LA Terra HA I SUOI Diritti - Vandana Shiva PDF

Title LA Terra HA I SUOI Diritti - Vandana Shiva
Author Alessia Giampà
Course Educazione interculturale e studi sulla pace
Institution Università degli Studi di Messina
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LA TERRA HA I SUOI DIRITTI PREMESSA. Nel suo libro “La terra ha i suoi diritti” Vandana Shiva si prefigge l’obiettivo di informare quante più persone possibili sul tentativo, da parte di 5 multinazionali sementiere, di prendere il controllo globale di tutti i semi del mondo nell’arco di 30 anni a partire dal 1987, al fine di riuscire a fare un cartello per formare un oligopolio capace di influenzare e determinare le decisioni dei governi e delle istituzioni nazionali, internazionali e globali. Dato che il pilastro alla base dell’esistenza dell’intera umanità è la necessità di cibo, riuscire a controllare la distribuzione di tutte le sementi mondiali equivale a controllare la produzione globale di tutto il cibo: questo può essere possibile con l’introduzione prima dei semi ibridi e in seguito con semi OGM, semi modificati geneticamente in maniera che non possano essere riprodotti di raccolto in raccolto e quindi obbligando tutti i coltivatori del mondo ad acquistare le sementi ad ogni semina da queste 5 multinazionali (le uniche a detenere i brevetti di tali semi). Mascherato sotto il falso concetto che i semi OGM sono più produttivi e sani rispetto ai semi “naturali” (chiamati semi contadini da Vandania Shiva) che i contadini hanno sempre riprodotto gratuitamente dai loro raccolti, questo obiettivo di globalizzazione del seme OGM porterà, in concatenazione con le monoculture intensive richieste dalle grandi multinazionali alimentari, ad ulteriore aumento della povertà nel mondo, ad un impoverimento produttivo delle aree agricole a causa della mancanza di rotazione delle colture, ad un aumento della fame del mondo con il paradosso dell’aumento degli sprechi alimentari (grandi quantità di cibo inutilizzato e distrutto dalle grandi aziende alimentari), alla deforestazione indiscriminata di grandi aree al fine di convertirle alle monoculture richieste dalle multinazionali alimentari, alla desertificazione di aree prima produttive, all’inquinamento e all’esaurimento delle falde acquifere e delle risorse naturali. Tutto ciò è già in atto dal 1987, con la colpevole collaborazione di governi e istituzioni democratiche solo all’apparenza o, nei casi peggiori, antidemocratiche, colluse con le lobby sementiere e alimentari che le seducono con atti corruttivi. Vandana Shiva lancia quindi un grido di allarme e invita alla mobilitazione e alla disobbedienza civile non violenta al fine di evitare una crisi ecologica mondiale senza ritorno, evitando che il “mercato” si impossessi delle nostre risorse naturali (aria, terra, acqua, in sostanza della vita) che invece sono patrimonio di tutta l’umanità e non solo di pochi multinazionali. PERCHE IL 1987. A Marzo 1987 a Bogevè, un paesino dell’Alta Savonia, Vandana Shiva assiste ad un seminario sull’impatto delle biotecnologie, all’interno del quale i rappresentanti di 5 multinazionali sementiere spiegano la loro strategia che sarà messa in opera nei 3 decenni successivi: prendere il controllo delle sementi grazie ai brevetti e agli organismi geneticamente modificati (OGM), da vendere ai contadini del mondo intero in sostituzione dei semi che la terra offre loro gratuitamente (autoprodotti dai contadini stessi) e fare un cartello per formare un oligopolio capace di influenzare e determinare le decisioni dei governi e delle istituzioni nazionali, internazionali e globali. I CAPITOLI DEL LIBRO: 1. Riconquistare la sovranità alimentare  Tra eccedenza e scarsità. Partendo dall’esperienza della sua famiglia, in cui la madre produceva la maggior parte del cibo di origine vegetale tramite coltivazione diretta e allevava qualche mucca che forniva latte e concime per le colture,

Vandana Shiva porta all’attenzione come tanto in India quanto nei paesi del Sud del Mondo la stragrande maggioranza della popolazione aveva raggiunto la propria autonomia alimentare in quanto applicavano lo stesso principio da generazioni, e come siano le donne principalmente le depositarie di tale cultura e di essere in larga parte le vere esperte della produzione e del miglioramento naturale dei semi, raccolto dopo raccolto. Tale autonomia alimentare è importante perché, coltivando le proprie colture con i propri semi naturali e il proprio concime naturale non alterati ne da prodotti chimici ne geneticamente, contribuisce sia alla diminuzione dell’inquinamento ambientale (contribuendo alla transizione ecologica del nostro pianeta) sia al benessere e alla salute dei cittadini i quali si nutrono di alimenti genuini non contaminati o alterati geneticamente. Dal punto di vista meramente economico, l’ autonomia alimentare è importante perchè tiene molto basso il costo di produzione e di vendita diretta locale del prodotto in quanto vengono eliminati tutti gli intermediari tra il “campo e la tavola”; non solo, l’autonomia alimentare sottrae i cittadini al potere della “grande distribuzione” e dalle sue imprevedibili oscillazioni dei prezzi di mercato dettate da una logica meramente consumistico/capitalista (producendo da se cio’ di cui hanno bisogno e rivendendo le proprie eccedenza localmente ad altri cittadini, tutto il circuito di cittadini coinvolti nell’autonomia alimentare potrà ignorare l’aumento dei prezzi della grande distribuzione). La strategia del controllo globale delle sementi ( vedi “perché il 1987”) ha portato alla perdita quasi totale dell’autonomia alimentare, sia perché le sementi non vengono più prodotte dai contadini (e quindi costretti ad acquistarli a prezzi esorbitanti sempre dalle stesse 5 multinazionali) sia perchè la logica delle grandi multinazionali alimentari ha portato alla creazioni di monoculture intensive su scala nazionale che escludono qualsiasi altro tipo di coltivazione (acquisendo in maniera più o meno lecita i terreni che prima venivano coltivati dalle famiglie per la propria autonomia alimentare). Tale logica delle monoculture intensive inoltre ha portato al paradosso che nei paesi dove si produce in monocultura intensiva un particolare tipo di prodotto (per esempio le patate in india), quel prodotto praticamente scomparirà dai mercati locali in quanto l’eccedenza di produzione in monocultura intensiva non viene immessa nel mercato locale ma o viene totalmente assorbita dalle grandi multinazionali alimentari le quali useranno tale prodotto per la produzione di propri sottoprodotti (per esempio patatine fritte da snack) e per l’esportazioni in mercati esteri più appetibili, oppure viene distrutta perchè non in linea con gli standard richiesti a livello internazionale (sempre per le patate: di brutto aspetto, oppure di dimensioni non conformi ai macchinari di lavorazione delle linee di produzione ecc.). Purtroppo, facendo leva su una falsa informazione che presenta le monoculture intensive e gli OGM come una valida risposta ai problemi tanto della fame del mondo quanto alla redditività dei raccolti, soprattutto nel sud del mondo il problema ed il pericolo hanno iniziato ad essere percepiti solo da pochi anni, rendendo quindi necessaria una informazione “libera” non influenzata dalle lobby sementiere né dalle lobby delle multinazionali alimentari.  Le piccole imprese producono di più. Seguendo il concetto che le grandi mutinazionali portano “crescita” sia in termini di posti di lavoro sia in termini di produzione, i vari Stati Nazionali si rendono inconsapevolmente complici (se non addirittura, in molti casi, consapevolmente perche’ corrotti dalle lobby) sia della

diffusione delle monoculture intensive su base OGM, sia delle grandi fabbriche produttrici che esauriscono le risorse naturali del territorio, in definitiva della perdita di autonomia alimentare dei propri cittadini e della diffusione sempre più massiccia sia della povertà sia dell’inquinamento. I governi invece dovrebbero comprendere l’importanza della protezione dei contadini soprattutto di piccole unità di produzione, a motivo del loro ruolo di reali produttori di cibo, proprio perchè saranno loro i primi ad essere colpiti dalle varie crisi che colpiranno il pianeta (ecologica, da eventi atmosferici, economica, dalle crisi del mercato finanziario); tutto ciò sia a difesa dell’ambiente sia a difesa dell’economia locale e nazionale e soprattutto a difesa della produzione di cibo: vari studi effettuati da organizzazioni nazionali e internazionali hanno infatti accertato che i terreni coltivati con metodi “tradizionali” danno raccolti molto più produttivi e più qualitativi (in termini di quantità di raccolto, di nutrienti e di gusto del prodotto coltivato) rispetto ai terreni coltivati con metodi “industriali” basati su semi OGM in monocultura intensiva senza contare che, a differenza di quanto dichiarato dalle multinazionali sementiere, le coltivazioni basate su semi OGM sono molto meno resistenti ai cambi climatici/atmosferici rispetto a quelle basate su “semi contadini”.  Riconquistare la sovranità alimentare. Per offrire una valida alternativa alla coltivazione intensiva a base OGM, e spingere al ritorno della sovranità alimentare, Vandana Shiva ha creato l’organizzazione Navdanya (in lingua hindi: 9 semi, ma anche dono rinnovato), una “fattoria” in cui si coltiva con metodi tradizionali, con semi contadini, e applicando la rotazione delle colture; il nome Navdanya infatti deriva dall’usanza contadina hindi di mettere il primo giorno dell’anno 9 semi in un vaso e, nove giorni dopo, confrontare i risultati per capire quale sia il seme migliore da piantare in quell’anno: questo sistema tradizionale nato e sviluppatosi con l’esperienza contadina di generazione in generazione, garantisce sia la rotazione delle colture raccolto dopo raccolto sia la biodiversità agricola mantenendo i terreni agricoli sempre produttivi (dato che ogni tipo di coltura tenda a impoverire il terreno di alcuni componenti chimici e arricchirlo di altri, la rotazione delle colture garantisce che il terreno “rigeneri” anno dopo anno i suoi elementi chimici nutrienti), in contrapposizione con le monocolture intensive praticate senza interruzione per anni che danno come risultato l’impoverimento dei terreni agricoli e la loro incapacità a supportare la crescita delle colture. Con l’esempio, l’esperienza e i risultati ottenuti con Navdanya, anche attraverso battaglie non violente di disobbedienza civile, organizzazione di manifestazioni di protesta in tutto il mondo, battaglie legali contro multinazionali (MONSANTO, COCA COLA, PEPSI, produttori del cotone ecc.) e confronti e collaborazioni con Istituzioni nazionali e internazionali (ad esempio l’ONU, la FAO ecc.) Vandana Shiva sta spingendo i Governi delle nazioni del mondo a prevedere, nelle loro legislazioni, leggi a salvaguardia delle loro risorse naturali e della protezione dei contadini, atte sia alla riconquista della sovranità alimentare sia al rifiuto degli OGM, il tutto a salvaguardia sia degli interessi nazionali sia della salute del “pianeta Terra”; uno dei suoi obbiettivi è togliere il potere decisionale inerente il settore agricolo dalle mani delle multinazionali del settore (alimentare e non) soprattutto sementiere, e fare in modo che tali scelte vengano sottoposte ad un processo democratico a livello nazionale in cui è nei Parlamenti di ogni nazione che deve essere discussa ed approvata o meno qualsiasi decisione, regolamento, trattato (ad esempio i Trips, Aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al

commercio, ideati dall’Organizzazione mondiale del commercio, che aprono le porte al brevettare i viventi, che di fatto apre le porte alla biopirateria) nonché impedire il brevetto dei semi o di qualsiasi cosa “vivente” (piante, frutti, ortaggi ecc. con diritti di proprietà intellettuale) in modo da evitarne il monopolio da parte delle multinazionali. Se non si riesce in ciò, il mondo, soprattutto il Sud del mondo, subirà attacchi di biopirateria da parte delle multinazionali del settore agro/alimentare: brevettando ciò che i contadini hanno acquisito nel corso dell’esperienza tramandata di generazione in generazione (sui metodi di coltivazione, sulle proprietà benefiche di talune piante, sui metodi di produzione dei semi ecc.), le multinazionali ne acquisiscono la proprietà intellettuale e, da quel momento in poi, ne impedendiscono il libero uso da parte di quei stessi contadini che li hanno effettivamente scoperti e/o migliorati. 2. La guerra delle materie prime  Resistenze. In questo capitolo vengono descritte tutte le lotte intraprese da Vandana Shiva contro qualsiasi Industria o Multinazionale che, con la scusa del portare “crescita” e posti di lavoro, mirava ai profitti personali a scapito delle risorse naturali della zona dove si insediavano (deforestazione, esaurimento delle falde acquifere, impoverimento delle terre coltivabili ecc.). Un esempio che Vandana porta è la lotta fatta e vinta contro la Coca Cola in cui si è riusciti a far chiudere una sua fabbrica nel Kerala (una regione dell’India): la Coca Cola, dopo aver acquistato dai locali circa 37.000 metri quadrati di terreni che prima venivano coltivati (i locali l’han venduti sotto il miraggio di un facile guadagno e di un miglioramento economico dato dalla produttività della fabbrica che sarebbe stata costruita), ci ha costruito una fabbrica che ha iniziato a pompare dalle falde acquifere acqua in tali quantità da riuscire a produrre 561.000 litri di bevande al giorno; tale enorme prelievo giornaliero di acqua ha finito per prosciugare decine di pozzi da cui gli abitanti della zona prelevavano acqua per i loro bisogni e ad inquinare gli altri che ancora non si erano seccati, con il risultato che gli abitanti della zona non potevano più bere, cucinare, lavarsi ne coltivare e moltiplicando a dismisura i casi di malattie dovute all’acqua inquinata. Per fortuna, alla fine di una lunga lotta condotta con manifestazioni, petizioni, cause legali, si è riusciti a dimostrare tutti i danni che tale fabbrica stava causando alle persone e all’ambiente e a farla chiudere definitivamente. Ovviamente la Coca Cola non è stata a guardare e tentò con tutti i mezzi, anche illeciti ricorrendo alla corruzione, di far rimanere aperta e produttiva quella fabbrica.  L’esercito a servizio dell’industria. In questo capitolo Vandana Shiva descrive come spesso le grandi industri e multinazionali, con la scusa della “crescita economica” che portano nelle zone dove vanno ad operare, hanno l’appoggio dei governi locali e nazionali (ottenuto spesso anche con l’utilizzo della corruzione dei vari organi di controllo tecnici e/o politici) i quali, con le proprie Forze di Polizia o con i propri Eserciti, li proteggono contro i tentativi di lotta perpetuati dai cittadini locali e/o dalle organizzazioni a difesa dei diritti di tali cittadini o a difesa dell’ambiente. È per tale motivo che Vandana Shiva si auspica che le scelte riguardanti l’agro/alimentare vengano sottoposte ad un processo democratico a livello nazionale Parlamentare togliendo il potere decisionale sia dalle mani delle stesse multinazionali sia dalle mani dei singoli Funzionari soggetti ad inevitabili tentativi corruttivi.

3. La libertà dei semi  Piccoli semi, grandi sfide. In questo capitolo si affronta la differenza tra semi contadini, in contrapposizione ai semi ibridi e ai semi OGM (e i loro effetti nocivi), sulle motivazioni che hanno spinto i contadini a sostituire i semi contadini con gli ibridi prima e gli OGM poi, il ruolo avuto dalla pubblicità e dalla propaganda in questa sostituzione, cosa si è fatto per opporsi a una simile politica, e la diffusione nel mondo di tali semi modificati. Per Vandana Shiva i semi contadini sono quei semi che i contadini stessi autoproducono raccolto dopo raccolto e che sono il risultato di milioni di anni di evoluzione e di migliaia di anni di diffusione e utilizzo da parte di varie generazioni di contadini che si sono succedute in questo arco di tempo; proprio perchè sono il prodotto finale di una evoluzione naturale e, al tempo stesso, di una selezione dei semi migliori operata dai vari contadini sulla base delle loro esperienze di coltivazioni, tali semi risultano avere un perfetto equilibrio tra potenziale nutriente e adattamento e resistenza alle varie condizioni metereologiche che possono presentarsi dalla semina al raccolto. I semi ibridi sono quei semi che vengono resi non riproducibili alla seconda generazione (dalla seconda generazione essi degenerano rendono non conviente la loro semina) costringendo i contadini a doverli acquistare dai produttori di semi ibridi ad inizio di ogni semina, con enorme guadagno da parte delle industrie sementiere e un enorme indebitamento da parte dei contadini; essi non sono brevettabili. Il passo successivo è stato la creazione dei semi OGM: sono semi modificati geneticamente in cui vengono inseriti geni di altri semi e/o annullati geni specifici originali dei semi contadini, al fine di creare un super seme super produttivo e super resistente; questi semi sono brevettabili, quindi legalmente le industrie sementiere vietano la riproduzione di tali semi ai contadini che sono costretti a riacquistarli, semina dopo semina, dalle stesse industri sementiere. Oltretutto, vari studi e esperienze sul campo hanno dimostrato sia la vulnerabilità dei semi OGM se piantati in zone diverse da quelle teoriche per cui sono stati creati, sia l’effetto nocivo che possono avere sulla popolazione che se ne nutre (la modifica genetica operata, inserendo geni di altri semi o, addirittura, di altre sostanze come per esempio antibiotici, sono la causa dell’insorgenza di vari squilibri nel copro umano), per non parlare del potenziale nutriente e produttivo nettamente inferiore ai semi contadini. Attraverso la cattiva pubblicità operata dalle industrie sementiere (promettendo raccolti più abbondanti e quindi maggiori guadagni) e dalla propaganda operata da governi compiacenti (emanando sovvenzioni per chi utilizzava tali semi, o addirittura leggi per impedire l’utilizzo dei semi contadini), i semi OGM hanno iniziato a diffondersi nel mondo, tanto nei paesi occidentali (USA su tutti) quanto nei paesi del secondo e terzo mondo (sub continente indiano, africa ecc.). Per fortuna, la stragrande maggioranza dei contadini nel mondo ancora resiste e utilizza i semi contadini, cosi’ come in EUROPA i prodotti OGM sono vietati per legge, tutto ciò anche per merito delle molteplici lotte pacifiche e legali intentate dalle associazioni ambientaliste e di difesa dei diritti che hanno aperto gli occhi tanto ai contadini quanto ai Governi.  Biodiversità agricola contro standardizzazione. In questo capitolo si affronta la perdita della biodiversità nel mondo causata dall’utilizzo dei semi OGM in regime

di monocoltura intensiva e del tentativo del movimento altermondialista di opporsi a tale perdita. Dell’utilizzo indiscriminato dei semi ogm in monocultura intensiva su larga scala non ne patisce solo il corrispettivo “seme contadino” sostituito dal seme ogm, ma tutta la biodiversità della regione in cui tutti i terreni coltivabili vengono monopolizzati dalla monocoltura ogm; non solo, prevedendo conversioni di terreni boschivi, o comunque dove sorge vegetazione spontanea, in terreni agricoli da coltivare sempre con la stessa monocoltura, la biodiversità viene ulteriormente messa sotto attacco. Vandana Shiva porta due esempi di questa perdita di biodiversità: 1) Le colture di mais in Messico; da sempre in Messico, il mais viene coltivato insieme a fagioli e zucche (tanto che le tre piante erano chiamate “le tre sorelle”), ognuna di loro contivate in varietà diverse a seconda della regione del Messico, delle tradizioni e del clima locali; l’avvento del mais ogm in monocoltura intensiva ha finito per monopolizzare la coltivazione del solo mais ogm a discapito di zucche e fagioli, con perdita di biodiversità con tutto cio’ che comporta anche a livello di economia locale e di autonomia alimentare, senza contare che il mais ogm è di una qualità nettamente inferiore al mais contadino sia in termini di potenziale nutriente sia in termine di “lavorabilità” (Vandana fa l’esempio che da sempre, in Messico, ci sono carretti sparsi nelle città e nei paesi dove vengono preparate e vendute le tortillas: il nuovo mais ogm non è adatto a questo tipo di lavorazione, con il risultato che questi “carretti” di venditori di tortillas sono praticamente scomparsi in quanto risulta quasi impossibile per loro reperire il mais adatto per essere trasformato in tortillas;...


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