Saturno Divora I Suoi Figli di Francisco Goya PDF

Title Saturno Divora I Suoi Figli di Francisco Goya
Author Giulia Pini
Course Laboratorio
Institution Università degli Studi Roma Tre
Pages 3
File Size 151.6 KB
File Type PDF
Total Downloads 1
Total Views 137

Summary

Download Saturno Divora I Suoi Figli di Francisco Goya PDF


Description

SATURNO DIVORA I SUOI FIGLI di Francisco Goya. Saturno che divora i suoi figli, o, più propriamente, come ci suggerisce il titolo originale Saturno devorando a su hijo, Saturno che divora uno dei suoi figli, è un dipinto di Francisco José de Goya y Lucientes, noto semplicemente come Francisco Goya, realizzato tra il 1821 e il 1823, che fa parte delle cosiddette Pitture Nere, una serie di 14 dipinti realizzati da Goya sulle pareti della propria casa di Madrid, sulla riva del Manzanarre, detta Quinta del Sordo, dove abiterà negli ultimi anni della propria vita, e che adesso è conservato al Prado, a Madrid. La scena rappresenta un soggetto mitologico, il mito di Crono: a Saturno, conosciuto dai greci come Crono, il più giovane dei sette titani figli di Urano, che, dopo aver ucciso suo padre, dominava la terra, era stato profetizzato che uno dei suoi figli lo avrebbe detronizzato, quindi, ogni anno, mangiava i figli generati da sua moglie, e sorella, Rea. Il tema era stato già trattato da altri pittori, come ad esempio da Rubens, in un quadro omonimo anch’esso conservato al Prado, che però rappresenta Saturno in una forma più convenzionale, e con un atteggiamento più freddo e distaccato rispetto alla scena che sta avendo atto. La storia artistica di Goya è poco convenzionale: è difficile, infatti, inserirlo in una corrente artistica ben definita; si può Figura 1. Saturno che divora i suoi figli affermare però, che per le prime tre decadi della sua Francesco Goya 1819- 1823 produzione, Goya appartiene alla scuola barocca e 143×81 neoclassica, e, pur non essendone l’esponente principale, Museo del Prato, Madrid riesce a crearsi una reputazione solida in Spagna, tanto che, (e prima a Quinta del sordo) nel 1789, diventa Pittore di Corte per Carlo IV. Nel 1792, però, cambia tutto: Goya si ammala, e, anche se guarisce in poco tempo, la malattia gli lascia un segno terribile: rimarrà sordo per il resto della sua vita. Durante la convalescenza, inizia a creare una serie di disegni caricaturali, con personaggi dal volto deformato o coperto da maschere con volti crudeli. Una volta guarito riprende il suo ruolo di pittore di corte, e in questo periodo riscuote i suoi maggior successi come ritrattista, aprendo la sua produzione a scene più realistiche, ma continua anche la sua produzione semi-clandestina, a cui si aggiungono scene violente di crudeltà e sofferenza (due uomini che tagliano a metà una donna con una sega, per citarne una); con i suoi dipinti successivi Goya di allontana definitivamente dalla tradizione barocca, per aprire direttamente la strada alle successive correnti artistiche, come quella Romantica. Serviranno ancora venti anni, però, per arrivare alla fase delle Pitture Nere, l’ultimo dei periodi della produzione di Goya, dove la violenza nella rappresentazione tocca il suo apice, probabilmente con la scena di Saturno che divora i suoi figli. I dipinti noti come Pitture Nere, sono stati tutti realizzati con la tecnica dell'olio su muro su pareti ricoperte di gesso; Goya non diede a questo insieme di dipinti, che non avevano commissione e non erano stati realizzati per essere mostrati al pubblico, un nome: fu il suo amico Antonio De Brugada a catalogarli nel 1828 e a denominarli con i nomi che oggi conosciamo. I temi trattati in questo quadro sono molti: Saturno è rappresentato come un mostro, come simbolo del male, un padre geloso che decide di mangiare i propri figli, determinato a distruggerli, pur di non perdere la propria sovranità. Letta così, è molto semplice leggere in Saturno la Spagna, o il Re,

o comunque i poteri temporali dell’epoca, che mandano a morire in guerra i propri figli, le forze giovani di un paese. Ma ridurre questa opera ad una semplice opera di critica sociale appare riduttivo e sembra non farle giustizia. Di sicuro l’immagine può essere intesa come un’allegoria del tempo, Cronos, appunto, divoratore di ogni cosa, considerato anche che Goya crea questo dipinto a 75 anni, e che, a causa della sua malattia (ebbe una ricaduta nel 1819) viveva momenti di profonda depressione e stati di alienazione e ipocondria. Bisogna però anche considerare la storia personale di Goya: dalla prima moglie Josefa ebbe molti figli, di cui solo uno però riuscì ad arrivare all’età adulta. Potrebbe quindi essere stata la sua storia personale, negli ultimi tormentati anni della sua vita, a ispirare questa immagine di un Saturno allucinato e terribile, che interrompe la vita dei suoi figli prima che questa possa davvero avere inizio? Ancora non si è data, e probabilmente non si avrà mai, un’interpretazione certa; di certo c’è però che Saturno che divora i suoi figli è il quadro più maturo fra le Pitture Nere, tutti legati alla disperazione, che trova il suo culmine degli occhi sconvolti di Saturno. La tecnica pittorica è molto informale, ci sono pochi colori, stesi con pennellate dure; tutto ha come obiettivo l’esasperazione della figura di Saturno. I punti di luminosità sono pochi: la luminosità della carne del corpo mangiato, il sangue del figlio, le nocche bianche di Saturno mentre affonda le mani nel corpo del figlio. Per il resto la scena è immersa nel buio, rischiarata appena da una luce che viene da sinistra. Questa è l’opera di un pittore vecchio, solitario, amareggiato e circondato dai fantasmi dei suoi brutti ricordi. I soggetti sono stati dipinti su un muro che non era pronto a riceverli; avrebbero dovuto, infatti, essere dipinti a fresco. Sono stati attaccati, dopo la morte di Goya, dall’umidità proveniente dal fiume. Vennero quindi, nel 1873, staccati dalle pareti e trasposti su tela, e nel 1881, sono passati a far parte dei fondi del Prado. Si può constatare, in quest’opera, una grave perdita di materiale originario: l’area della testa di Saturno, ad esempio, si trova in una delle parti più danneggiate, e si può osservare come gli occhi coincidano con zone in cui la pittura non è più presente. Attraverso studi radiografici si può osservare come questa immagine sia stata sovrapposta ad un’altra precedente, e diametralmente opposta: su uno sfondo di paesaggio con prospettiva obliqua, nella quale di possono osservare dettagli quali le linee d’orizzonte, le montagne e le linee del cielo; in questo paesaggio, si può osservare una figura precariamente posizionata sulla gamba sinistra, nella quale si può rivedere un passo di danza. Nel confrontare quest’opera con altre sullo stesso tema, dobbiamo sempre ricordare che la figura di Saturno/Crono, già dall’antichità aveva un’iconografia e un aspetto ben definito: quello di un vecchio triste e pensieroso, che doveva rappresentare tutte le caratteristiche negative legate alla natura malevola dell’uomo e alla vecchiaia. La scena rappresentata da Goya non ha precedenti nella Storia dell’Arte ma sicuramente è stata ispirata dalla visione del quadro omonimo di Rubens, del 1636. Eppure i due quadri hanno delle sostanziali differenze, soprattutto nei sentimenti che ispirano allo spettatore: nel quadro di Rubens, infatti, Saturno sta chinato sul figlio, e questo ha il viso rivolto verso lo spettatore, ma lo sguardo rivolto verso destra; questo infatti evita allo spettatore la partecipazione e il disgusto che invece provoca l’opera di Goya, in cui lo sguardo di Saturno invece è fisso sullo spettatore. Goya crea un’immagine che rimarrà iconica nella Storia dell’Arte, spogliando la figura di Saturno da tutti i suoi connotati allegorici, come la falce e gli astri, trasformando la figura mitologica di Saturno, potente ma distaccata, in una visione di terrore personale, tramutando il titano da figura mitologica a figura da incubo.

BIBLIOGRAFIA Derek Allan, The Death of Beauty: Goya’s etchings and black paintings through the eyes of Andrè Malraux, in History of European Ideas, Vol.42, Issue 7, 2016. F.J. Sanchez Canton, Goya: La Quinta del Sordo, Rizzoli, Milano, 1963. Eugenio D’Ors, L’arte di Goya, Bompiani, Milano, 1948. Dino Felisati, Giorgio Sperati, Pazienti Celebri. Malati O.R.L. nella storia e nell’arte, Torino, 2008. María del Carmen Garrido, Algunasconsideracionessobre la técnica de las «PinturasNegras» de Goya, in Boletin de Museo del Prado, Numero 13, Tomo 5, Pag. 4, Madrid, 1984. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 1992. Robert Hughes, Goya, Mondadori, Milano 2006. Museo del Prado, Museo del Prado: Catalogos de lasPinturas, Ministerio de educacion y cultura, Madrid, 1996. Renata Negri, Francisco Goya, Fabbri, Milano, 1976. Sabine Poeschel, Il Saturno di Goya come critica all’accademismo: un paragone inaspettato, in Storia dell’Arte, Vol. 91, 1997, Roma. Maurizia Tazartes, Goya, Giunti, Milano, 2016....


Similar Free PDFs