Sikanie - Storia dei greci di Sicilia PDF

Title Sikanie - Storia dei greci di Sicilia
Course Storia greca
Institution Università degli Studi di Catania
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Sikanie di Pugliese CarratelliStoria Antica Università degli Studi di Catania 18 pag.Document shared on docsitySIKANIESTORIA CIVILEL’Odissea è il più antico testo greco in cui si fa riferimento alla Sicilia, con il nome di Sikanie, mentre i suoi abitanti sono chiamati siculi. Tucidide parlò della Si...


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Sikanie di Pugliese Carratelli Storia Antica Università degli Studi di Catania 18 pag.

Storia civile

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SIKANIE STORIA CIVILE

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restia a omologarsi ai coloni greci e ha portato a tensioni più o meno gravi con essi forse perché i siculi erano molto g b Il tiranno Panezio di Leontini prese la colonia nel VII secolo con la forza e l’uso dei carri da guerra mentre il tiranno Falaride prese Acragante nella prima meta del VI secolo. Probabilmente si servì di mercenari, pagati con i fondi per il tempio di Zeus, per attaccare i cartaginesi dell’isola per invito dei greci d’Imera; Imera fu una sub-colonia di Zancle che aveva la stessa funzionalità di Selinunte: era un avamposto per controllare i fenici e un emporio per il commercio con la costa meridionale. Con Imera, Zancle faceva concorrenza sia ai fenici sia ai siracusani creando così le basi per una concorrenza spietata tra le polis siciliote. Gli Acragantini sentirono il bisogno di costruire una colonia-emporio sulla costa del Tirreno e per averlo si unirono nella spedizione contro Cartagine con gli Imeresi; la spedizione era stata preceduta da un’altra spedizione da parte dei greci d’Asia Minore avente l’obiettivo di fondare una colonia nella zona Elimia. Nel 580 lo cnidio Pentlato, insieme a cnidi e rodesi, si era stabilito a Lilibeo (vicino all’emporio fenicio di Mozia) ma erano osteggiati dalla realtà locale. Per trovare sostegno aiutarono i selinuntini nella spedizione contro gli elimi di Segesta, ma morto Pentlato il gruppo fu costretto a lasciare Lilibeo ed andare nelle isole Eolie poiché i selinuntini non erano interessati ad aiutare un potenziale concorrente. Anche a Selinunte ci fu la tirannide, verso la fine del VI secolo, per opera di Pitagora che approfittò del conflitto tra elimi e selinuntini per prendere il potere. Fu scacciato da uno dei compagni di Dorieo ovvero Eurileonte che ne prese il posto per breve tempo fino a quando i selinuntini fecero fuori anche lui. Qualche decennio prima era la dinastia Achemenide a essere protagonista: tra il 545 e il 525 conquistarono l’Asia Minore ad opera di Ciro il grande e il figlio Cambise, riuscirono a conquistare anche Ciprio e L’Egitto nonché la Siria. Sembra che le città greche di Sicilia abbiano chiesto aiuto ai spartani riguardo i cartaginesi e nacque così un lungo conflitto fino a quando i legati di Dario arrivarono a Cartagine imponendo un editto che vietava loro di mangiare carne canina e di fare sacrifici umani e nel frattempo chiesero aiuto militare contro i greci. I Cartaginesi accettarono le richieste ma non l’aiuto militare poiché erano troppo impegnati a lottare contro i territori vicini. I greci sicilioti che chiesero aiuto ai spartani furono sicuramente geloi e acragantini, entrambe videro la tirannide verso la fine del VI secolo. A Gela ci furono i fratelli Ippocrate e Cleandro (il secondo fu ucciso dopo 7 anni di signoria e lasciò il posto al fratello intorno al 499). Ippocrate estese il territorio gelese fino allo stretto, si legò in un’alleanza forzata (symmachia) con Zancle e Nasso e da Leontini controllò Megara Iblea. I siracusani vennero vinti al fiume Eloro ma la città non fu conquistata grazie all’aiuto dei corinzi e di Corfù, Ippocrate diede in cambio di Camarina i prigionieri. L’avanzata di Falaride aveva provocato conflitti con varie comunità sicule che lo distrassero dal dare un assetto unitario alle conquiste. I Regini, che erano riusciti a insediare i focei a Velia e i sami a Dicearchia, vedevano un nuovo ostacolo al loro piano: possedere il controllo di tutto lo stretto. A Regio aveva preso il potere Anassilao nel 494, costui era un discendente dei nobili messeni della dinastia regia fuggiti a seguito della vittoria spartana nella seconda guerra messenica, inoltre l’anno del suo insediamento fu anche l’anno in cui finì l’insurrezione dei greci d’Asia contro la Persia. I persi furono sconfitti nella battaglia navale di Lade, in cui furono coinvolti i focei e i sami poiché furono attaccati dal greco Dionisio al comando della flotta ionica e molti dei sami preferirono l’esilio piuttosto che ritornare sotto il dominio del gran re. Accettarono l’invito dei Zanclei di fondare una colonia nella costa settentrionale ma furono manipolati da Anassilao che voleva la colonia di Zancle posta sotto il dominio di Ippocrate. Quest’ultimi avevano al potere un uomo di fiducia di Anassilao, ovvero il principe di Cos di nome Scite che lasciò il potere al figlio Cadmo ed era venuto in Sicilia da amici gelesi. I sami fecero una sosta a Locri e lì incontrarono Anassilao, che disse loro di prendere direttamente il controllo di Zancle i cui soldati erano impegnati nell’assedio di una città sicula. I sami, coadiuvati dai regini, occuparono la città mentre i soldati zanclei chiesero aiuto ai gelesi che però cedettero la città di Zancle ai sami. La risposta di Ippocrate non tardò: d’accordo con i sami si prese metà degli schiavi e dei beni mobili inoltre si prese tutta la produzione di agro; schiavizzò molti zanclei (esercito) e diede i capi ai sami che però non li misero a morte. Scite fuggì in Asia Minore dal suo protettore Dario mentre il figlio rimase a Zancle, costui non aveva voluto essere il tiranno di Cos e diede loro il governo, preferendo partecipare insieme ai sami alla conquista della città. In ogni caso Anassilao espulse i sami e Cadmo da Zancle e probabilmente prese la colonia solo dopo che Gelone diventasse tiranno di Gela poiché Cadmo era uomo di fiducia del tiranno. Anassilao aspetterà che Gelone attraversasse un periodo di difficoltà come quello in cui combatteva con i cartaginesi per prendersi Zancle. Gelone apparteneva alla famiglia dei Dinomenidi, originari del Dodecanneso, i quali si portarono un culto in Sicilia del proprio ghenos; un antenato di Gelone ovvero Teline riuscì a far divenire pubblico il culto e i suoi discendenti sarebbero stati ierofanti (sacerdoti). Uno di questi, Dinomede, ebbe 4 figli: Gelone, Ierone, Polizelo e Trasibulo; di questi Ierone fu un

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sacerdote-anax mentre gli altri 3 furono tiranni sebbene Polizelo e Trasibulo ebbero una breve carriera. Gelone faceva parte delle guardie del corpo di Ippocrate (così anche il padre di Terone, Ainesidamos), si distinse subito per le sue capacità e Ippocrate gli diede il controllo della cavalleria. Alla morte di Ippocrate i gelesi si ribellarono poiché volevano la libertà così Gelone prese sotto la sua tutela i figli del tiranno morto (Euclide e Cleandro) e represse con le armi la ribellione. Gelone aveva già deciso di prendere il potere e lo fece nel migliore dei modi: nel 485 conquista Siracusa approfittando del suo momento di debolezza ovvero la recente rivoluzione che vi era stata ai danni dei proprietari terrieri (gamoroi) che erano stati cacciati dalle forze del demos e degli schiavi indigeni. Gelone si mostrò ai siracusani come l’unico che poteva rimettere in ordine la città contro i gamoroi, che ne frattempo si erano rifugiati a Casmene, e la popolazione gli consegnò la città. Ottenuto ciò che voleva, consegnò Gela al fratello minore Ierone e popolò la città di Siracusa con genti gelesi e camarinesi (la cui colonia smise di esistere). Presto Megara Iblea decise di contrattaccare Gelone ma non fu difficile per lui batterli e portare a Siracusa gli aristocratici megaresi (i colpevoli) e buttare fuori come schiavi il popolo innocente infine con lo stesso criterio si comportò verso la popolazione di Eubea (la colonia vicino a Lentini). Per ospitar questo elevato numero di cittadini raffinati furono costruiti nuovi quartieri in terraferma e fu collegato l’isolotto di Ortigia attraverso un ponte, fin dall’arrivo di Gelone la colonia diventò il centro di commercio più grande della Sicilia e una delle città più popolose del Mediterraneo. Gelone divenne il signore incontrastato, per tale motivo arrivò una delegazione di spartani e greci nel 481 per chiedere aiuto militare contro i persi ma Gelone era disposto ad aiutarli solo a patto che fosse il comandante di tutte le forze greche. La delegazione rifiutò tale proposta e Gelone negò l’aiuto. Intanto Siracusa non se la passava molto bene poiché Anassilao aspettava solo il momento giusto per attaccare Gelone e non era il solo a volerlo: anche i Regini e Zancle avevano lo stesso obiettivo. Si formarono così due fronti: da una parte Anassilao e Terillo (Anassilao aveva sposato la figlia di Terillo ovvero Kydippe) contro Gelone e Terone (il tiranno di Acragante con cui Gelone era parente: lui sposò la figlia di terone ovvero Damareta mentre Terone sposò la nipote di Gelone). I cartaginesi, così come i selinuntini, erano preoccupati per l’alleanza di Gelone e Terone che infatti non tardò a portare problemi: Terone conquistò Imera nel 481-2 riuscendo ad avere lo sbocco sul mare grazie all’aiuto di Gelone creando problemi ai Cartaginesi. Quest’ultima aveva già su di sé molta pressione: da una parte vi era l’impero persiano che chiedeva loro aiuto e dall’altra vi era il blocco Terone-Gelone che minacciavano i loro territori. Nel 480 Amilcare (figlio del re Annone) di Cartagine arrivò con 300.000 uomini (secondo Erodoto) a Imera, luogo in cui ci fu la battaglia contro Terone aiutato dai siracusani. La battaglia di Imera fu vinta dal blocco Terone-Gelone e finì con la morte di Amilcare, inoltre i cartaginesi si dissero pronti a un accordo di pace: Gelone impose loto un tributo di 2000 talenti e la costruzione di 2 templi per la custodia dei trattati di pace inoltre vietò loro di fare sacrifici umani almeno in Sicilia. Con i selinuntini e Anassilao Gelone stipulò degli accordi: avrebbero dimezzato le loro forze e i selinuntini persero Minoa a favore di Terone. Erodoto ci racconta che, nel caso nello scontro grecopersiano avrebbero vinto i persiani, Gelone avrebbe mandato Cadmo a Delfi con doni preziosi da donare ai persiani insieme alle terre e ai mari di Gelone se invece avessero vinto i greci avrebbe dovuto riportare tutto indietro. Così infatti fece quando vinsero greci. Due anni dopo la battaglia di Imera Gelone morì, Ierone prese Siracusa e diede Gela a Polizelo e dimostrò accortezza di governo sebbene non arrivò mai all’altezza del fratello maggiore. Innanzitutto difese Locri da un tentativo di espansione da parte di Anassilao, mandò in seguito il fratello Polizelo ad aiutare i sibari superstiti che si erano insediati sul Crati e che erano attaccati dai Crotoniati. Intanto Ierone iniziò a pensare che il fratello Polizelo volesse prendere il suo posto, anche grazie alla sua crescente fama e al fatto che sposò la vedova di Gelone (nonostante aspettasse a lui), coadiuvato da terone. Intanto intorno al 540 i focei avevano affrontato gli etruschi e persero così tante vite e navi che furono costretti a cercare riparo a Velia. Mentre i greci delle colonie e di Massalia evitavano in tutti i modi scontri contro gli etruschi e i cartaginesi, i greci di Sicilia e d’Italia ne avevano abitudine poiché entrambi volevano il controllo del commercio nell’area dell’Egeo e del Mediterraneo. I cartaginesi strinsero degli accordi con gli etruschi, tanto è vero che si allearono più volte per difendersi contro i focei e contro chiunque minacciava i loro interessi, e il più delle volte erano i greci. In ogni caso Gelone e Ierone si sono dimostrati nel corso della storia della Sicilia greca ottimi strateghi che con il loro ingegno politico sono riusciti a mettere su una tirannide di famiglia durata molti anni. Alla morte di Ierone nel 467 prese il potere Trasibulo a Siracusa mentre alla morte di Terone (472) prese il potere il figlio Trasideo. Purtroppo nessuno dei due fu all’altezza dei loro predecessori, di fatti da lì a poco sarebbe scoppiata la rivolta: nel 471 gli Acragantini, nel 466 i siracusani, nel 461 i regini (da Mykithos, tutore dei figli minorenni di Anassilao). A poco a poco le popolazioni ritornano alla città di appartenenza, Messena riprese il nome di Zancle, a Catane ritornarono gli abitanti (che furono deportati a Leontini e sostituiti da 5000 peloponnesi e 5000 siracusani da Ierone) e riprese il suo nome che era stato cambiato in Aitna, gli atnei ovvero i

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cittadini nuovi di Catane furono cacciati e fondarono la loro colonia chiamata appunto Aitna-Inessa. A Catane furono espulsi pure i mercenari anche grazie ai siculi che furono accolti nella città e che furono il primo esempio (poi divenuta realtà) di integrazione culturale tra indigeni e greci. I siculi furono attivi ed aiutarono le città a liberarsi dalla tirannide, guidati dal re siciliota Ducezio che mise insieme un esercito siculo e creò una confederazione di sole città sicule con un centro sacrale unico ovvero il santuario dei Palici (Menai, oggi Mineo). Ducezio annesse Morgantina e Inessa, provò a prendere Acragante ma fu difesa dai siracusani e lui si rifugiò a Siracusa infine andò in esilio a Corinto. 5 anni dopo tornò in Sicilia, anche grazie alla volontà di siracusani e corinzi, per fondare delle colonie sulla costa nord dell’isola a Calacte ma nel 440 morì e il progetto rimase inconcluso. La posizione favorita dell’isola, nonché le sue materie prime, hanno permesso al territorio di poter vedere molte popolazioni e civiltà venire nel corso del tempo iniziando dai micenei fino ad arrivare ai greci. Questa multiculturalità ha portato ovviamente alla nascita di culti diversi che includessero quelli esportati (come nel caso dei greci) che quelli indigeni ed entrambi hanno convissuto e molte volte influenzatisi/assimilatisi tra di loro in un contesto di rispetto reciproco. Se poi si considera l’influenza dei culti micenei, che hanno assimilato i culti minoici, nella religione greca possiamo allora affermare che nel pantheon greco molti elementi hanno origine indoeuropea. Intanto dopo la caduta delle tirannidi in Sicilia Atene aveva pensato bene di spostare i suoi interessi proprio in quest’area, avendo già sostituito nel commercio marittimo i mercanti calcidesi ed avendo già raggiunto anche altri territori come l’Etruria ma anche il Lazio e Cartagine. D’altra parte i sicilioti non erano affatto intenzionati a facilitare l’arrivo degli ateniesi, per ovvie ragioni, per cui il commercio ateniese trovò una terra e una popolazione molto ostile escludendo gli elimi. Con essi avevano un rapporto già dal 458-7 quando Megara si allontanò da Corinto e si alleò con Atene, di contro gli elimi di Segesta cercavano disperatamente qualcuno che sostituisse i cartaginesi nel ruolo di protettori. I rapporti con gli elimi non hanno sicuramente aiutato nel placare l’ostilità dei sicilioti e certamente Atene non ci provò nemmeno quando nel 445 Pericle decise di promuovere la fondazione di una colonia (Thuri) nel sito disabitato di Sibari. Crotone allora si alleò con Zancle preoccupando ancora di più Siracusa già pressata dalla presenza ateniese, la cosa peggiorò quando Atene si legò militarmente con Leontini e Regio nel 433. Atene stava cercando alleati per la guerra del Peloponneso ed era ormai chiaro che questa volta la Sicilia non avrebbe potuto mettersi da parte. Siracusa, essendo colonia corinzia, assunse le parti degli spartani così come quasi tutte le colonie di origine dorica a esclusione di Camarina e Acragante. Leontini, Catane, Naxos, Regio e Camarina presero le parti di Atene; quando Siracusa attaccò Leontini quest’ultima chiese aiuto ad Atene che mandò 20 navi al comando di Lachete e questo intervento indusse Zancle a prendere le parti della città. Le speranze di prendere il controllo del granaio di Sicilia furono vane perché sia la prima spedizione che la successiva con 40 navi fallirono, crebbe un sentimento anti-ateniese e Zancle abbandonò la città. A questo punto in Sicilia si diffuse la paura che il conflitto distruggesse gli equilibri dell’isola, così Ermocrate (siracusano) si fece interprete di tali paure al congresso di Gela del 424 in cui fece capire chiaramente che Atene voleva prendere il possesso dell’isola. Si formò un fronte compatto siciliota contro Atene e questo bloccò ogni speranza che la città ancora aveva, inoltre non poteva più contare sull’alleanza con Segesta. Il popolo ateniese era così superbo e sicuro della propria superiorità civile e militare rispetto a tutti gli altri tanto da non capire che sarà proprio quello il peccato che li porteranno alla perdita della guerra del Peloponneso. Un esempio di questa mentalità si può riscontrare in un episodio particolarmente brutale: nel 416 gli Elimi li richiamarono poiché era scattato uno scontro contro i selinuntini per i soliti motivi (rivendicazioni territoriali ecc) ed era scoppiata una guerra quando i selinuntini occuparono una parte del territorio di Segesta. Si misero d’accordo con i leontini e altri sicilioti di chiamare Atene che non ascoltò i suggerimenti di Nicia (che non vedeva di buon’occhio l’intromissione di Atene nella battaglia) e decise di mandare 130 navi e 7000 uomini. Durante il viaggio le città siciliote negarono l’ospitalità agli ateniesi e concessero soltanto rifornimenti e l’ormeggio, i siracusani vista l’entità dell’esercito ateniese mandarono delegati nelle altre città siciliote. Gli Acragantini e i nassi si dichiararono favorevoli agli ateniesi, Camarina e Messana rimasero neutrali; invece Imera, Catane, Gela e Selinunte presero le parti dei siracusani. I piani ateniesi erano variegati: Nicia proponeva di spaventare solamente i sicilioti e attaccare solo Selinunte, Alcibiade invece propose di mandare delegazioni a tutte le città siciliote tranne che Selinunte e Siracusa così che imponessero a quest’ultima di restaurare Leontini, Lamaco disse di attaccare direttamente Siracusa convinto di poter vincere e che avrebbe raddrizzato tutte le città siciliote. Infine prevalse piano di Alcibiade, sostenuto da Lamaco, e dopo un vano tentativo di concludere un’alleanza con Messana arrivarono con 60 navi prima a Nasso e poi a Catane che non gli permise di entrare. Allora andarono a Siracusa per vedere i preparativi navali e successivamente ritornarono a Catane che permise solo agli strateghi di entrare e presentarsi all’assemblea popolare. Durante l’assemblea entrarono i soldati ateniesi e Alcibiade costrinse Catane a diventare loro alleata, appresero che anche

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Camarina era disposta ad allearsi con loro ma quando la colonia seppe cosa fosse successo a Catane non permise che la flotta entrasse. Intanto a Catane giunse la flotta “Salaminia” che doveva ricondurre Alcibiade ad Atene per essere processato per sacrilegio ma lui sbarcò a Thuri e fece perdere le sue tracce pertanto la flotta dovette tornare a mani vuote. Nicia e Lamaco provarono a ingannare i siracusani mandando loro un finto esule catanese che li indusse a mandare il loro esercito all’accampamento ateniese apparentemente indifeso a Catane ma quando seppero il che nemico era quasi giunto a Leontini presero il mare con alleati siculi e sicilioti e sbarcarono sulla riva di Porto Grande. Occuparono l’altura della via Dascon e distrussero il ponte di via Elorina e il giorno dopo ci fu uno scontro da cui infine scapparono i siracusani che ebbero il tempo di riorganizzarsi sulla via Elorina e fu posto un presidio sull’Olympieion. Il giorno di tregua permise la restituzione dei morti ai siracusani e gli ateniesi presero il mare per andare a Messana dove il partito filo-ateniese avrebbe dovuto accoglierli. Purtroppo per loro Alcibiade aveva avvertito i filo-siracusani della città che non aprì le porte. Intanto i siracusani impararono dagli errori e dettero il comando a 3 strateghi (uno di questi era Ermocrate) che rafforzarono le difese della città e crearono una fortezza a Megara inoltre mandarono una spedizione a Catane che fu distrutta per metà. Ermocrate fu mandato all’assemblea popolare di Camarina per richiamare all’ordine tutti i sicilioti ricordando il patto del congresso di Gela ovvero che nessun esterno avrebbe dovuto interferire con l’isola. I camarinesi, sebbene favorevoli agli ateniesi, per paura di...


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