Modulo I - Sbobinature delle lezioni PDF

Title Modulo I - Sbobinature delle lezioni
Author Grazia Carcangiu
Course Topografia Antica
Institution Università degli Studi di Sassari
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Summary

Sbobinature delle lezioni...


Description

Modulo I: Le carte rappresentano il fine ultimo di tutte le ricerche di Topografia Antica, documento di sintesi contenente tutti i dati relativi a ricerche di topografia. Si tratta di dati acquisiti attraverso fonti e strumenti di indagine , spesso legati a discipline affini come la Geografia, Filologia classica, Epigrafia, Numismatica, Archeologia, Storiografia, Archivistica, Linguistica. Tema delle fonti, con particolare attenzione alle fonti letterarie, epigrafiche, iconografiche, agiografiche, toponomastiche, archeologiche (legate alla verifica autoptica dei dati) oppure a quelle derivanti dalla ricerca ex novo (legate ad esempio alla ricognizione sul terreno). Le fonti possono essere:  letterarie: connesse all’interpretazione della letteratura antica, che ci ha tramandato indicazioni preziose per la ricostruzione del mondo classico anche sotto il profilo topografico. È importante ricordare tuttavia che i fatti descritti dagli autori antichi sono spesso racconti sulla base di un punto di vista soggettivo, ed è dunque importante saper discernere i dati oggettivi da quelli soggettivi raccontati appunto dagli autori antichi. ESEMPIO: Città di Olbia. L’autore Pausania da una precisa indicazione cronologica su un momento di fondazione della città associando la città ad una cultura greca. (genti di Iolao e dei Tespiesi) Ad egli fa eco Solino. Un’ulteriore fonte letteraria è quella di Claudiano che nel De Bello Gildonico descrive una battaglia navale in cui una parte della flotta si accosta a Sulci, alleata dell’Antica Cartagine, mentre Olbia con le sue mura costiere ne accoglie altra parte. In questo caso, l’indicazione topografica è più precisa e rimanda a delle mura costiere che cingevano, con tutta probabilità, il centro urbano antico. In una pianta ricostruttiva di Olbia, il tratto nero pieno sul fronte nord-est della città rappresenta parte di quelle mura costiere descritte da Claudiano effettivamente ritrovata poi verso opere di archeologia urbana, quindi aderenti alla descrizione fornita dall’autore antico. Al centro della città, nel punto rosso, sopra la chiesa di San Paolo, son stati invece rinvenuti materiali e elementi architettonici che rimanderebbero ad un tempio antico, probabilmente dedicato alla figura di Ercole e forse, relativo a quello descritto da Solino nel passaggio letterario precedente. ESEMPIO: Incendio di Roma. Tacito da delle indicazioni relative al luogo in cui l’incendio sarebbe morto e divampato, ovvero ai piedi del Palatino, in corrispondenza delle botteghe affacciate al Circo Massimo, che in quel momento era costruito prevalentemente con materiali lignei e quindi facilmente infiammabili; nella seconda parte del racconto, ci dice invece che dopo sei giorni ininterrotti l’incendio fu apparentemente bloccato grazie ad una vasta demolizione che interessò gran parte della città. L’autore continua il racconto insinuando il dubbio sospetto sul vero autore dell’incendio, il vero responsabile dell’incendio di Roma, attribuendo al principe, all’imperatore, a Nerone, la responsabilità di aver appiccato l’incendio con l’ambizione di costruire una nuova città e di chiamarla col suo nome. Il racconto di Tacito continua ed è topograficamente particolarmente utile per capire come e quanto fu incisiva l’opera del fuoco a Roma.  epigrafiche: costituiscono una fonte diretta, ovvero una fonte dove non c’è alcuna mediazione tra lo studioso ed il documento. Si tratta essenzialmente di testimonianze incise sulle superfici, che possono essere delle superfici metalli che, ad esempio il bronzo, o più comunemente, perché meno deperibili dal tempo, su superfici lapidee, ovvero sulla pietra. Il termine epigrafia è costituito da due parole greche: έπί (in, sopra)+ γράφειν (scrivere), quindi una scrittura sopra una superficie. ESEMPIO: Pantheon. Il Pantheon risale all’età adrianea, quindi intorno al II° secolo d.C, ma sul suo frontone un’epigrafe recita “Marcus Agrippa Lucis Filius Consul Terzium fecit”. Marco Agrippa era il genero di Auguro, vissuto nel I° secolo a.C, quindi sicuramente non contemporaneo al periodo in cui il Pantheon, nella versione a noi nota, fu costruito. La motivazione di questa discordanza è dovuta principalmente al fatto che Adriano, autore di una vasta opera di restauro di gran parte dei monumenti pubblici di Roma, fece ricostruire il Pantheon, inaugurare probabilmente intorno all’anno 125 e lasciò la dedica al suo architetto originario, che fu appunto Agrippa.

In questo caso, l’indicazione epigrafica ci permette di capire e di interpretare l’edificio realizzato secondo due fasi costruttive: una prima relativa al I° secolo a.C. ad opera di Marco Agrippa ed una seconda, giunta fino a noi nella sua forma come oggi la percepiamo, costruita o voluta dall’imperatore Adriano ma con la dedica ad Agrippa, ossia al suo costruttore originario. Le fonti epigrafiche possono rilevarsi particolarmente utili anche quando sono anti l’anno preciso di realizzazione di alcune opere pubbliche. ESEMPIO: Il Ponte Pons Fabricius; è un ponte a 2 arcate che collega la riva a destra del Tevere all’Isola Tiberina. In corrispondenza dei conci di chiave di una delle arcate, è visibile un’indicazione, un’epigrafe che riporta “Lvcivs Fabricivs Gai filivs curator viarvm facivndvm coeravit eidemqve probavit ” ovvero “Lucio Fabrizio responsabile della viabilità (ovvero ministro antico delle infrastrutture) si occupò che fosse fatto (in riferimento al ponte) ed egli stesso lo provò (si occupò della costruzione e lo collaudò)”. In corrispondenza di un altro concio di chiave in un’altra arcata del ponte, visibile e percettibile un’ulteriore descrizione che riporta: “Marcus Lollius M.F. Quinto Lepidus M.F. Consules ex Senatus Consulto probaverunt” quindi “ Marco Lollio e Quinto Lepido su volere del Senato (sulla base di una disposizione del Senato) lo collaudarono di nuovo”. Attraverso dei documenti e i fasti che riportano l’elenco dei consoli riferiti agli anni dalla fondazione di Roma, siamo in grado di sapere a che anno corrispondono le coppie dei consoli citate nelle inscrizioni del ponte. Quindi, siamo in grado di sapere che il ponte venne costruito nel 62 a.C. e restaurato poi in un secondo momento dai consoli; questa indicazione risulta chiaramente particolarmente significativa perché ci permette di capire, ricostruire i monumenti esistenti a Roma in un particolare momento storico e quindi, di questo passo, di avere un’immagine precisa della topografia di Roma in un particolare momento storico.  iconografiche: fonti dirette, legate alla lettura e all’interpretazione delle immagini, così come all’uso delle carte storiche che possono essere utilizzate nell’indagine topografica perché ci restituiscono una visione immediata del tempo in cui vennero realizzate e dunque ci consentono di conoscere in maniera abbastanza chiara organizzazione e assetto del territorio in età antica. ESEMPIO: Carta Spagnola “Description de la Isla y Renyo de Sardeña” (1621-1635). La carta mostra con chiarezza alcuni aspetti fisici del territorio come i principali corsi d'acqua, le alture e le aree collinari, oppure le zone coltivate, particolarmente dense in prossimità delle aree abitate. Sono indicate con precisione le principali città come Sassari o Porto Torres, centro portuale di riferimento per tutto il settore nord-ovest della Sardegna. Verso l'interno sono indicati alcuni centri urbani minori, facilmente riconoscibili perché ancora oggi abitati, Bessude, Siligo, Olmedo, Bonnanaro e Mores; in questo caso, la lettura e la comprensione dell’assetto del territorio, così come rappresentato in questa carta, ci consente di comprendere, se confrontato con una cartografia contemporanea, eventuali mutamenti, evoluzioni o modifiche negli assetti del territorio, dal 17º secolo e fino all’età contemporanea. Un ulteriore approfondimento, sempre relativo alla carta spagnola è quello legato al Golfo dell'Asinara e ad alcune di discrepanze sul centro di Porto Torres, che qui è rappresentato in due e più nuclei apparentemente distinti e indipendenti. Uno è quello di Torre, ovvero quello della Torre Aragonese in prossimità dell'attuale porto della città, un secondo è quello relativo alla Basilica di San Gavino ed infine quello di Monte Angelo o Monte Angellu, alla base del quale nacque nel 46 a.C. la Colonia Iulia Turris Libisonis, città romana che una volta abbandonata fu divisa in nuclei distinti e indipendenti e che rimasero tali fino al Primo Piano Urbanistico della città in età moderna, il piano di Cominuti dei primi anni dalla prima metà del 19º secolo. Lo stesso inquadramento ci permette di riconoscere alcune delle torri costiere che caratterizzano ancora oggi la nostra isola; In particolare, in questo caso, Torre de Salinas (a breve distanza da Stintino), Torre de la Pelosa (da cui deriva il nome dell’omonima spiaggia) e Torre de la Isla Plan. Un dato topografico rilevante e l'indicazione del centro di Tilivm, antica città citata dalle fonti ma mai archeologicamente individuata. La forma urbis severiana:

È la grande pianta marmorea di Roma, realizzata in età severiana, sotto il principato di Settimio Severo che è in grado di farci comprendere la capacità tecnica e cartografica dei romani, che rappresentarono la loro città in maniera perfettamente genitale e con una scala precisa 1: 240. La grandezza delle figure umane alla base della rappresentazione, ci permette di comprendere la grandezza di questa rappresentazione planimetrica e di capirne anche il significato politico oltre che iconico. Fu realizzata su 150 lastre marmoree che furono applicate sulla parete di uno degli edifici del Foro della Pace, quella stessa parete che oggi costituisce la muratura esterna della Chiesa dei Santissimi Cosma e Damiano, a breve distanza da Via dei Fori Imperiali. I Fori visibili e percettibili sul paramento murario ci permettono di comprendere dove le lastre marmoree si aggrappavano; le stesse lastre marmoree, i cui frammenti ci permettono di proporre un'ipotesi ricostruttiva sull’organizzazione planimetrica della città di Roma sotto il principato di Settimio Severo. Gli Itineraria: Sono documenti di sintesi degli itinerari stradali dell'antichità romana, realizzati appositamente per condurre i viaggiatori e che quindi recavano scritti i nomi delle città principali ed il numero di miglia che le separavano. Possano a presentarsi in forma testuale ( “Itineraria Ad Notatum”) oppure in forma grafica (“Itineraria Picta”). ESEMPIO DI ITINERARIA AD NOTATUM: uno dei quattro bicchieri di Vicarello. Si tratta di bicchieri d’argento rinvenuti non lontano dal lago di Bracciano e che presentano incise sulla loro superficie un elenco di località e scritte in numeri romani le relative distanze, partendo da “ ad Portum”, la città di Oporto in Portogallo, per concludersi “ ad Romam” ovvero a Roma; alcune località intermedie sono di facile interpretazione, Bologna oppure Cesena, Forlì, Firenze. ESEMPIO DI ITINERARIA PICTA: la Tabula Peutingeriana. È conservata nella Biblioteca Nazionale di Vienna (Codex Vindobonensis 324), questa striscia di pergamena lunga 6,75 m e alta 0,34 m, venne scoperta a Worms da K. Celtes e da questi donata nel 1507 a K. Peutinger, cancelliere di Augsburg e famoso collezionista. Si tratta do 555 vignette che illustrano l’itinerario che copre l'Europa dalla Britannia e prosegue, con uno schiacciamento delle terre a seguito del quale l’est viene a trovarsi a nord, fino alla Birmania. Le distanze tra i centri abitati, dette stationes sono espresse per lo più in miglia, per eccezioni per la Gallia in leugae, per il territorio partico in parasanghe e per l'India in miglia indiane. L'opinione più accreditata vede dell'archetipo della carta nell’Orbis Pictus di Agrippa, esposto nel porticus Vipsania e, conseguentemente, redatto con buona probabilità con un'analoga comprensione della forma delle terre e dei mari. Questa rappresentazione mostra tutto il mondo antico e conosciuto, ed è chiaramente una rappresentazione filtrata dell'intenzionalità itineraria di chi l'ha realizzata; rappresenta il mondo nella sua forma reale ma è utile ai viaggiatori perché mostra le strade e le città principali che possono essere raggiunte dai percorsi antichi. Dovessimo fare un approfondimento, e quindi in questo caso, è possibile vedere tre strisce di terra, in particolare quella centrale rappresenta la penisola italiana e Roma, con Roma seduta sul trono e le strade che partono da Roma e a breve distanza il porto di Ostia. La striscia superiore è invece rappresentativa della costa balcanica mentre quella sulla parte inferiore rappresenta la costa nord-africana. Le linee rosse indicano le strade ed in nero sono riportate le località e le relative distanze. Dove una località risultava particolarmente importante, allora era presentata attraverso un espediente grafico, una casa o due grafi, due case o un piccolo agglomerato; rappresentando tutto il mondo conosciuto la tavola peutingeriana rappresenta anche la Sardegna. In questo caso non ci sono strade, ma sono indicate esclusivamente le principali località portuali e costiere, ci riconosce Caralis, Turribus (ovvero Turris Libisonis, che è l'unica località rappresentata da una vignetta, ossia due case affiancate) Neapolis, Sulci (attuale Sant’Antioco) e Nora. Il confronto tra le diverse edizioni degli Itineraria ci permette di giungere ad una ricostruzione sulle vie e sugli assi stradali dall'antichità. CONFRONTO: tra le Itinerarie Antoniniano, (la cui redazione che c'è stata tramandata risalirebbe al III° secolo d.C.), l’ Itinerarie di Bordeaux (il più antico racconto di un itinerario

cristiano e fu scritta intorno al 330 d.C.), la Tabula Peutingeriana, e l'Anonimo di Ravenna (che prende il nome dalla città in cui venne elaborato nel settimo secolo d.C.). Tutti i quattro documenti rappresentano delle strade in partenza da Roma e giungono al Foro Api. Prendendo in considerazione l’ Itinerario antoniniano e quello di Bordeaux , si può notare che dalla città di Roma la prima tappa è quella di Ariccia, in un collegamento diretto nell’Itinerario Antoniniano ad una distanza di 16 miglia, mentre nell’Itinerario di Bordeaux è visibile in una mutatio ad nono (ovvero una stazione di posta in cui era possibile fare una sosta e cambiare i cavalli) localizzato esattamente a 9 miglia dalla città principale ed è a questa distanza che si deve il nome della località. In questo senso è possibile riconoscere nei nomi e nei dati toponomastici di alcuni centri minori della Sardegna, l'originale legata al possibile certo passaggio di una strada antica, ad esempio Ottava, ad 8 miglia romane da Porto Torres (Turris Libisonis) oppure i centri di Sestu, Quartu, Settimo o Decimo, tutti localizzati ad una precisa distanza dal centro principale di età romana.

Agiografia: È un utile risorsa per le ricerche di topografia antica. Si tratta della letteratura relativa la vita e morte dei santi. Comincia con i primi secoli della storia della Chiesa e si protrae fino ai giorni nostri, sempre dominata e caratterizzata da intenti di edificazione, ma influenzata anche dal gusto e dalle tendenze culturali delle diverse epoche. La necessità di difendere il culto dei santi dagli attacchi dei protestanti, insieme con il sorgere dell'erudizione storica, induce allo studio critico dei documenti riguardanti i martiri, confessori ecc., distinguendo quelli attendibili da quelli necessari. Dal punto di vista topografico, tali descrizioni risultano particolarmente utili perché ci restituiscono un'immagine dei territori e città dal passato e consentono di proporre una ricostruzione più affidabile in merito alla ricostruzione e all’assetto del territorio antico. ESEMPIO: racconto del martirio dei Santi Gavino, Proto e Gianuario. Di cui si ha un elemento contemporaneo di riconoscibilità, ovvero la processione che è a Porto Torres, il 3 maggio, tutti gli anni si sviluppa dalla chiesa di San Gavino alla chiesa di Balai vicino. Possiamo fare affidamento al racconto del martirio dei tre martiri, ovvero la “Passio SS. Gavini, Proti et Ianuarii” datata intorno all’anno 100, ma che nell’edizione che possiamo leggere noi relativa ad una trascrizione del 1500. Possiamo infine risalire alla “fonte della passio” ovvero al “Martirologio Gerominiamo” risalente al VI° secolo. In un passo viene descritta la processione: “…con balli e canti risale verso un’area periferica della città”. In questo particolare frangente, la processione si sta recando verso la chiesa di San Gavino e pertanto la definizione del Monte Angellu come suburbio può essere utile ad indicare topograficamente, un’area della città che si trova in un settore periferico, ovviamente periferico rispetto alla città romana di Turris Libisonis. Alcuni dati archeologici contribuiscono a confermare questo ragionamento; consentono di individuare a breve distanza dalla chiesa di San Gavino, ma al di fuori della città romana di Turris Libisonis, un'area cimiteriale e dunque effettivamente a riconoscere San Gavino come un'area di suburbio, periferica rispetto alla città romana. Questo è un dato che aiuta ad indicare i limiti della città antica e dunque proporre una ricostruzione più affidabile sull'organizzazione della città e del territorio.

Documenti d’archivio: Rappresentano un’ulteriore risorsa e risultano particolarmente utili perché si legano ad atti notarili, cessioni di vendita, movimenti economici legati al territorio e dunque consentono di comprendere, ci restituiscono un'immagine del territorio attraverso i movimenti amministrativi e descrivono, di conseguenza gli ambiti amministrativi, e confini dei territori. ESEMPIO: il Placito di Capua, Marzo 960 d.C., conservato nell’archivio dell'Abbazia di Montecassino. Il documento, riporta un contenzioso tra il monastero e alcuni privati, necessario per definire la proprietà di alcuni terreni. Un particolare passaggio: “So che quelle terre, delimitate da quei confini che le contengono per trent’anni le ha possedute il monastero di San Benedetto.” In questo caso, l'indicazione sul possesso del settore territoriale può essere utile per proporre una ricostruzione legata ai limiti amministrativi e al possesso di alcune terre. ESEMPIO SARDO: I Condaghi (anche questo relativo alla documentazione archivistica e all’individuazione dei limiti amministrati dei terreni). Il termine condaghe deriva da Kontàkion ovvero l’elemento di legno, la bacchetta, l’asta che reggeva i documenti. La maggior parte fanno riferimento ai monasteri in cui erano conservati i documenti come: San Pietro in Silki (1900); San Michele d Salvennor (1913); San Nicola di Trullas (1937); Santa Maria di Bonarcado (1937); San Pietro di Sorres (1957); San Leonardo di Bosove (1994); San Gavino di Torres (trascritto nel 1570). Le date non fanno riferimento all'anno di realizzazione del documento, quanto a quello di traduzione o trascrizione. Sono utili perché riportano la descrizione di alcuni confini amministrativi e lo fanno attraverso una precisa indicazione degli elementi naturali di riferimento utili ad individuare il confine descritto. ESEMPIO DI CONDAGHE: Il condaghe di San Leonardo di Bosove. Barisone II di Torres (1190) (Archivio Capitolare di Pistoia)). “E il confine di questo salto di Badu e Ispatula si estende dal guado di Valle de Terchis e giunge dalla parte sottostante fin sopra alla Corona dei Biancospini e sale alla Valle della Chiesa, all Salto di Santa Vittoria e di li scende lungo il confine e risale al Rio d’Ispatula e scende lungo il Rio e sale al Viottolo della Gola, al confine del Giudice di Arborea, e sale fino a Scala del Cervo e porta interrottamente dietro la corona di pietre del luogo e giunge alla salita di Valle dei Monali e sale lunga la valle fino del passaggio del monte e da li la via discende al guado della Valle di Therkis.” Tutti i verbi descritti o scelti per questa descrizione per l'indicazione di questo confine amministrativo, sono tutti i verbi di moto ed è per questo che questi documenti risultano particolarmente utili; anche perché oltre alla descrizione già citata, permettono di individuare alcuni elementi toponomastici legati alla descrizione degli elementi naturali che possono risultare anche essi utili da un punto di vista topografico e che indicano un preciso luogo o come un particolare luogo si caratterizzasse per il suo uso sfruttamento. I Condaghi ci consentono di proporre una ricostruzio...


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