilastri non è territorio nel senso del dº internazionale, come ha chiarito una sentenza del 1978 della Corte Amministrativa di Colonia: “possono essere riconosciute come parti di territorio statale soltanto quelle parti della superficie terrestre che sono venute ad esistenza in modo naturale.” POPOLO: affinché esista uno stato nel senso del dº internazionale, occorre un insieme di individui che vi risiedano; non è necessario che il popolo abbia la cittadinanza dello stato. Può risultare che una persona possa avere più cittadinanze (pluricittadinanza) o che non ne possieda alcuna (apolidia). I criteri per l’attribuzione della cittadinanza più comunemente impiegati nelle legislazioni statali sono lo jus sanguinis (cittadinanza conseguita per discendenza da genitori cittadini) e lo jus soli (cittadinanza conseguita x nascita sul territorio.) Possiamo avere anche cittadinanza plurima, ad esempio quando un individuo è

cittadino di uno stato perché nato in quel territorio ed è cittadino di un altro stato perché nato da genitori cittadini di quest’ultimo. GOVERNO: l’elemento centrale, ma non esclusivo dello stato secondo il dº internazionale è indubbiamente il governo: il territorio e il popolo sono elementi necessari proprio perché è su di essi che l’autorità di governo viene esercitata. L’autorità di governo statale è esclusiva entro il suo territorio e si parla di “sovrana uguaglianza” degli stati. f) FAILED STATES: un ente che, pur avendo costituito incontestabilmente uno stato in passato, non abbia più un governo effettivo, x motivi che possono dipendere da un’insurrezione o da una guerra civile, o un intervento militare esterno: è il caso dei cosiddetti failed states o failing states come la Somalía nel periodo 1991-2001. I failed states vengono considerati stati nella prassi a prescindere dall’aver perso l’ufficialità, perché nel periodo 1991-2001 la Somalia ha continuato ad essere considerata uno Stato, è rimasta membro delle Nazioni Unite ed è stata qualificata come uno Stato dalla giurisprudenza britannica. La failure politico-istituzionale dello stato va tenuta distinta dall’insolvenza finanziaria e in casi estremi dalla bancarotta economica. Per salvaguardare l’integrità del sistema globale si tende oggi, in situazioni di crisi di effettività, a procedere alla ricostruzione dello stato ( state building) nella forma democratica, da parte delle OOII e, in particolare dall’ONU. g) CONSUETUDINI PARTICOLARI: (regionali e locali) vincolano una ristretta cerchia di stati. Possono essere di tipo geografico, quando vincolano due o più stati legati all’appartenenza della stessa area geografica, o modificatrici di un trattato istitutivo di un’istituzi...


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