Scritti sulla lingua greca antica e moderna. PDF

Title Scritti sulla lingua greca antica e moderna.
Course Lingua e letteratura greca moderna
Institution Università degli Studi di Catania
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Scritti sulla lingua greca antica e moderna....


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-Scritti sulla lingua greca antica e moderna. - Vincenzo Rotolo. -Interesse del Neogreco per gli studi classici. Il primo risveglio degli studi di greco in Europa, dovuto all’esodo dei dotti bizantini prima e dopo la caduta di Costantinopoli, non si esprime subito. I maestri greci, dotti cultori di greco classico, suscitavano la curiosità e l’ammirazione dei discepoli circa le condizioni linguistiche e culturali del popolo greco. La pronuncia con cui si impara il greco è quella bizantina(detta anche’orientale’). Infatti, come già detto precedentemente, il primo risveglio degli studi di greco in Europa fu dovuto proprio all’esodo dei dotti bizantini, prima e dopo la cauta di Costantinopoli. Ma, se da un lato, nell’Europa occidentale l’interesse nei confronti degli studi greci era sempre stato continuo, nel mondo bizantino questa sorta di continuità mancava. Di conseguenza, era chiaro e noto a tutti che, la tradizione greca, inserita in un nuovo mondo pieno di ansie e problemi, sarebbe stata prima o poi destinata a cadere. +Di fatto, a partire dal XVI secolo, la nuova pronuncia del greco, detta erasmiana, inizia ad espandersi a poco a poco ad affermarsi completamente in Occidente. Già nel XVII secolo la pronuncia neogreca in Europa era praticata da pochissimi. L’adozione della pronuncia erasmiana è uno dei segni dell’emancipazione occidentale negli studi greci e, proprio di conseguenza all’adozione di questa nuova pronuncia, i maestri greci non riuscivano più ad intendersi con i loro allievi. Dunque, durante l’Impero Bizantino iniziò a crearsi la spaccatura tra lingua viva popolare o (neogreco) e lingua pura dei dotti o (greco antico), fino a che sarà proprio l’Europa occidentale a far da maestra ai profughi greci. Bisogna aggiungere a ciò la Turcocrazia (l’occupazione ottomana della Grecia che va dal 1453 al 1821), che tentava di schiacciare le manifestazioni più spontanee scaturite dalla tradizione antica. Solo nel XIX secolo, quando le lotte eroiche dei Greci per riconquistare la libertà commossero tutto il mondo, l’attenzione dei dotti e delle persone colte si rivolsero nuovamente alla Grecia. Tuttavia, il pregiudizio classicistico permaneva: i visitatori non riconoscevano più nella parlata del popolo la lingua antica e vedevano il greco una lingua ormai corrotta. In realtà, qualche secolo prima, vi erano stati tentativi da parte di filologi e grecisti, rimasti comunque poi isolati, a studiare e apprezzare le peculiarità linguistiche della Grecia postclassica. Solo a partire dalla fine del secolo scorso le posizioni sono migliorate notevolmente e la bizantinologia e la filologia neogreca sono state riconosciute discipline filologiche importanti per lo studio della grecità, seppur semplicemente come branche di specializzazione. Nell’ambito della cultura classica non accademica, infatti, la posizione nei confronti della grecità postclassica continua ad essere ostile o comunque indifferente. Molti dei pregiudizi contro la grecità medievale e moderna sono legati a un’antica consuetudine scolastica di considerare la grecità entro i limiti tradizionali dell’antichità classica. Considerare, però, la Grecia come un insieme indivisibile ci offre due grandi vantaggi: +il primo, di carattere linguistico, consiste non solo nell’acquisizione di una chiara coscienza dell’evoluzione storica della lingua- il che risulta essere un motivo valido e necessario per studiare il neogreco- ma anche nella più sicura interpretazione lessicale e nella possibilità di ricostruire forme del greco ellenistico. Infatti, contrariamente a quanto si possa pensare, il greco moderno è molto più vicino al greco antico; +il secondo vantaggio, di carattere culturale, deriva dai lumi che può portare a usi e costumi del mondoantico lo studio delle tradizioni popolari neogreche. Per queste ragioni, e molte altre, possiamo parlare di una complementarietà fra grecità classica e bizantina e grecità moderna. E’ molto importante fare, comunque, delle precisioni per quanto riguarda il neogreco e cioè la lingua popolare detta , e il greco classico e cioè la lingua pure detta . Il neogreco affonda le sue radici nella koinè ellenistica, antico dialetto conosciuto anche come dialetto alessandrino poiché si tratta della lingua parlata durante il periodo ellenistico, caratterizzato dall’espansione della civiltà greca ad opera di Alessandro Magno.

Com’è noto, durante questo periodo, la koinè soppiantò molti dei dialetti greci. Questo processo ha inizio del IV secolo a.C e termine nei primi secoli d.C. Dunque, si tratta di un processo ovviamente lento e non omogeneo in tutte le regioni in cui si parlava il greco. In alcune località, come Peloponneso e Rodi(dove si parlava il dorico), la resistenza dei dialetti è stata più tenace. A partire dal VI secolo, poi, la koinè comincia a frantumarsi in una serie di nuovi dialetti, completamente diversi da quelli greci antichi, se non per lo tsaconico, all’interno del quale erano presenti degli elementi arcaici che la koinè non era probabilmente riuscita ad eliminare. Tuttavia, nessuno di questa moltitudine di dialetti riuscì ad imporsi durante l’impero bizantino come lingua comune. Anzi, le condizioni politiche e sociali che caratterizzarono il lungo periodo della dominazione turca, incrementarono l’autonomia e la differenziazione dei parlati locali. Solo più tardi, una nuova lingua comune, fondata sul dialetto peloponnesiaco, venne a costruirsi fin dal secolo scorso, indebolendo la forza dei dialetti locali, non molto diversi fra loro e non molto diversi dalla lingua madre. -Alcune delle differenze principali, dal punto di vista fonetico, fra greco antico e greco moderno sono: +il passaggio delle antiche momentanee sonore e aspirate a continue; +la sonorizzazione delle sorde precedute da nasale; +lo scempiamento delle consonanti geminate; +la formazione di due affricate dentali sorda e sonora; +per le vocali, il caratteristico prevalere del suono /i/, che oltre che per la /ι/, /η/ e /ν/ e per i dittonghi /οι/, /ει/, nel III secolo a.C; +l’estensione del suono /e/ anche al dittongo /αι/, nel V secolo a.C; +la risoluzione dei dittonghi /αν/, /εν/ in /al/ /αν/, /ef/ /εν/, nel II a.C. -Per quanto riguarda la grammatica: +la semplificazione della flessione nominale con la scomparsa del dativo e la contaminazione fra la I e la III declinazione, nel III secolo a.C; +nei verbi, la scomparsa dell’infinito e dell’ottativo fin dal IV secolo a.C. sino al I secolo della nostra era, e la formazione perifrastica del perfetto, del piuccheperfetto e del futuro, la semplificazione dell’aoristo. Si tratta di trasformazione che avvengono per gradi, e la maggior parte di esse è documentabile già nell’antichità (II/ III secolo a.C, IV/ V secolo a.C…). E’ proprio la conoscenza del neogreco che ci consente di individuare queste trasformazioni. Testi ellenistici, soprattutto papiri ed epigrafi richiamano la lingua parlata, non molto distante dalla lingua moderna. Forme strane, che a prima vista sembrerebbero ‘corrotte’, riflettono invece una fase della lingua parlata che si è discostata dagli antichi dialetti per avvicinarsi al greco del periodo bizantino e post-bizantino. Come già detto, il neogreco è di grande aiuto anche per chiarire il significatoP di molte parole di greco antico. In questo senso, le fonti letterarie sono importanti per documentare lessicali che concernono il greco, per spiegare la genesi di una corruzione testuale o al contrario per salvare il testo ‘tradito’. ●Per esempio, possiamo menzionare in questo senso un’errata correzione proposta dal filologo olandese Cobet, che riteneva guasto un passo in realtà corretto, solo perché conteneva una parola che a lui riusciva poco chiara e che in realtà era comune in neogreco. La correzione riguarda il Lessico della Suda (o suida)(si tratta di un lessico e un'enciclopedia storica del X secolo scritta in greco bizantino riguardante l'antico mondo mediterraneo). La parola in questione era ‘Αναργὐροι’. Il filologo non tenne conto del fatto che il termine era un comunissimo appellativo dei Santi Cosma e Damiano, etimologicamente legato alla loro opera di medici che curavano senza compenso. Come già detto, il neogreco risulta essere molto utile per chiarire il significato di molte parole di greco antico. ●Per esempio, Krumbacher notava la strana sorta della parola ‘συναγρίς’, che i lessici di greco indicavano ed indicano ancora oggi come una sorta di misterioso pesce marino. Nel greco moderno, invece, la parola ‘συναγρίδα’ ha un significato molto più comune e preciso, quello di ‘dentice’. ●In un passo del ‘Ciclope’ euripedeo, Ulisse si rivolge a Polifemo dicendogli di dover pagare il filo dell’empio pasto, poiché sarebbe stata inutile la distruzione di Troia se su di lui non avesse vendicato l’uccisione dei compagni. All’interno di questo celebre passo, troviamo l’avverbio ‘κακὠς’.

Cobet aveva intuito che il contesto richiedeva un avverbio che significasse ‘invano’ e aveva corretto ‘κακ ὠς’ in ‘ἀλλως’. La correzione non ha avuto né senso né successo perché, come ricorda Pallis, nel greco moderno l’espressione avverbiale ‘τον κάκου’ vuol dire proprio ‘invano’. ● Ancora a Pallis, dobbiamo due notevoli rettifiche di interpretazione a proposito del Nuovo Testamento: +la prima riguarda l’espressione ‘βρώματα’(in Marco). Pallis nota che la parola non significa ‘cibo’, ma che significa ‘impurità/ immondizia’, sempre secondo il greco moderno; +la seconda riguarda l’espressione ‘ήμέρα εὐκαιρος’(in Marco). Pallis nota che l’espressione non significa ‘giorno conveniente’ ma che significa ‘giorno libero, vacanza’, sempre secondo il greco moderno. Sono casi interessanti perché ricordiamo che Pallis, pur non essendo un filologo, riuscì a chiarire passi rimasti oscuri a molti filologi semplicemente facendo riferimento alla sua lingua materna. ● Un’espressione particolare si ha nel V Carattere di Teofrasto, dedicato alla piaggeria. Il piaggiatore, invitato a cena, ad un certo punto fa chiamare i figli dell’ospite, dice che somigliano perfettamente al padre, se li bacia e li siede a giocare accanto a loro, dicendo: ‘άσκός e πἐλεκυς’, cioè ‘oltre, ascia’. Il significato, allusivo, sembrerebbe fare riferimento ad un modo di dire proverbiale, a noi sconosciuto se non fosse per la splendida spiegazione del filologo Socrate Kugheas. E’ stato sufficiente che egli ricordasse un gioco di infanzia diffuso nella sua regione di origine, la Mani, antica Laconia, in cui con le due parole precedenti i ragazzi indicavano rispettivamente un oggetto leggero o pesante, per proporre la sua spiegazione. Secondo Jugheas, il piaggiatore avrà sollevato lentamente uno dei bambini prima, dando a vedere di fare un grande sforzo, per poi riporlo a terra tutto d’un colpo. ● Un altro filologo greco di straordinaria importanza era Adamanzio Koraìs, il quale visse a cavallo fra i secoli XVIII e XIX. Sebbene visse in un periodo particolare, in cui era chiaro ed evidente il clima ostile nei confronti della grecità medievale e moderna, egli non smise mai di considerare il neogreco fondamentale per lo studio degli autori antichi. Per tale ragione, egli adottò sempre l’uso di comparare la lingua antica alla moderna, sia per spiegare l’origine di una parola o di un’accezione nuova, sia per ricostruire, partendo dalla parola recente, il suo preciso significato nell’antichità. Risultato di questo lavoro i cinque volumi di ‘Atakta’. Tantissime sono poi le sue correzioni ad autori antichi e lessicografi come Du Cange il quale, da Parigi, mandava a chiedere frequentemente ai suoi corrispondenti greci informazioni su usi idiomatici che lo interessavano per la sua lettura di classici greci. ● Ancora, importante da notare una felice restituzione del Grégoire al testo delle ‘Testimonianze’. Si tratta del v.910, che appartiene alla scena in cui Euripide e il parente(forse il suocero Mnesiloco)si mettono ad imitare l’’Elena’ di Euripide, rappresentata l’anno precedente. Ad un certo punto Euripide, che imita Menelao, dice al parente, che imita a sua volta Elena, di vederlo del tutto simile ad Elena. Il parente, a sua volta, dice ad Euripide di essere simile a Menelao, a giudicare dalle ‘ιφὐων’ (…erbe???...) Qui, la parola ‘ιφὐων’, correzione antica della parola ‘ἀφύων’, significa ‘acciuga’; il che non ha senso. Lo scoliasta del Ravennate giustifica la presenza di questa parola facendo riferimento all’attinenza alla storia della madre di Euripide erbivendola, dando quindi una spiegazione poco logica. Il Grégoire, invece, seguendo una metodologia molto più corretta e logica, affermava che la parola ‘ ἀφύων’ fosse la corruzione della parola ‘ ἀμφίων’. Grazie alla conoscenza del greco moderno, in cui la parola ‘άμφια’ è comunissima, Grégoire è riuscito a risalire alla forma genuina. ‘ιφὐων’ non si riferisce né alle erbe, né all’acciuga ma semplicemente alle ‘vesti’, nel senso di ‘parametri sacri’. … Dunque, il greco moderno continua il greco antico e lo spiega meglio attraverso il greco bizantino, che fa da collante. Tra l’altro, la consuetudine scritta e parlata con la lingua moderna dà in generale il grande vantaggio di acquisire un senso vivo e corrente della lingua greca, così ‘spogliata’ dalla definizione di lingua morta. Apprendere il neogreco è poi fondamentale per una più chiara coscienza dell’evoluzione storica della lingua e in generale dell’eredità culturale, la quale comprende usi, costumi, riti, feste e credenze popolari tipicamente greche.

E’ importante ricordare che i greci, nelle loro credenze popolari religiose, sono rimasti pagani e politeisti. Solo che agli dei antichi si sono sostituiti i santi cristiani. +Per esempio, al posto di Zeus c’è Dio(o anche il profeta Elia)ed è lui che, a detta degli antichi, fa piovere, fa tremare la terra, così come Zeus nell’antichità; +La venerazione della Panaghìa, cioè della Madonna, richiama in molti tratti il culto della vergine Pallade Atene; +S. Nicola, protettore dei naviganti, ha preso il posto di Poseidone; +Cosma e Damiano hanno sostituito i Dioscuri… -Un singolare costume, originario della Tracia, si svolge ogni anno in alcuni villaggi della Grecia settentrionale il 21 maggio, ricorrenza dei Santi Costantino ed Elena. Si tratta dei famosi ‘Anastenaria’, descritti per la prima volta nella seconda metà del secolo scorso da uno studioso greco. Il rito consiste in una danza sui carboni ardenti eseguita da persone, in preda ad un’esaltazione orgiastica, che reggono in mano le icone di S. Costantino e S. Elena. L’origine del rito è sicuramente pagana, e più precisamente dionisiaca e, dato il suo carattere orgiastico, esso è proibito dalla chiesa greca. Quello che ci interessa è rintracciare gli eventuali legami tra le varie fasi della grecità riguardo alla tradizione degli ‘Anastenaria’. Di questo si è occupato Bruno Lavagníni, a partire da un noto passo dell’’Antigone’ di Sofrocle. Ci troviamo nella parte centrale della rhesis, cioè della tragedia, con cui il φύλας(Filante-> re di Efira)ha informato Creonte del seppellimento simbolico del cadavere di Polinice, effettuato da una persona sconosciuta. Egli dice che i soldati posti a guardia erano disposti ad affrontare qualunque prova per dimostrare di essere estranei all’impresa dicendo perfino di essere pronti a sollevare con le mani ferri roventi ed a passare attraverso il fuoco. In questa prova, gli studiosi hanno visto una sorta di giudizio di Dio, quali si usavano nel Medioevo. Il terzo degli scoli al passo sofocleo dice che i Bizantini effettuano questa, e altre usanze, ancora oggi. Il fatto che si tratti di uno scolio bizantino risulta essere chiaro dall’uso della parola ‘Romei’ per indicare proprio i Bizantini per esempio. -Un altro aspetto importante del folklore neogreco riguarda le danze popolari, oggi di grande interesse per gli studiosi perché possono essere ricollegate alle danze antiche. Di fatto, molte delle rappresentazioni mimetiche neogreche sono state studiate per la connessione con funzioni culturali antiche e con la genesi della tragedia. Inoltre, molti dei caratteri generali della danza antica sono stati conservati nelle danze popolari neogreche, anche esse accompagnate dal canto e anche esse connesse al culto e all’occasione e, solitamente, mai eseguite a coppia. Infatti, le danze neogreche sono cicliche: i danzatori e le danzatrici formano un semicerchio tenendosi per mano. Seppur adito a dubbi, la tradizione sembrerebbe storicamente collegata all’uso di danzare attorno l’orchestra. Da ricordare, una tipica danza greca classica e moderna di questo genere: il ‘συρτός’ Particolarmente interessante è l’evoluzione semantica del neogreco ‘τραγουὺδι’ ‘canto’, ‘canzone’, dall’antico ‘τραγωδία’, perché strettamente legato all’uso bizantino di ‘cantare’ pezzi staccati dei drammi. Un canto popolare antico, tramandatoci da Ateneo, e che oggi si conserva in diverse forme, è il cosiddetto ‘chelidònisma’. Si tratta di un canto rodio che annunciava l’arrivo della primavera e veniva cantato da ragazzi che andavano in giro per le case a fare quello che si chiamava lo ‘aghermòs’ cioè la questua, l'atto di andare di porta in porta a elemosinare offerte, soprattutto in cibo, in genere con significati connessi alla penitenza o al voto di povertà. … La necessità dello studio del neogreco è stata avvertita nei secoli passati in Europa da molti grecisti: +nei secoli XVII/ XVIII Martin Crusius, Germano, Somavera, du Cange, Huet, Koraìs, Villoison…; +nel secolo XIX, la Scuola di Lingue Orientali Viventi di Parigi, all’interno della quale viene inaugurato il corso di greco moderno, primo che si tiene a livello universitario; Hase, Brunet de Presle, Miller Psichari, Henri Grégoire… In questo senso, la Francia ha indubbiamente il merito di avere per tempo indirizzato nel senso giusto gli interessi gli studi di neogreco. Da ricordare in Germani anche il filologo Wilamowitz; in Ungheria il noto bizantinologo Moravcsik e il suo maestro Pecz; in Italia il filologo classico e grecista Bruno Lavagnini.

-L’insegnamento del neogreco nelle scuole italiane. E’ importante, anzi necessario, fare una premessa: quando la Grecia divenne membro effettivo dell’UE, il neogreco rientrò di conseguenza fra le lingue ufficiali comunitarie. Il neogreco, ancora oggi, ha un’importanza straordinaria all’interno della storia culturale del nostro Paese, dove ancora esistono isole linguistiche di grecofoni. Tra le altre cose, sia la lingua che la letteratura greca vengono insegnate in numerose università italiane. L’introduzione del neogreco in molte scuole del nostro Paese, inoltre, sembra essere un buon pretesto per avvicinare due Paesi diversi fra loro e per aprire interessanti prospettive di bocchi professionali per futuri traduttori e interpreti di lingua neogreca aventi come lingua madre l’italiano. L’intento non sarebbe, chiaramente, quello di sostituire il neogreco ad altre lingue europee, come quella inglese o quella francese, oggi molto importanti e comuni a più Paesi europei. L’obbiettivo sarebbe semplicemente quello di affiancare all’insegnamento di queste lingue, già obbligatorie in molte scuole, l’insegnamento opzionale di altre a seconda della scelta degli studenti. Inoltre, sarebbe molto utile per gli studenti e gli studiosi di greco antico apprendere il neogreco per una più chiara coscienza dell’evoluzione storica della lingua e in generale dell’eredità culturale, la quale comprende usi, costumi, riti, feste e credenze popolari tipicamente greche. Chiaramente, la conoscenza del neogreco non interessa la produzione poetica della Grecia arcaica e classica ma sicuramente la prosa attica, soprattutto per quanto riguarda l’oratoria giudiziaria circa il lessico soprattutto. Ovviamente, lo studio del neogreco risulta poi essere indispensabile se facciamo riferimento alla koinè ellenistica, soprattutto per quanto riguarda i testi non letterari ed il Nuovo Testamento. Ricordiamo, infatti, che il neogreco affonda le sue radici nella koinè ellenistica, antico dialetto conosciuto anche come dialetto alessandrino poiché si tratta della lingua parlata durante il periodo ellenistico, caratterizzato dall’espansione della civiltà greca ad opera di Alessandro Magno. Grazie al neogreco, infatti, si possono cogliere a fondo le importanti trasformazioni avutesi nelle grammatica e nella sintassi greca a partire dal IV-III a.C. e intendere meglio le nuove accezioni semantiche di termini antichi o il significat...


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