Storia dei Mongoli-Giovanni di Pian di Carpine PDF

Title Storia dei Mongoli-Giovanni di Pian di Carpine
Course Storia Medievale
Institution Università degli Studi di Messina
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Relazione sulla "Storia dei Mongoli" di Giovanni di Pian di Carpine...


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Amelia Gugliotta Metodologia della ricerca storica medievale

STORIA DEI MONGOLI Di Giovanni di Pian di Carpine

INDICE Contesto storico: da Gengis Khan all’invasione mongola in Europa..................................................2 Innocenzo IV e le missioni presso i Tartari..........................................................................................4 Giovanni di Pian di Carpine.................................................................................................................6 L’Historia Mongolorum.......................................................................................................................7 Cavalleria mongola: ordinamento dell’esercito e armi .................................................................... 10 Strategie dell’esercito mongolo......................................................................................................... 12 Come affrontare i Mongoli in guerra…………………………......................................................... 13 Bibliografia ........................................................................................................................................15 Sitografia............................................................................................................................................15

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Contesto storico: da Gengis Khan all’invasione mongola in Europa Nel XIII secolo le invasioni mongole e la conseguente creazione di un impero vasto dal Mar Nero al Mar del Giappone modificarono il quadro storico e geografico dell’Asia, la cui area era dominata da secoli da alcune entità etniche e culturali -come il mondo cinese e il mondo islamico- separati dalle tribù nomadi della steppa e dalle città carovaniere della via della Seta in Asia centrale. Queste tribù delle steppe asiatiche comprendevano clan di origine turca e altri di lingua mongola, forse più arretrati e meno numerosi. La struttura economica e sociale era comune a tutte le tribù: essi non possedevano la terra, ma erano dediti all’allevamento, e si spostavano stagionalmente; erano forti militarmente e quindi creavano non pochi problemi ai popoli agricoltori vicini. La struttura sociale era aristocratica: il capo del clan era ereditario oppure più spesso veniva scelto per la sua saggezza e per il suo valore in guerra. Poi vi erano gli uomini liberi, proprietari di bestiame e legati da vincoli di sangue. I sudditi, i quali erano i prigionieri di guerra e i loro discendenti, si trovavano in condizioni quasi servili. In questo contesto emerse la figura di Gengis Khan, il quale divenne capo di tutti i popoli della steppa, grazie alle sue capacità organizzative ed esecutive. Egli diede istituzioni che derivavano da costumi e tradizioni mongole, raccolte in un codice di nome jasaq. Esso fu promulgato durante un’assemblea generale dell’aristocrazia mongola, il quriltai, dove fu anche proclamata l’autorità assoluta e suprema del sovrano (qan).1 Il suo nome stesso, infatti, che ha il significato di “capo universale”, suggerisce quanto le sue opere di conquista furono imponenti; egli già nel 1206 inglobò prima tutte le tribù mongole, nel quindicennio successivo si spinse a nord fin oltre il lago Baikal, a est sino alle coste del Pacifico, a sud fino alla fascia della Cina settentrionale compresa tra la regione del Sinkiang e Pechino, a sud ovest sino all’Afghanistan e a ovest nell’attuale Kazakistan. Intorno al 1220 si concentrò sul fronte occidentale raggiungendo la Mesopotamia, la Georgia e persino la Russia meridionale. In seguito si volse nuovamente verso la Cina, con l’intenzione di completarne la conquista, ma morì prima di realizzare il progetto.2 Il suo esercito si identificava con la nazione e vi erano raggruppati tutti gli uomini abili alle armi su base decimale, a cui Gengis Khan aggiunse l’unità superiore di dieci mila. Al di là dell’esercito vi era la guardia imperiale, composta da elementi scelti, sottoposti a una ferrea disciplina e legati alla figura del sovrano. Le popolazioni che si sottomisero spontaneamente non subirono danni, mentre quelle che opposero resistenza furono letteralmente

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Petech L., Introduzione in Storia dei Mongoli di Giovanni di Pian di Carpine, Spoleto, Centro Italiano di studi sull’alto Medioevo, 1989, pp. 3-10 2 Vitolo G., Medioevo I caratteri originali di un’età di transizione , Sansoni, 2001, p. 359

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distrutte.3 Questo contribuì a diffondere l’idea della furia devastatrice dei Mongoli, i quali furono definiti Tartari, proprio perché assimilati a dei mostri infernali. Ai territori assoggettati fu imposta una rudimentale amministrazione affidata a funzionari mongoli, i bascaki, i quali raccoglievano tributi e trasferivano i migliori artigiani in Mongolia, in modo da fornire dei validi aiuti per la fabbricazione e riparazione delle armi. 4 L’avanzata dei Mongoli continuò anche dopo la morte di Gengis Khan con i suoi figli e nipoti, nonostante le difficoltà connesse alla successione. L’impero infatti fu diviso in quattro parti: Gran Khanato, Khanato dell’Orda d’oro, Ilkhanato e Khanato Chagatai. Il maggiore degli imperi mongoli fu quello che comprendeva la Mongolia e la Cina, il cui sovrano aveva il titolo di Gran Khan. In breve tempo, sotto la guida di Ogodei, figlio di Gengis Khan, fu fondata una capitale a Karakorum, dove ebbero sede gli organi centrali dello stato, venne completata la conquista della Cina e della Corea, fu sottomessa l’intera Persia e nel giro di pochi anni l’esercito mongolo giunse nuovamente nell’orbita europea, in seguito alle operazioni condotte da Batu Khan e Kadan, entrambi nipoti di Gengis Khan.5 Molti dei territori conquistati divennero parte dell'impero dell'Orda d'Oro: in primis furono travolti i principati russi e vennero distrutte ben quattordici città, tra le quali Mosca, Vladimir e Riazan. Dalla Russia centrale gli invasori procedettero verso l’Ucraina, conquistando e distruggendo, nel 1240, l’antica città di Kiev.6 Nel frattempo in Occidente imperversava la lotta fra l’imperatore Federico II di Svevia e il papato, i quali, troppo occupati dal conflitto che li vedeva protagonisti, sottovalutarono la gravità del pericolo e non presero in considerazione le richieste di aiuto dei principi russi.7 D’ altronde, già nel 1236, il frate Giuliano d’Ungheria, in uno dei suoi viaggi alla ricerca della Magna Hungaria8, aveva

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Petech L., Introduzione in Storia dei Mongoli di Giovanni di Pian di Carpine, pp. 10-11 Vitolo G., Medioevo I caratteri originali di un’età di transizione, p. 360 5 Ibid., p. 361 6 Messa P., I Francescani e la Cina 800 anni di storia , Edizioni Porziuncola, 2001, p. 14 7 Petech L., Introduzione in Storia dei Mongoli di Giovanni di Pian di Carpine, p. 26 8 Luogo in cui secondo la tradizione erano rimasti gli Ungari non emigrati in Europa. 4

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incontrato torme di genti che fuggivano per l’avanzata mongola e aveva tentato di avvisare il suo re e Roma.9 Nel frattempo, non trovando adeguate forme di resistenza dopo la devastazione dell’Ucraina, l’esercito invasore si divise in due corpi d’armata, di cui uno di questi entrò in Polonia, causandone la frammentazione nella battaglia di Legnica. Il secondo corpo mongolo invase l’Ungheria, e nonostante le resistenze, l’esercito di re Bela IV fu distrutto. Neanche in questo caso, infatti, gli appelli al papa Gregorio IX e all’imperatore recarono i risultati sperati, dal momento che Federico II, durante la penetrazione mongola in Ungheria, era impegnato in Italia contro il papato e i Comuni e di conseguenza incaricò il re Corrado, suo figlio e rappresentante in Germania, di raccogliere uomini e mezzi per la difesa. Una volta morto il Papa, il suo successore Celestino IV pontificò solo pochi giorni e la sede rimase vacante fino al 1243, quindi ciò bloccò ogni azione del papato. Né i sovrani dell’Europa occidentale e settentrionale, d’altronde, si preoccuparono troppo di ciò che stava succedendo nell’Europa orientale e centrale.10 Fortunatamente, quando l’esercito imperiale fu radunato nel 1242, i Mongoli, giunti all’Adriatico, iniziarono miracolosamente a ripiegare passando attraverso la Bulgaria, che divenne loro tributaria. Il motivo fu la morte di Ogodei, avvenuta l’11 dicembre 1241, per cui i principi mongoli avrebbero dovuto partecipare all’elezione del nuovo quaghan.11 Innocenzo IV e le missioni presso i Tartari A Roma nel 1243 fu eletto papa Innocenzo IV, il quale fuggito in Francia in seguito alle ostilità con Federico, convocò un concilio ecumenico a Lione, i cui argomenti principali furono: la deposizione dell’imperatore, la crociata in Terrasanta, l’unione delle Chiese orientali separate e il rimedio contro i Tartari.12 Così, nel 1245, con lo scopo di raccogliere notizie veritiere sui Mongoli e comprenderne le intenzioni, egli inviò in quei territori dei legati, i quali appartenevano ai due nuovi ordini mendicanti francescani e domenicani. I legati papali avevano tre compiti distinti, a cui si riferivano tre documenti pontifici: uno riguardava l’unione a Roma delle Chiese orientali e raccomandava gli inviati papali ai principi musulmani, invitandoli alla conversione. Un altro conteneva un’esposizione della fede

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La rappresentazione dei Mongoli nelle fonti storiche europee del duecento, in “Quaderni Asiatici, rivista di cultura e studi sull’Asia”, n. 117, marzo 2017 10 Petech L., Introduzione in Storia dei Mongoli di Giovanni di Pian di Carpine, p. 30 11 Messa P., I Francescani e la Cina 800 anni di storia , p. 14 12 La rappresentazione dei Mongoli nelle fonti storiche europee del duecento, in “Quaderni Asiatici, rivista di cultura e studi sull’Asia”

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cattolica che i missionari avrebbero dovuto spiegare ai re e al popolo tartaro. Infine vi era la protesta del pontefice contro le aggressioni dei Mongoli ai cristiani e una proposta di pace con la cristianità.13 Questi incarichi, di cui Giovanni di Pian di Carpine fu il precursore, furono seguiti da altri, per esempio il viaggio con intenti puramente missionari di Guglielmo di Rubruck14, il quale nel suo Itinerarium utilizzò un taglio ancor più autobiografico.15 Egli consapevole della diversità a cui andava incontro si confrontò soprattutto con le religioni, adoperando un diverso approccio a seconda della progressiva distanza con quella cattolica romana. Nella sua opera furono esaminate le varie confessioni cristiane; le altre religioni monoteiste, in particolare l’islam; gli “ydolatre”, cioè i politeisti; e i “divinatores”, ovvero lo sciamanesimo tradizionale mongolo.16 Le missioni cattoliche, tuttavia, non diedero alcun risultato né sul piano politico, né su quello religioso -nonostante il papato avesse installato diocesi nell'impero mongolo- poiché questi ultimi, assimilandosi ai Cinesi, si orientarono verso il Buddismo o verso l’Islam.17 Esse servirono, però, a fornire notizie certe su un popolo che fino a quel momento era conosciuto soltanto tramite racconti e dicerie impregnate di mito.18 Nel tempo, infatti, si erano creati due fronti : c’era chi vedeva i Mongoli come nemici quasi demoniaci - soprattutto nel periodo delle invasioni- e chi auspicava a una possibile alleanza contro il comune nemico musulmano.19 Oltre ai missionari, alcuni mercanti italiani, tra cui per esempio Niccolò e Marco Polo, si recarono successivamente alla corte del Gran Khan a Karakorum e poi a Pechino -che in seguito divenne capitale- agevolati dalla pax mongolica.20 Ma, tre decenni prima di Marco Polo, frate Giovanni portò l'Oriente in Occidente, ruppe una barriera mentale e allargò l'orizzonte geografico dell'Occidente cristiano. Dopotutto la comprensione che avevano di quei popoli e la percezione dell'alterità di quel nuovo contesto sociale sono elementi decisivi per capire la reazione dell'Europa alle invasioni mongole.21

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Messa P., I Francescani e la Cina 800 anni di storia , pp. 15-16 La missione di Guglielmo di Rubruck fu dettata dall’impulso del re Luigi IX di Francia. 15 Chiesa P., Il riconoscimento del diverso. Le religioni orientali nell’Itinerarium di Guglielmo di Rubruk, da “Predicatori, mercanti, pellegrini. L’Occidente medievale e lo sguardo letterario sull’Altro tra l’Europa e il Levante”, a cura di Giuseppe Mascherpa e Giovanni Strinna, 2018, Universitas Studiorum S.r.l. p. 16 16 Ibid., p. 18 17 Vitolo G., Medioevo I caratteri originali di un’età di transizione , p. 363 18 Pubblici L., Giovanni di Piano Carpini and the Representation of Otherness in the First Part of the Historia Mongalorum, GOLDEN HORDE CIVILIZATION. 2017. № 10 p. 42 19 La rappresentazione dei Mongoli nelle fonti storiche europee del duecento, in “Quaderni Asiatici, rivista di cultura e studi sull’Asia” 20 La sicurezza resa possibile dai Mongoli, i quali per ragioni politiche e militari curarono i collegamenti all’interno del loro vasto dominio, facilitando il commercio lungo la Via della seta e gli scambi culturali . Vitolo G, Medioevo I caratteri originali di un’età di transizione, p. 363 21 Pubblici L., Giovanni di Piano Carpini and the Representation of Otherness in the First Part of the Historia Mongalorum, p. 39

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Giovanni di Pian di Carpine Giovanni di Pian di Carpine nacque probabilmente intorno al 1190 e fu una figura dotta e di spicco dell’ordine francescano, del quale mantenne la semplicità tipica dei seguaci di Francesco d’Assisi, pur essendo una persona illustre.22 Egli partecipò insieme ad altri frati a varie spedizioni per diffondere l’ordine, tra cui per esempio in Germania. Successivamente fu nominato custode della Sassonia e continuò la sua opera di espansione dell’ordine, azione che venne incrementata quando assunse la carica di ministro provinciale della Germania, mandando numerosi frati in Boemia, Ungheria, Polonia, Dacia e Norvegia. Egli fondò dei conventi in Lotaringia e probabilmente fu in questo periodo che entrò in contatto con le varie case reali dell’Europa centro-orientale, soprattutto quella boema. In seguito fu inviato come ministro in Spagna, fino a quando non fu richiamato nuovamente in Germania.23 Tuttavia nel 1245 fu scelto da Innocenzo IV per una missione diplomatica, il cui scopo era quello di conoscere le intenzioni dei Tartari e convincerli a desistere dalle devastazioni e le persecuzioni contro i cristiani. La sua impresa fu quasi eccezionale, poiché alle sue indubbie qualità culturali e morali fu aggiunta una grande resistenza fisica, nonostante l’età. Egli affrontò un lungo e tortuoso viaggio, partendo da Lione e attraversando la Boemia si recò a Breslavia in Slesia, dove si unì a lui Fra Benedetto di Polonia, il quale divenne il suo interprete per le lingue slave. Giunti a Cracovia e in Galizia si dedicarono alla questi one dell’unione delle Chiese, una volta arrivati a Kiev acquistarono dei doni per i Tartari e proseguirono il viaggio verso est fino a incontrare gli avamposti mongoli, che li mandarono ai loro superiori. Il viaggio continuò, sino all’arrivo all’accampamento di Batu sul Volga, il quale era il principe più importante dopo il Gran Khan. Egli, nonostante l’iniziale diffidenza, fece tradurre le due bolle papali in persiano e ordinò a Giovanni di proseguire il difficile cammino verso l’accampamento imperiale a sud di Karakorum per consegnarle personalmente. Ne conseguì che Giovanni fu il primo europeo con una posizione ufficiale a essere ricevuto al centro del potere mongolo, in quanto precedentemente il domenicano Ascelino, partito con il primo gruppo, si era rifiutato di proseguire oltre. Pertanto i due frati arrivarono in tempo per assistere alla solenne cerimonia in cui fu eletto il nuovo Gran Khan Guyuk.24 Quest’ultimo, figlio di Ogodei, fu intronizzato dopo un periodo di reggenza della madre il 24 agosto 1246. Al momento della sua elezione, egli non accolse di buon grado la richiesta di pace consegnatagli da Fra Giovanni e rispose con un’intimazione di sottomissione tramite una lettera scritta in persiano e munita di sigillo imperiale, in cui invitava il pontefice e tutti i governanti dell’Occidente a recarsi da

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Messa P., I Francescani e la Cina 800 anni di storia , p. 24 Ibid., pp. 7-9 24 Ibid., pp. 17-18 23

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lui per conoscere la sua volontà. Inoltre rifiutò l’invito a farsi battezzare, contestando l’affermazione papale dell’unica verità della fede cattolica. D’altronde presso i mongoli vi era la credenza che il Gran Khan detenesse il potere universale per mandato del Cielo, quindi ogni opposizione a lui era considerata come una ribellione al volere divino.25 Al ritorno Fra Giovanni e Fra Benedetto percorsero la stessa strada dell’andata e giunsero a Lione il 18 novembre del 1247. Papa Innocenzo IV fu talmente soddisfatto dell’opera del suo legato che gli affidò un incarico presso Luigi IX26 e successivamente lo nominò arcivescovo di Antivari. Durante questo periodo, però, egli ebbe gravi contrasti giurisdizionali con l’arcivescovo di Ragusa. Nel 1250 il Papa Innocenzo IV lo invitò ancora una volta a occuparsi di problemi riguardanti l’unità della Chiesa e giunto in Italia morì probabilmente il 1 agosto 1252.27 L’Historia Mongolorum Come frutto della sua missione Giovanni scrisse l’Historia Mongolorum. Lo scopo dell’opera fu quello di far conoscere gli usi, i costumi, le istituzioni e la struttura sociale di questo popolo tanto temuto, in quanto visitandone i territori e apprendendone le condizioni di vita, gli armamenti e le tecniche di guerra, i popoli cristiani avrebbero potuto preparare meglio la propria difesa, con l’ausilio di nuove strategie e armi opportune.28 Il frate francescano scrisse sui Mongoli con la meticolosità del cronista e la profondità dello studioso. Il suo stile fu sobrio e accurato e grazie anche al suo modo affabile di trattare, ebbe l’indubbia qualità di adattarsi - pur mantenendo la sua dignità di legato pontificio- nonostante la sua legittima paura di essere ucciso o imprigionato per il resto della vita.29 La sua opera si basò su osservazioni dirette e informazioni recuperate da vari testimoni, sia Europei, che Mongoli. 30Ne conseguì che fu una vera e propria missione diplomatica, più che religiosa, in quanto limitò questi aspetti ai soli rapporti con i nestoriani e i cristiani presenti al quriltai. 31 La struttura dell’Historia era quella di un trattato vero e proprio: inizialmente nel prologo Giovanni fece riferimento all’incarico avuto dal Papa; in seguito nel primo capitolo trattò del territorio; nel

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Messa P., I Francescani e la Cina 800 anni di storia, p. 20 Ibid., p.22 27 Ibid., pp. 24-25 28 Ibid., p. 16 29 Pubblici L., Giovanni di Piano Carpini and the Representation of Otherness in the First Part of the Historia Mongalorum, p. 42 30 La rappresentazione dei Mongoli nelle fonti storiche europee del duecento, in “Quaderni Asiatici, rivista di cultura e studi sull’Asia” 31 Petech L., Introduzione in Storia dei Mongoli di Giovanni di Pian di Carpine, p. 37 26

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secondo della popolazione; nel terzo della religione e nel quarto degli usi e costumi. Egli proseguì dedicando il capitolo quinto all’ordinamento politico e i successivi tre capitoli ai metodi bellici, al loro governo nei paesi conquistati e a come muovere guerra contro di loro. Infine nell’ultimo fece un itinerarium dell’impresa.

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L’ Historia Mongalorum è stata scritta in due momenti separati e il

capitolo IX, interamente aggiunto nella seconda redazione, sembrava il tentativo di respingere l'accusa che il testo fosse un resoconto falso ed esagerato.33 Infatti, ancor prima che essa fosse completata e riordinata, circolavano già versioni spurie, tale era l’interesse e la curiosità nei confronti dei suoi racconti.34 Ciò che traspariva dall’inizio dell’opera era la precisione analitica e la completezza della descrizione, che inizialmente appariva esterna e distaccata, quasi neutrale.35 Il popolo fu subito presentato nella sua diversità e il territorio da loro abitato ne rispecchiava la spaventosa natura: una landa ghiaiosa e sabbiosa senza alberi, né acqua, né città, caratterizzata da un clima mutevole. La gente aveva un aspetto inconsueto: il naso schiacciato, il viso glabro, la pelle gialla e uomini e d...


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