Sbobinature Lezioni Prof. Casale 2020-2021- Parte 4 PDF

Title Sbobinature Lezioni Prof. Casale 2020-2021- Parte 4
Author Giuseppe Onorati
Course Diritto Commerciale
Institution Università degli Studi di Camerino
Pages 21
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Summary

Sbobinature Prof. Casale - Ultima parte...


Description

L’art. 9 della legge fallimentare dice che è competente a dichiarare il fallimento il tribuna del posto in cui si trova la sede principale dell’impresa, per accettarla si farà ricorso al registro delle imprese; se il luogo non coincide con quello effettivo, si prende in considerazione quello effettivo. Se il fallimento viene dichiarato da più tribunali, il procedimento viene proseguito da quello competente. La l.fall. Affronta il tema delle imprese che operano in più stati, ed ha un’ottica al quanto nazionalista, perché cerca di poter dichiarare fallito l’imprenditore in Italia, anche se la sede è all’esterno. NON TUTTI GLI IMPRENDITORI SONO SOGGETTI AL FALLIMENTO, in primis l’imprenditore agricolo art.2135, scelta motivata dal fatto per cui l’attuale struttura del sistema economico agricolo è sempre meno persuasivo. Tradizionalmente erano esentati dal fallimento i piccoli imprenditori, norma che era disciplinata dall’art. 2221, ritenuta poi abrogata per incompatibilità con l’art. 2083, successivamente alla riforma, in cui si è preferito imboccare un’altra strada, preferendo di individuare i parametri quantitativi il cui mancato raggiungimento esclude la soggezione al fallimento degli imprenditori commerciali. L’art. 1 l.fall., in cui viene detto che NON sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori commerciali che dimostrano di avere questi requisiti: - Attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300000 euro nei tre esercizi antecedenti alla data di deposito della istanza fallimentare. - Ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo di 200000 euro nei tre esercizi antecedenti alla data di deposito della istanza fallimentare - Ammontare dei debiti anche non scaduti non superiori a 500000…. Queste soglie possono essere aggiornate ogni tre anni con un decreto del Ministro della giustizia sulla base delle variazioni degli indici ISTAT. Tramite questi criteri si è preferito riservare il fallimento alle sole imprese che superno certe soglie, limitando il soggettamento al fallimento. Sono esenti al fallimento anche gli enti pubblici territoriali che esercitano in via non prevalente un’impresa. Sono sottoposti a procedure alternative al fallimento: o Enti pubblici e economici che operano in settori sensibili all’ordinamento (bancario, finanziario e assicurativo). o Soggetti a liquidazione coatta e amministrativa L’unico criterio di imputazione delle imprese è quello della svendita del nome; è soggetto al fallimento solo colui nel nome del quale l’attività viene svolta. PER FALLIRE NON È NECESSARIO ESSERE IMPRENDITORI, MA L’ESSERE STATO. È soggetto al fallimento anche l’imprenditore che per qualsiasi motivo abbia cessato l’esercizio dell’impresa, entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. Per gli imprenditori individuali e collettivi non iscritti nel registro delle imprese, il termine annuale decorre dal momento in cui la cessione effettiva dell’attività d’impresa è portata a conoscenza con mezzi idonei ai terzi. Viene dichiarato fallito l’imprenditore che si trova in stato di insolvenza, situazione che si manifesta non necessariamente con l’inadempimento delle proprie obbligazioni, MA con l’incapacità di soddisfarle regolarmente. L’insolvenza non è un fatto, ma è uno stato che non necessariamente coincide con gli inadempimenti delle proprie obbligazioni, ma nell’incapacità di soddisfarle regolarmente. Si può essere inadempienti senza essere insolventi, ma si può anche essere insolventi senza essere inadempienti. L’inadempimento è il più importante tra tutti i sintomi di insolvenza. Come dimostrazione dello stato di insolvenza viene normalmente richiesta la prova di un inadempimento qualificato. Altri fatti in cui si può capire lo stato di insolvenza sono contenuti nell’art. 7 l.fall., come la chiusura dei locali dell’impresa o la fuga dell’imprenditore. Non è di per se insolvente l’imprenditore il cui stato patrimoniale presenti un’eccedenza di passività rispetto alle attività , invece l’insolvenza può escludersi in ipotesi sii surplus delle attività sulle passività, è possibile che attività e passività abbiano scadenza fra loro non alienante; Se le attività superano le passività, ma le passività sono a vista o a breve termine mentre le attività consistono in immobilizzazioni è ovvio che l’impresa non sarà in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni perché gli manca la liquidità necessaria; se invece le attività sono a breve termine e le passività sono a medio o lungo termine, la situazione può invertirsi. Il fallimento può essere dichiarato: 43

a. Su richiesta dello stesso debitore b. Su ricorso di uno o più creditori c. Su richiesta del pubblico ministero Le diverse legittimazioni rilevano i diversi interessi per la dichiarazione di fallimento. a. La richiesta del debitore non ha una immediata imputazione del fallimento, ma spesso si ricorre a risollevare l’impresa dal dissesto. Il legislatore ne ricorre maggiormente il profilo dei creditori, e va a sanzionare il debitore nel caso di bancarotta per l’aggravante del dissesto per effetto della mancata richiesta del proprio fallimento. La riforma ha abrogato le più pesanti conseguenze personali del fallimento. b. Il ricorso dei creditori insoddisfatti rappresenta l’ipotesi più frequente e costituisce l’ultima spiaggia per chi vanta pretese nei confronti dell’imprenditore, provocando la liquidazione concorsuale dell’intero suo patrimonio. Il singolo creditore agisce non sulla base di un interesse generale ma del proprio tornaconto. Con la riforma è stata (inopportunamente) abrogata l’ipotesi della dichiarazione d’ufficio da parte del tribunale che rappresentava la valvola di sicurezza del sistema. c. Per bilanciare il venir a meno della dichiarazione d’ufficio, è stata estesa la legittimazione del pubblico ministero che adesso può presentare 2 pretese: 1. Quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, chiusura dei locali, latitanza ETC. 2. Quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile. Il procedimento giudiziale per la dichiarazione del fallimento, si svolge in camera di consiglio ed è regolata dall’art. 15 l.fall. Con attenzione al diritto di difesa del debitore che deve essere appositamente convocato; l’udienza deve essere fissata entro 55 giorni dal deposito del ricorso e al debitore devono essere concessi almeno 15 giorni dalla comunicazione. Il tribunale può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento; essi hanno efficacia limitata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza. Se il fallimento viene dichiarato con sentenza provvisoriamente esecutiva, questa allora deve contenere: - Nomina del giudice delegato e del curatore - L’ordine al fallito di depositare entro 3 giorni bilanci e scritture contabili - Fissazione dell’udienza in cui si procederà all’esame delle domande e alla formazione dello stato passivo - Art. 16 l.fall. (Guarda meglio a pagina 267 estera d infondo) La sentenza produce effetti dalla data della pubblicazione. Entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza va notificata al debitore comunicata al pubblico ministero, al curatore nominato e a chi ha richiesto il fallimento. Il regime delle impugnazioni sono diverse a seconda se si tratti di un provvedimento positivo o negativo. Contro il decreto di rigetto, SOLO chi ha chiesto il fallimento può proporre un reclamo alla corte d’appello, la quale decide in camera di consiglio dopo aver sentito il reclamante e il debitore. Se la corte d’appello accoglie il reclamo, non può dichiarare il fallimento, ma deve rimettere d’ufficio gli atti al tribunale affinché provveda. Contro la sentenza dichiarativa di fallimento, può essere proposto il reclamo avanti alla corte d’appello entro 30 giorni, la quale su richiesta del curatore, può sospendere tutto o in parte la liquidazione dell’attivo. I giudici delle impugnazioni, devono valutare la sussistenza o no dello stato d’insolvenza alla data della dichiarazione di fallimento e non a quella successiva in cui si pronunziano. La revoca di dichiarazione di fallimento ha effetto solo se la relativa sentenza è passata in giudicato e non retroagisce; restano gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari. Il fallimento richiede una complessa attività di carattere SIA giudiziale SIA gestionale, quindi richiede una pluralità di organi: a. Tribunale b. Giudice delegato c. Curatore d. Comitato di creditori 44

La riforma ha ridotto la componente giudiziale e accresciuto quella privata della procedura fallimentare. a. Il tribunale che ha dichiarato il fallimento, “è investito dell’intera procedura fallimentare” e quando non è di competenza al giudice delegato provvede alla nomina, revoca e sostituzione degli organi della procedura. Il tribunale può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori; decide le controversie relative alla procedura che non sono di competenza del giudice delegato. Con la riforma il tribunale ha perso la competenza di autorizzare gli atti di straordinaria amministrazione del curatore, perché la competenza è passata al comitato dei creditori; l’obiettivo della riforma è la riduzione del ruolo del giudice escludendogli la partecipazione alla gestione del fallimento. Contro il tribunale è possibile porre un reclamo alla corte d’appello, che provvede in camera di commercio. Sta di competenza al tribunale il dovere decidere su TUTTE le azioni che derivano dal fallimento. b. Il giudice delegato non dirige più (cosa che faceva prima), le operazioni del fallimento, ma si limita a esercitare funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura. Il giudice delegato confronto al passato ha perso anche il potere di autorizzare gli atti straordinari del curatore di minor valore nonché di nominare e sorvegliare l’operato degli avvocati e degli altri collaboratori del curatore; ha mantenuto però il compito della formazione de passivo, cioè l’accentramento dei crediti crediti e dei diritti personali e reali vantati nei confronti del fallito. Altri poteri del giudice delegato sono: - Emettere i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio. - Autorizzare l’esecuzione degli atti conformi al programma approvato dal comitato dei creditori - Provvedere alla sostituzione del comitato dei creditori - Decidere i reclami tra quelli proposti dal fallito. Contro i decreti del giudice delegato può essere proposto reclamo al tribunale, che provvede in camera di consiglio. Il termine di reclamo è di 10 giorni dalla notificazione. C. Iil curatore ha l’amministrazione del patrimonio del fallito sotto la vigilanza (e non più la direzione) del giudice delegato e del comitato dei creditori. Le comunicazioni tra creditori e curatore sono facilitate dalla posta elettronica certificata, in mancanza di tale indicazione il curatore effettua le comunicazioni tramite il deposito nella cancelleria del tribunale fallimentare. La nomina del curatore spetta al tribunale ed è riservata in favore di: - Avvocati, commercialisti, ragionieri - Coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione direzione e controllo in società per azioni. Non possono essere nominati curatore i parenti del debitore entro il 4° grado, chi ha contribuito al dissesto dell’impresa e quindi chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento. Entro 60 giorni dalla nomina, il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata, sulle cause e circostanze del fallimento, tenendo conto del comportamento e delle responsabilità e anche dei profili penali. Il giudice delegato ordina il deposito della relazione in cancelleria. Ogni 6 mesi dalla presentazione della relazione, il curatore deve redigere un rapporto riepilogativo delle attività svolte, una copia è trasmessa al comitato dei creditori. Linea giuda del curatore è il programma di liquidazione, che costituisce l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine ale modalità e ai termini previsti per la realizzazione dell’attivo. Il programma di liquidazione, va predisposto entro 60 giorni dalla redazione dell’inventario e non oltre 180 giorni dalla dichiarazione di fallimento, ed è sottoposto all’approvazione del comitato dei creditori. Il mancato rispetto del termine di 180 giorni senza giustificato motivo è giusta causa di revoca del curatore. Nel programma di liquidazione, il curatore deve indicare:  Azioni recuperatorie, risarcitorie e revocatorie da esercitare  Opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa e autorizzare il suo affitto  Possibilità di cessione unitaria dell’azienda  Termine entro il quale verrà completata la liquidazione dell’attivo Il curatore deve adempiere ai doveri del proprio ufficio che sono imposti dalla legge o derivanti dal programma di liquidazione, con la diligentia richiesta dalla natura dell’incarico; il curatore deve tenere un registro, vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, nel quale vanno annotate giorno per giorni le operazioni relative alla sua amministrazione. Le somme riscosse. Di qualsiasi titolo, devono essere depositate su un conto entro 10 giorni. Su proposta del curatore, il 45

comitato dei creditori può autorizzare che le somme riscosse vengano in tutto o in parte investite con strumenti diversi dal deposito in conto corrente, purchè garantita l’integrità del capitale. Il compenso del curatore è stabilito da un decreto emesso dal tribunale secondo le tariffe stabilite in un apposto decreto ministeriale. In sede di adunanza per l’esame dello stato passivo, i creditori presenti che rappresentano la maggioranza dei creditori, possono chiedere la sostituzione del curatore indicando al tribunale le ragioni della richiesta. Il curatore può essere in qualsiasi momento revocato per giusta causa dal: tribunale, comitato dei creditori o d’ufficio. Su autorizzazione del giudice delegato, il curatore ha accesso diretto alle banche dati, per la ricostruzione dell’attivo e del passivo. Alcuni atti del curatore (come la riduzione dei crediti e le transazioni) sono soggetti all’autorizzazione del comitato dei creditori. D. Il comitato dei creditori, è un organo con mansioni di massima importanza ed è composto di 3 o 5 membri, che sono creditori che rappresentano la loro complessità, tra loro viene eletto un presidente. La nomina avviene da parte del giudice delegato entro 30 giorni dalla sentenza di fallimento. In sede di adunanza d per la formazione dello stato passivo, i creditori presenti possono effettuare nuove designazioni ai componenti del comitato dei creditori, indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Ai creditori possono essere attribuito un compenso per la loro attività (indipendentemente dal credito vantato). Il comitato dei creditori vigila sull’operato del curatore e nei casi richiesti dal tribunale, esprime il suo parere. Il comitato in qualsiasi momento può ispezionare le scritture contabili e richiedere chiarimenti al curatore e al fallito. La dichiarazione di fallimento, insieme alla apertura del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, comporta effetti che hanno conseguenze sia sull’attività ce sui soggetti coinvolti. Il rompi o effetto della dichiarazione di fallimento è il blocco dell’attività, in modo frequente l’insolvenza è causata dal carattere deficitario della gestione, ma in altri casi l’insolvenza è dovuta da altri fattori, in cui la l’immediata cessione sarebbe inopportuna, perché si avrebbero maggiori benefici anche ai creditori. Per agevolare il più possibile il risanamento dell’impresa in crisi è possibile la vendita in blocco dell’azienda o il suo affitto. L’art. 104 permette la continuazione provvisoria dell’esercizio dell’impresa, la continuazione può essere disposta sia con la sentenza dichiarativa di fallimento, sia successivamente, in quest’ultima la decisione è presa dal giudice delegato su proposta del curatore e a condizione che vi sia il parere favorevole del comitato dei creditori. Durante il periodo di esercizio provvisorio, il curatore deve: 1. Convocare ogni tre mesi il comitato dei creditori per informarlo sull’andamento della gestione 2. Ogni semestre o alla conclusione del periodo di prova, presentare un rendiconto dell’attività tramite un deposito in cancelleria. 3. Il curatore deve informare il giudice delegato e il comitato dei creditori delle circostanze sopravvenute che possono influire sulla prosecuzione dell’esercizio provvisorio. Se il comitato dei creditori o il tribunale esprime la cessazione della continuazione provvisoria, il giudice deve assecondare la decisone immediatamente. Durante l’esercizio provvisorio, i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore decida diversamente. Il giudice delegato può ordinare, anche prima della presentazione del programma di liquidazione, l’affitto dell’azienda (o dei suoi specifici rami), oppure la vendita dell’intera azienda. Il contrato d’affitto va stipulato per atto pubblico o per scrittura Rivalta autenticata e deve avere una durata compatibile con l’esigenza di liquidazione dei beni e prevedere:  Prestazione di idonee garanzie per la tutela del curatore  Diritto del curatore di procedere alla ispezione dell’azienda  Diritto di recesso del curatore dal contratto Gli effetti del fallimento possono distinguersi in patrimoniali, personali e penali - Gli effetti patrimoniali, hanno come obiettivo il: A. Rifare il fallito della amministrazione della disponibilità dei beni B. Perdita della capacità processuale C. Inefficacia rispetto ai creditori degli atti e dei pagamenti computi dal fallito, nonché delle formalità necessarie per rendere gli atti opponibili ai terzi 46

Il curatore subentra nell’amministrazione e disponibilità dei beni del fallito; che non ne perde la proprietà, MA gli atti di disposizione compiuti dal curatore sono efficaci pure nei suoi confronti. In ogni caso il fallito può intervenire in giudizio per le questione per le quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico. L’apertura del fallimento ha come effetto l’interruzione dei processi pendenti (art. 43 comma 3 l.fall.). Gli atti con i quali siano stati acquistati diritti nei confronti del fallito dopo la sentenza di fallimento SONO validi, MA inefficaci nei confronti dei creditori. Non sono opponibili ai creditori i diritti acquistati nei confronti del fallito prima del fallimento. Il terzo che dopo la sentenza ha eseguito un pagamento nei confronti del debitore, dovrà rinnovarlo nei confronti del curatore (art. 44 l.fall.). - Gli effetti personali, con la riforma sono stati inglobati dei principi ripresi dalla Costituzione e dalla Carta europea dei diritti dell’uomo. Non si ha più la corrispondenza diretta al fallito persona fisica. La legge obbliga al fallito di consegnare al curatore i rapporti compresi nel fallimento. Una volta al fallito non era possibile allontanarsi dalla propria residenza senza il permesso del giudice delegato, cosa che oggi è necessario solamente notificare l’eventuale cambiamento di residenza o domicilio (art.49 l.fall.); oppure una volta il fallito non aveva la possibilità di votare alle elezioni politiche amministrative. - Gli effetti penali, si fanno riferimento alle diverse figure di reato individuate nel titolo VI della l.fall. Come la bancarotta, semplice o fraudolenta. La dichiarazione di fallimento con la conseguente apertura del concorso tra i creditori significa che:  Salvo diversa disposizione della legge, nessuna azione esecutiva o cautelate individuabile, può essere iniziata o proseguita dal giorno di dichiarazione di fallimento; ciò vale anche per i crediti maturati durante il fallimento, azioni a tutela del credito, le azioni c.d. recuperatorie dei beni.  Ogni credito, anche se munito di causa di prelazione, cosi come ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, vantato nei confronti del fallito, deve essere accertato secondo le norme stabilite nella l.fall.. Ai creditori concorsuali (e a soggetti che pur non essendo creditori vantino una pretesa sui beni, mobili o immobili compresi nel patrimonio fallimentare...


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