Saggio sul dono - riassunto completo PDF

Title Saggio sul dono - riassunto completo
Author Laura Giudici
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi di Brescia
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riassunto completo ...


Description

Da Mauss al MAUSS, MARCO AIME Un immaginario colonizzato. I doni, da noi, solitamente si fanno e si ricevono in occasioni stabilite. Non è considerato normale fare regali senza motivo. L’antropologia ci ha offerto invece molti esempi di società presso le quali il dono costituisce uno degli elementi fondanti delle società stesse. Lo studio delle culture “altre” è spesso caratterizzato da quelli che potremmo chiamare “marchi d’area”. (L’Africa per esempio è il continente della parentela). Il Marchio del dono viene assegnato all’Oceania, nello scrivere il Saggio sul Dono Mauss venne fortemente influenzato dagli studi oceanisti e in particolare da quelli di Malinowski sullo scambio kula. Se si eccettuano le citazioni relative alla pratica potlach presso gli indiani Kwakiult (Canada nordoccidentale) la maggior parte degli esempi sui quali si fonda la teoria sono tratti da studi condotti nel pacifico. Esempio melanesiano, per essere un uomo prestigioso bisogna donare tanto. Donare è importante per instaurare relazioni. Anche in questo caso non è facile dire in che misura le isole del Pacifico siano entità che appartengono al nostri immaginario esotico, anche attraverso la diffusione di studi di carattere etnografico. Esistono ancora società che hanno preservato la loro armonia tradizionale, presso le quali lo scambio di doni rappresenta la quotidianità. Sono fortemente solidali (Al contrario di Adam Smith che pensa che la società funzioni bene se uno persegue i propri interessi). Questa divisione è forzatamente anche geografica, se c’è qualcuno che dona per creare le basi di una convivenza non siamo sicuramente noi occidentali. Grazie alla forte tendenza alla dicotomizzazione che ha segnato la ragione etnologica del passato si è pertanto venuta a formare una netta distinzione tra noi utilitaristi e gli altri meno attenti al profitto individuale. Si tende a pensare che sia un mondo andato questo della generosità ma basta pensare al nord-est del nostro paese osannato per la piccola industria. Proprio qui nella patria della famiglia trasformata in azienda si riscontra la più elevata presenza di attività di volontariato. (dono offerto sotto forma di servizi). Quindi anche noi doniamo senza rendercene conto perché il nostro immaginario è totalmente condizionato dall’ideologia di mercato. Non ci rendiamo conto nemmeno che il dono si nasconde nelle pieghe delle nostre azioni mosso da logiche non utilitaristiche. Ma non utilitaristico non vuol dire gratuito. Il dono non è mai gratuito. Chi dona si aspetta un controdono, quello che cambia rispetto alle logiche di mercato è l’assenza di costrizione, vale a dire l’assenza di contratto. Nelle scienze sociali si sono venuti a creare due paradigmi fondamentali: il primo è quello che viene definito utilitarista, o individualismo metodologico. E che in qualche modo rivolge la sua analisi all’individuo, concependolo come homo economicus teso a perseguire il proprio interesse individuale. Rapporto sociale come intrecciarsi dei calcoli dei singoli individui. Il secondo paradigma è quello collettivista, di cui Durkheim maestro di Mauss. Individuo assoggettato alle regole della sua cultura e società. La cultura fa sì che gli uomini si scambiano doni affinché la società possa continuare a esistere. Nel caso dei collettivisti, autoponendo al società all’individuo e ritraendo quest’ultimo come assoggettato a una sorta di vincoli rituali, religiosi, sociali calati dall’alto, si arriva a concludere che cultura e società preesistono all’individuo.

Ma non sono cultura e società prodotte dall’individuo? E’ la domanda che si sono posti i fondatori del MAUSS – Mouvement Anti Utilitariste dans le Sciences Sociales. Rilettura in chiave moderna della teoria di Mauss e la riattualizzazione del concetto di dono. Terzo Paradigma da loro apportato: e se fosse proprio il dono l’elemento attraverso il quale gli uomini creano la loro società? Il dono è promotore di relazioni. Ciò che apre la strada al dono è la volontà degli uomini di creare rapporti sociali. Nell’economia classica (con un approccio condiviso anche da Marx) si sostiene che beni e servizi da un lato hanno un valore determinato dai bisogno che riescono a soddisfare ( valore d’uso ) dall’altro valgono in base alla quantità di denaro o di ALTRI BENI che riescono a conquistare ( valore di scambio ). Se accettiamo il terzo paradigma ammettiamo che esiste anche un altro tipo di valore, quello legato alla capacità dei beni e servizi, se donati, di creare relazioni sociali. (valore di legame). In questa nuova prospettiva pesa molto un’intuizione di Mauss ofrse neppure troppo valutata dall’autore stesso. Mauss introduce nel collettivismo teorizzato da Durkheim lo spazio di libertà d’azione fornito dal dono. Il dono implica una forte dose di libertà. E’ vero che c’è l’obbligo di restituire, ma modi e tempi non sono rigidi e in ogni caso si tratta di un obbligo morale, non legge. Il valore del dono sta nell’assenza di garanzia da parte del donatore. Il valore del controdono sta nella libertà. Perché ci si sente obbligati a restituire? Secondo Mauss negli oggetti donati esiste un’anima che li lega a colui che li dona. Tale forza fa sì che ogni oggetto prima o poi tenda a ritornare al suo proprietario nella sua forma originaria o sotto forma di doni equivalenti. Mauss faceva riferimento allo HAU concetto che per i Maori esprime essenza vitale insita negli esseri umani. Quando un oggetto che incorpora lo Hau viene donato ad altri lo spirito degli oggetti cerca di ritrovare il luogo d’origine. Gli oggetti donati possederebbero una loro forza, spirito, trasmesso all’oggetto dalla persona che li possiede. Questo perché sono una specie di prolungamento degli individui. (interpretazione che ha esposto Mauss alle critiche di Levi-Strauss secondo il quale l’autore era caduto su interpretazioni fondate sulla magia, connotato animismo). La soluzione proposta da Strauss era quella dei “significati fluttuanti”: le concezioni polinesiane care a Mauss sarebbero quindi simboli allo stato puro, i quali non dicono nulla di per se stessi, ma direbbero molto sugli uomini che li pensano. Strauss ha sempre sostenuto il primato del simbolo così come l’origine simbolica della società che nasce proprio dallo scambio. (che prima di tutto è simbolico). Godolier non crede invece al primato del simbolo. Secondo Godolier i meccanismi non sono mentali, sono sociologici. La forza che spinge le cose a circolare non sta nelle cose ma nel proprietario. La spirale di riconoscenza che si instaura nel donare-ricevere non annulla il debito tra i due partner. Allora perché restituire se la restituzione non annulla il debito? Una risposta proviene dal paradosso del Donare Conservando: basato sulla differenza tra beni inalienabili che non possono essere donati e beni alienabili. Ci sono proprietà impregnate dell’intrinseca identità dei loro possessori e che pertanto non sono facili da donare in quanto depositi simbolici di genealogie o eventi storici. Il paradosso sta nel fattto che queste proprietà vengono anceh scambiate perdute o distrutte ma il proprietario continua a mantenere il legame sul bene perduto. (un nobile decaduto può vendere la sua carica ma lui rimarrà sempre nobile e l’acquirente

un parvenu). In pratica non è vero che tutto circola o comunque il donatore originario non cesserà di avere diritti sull’oggetto ceh ha donato. E’ l’utilizzo a essere alienato non la proprietà. tuttavia il paradosso della Weiner appena descritto appare un po’ troppo paradossale se estrapolato dal suo contesto locale e sostituisce la magia evocata da Mauss con una sorta di potere di controllo a distanza. Il modello di Mauss mantiene la sua efficacia a distanza di molti anni perché chi cerca di raffinarlo gli fa perdere la sua portata universalista. La forza di un modello sta nella sua genericità perché non è una regola. Ambiguità del Dono: nel 2000 un missionario rifiutò i 500 milioni del premio Feltrinelli assegnatogli dall’Accademia dei Lincei suscitando scandalo, dice che i poveri hanno bisogno di modifiche strutturali non di carità. Quando regaliamo qualcosa pensando ai gusti all’altro rimane qualcosa di nostro, l’intenzione. Ci sono però doni non pensati, spersonalizzati. Il dono di carità è finalizzato a lenire le sofferenze in generale. Diventa un atto che lega soggetti astratti. nel denaro del donatore non c’è nulla di suo. Ma per chi riceve è umiliante perché non può restituire. viene a mancare il contraccambiare. La carità è un medicamento nell’anima di chi la fa. Il gesto del missionario quindi è denuncia dell’ambiguità che si nasconde dietro la generosità di chi dona. Da collante sociale il dono può anche trasformarsi in arma di distruzione. I due donatori diventano antagonisti e arrivano a usare il dono per umiliare e distruggere il rivale (Potlatch). Debito ed equilibrio quando uno fa un regalo si prova sia emozione e gratitudine sia lieve senso di imbarazzo perché passiamo in condizione di debitori. Debito è una parola che non amiamo perché fa sentire in colpa in questo caso però non si tratta di applicare le stesse regole che caratterizzano gli scambi commerciali. Perché nel caso dello scambio mercantile con la moneta alla fine della transizione nessuno è debitore. Il dono invece, se ricambiato nel corso di tempo, fa sì che si crei un debito. Quindi che si crei un vincolo. Attenzione, la parola debito è fuorviante perché percepita da noi come qualcosa di negativo. Però non è così, anche con i genitori si sente un debito ma non ci si sognerebbe di sdebitarsi. Nel caso dei partner è l’equilibrio a sancire la rottura, come quando dopo essersi mollati ci si restituiscono le cose. Allo stesso tempo l’inizio di un rapporto è segnato da un regalo. SI parla di “economia della gratitudine”: uno stato di debito reciproco. Soprese che fanno sì che ciascuno pensi “gli devo tanto”. Il guadagno, il ritorno, esiste, ma va cercato in un appagamento che non è oggettivamente quantificabile. Il dono della prospettiva cristiana è inteso come assolutamente gratuito, unilaterale, senza aspettativa di ricambio, disinteressato. Però non è così. Abbiamo delegato allo Stato, alla scienza e al mercato il compito di soddisfare i nostri bisogni, ma questi tre soggetti non riescono ad assolvere totalmente il loro compito. Si tratta di constatare che la razionalità a cui tendiamo non è sufficiente. Stato mercato e scienza sono istituzioni reali che costituiscono la chiave di un ordien sociale moderno ma non rappresentano la società nella sua interezza.

Appare evidente che la realtà urbana, fatta di grandi numeri, così come il modello di lavoro non favoriscono certo il maturare di una società personalizzata. (è il tempo della supermodernità, un’accelerazione della storia dove la rapidità ha annullato le distanze). Modello senegalese: forma di economia antiutilitarista. Se un individuo ha bisogno di un aiuto, sotto forma di manodopera o di beni di consumo, potrà accedere alle risorse esistenti nel gruppo di persone che costituiscono il suo circuito di scambio. Sono i SEL, systèmes d’échanges locaux. Il primo del 1994. all’interno di SEL il lavoro si scambia con altro lavoro e non con del capitale. Giovanni ha bisogno di baby sitter ma non ha soldi. Francesca ha il motorino rotto e gli fa da baby sitter. Mario è meccanico. Franci fa da sitter a Giovanni, Mario ripara il motorino, Giovanni farà assistenza medica a Mario se ne avesse necessità. Tali sistemi rappresentano un tentativo di creare impiego residuale rispetto ai vincoli macroeconomici. I primi circuiti europei di scambio sono nati a Londra e Parigi, le due capitali del colonialismo africano.

Capitolo 1. I doni scambiati e l’obbligo di ricambiarli (Polinesia) 1. Prestazione totale, beni uterini contro beni maschili. Le società polinesiane non sembravano andare al di là del sistema delle prestazioni totali, dei contratti perpetui tra clan che mettono in comune le donne, gli uomini, i bambini, i riti. Alle Samoa: notevole usanza consistente nello scambio di stuoie blasonate tra capi in occasione di matrimoni. Sembrava mancare tutto l’elemento antagonistico, di distruzione, tipico del Potlac di Melanesia. Ci sono però delle novità. Innanzitutto il sistema dei doni contrattuali alle Samoa va molto al di là del matrimonio. I doni accompagnano anche nascita, circoncisione, malattia, pubertà della ragazza, riti funebri e commercio. Inoltre appaiono nettamente accertati due elementi del Potlac propriamente detto: quello dell’onore, del prestigio, del mana che conferisce la ricchezza; e quello dell’obbligo assoluto a ricambiare i doni, pena la perdita del mana, dell’autorità. Lo dice lo stesso Turner: dopo le feste della nascita, dopo aver ricevuto e ricambiato gli oloa (beni maschili) e i tonga (beni femminili), il marito e la moglie non si ritrovavano più ricchi di prima. Restava loro la soddisfazione di aver visto ciò che consideravano un grande onore: masse di beni raccolte in occasione della nascita del loro figlio. Il bambino che sorella e cognato (quindi zio uterino) ricevono, rispettivamente dal proprio fratello e cognato viene anch’esso chiamato tonga, un bene uterino. Questo è il canale attraverso cui i beni di natura indigena (tonga) continuano a scorrere dalal famiglia del bambino verso l’altra famiglia. D’altro canto il bambino è il mezzo con cui i suoi genitori possono ottenere beni di natura estranea (oloa) dai genitori che lo hanno adottato. Il sacrificio dei legami naturali facilita lo svolgimento sistematico di un traffico di beni indigeni.

Il bambino, il bene uterino, è il mezzo con il quale i beni della famiglia uterina vengono scambiati con quelli della famiglia maschile. Il bambino, vivendo presso la famiglia dello zio uterino, ha il diritto di viverci e di conseguenza, un diritto generale sui suoi bene I tonga designano uno dei beni parafernali permanenti ( in particolare le stuoie del matrimonio ), che vengono ereditate dalle figlie nate dal matrimonio stesso, le decorazioni che entrano attraverso la donna nella nuova famiglia a condizione che vengano ricambiati. Essenzialmente immobili. Gli Oloa designano oggetti per la maggiore arte strumenti, specificatamente del marito; essi sono essenzialmente mobili. (attualmente per estensione di significato questo termine indica anche qualcosa che viene dai bianchi ma non è preciso). Tonga però è anche tutto ciò che è proprietà vera e propria, tutto ciò che rende ricchi, potenti, influenti, tutto ciò che può venire scambiato ed essere oggetto di compensazione. Si tratta di tesori, talismani, blasoni ma anche tradizioni e culti. Lo spirito della cosa donata. I tonga, almeno nell’ambito del pensiero giuridico e religioso maori, sono fortemente legati alla persona, al clan, al suolo. Sono il veicolo del suo MANA. (forza magica, spirituale) I Maori avevano una specie di sistema di scambio, di farsi regali che dovevano essere ulteriormente scambiati o resi. Concetto di Hau, di spirito delle cose. «Vi parlerò dello hau... Lo hau non è il vento che soffia. Niente affatto. Supponete di possedere un oggetto determinato (taonga) e di darmi questo oggetto; voi me lo date senza un prezzo già fissato 26 . Non intendiamo contrattare al riguardo. Ora, io do questo oggetto a una terza persona che, dopo un certo tempo, decide di dare in cambio qualcosa come pagamento (utu) ; essa mi fa dono di qualcosa (taonga). Ora, questo taonga che essa mi dà è lo spirito (hau) del taonga che ho ricevuto da voi e che ho dato a lei. I taonga da me ricevuti in cambio dei taonga (pervenutimi da voi), è necessario che ve li renda. Non sarebbe giusto (tika) da parte mia conservare per me questi taonga, siano essi graditi (rawe) o sgraditi (kino). Io sono obbligato a darveli, perché sono uno hau 28 del taonga che voi mi avete dato. «I taonga e tutti i beni rigorosamente personali sono dotati di uno hau, di un potere spirituale. Voi me ne date uno, io lo do a una terza persona; quest’ultima me ne dà un altro perché è spinta a fare ciò dallo hau del mio regalo; ed io sono obbligato a darvi questo oggetto, perché è necessario che vi renda ciò che in realtà è il prodotto dello hau del vostro taonga». Ciò che obbliga, nel regalo ricevuto e scambiato, è che la cosa ricevuta non è inerte. Anche se abbandonata dal suo donatore, è ancora qualcosa per lui. Per mezzo di essa egli ha presa sul beneficiario ma anche sul ladro. Lo hau insegue tutti i suoi detentori. Non insegue solo il primo donatario. E’ l’hau che desidera tornare al luogo della sua nascita. Questa è l’idea che sta alla base, alle Somoa e in Nuova Zelanda, alla circolazione obbligatoria delle ricchezze. + è chiaro che nel diritto maori il vincolo giuridico, vincolo attraverso le cose, è un legame di anime, perché la cosa stessa ha un’anima. CI si rende meglio conto della natura stessa dello scambio dei doni, di tutto ciò che noi chiamiamo “Prestazione totale”. SI comprende che in questo sistema di idee è necessario rendere altrui ciò che è in

realtà una particella della propria natura e sostanza. Accettare qualcosa da qualcuno equivale ad accettare qualcosa della sua essenza spirituale, della sua anima. Questa cosa che proviene dalla persona ha una presa magica su chi la riceve. Animata, individualizzata, essa tende a rientrare al suo “focolare d’origine”. Obbligo di donare, obbligo di ricevere Per comprendere interamente l’istituzione della prestazione totale e del potlac resta da ricercare spiegazioni riguardo altri due momenti complementari: - la prestazione totale infatti non implica solo l’obbligo di ricambiare i regali ricevuti ma ne presuppone altri due: quello di fare regali e quello di RICEVERLi dall’altra. Sarà facile trovare un gran numero di fatti concernenti l’obbligo di ricevere. Un clan, una famiglia, un ospite non sono liberi di non chiedere ospitalità, di non ricevere regali, di non stipulare alleanze tramite le donne e il sangue. I dayak hanno per esempio sviluppato un sistema giuridico sul dovere che si ha di dividere il pasto con chi lo ha visto preparare. L’obbligo di donare non è meno importante: il suo studio offrirebbe la possibilità di comprendere come sia invalso tra gli uomini il sistema di scambio. Rifiutarsi di donare, trascurare di invitare, rifiutare di accettare equivalgono a dichiarazioni di guerra. Come rifiutare un alleanza. E’ insita a tutta una serie di pratiche il diritto e il dovere di consumare e ricambiare che corrispondono a diritti e doveri di regalare e ricevere. E’ una stretta MESCOLANZA di diritti e doveri. Tutto va e viene come se ci fosse uno scambio costante di una sostanza spirituale comprendente cose uomini clan individui. Il dono fatto agli uomini e il dono fatto agli dei. E’ un tema importante, il dono fatto in considerazione degli dei e della natura. In tutte le società del nord-est siberiano e presso gli Eschimesi dell’Ovest dell’Alaska, il potlac produce un determinato effetto non solo sugli uomini che gareggiano in generosità, sulle anime o sui morti, ma anche sulla natura. Gli scambi di regali tra gli uomini incitano gli spiriti dei morti, gli dei, le cose, gli animali ad essere generosi verso essi. I rapporti intercorrenti tra questi contatti e scambi tra uomini, e tra questo contatti e scambi tra uomini e dei, illuminano tutto un aspetto della teoria del sacrificio. Li si comprende perfettamente in quelle società in cui i rituali contrattuali ed economici vengono praticati tra gli uomini, ma gli uomini sono incarnazioni mascherate, possedute dallo spirito di cui portano il nome che agiscono come rappresentanti di quegli spiriti. Lo scopo preciso della distruzione sacrificale è quello di essere una donazione che va necessariamente ricambiata. Tutte le forme di potlàc del Nordovest americano e del Nord-est asiatico conoscono il tema della distruzione. Si uccidono schiavi, si bruciano oli preziosi, si buttano oggetti di rame in mare, si appicca il fuoco a case principesche, non solo per dare una manifestazione di potenza, di ricchezza e di disinteresse,

ma anche per sacrificare agli spiriti e agli dei, confusi in realtà con le loro incarnazioni viventi, i portatori dei loro titoli, i loro alleati iniziati. Alcuni sacrifici possono essere fatti per rendere benigni i loro spiriti (ne parla Malinowski). I doni fatti tra uomini o uomini-dei hanno anche scopo di procurare la pace gli uni con gli altri perché tengon...


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