Proprieta - Riassunto concernente la proprietà e i suoi sviluppi, i modi di acquisto di - Diritto privato romano PDF

Title Proprieta - Riassunto concernente la proprietà e i suoi sviluppi, i modi di acquisto di - Diritto privato romano
Course Istituzioni di Diritto Romano - Ag 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Riassunto concernente la proprietà e i suoi sviluppi, i modi di acquisto di questa con annesse azioni di tutela e altre forme di proprietà...


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PROPRIETA’ la proprietà è il diritto reale per eccellenza. L’origine della proprietà privata, si può ricostruire come segue. In fase pre-civica, le gentes erano nomadi perciò avevano i proprietà collettiva soltanto persone libere, schiavi e bestiame. In seguito, una volta stanziatisi i gruppi cominciarono a bonificare il terreno al fine di renderlo abitabile e utilizzabile come terreno pascolativo e coltivabile. Quando il modello di organizzazione gentilizia si smembrò, lasciando definitivamente posto allefamilie il potere sulle terre, sede della famiglia, e su cose e persone componenti la famiglia fu riconosciuto a ciascunpater familias , e ritenuto da questo trasmissibile ai figli maschi per successione ereditaria necessaria. Ne derivò che gli atti di alienazione potessero essere compiuti soltanto dal pater, quale unico titolare dei rapporti giuridici patrimoniali del gruppo. La proprietà individuale cominciò dunque a delinearsi nel momento in cui si indicò la famiglia. Fin dall’inizio, le forme più di appartenenza privata dei beni rivestirono carattereassoluto , ciò sta a significare che tutti i consociati erano tenuti al rispetto di esse. Le espressioni più antiche per designare l’appartenenza totale ed esclusiva dei beni furono:ius, manus, potestas, mancipium, tutti termini che indicavano gli ampi poteri del pater. Quanto ai poteri del pater, non avevano ad oggetto solo le terre, ma potestas ) anche la famiglia complessivamente intesa. Il potere del pater si esplicava su figli e nipoti patria ( sulla donna entrata a far parte del gruppo familiare con il matrimonio, mancipia, i quali erano componenti di altri nuclei famigliari che il pater acquistava a tempo determinato o in perpetuo, i servi , gli animali domestici e la domus cioè la casa dove abitava la famiglia e il terreno circostante. Si intesero rientranti tra leres mancipi tutte le terre che il pater possedeva entro i confini di roma. Oggetto di mancipium erano in origine solo le res mancipi materiali, mobili o immobili e i componenti della famiglia. Fu intorno al II sec. A.C. che la proprietà nel differenziarsi rispetto ad altre signorie e potestà assunse una diversa denominazione, comparve il termine utilizzato per indicare il padrone di casa:dominus . Più tarda fu invece la comparsa del nome astrattodominium , per indicare la signoria del dominus . Il termine dominium si completava con la locuzione ex iure quiritium che stava a significare la derivazione dei poteri dall’ordinamento giuridico quiritario. Oggetto ed estensione del dominium ex iure PROPRIETà CIVILE immobili obili Oggetto di dominium potevano essere tutti i beni commerciabili, mancipi e nec mancipi mobili e imm . Le fonti rivelano un interesse molto più marcato per i beni immobili che i Romani purché su suolo italico considerarono sempre come i cespiti più importanti del patrimonio, in quanto marchio di prestigio sociopolitico della famiglia. A partire dal II sec a.c. si diffuse l’economia mercantile e si rivelò ai cives il vantaggio dei commerci e della ricchezza mobiliare. La proprietà quiritario assicurava al titolare del diritto le facoltà più ampie e assolute, presentandosi come illimitata e indipendente rispetto al potere pubblico, in quanto manifestazione dei poteri sovrani del paters. Il cittadino proprietario di immobili sul suolo italico all’interno del proprio fondo poteva esercitare illimitatamente le sue facoltà in altezza e profo profondità ndità . Il dominium si estendeva dal cielo al sottosuolo. limiti A porre un freno all’arbitrio del proprietario, intervennero dei limiti. Le prime restrizioni furono imposte nell’interesse dei proprietari limitrofi. Si ponevano limiti alla proprietà privata per evitare reciproci pregiudizi tra vicini. Poi comparvero le limitazioni poste per pubblico interesse. Le limitazioni più antiche furono il limesà spazio di 5 piedi da lasciare libero tra i fondi, inalienabile e ambitus à era invece lo spazio necessario per il sottratto all’usucapione perché extra commercium. L’ambitus movimento, era un sentiero dall’ampiezza di due piedi e mezzo da lasciare tra le abitazioni private ed essere lasciato libero da costruzioni. Il diritto pretorio ampliò i preesistenti limiti reciproci al diritto di proprietà. Immobiliare mediante l’introduzione di due ordinanze: A) l’ interdictum de glande legenda à relativo alla raccolta dei frutti, indirettamente favoriva il proprietario nella percezione dei frutti caduti dal proprio albero sul fondo del vicino ponendovi però dei limiti, l’interdetto era proibitorio e vietava al dominus del suolo, sul quale fossero caduti frutti di alberi siti sul fondo vicino, di proibire al proprietario di questo la raccolta dei frutti sul suo terreno purché lo facesse ogni 3 giorni. B) L’interdictum de arboribus cedendis relativo alla recisione dei rami degli alberi, veniva concesso al proprietario del fondo sul quale sporgessero, ad un altezza inferiore a 15 piedi, i rami di un albero sito sul terreno vicino. Il proprietario del fondo invaso poteva ottenere che si vietasse al proprietario degli alberi di proibire il taglio dei rami.

I rapporti di vicinato implicavano perciò limitazioni del diritto di proprietà, bene rispondeva a queste logiche il testo gaiano (male nostro iure uti non debemus). La legislazione decemvirale già aveva previsto 1) l’actio acquae pluviae arcendae , un’azione processuale che indirettamente mirava al mantenimento del regolare deflusso delle acque piovane. Era un rimedio accessibile al proprietario di un fondo invaso da acqua piovana proveniente dal fondo superiore, nel quale il proprietario finitimo avesse deviato il deflusso naturale delle piogge mediante manufatti. Veniva intentata dal proprietario del fondo invaso al fine di ottenere dal vicino il ripristino dellostatus quo ante . Al vicino si riconobbe il diritto (riconosciuto all’art 910-913 cc) di derivare l’aqua superficiens per servirsene a scopi agricoli, ma con l’obbligo di restituire ai fondi inferiori l’acqua superflua. Furono introdotte anche altre figure atte a evitare che un uso smodato del proprio diritto potesse pregiudicare l’altrui diritto. queste furono la 2) cautio damni infecti à era una garanzia relativa a un danno temuto e non ancora verificatosi richiesta dal proprietario di un bene immobile, sul quale minacciassero di rovinare le opere site sul fondo vicino o che si temeva potesse ricevere danno dalle attività esercitate sul fondo finitimo. Si trattava di una satisdatio pretoria rinforzata da garanzie che il pretore imponeva di prestare al proprietario del fondo da cui derivava la minaccia nei confronti del richiedente. Mediante la cautio, il proprietario del fondo dal quale partiva la minaccia si impegnava, nei confronti del proprietario del fondo vicino a risarcirgli il danno qualora l’evento temuto si verificasse. In tale ipotesi il proprietario del fondo danneggiato avrebbe potuto agire mediante unactio ex stipulatu . Se il proprietario dell’immobile pericolante si rifiutasse di prestare la cautio, il pretore concedeva, con decreto, a colui che temesse il danno, una immissione nel possesso dell’immobile dal quale partiva il pericolo. Una volta trascorso un anno senza che fosse stata prestata lacautio damni infecti il pretore emanava una missio ex secundo decreto , con la quale immetteva il proprietario del fondo minacciato nelpossesso esclusivo ad usucapionem . 3) la denuntia di nuova opera consisteva in una diffida orale extragiudiziale. Il civis, in quanto proprietario di un immobile, poteva rivolgere tale diffida per tutelare i propri diritti e vietare di proseguire un’opera iniziata. L’autore della diffida nel momento in cui chiedeva la sospensione dei lavori doveva affermare di essere titolare di un diritto di opposizione ius (ius appellandi ). Finalità della nuntiatio (denunzia) era l’immediata sospensione dei lavori e il ripristino dello status quo ante. L’autore della diffida doveva esercitare l’azione per dimostrare la fondatezza del suo asserito diritto di opposizione; altrimenti il pretore , su richiesta dell’autore dell’opera che intendesse continuare i lavori, decretava la remissio nunciationis . Se il nuntiatus continuava i lavori senza avere ottenuto il permesso dal pretore, il controinteressato poteva ottenere uninterdictum demolitorium . Poteva avere ad oggetto solo opere non edificate o non concluse. 4) L’interdictum quod vi aut clam. Veniva concesso dal magistrato su richiesta dell’interessato contro chi avesse già edificato opere illecite, nonostante una diffida, o con violenza, o clandestinamente. L’ordine aveva carattere restitutorio, in quanto intimava il ripristino della situazione precedente mediante demolizione dell’opera. Nell’ambito della regolamentazione giuridica dei rapporti di vicinato si inquadra anche ildivieto di immissioni e il divieto degli att attii emulativi . Sul finire del principato si era già individuato il criterio dellanormale tollerabilità (art 844 cc), il vicino doveva sopportare immissioni fintantoché il disagio fosse modico. Ciò significava dover accettare limitazioni al proprio diritto di proprietà. Qualora invece dal fondo vicino provenissero sostanze e odore in misura eccessiva, era concesso l’esercizio dell’actio actio negatoria servitutis , al fine di chiedere l’accertamento della mancata costituzione di una servitù che lo obbligasse a sopportare le immissioni moleste. Per gli atti emulativi, già nel principato, l’autore dell’immissione intenzionale era considerato responsabile periniura e cioè per la commissione di un illecito penale privato, in quanto il compimento di atti inutilmente nocivi integrava un esercizio doloso del diritto di proprietà. (art. 659,674). Nel corso dell’età imperiale, le restrizioni poste alla proprietà privata, si ampliarono alla considerazione del pubblico interesse. All’indomani dell’incendio gallico (387 a.c) la ricostruzione del centro di Roma venne realizzata in violazione delle disposizioni vigenti. La desuetudine all’ambitus determinò il fenomeno del muro comune giuridicamente regolato dalle norme sulla comunione. Si rese perciò necessaria una disciplina

più severa che introducesse limiti al libero godimento del diritto di proprietà per i domini degli immobili urbani. Innanzitutto, per porre rimedio alla caduta di oggetti da finestre e davanzali, il pretore intervenne con l’emanazione dell’editto de effusis vel deiectis (ob. Quasi ex. Delicto), stabilendo il diritto al risarcimento dei danni o alla riscossione di una penale per chi, a seguito di caduta dall’alto di oggetti sui passanti, fosse stato colpito, riportando una lesione personale, o avesse subito un pregiudizio nei suoi interessi patrimoniali. Un’altra azione fu data dal pretore nei confronti dell’abitante di un edificio che incautamente avesse appoggiato o sospeso oggetti dall’alto della propria dimora con pericolo di caduta. TUTELA GIURISDIZIONALE DEL DELLA LA PROPRIETà Per quanto riguarda la tutela del dominium erano accessibili al proprietario: due azioni generali tipiche, cioè la rivendica e l’azione negatoria ; l’actio de tigno iuncto , l’actio aquae pluviae arcendae , la denunzia di nuova opera, l’interdictum quod vi aut clam , la cautio damni infecti . - REI VINDICATIOà era intesa a tutelare la proprietà nel suo contenuto fondamentale, la signoria sulla cosa. Essa veniva esercitata da chi affermava di essere proprietario di un bene posseduto da altri, al fine di ottenere: a) Come scopo primario l’accertamento del diritto vantato b) La restituzione della cosa, o il controvalore di essa. La rei vindicatio assunse tre diverse forme. La più antica fu costituita dallalegis actio sacramenti in rem, non vi era chiara differenza tra il ruolo di attore e convenuto, agere per sponsionem , successivamente, si affermò un nuovo modo di procedere in revindica, l’agere che offriva il vantaggio di evitare alle parti una procedura complessa e il sacramentum. il proprietario, al fine di riottenere il bene da chi lo possedeva, si faceva promettere solennemente da questo, il pagamento di una somma simbolica se fosse riuscito a dimostrare nel corso del successivo processo il proprio diritto di proprietà. Poi, in forza di talesponsio paeiudicialis , il dominus citava il possessore dellares litigiosa in giudizio con un’actio in personam per sponsionem per ottenere la somma promessa, facendo accertare contemporaneamente il suo titolo di proprietà. Le parti non erano più poste sullo stesso piano, perché con la legis actio per sponsionem si differenziarono i ruoli dell’attore e del convenuto. Una volta diffusesi le procedure formulari, la rivendica assunse la forma dellaformula petitoria , che si connotò come actio arbitraria. Legittimato attivo era il proprietario non possessore, il quale chiedeva l’accertamento del proprio diritto e la restituzione del bene controverso o il suo controvalore. Qualora la res litigiosa fosse stata mobile e nascosta, il proprietario avrebbe dovuto agire prima con azione l’ esibitoria per ottenere la presentazione del bene. Se il convenuto non era nel possesso della cosa sarebbe stato assolto, in caso contrario avrebbe dovuto presentarlo in giudizio, l’eventuale rifiuto lo avrebbe esposto alle conseguenze di una esecuzione personale e patrimoniale. Legittimato passivo alla rivendica era il possessore, che, una volta convenuto in giudizio, il possessore restava nel possesso del bene, previa promessa solenne di ottemperanza al giudicato, nel caso in cui rifiutasse di prestare lasatisdatio , il possesso veniva imperativamente dato all’attore. Effettuata la traslatio possessionis dal convenuto al rivendicante, quest’ultimo assumeva la posizione di possessore, sicché spettava al convenuto, nella fase apud iudicem, provare il suo titolo di proprietà. Anche nella rivendica per formulam petitoriam , implicava dunque la partecipazione attiva del convenuto all’atto dellalitis contestatio . Qualora si sottrasse al processo o rifiutasse di collaborare, lo ius honorarium elaborò alcuni espedienti idonei ad indurre il convenuto a collaborare: - L’actio ad exhibendum à all’azione esibitoria si ricorreva quando il convenuto non portava in giudizio il bene rivendicato dall’attore, e allora, in caso di persistente mancata esibizione, il convenuto doveva soggiacere alle misure esecutive. - L’interdictum quem fundum à era un interdetto restitutorio relativo ai beni immobili. In ipotesi di rifiuto di collaborazione da parte del convenuto, il magistrato ordinava di restituire il bene controverso al rivendicante effettuando una traslatio posessionis. La mancata ottemperanza avrebbe legittimato il rivendicante all’esercizio di unactio ex interdicto , nel cui conseguente processo di cognizione il possessore sarebbe stato condannato

Onere probatorio à il convenuto in rivendica poteva difendersi semplicemente negando che l’attore fosse proprietario. In tal caso, nella faseapud iudicem , il convenuto non era tenuto a provare alcunché, gravando l’onere probatorio sull’attore, quest’ultimo doveva sobbarcarsi laprobatio diaboli diabolica ca , vale a dire la difficilissima prova del titolo di proprietà, che consisteva nel dimostrare i successivi passaggi tra i suoi danti causa, fino a risalire a un titolo d’acquisto a titolo originario. Per ovviare la probatio diabolica, si utilizza la figura dell’accessio accessio possessionis , cioè l’usucapione che può essere costruito avvalendosi della successione nel possesso che consente di sommare la durata del proprio possesso a quella del dante causa. Se l’attore dimostrava di essere proprietario, il giudice doveva pronunciare l’accertamento del diritto di proprietà in capo all’attore e condannare il convenuto. Essendo unaformula arbitraria il giudicante, prima di emanare la sentenza, emanava lo iussum de restituendo , cioè l’ordine di restituire la cosa con tutti i suoi frutti. Se non avesse effettuato la restituzione del bene controverso, il giudice lo avrebbe condannato al pagamento di una somma corrispondente al valore della res. La stima del bene era effettuata dall’attore sotto giuramento deferito dal giudice. (giuramento estimatorio ) la prospettiva di dover pagare una somma assai alta induceva il convenuto a desistere e a restituire la res litigiosa. Se il convenuto persisteva nel rifiuto di restituzione, subiva la condanna e una volta effettuato il pagamento dellasumma condemnationis diveniva proprietario del bene controverso (acquisto a titolo originario indiretto, litis aestimatio ). Il convenuto doveva anche restituire i frutti percepiti dalla cosa dopo la litis contestatio. Per quanto riguarda invece il periodo precedente, si distingueva tra, possessore in buona fede, che non rispondeva dei frutti già incamerati nel suo patrimonio e dovendo restituire solo quelli esistenti; da quello in mala fede che doveva restituire i frutti percepiti e persino quelli percipiendi. Altri mezzi di tutela furono: - ACTIO NEGATORIA à ricorreva il proprietario per negare un diritto reale altrui sulla propria cosa. Poteva infatti accadere che un terzo, pur senza contestare il diritto di proprietà di un altro soggetto, pretendesse di avere sul bene a questo appartenente un diritto reale limitato e di fatto lo esercitasse. L’actio negatoria era esperita dal proprietario per ottenere l’accertamento della pienezza del suo diritto e quindi l’insussistenza del diritto reale vantato dall’avversario. Sull’attore gravava l’onere di provare il diritto e le limitazioni subite nell’esercizio di esso, per la condotta illegittima del convenuto; quest’ultimo doveva invece dimostrare l’esistenza del diritto reale parziario che accampava mediante exceptio . Fine ultimo era la cessazione delle turbative. Il giudice, perciò, se convinto della dimostrazione dell’attore, emetteva loiussum de restituendo . Il convenuto era tenuto ad astenersi da ogni attività corrispondente all’esercizio del diritto reale di cui si era accertata l’inesistenza. In ipotesi di inottemperanza del convenuto, si perveniva a una condanna pecuniaria. Actio de tigno iuncto à azione penale in duplum che proibiva al proprietario di travi immesse nell’edificio altrui o nelle vigne altrui, di asportarli. Il proprietario, non perdeva la proprietà, sebbene non potesse disporre disporne fino al momento in cui essi rimanevano congiunti con la costruzioni o con il vigneto altrui. Solo quando il materiale in questione si fosse spontaneamente staccato, il proprietario avrebbe potuto riprendersi i propri materiali. - Actio finium regundorum à esercitabile in caso di lite sui confini di immobili vicini. Con l’azione di regolamentazione di confini, l’attore chiedeva non la condanna del convenuto in suo favore, ma che il giudice determinasse quale parte degli immobili confinanti spettasse all’uno e all’altro dei contendenti. L’accertamento pertanto serviva a: far si che il confinium fosse lasciato libero; ripristinare i termini sulla linea di confine, eliminare ogni incertezza sul tracciato controverso. Dava luogo a un giudizio divisorio, contenente una adiudicatio . ALTRE FORME DI PROPRIETà Nel diritto romano due furono i rapporti assoluti affini al dominio: • L’in bonis esse( habere, proprietà pretoria) à fu un istituto sviluppatosi grazie alla particolare tutela accordata dal pretore romano a talune categorie di acquirenti di beni, che pur avendo acquisito le res in maniera difettosa a rigore di ius civile, vennero considerati meritevoli di tutela nell’ambito dello ius honorarium. Essenziale ai fini della protezione pretoria, fu labuona fede del compratore . Viene dunque denominato in bonis habens il possessore ad usucapionem che avesse acquistato un bene correttamente, e dunque in buona fede, ma non nel rispetto delle formalità civilistiche e che

godesse di una particolare tutela pretoria nell’arco intercorrente l’acquisto del bene e il compimento del tempus ad usucapionem. Es. compratore che avesse acquistato una res mancipi con traditio. Avendo ricevuto la res mancipi con semplice tradizione, previo pagamento del prezzo, l’acquirente si trovava nella condizione di semplice possessore ad usucapionem con titolo di pro emptore (compratore), avrebbe pertanto dovuto attendere il decorso dei termini richiesti per l’usucapione per potersi qualificare dominus. Nel frattempo, qualora a molestarlo o a spossessarlo fosse stato il venditore, l’acquirente non avrebbe potuto avere la meglio su chi, per lo ius civile era ancora proprietario. Per ...


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