Isituzioni di storia dell\'arte PDF

Title Isituzioni di storia dell\'arte
Course Teologia III
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Summary

Appunti e integrazione dell'esame di istituzioni di storia dell'arte del secondo anno di ECOBECU...


Description

Per Formaggio “l’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte. Questa frase indica l’apertura temporale dell’uomo nei confronti dell’arte: ciò che era arte nel ‘400, non è più arte nel ‘600 e così via. ! L’arte può essere intesa come la combinazione di manualità, intellettualità, sensibilità e condizioni di presentazione e acquisizione. ! La storia dell’arte è la storia degli oggetti, delle opere, degli stili, dei contesti storici e dell’evoluzione dell’idea di arte nel tempo. Per Kubler la storia dell’arte è la storia dei manufatti nelle diverte e epoche e contesti, con attenzione per la specificità degli autori, gli intrecci fra di loro e con l’ambiente in cui hanno operato. La storia dell’arte è pertanto una disciplina dinamica, come ogni disciplina scientifica fondata su una forte componente critica. È altresì una disciplina complessa, alla quale concorrono: conoscenze storiche; conoscenze tecniche; conoscenze relative ai singoli autori, alla loro personalità, alle loro relazioni, allo specifico periodo in cui hanno operato; conoscenze relative alla fortuna di un periodo in altra epoca. ! Per Formaggio l’artisticità è una legge storica di raccolta e di connessione, di volta in volta diversa col variare del tempo e delle situazioni, ma diversa proprio per la diversità variabile dei contenuti. Come forma è vuota, ma si colora delle culture che attraversa e manda i riflessi che le esperienze del momento le donano.! Per Stoichita il quadro è il ritaglio della realtà in una cornice. L’artista definisce una situazione a partire dalla cornice. Il suo libro “L’invenzione del quadro” parte dalle visioni secondarie della pittura tra ‘500 e ‘600 con la diffusione dei quadri nei quadri. Questo libro porta a una riflessione critica sul modo in cui la pittura prende coscienza in ambito della pittura fiamminga, italiana e spagnola. In questo periodo sono presenti grandi pittori come Caravaggio, Zurbaran e Velasquez. Stoichita studia le analogie tra il dipinto, le carte topografiche e lo specchio; e il processo di progressivo ribaltamento in atto nel ‘600 tra il ruolo dell’artista come occhio che cattura e rappresenta, e dell’artista creatore.!

«In primo piano a sinistra vediamo il ‘negativo’ di ogni cornice, cioè un ‘telaio’ e il negativo di ogni quadro, cioè il retro di un quadro. Las Meninas rappresenta uno scenario in grado di inglobare a un tempo sia la ‘pittura’ vista come atto sia il gioco, ricco di allusioni, del mettere in relazione tra loro le diverse modalità dell’immagine definite in base a come tali immagini sono ‘inquadrate’. Preso in mezzo a questi elementi strutturanti, il gesto del pittore – con la tavolozza ricoperta di colori senza ordine, il sottile pennello sospeso a mezz’aria – è un fattore dinamico. È la dynamis dell’atto stesso del fare, in sospeso tra tavolozza e tela, al centro di una sala con quadri alle pareti, uno specchio, porte, finestre, al cospetto di uno spettatore invisibile, ma necessariamente presente...» Stoichita!

Las Meninas 1656 è ambientato nello studio di Velázquez, nel Real Alcázar di Madrid di Filippo IV. In quest'opera è dipinta l'Infanta Margarita, la figlia maggiore della nuova regina, circondata dalle sue dame di corte. Alla sua destra compare Doña Maria Augustina de Sarmiento, ed alla sua sinistra Doña Isabel de Velasco, la sua nana ed il suo mastino, oltre che da altri membri della corte spagnola. Velázquez si trova di fronte al suo cavalletto. È una composizione di enorme impatto raffigurativo. L'Infanta Margarita si erge orgogliosamente in mezzo alle sue damigelle d'onore, con una nana a destra. Sebbene sia la più piccola, è evidentemente la figura centrale. Una delle sue damigelle si sta inginocchiando di fronte a lei, mentre l'altra si sta piegando verso di lei, cosicché l'Infanta, in piedi, con la sua larga gonna, diventa il fulcro dell'azione. La nana, circa delle stesse dimensioni dell’Infanta, ma un po' ingrandita dalla maggior vicinanza all'osservatore, per contrasto fa apparire Margarita più delicata, fragile e preziosa. Nello specchio sopra la testa dell'Infanta si riflette la coppia regnante, che si pensa sia la vera protagonista del dipinto. La struttura ed il posizionamento spaziale delle figure è tale che il gruppo di damigelle intorno all'Infanta sembri stare dal "nostro" lato, di fronte a Filippo IV e sua moglie Marianna. Non solo il quadro è dipinto per loro beneficio, ma anche l'attenzione del pittore è concentrata su di essi, poiché sembra che stia lavorando al loro ritratto. Nonostante possano essere visti solo nel riflesso dello specchio, re e regina sono il vero punto focale del dipinto verso cui sono diretti gli sguardi di quasi tutti i personaggi. Come spettatori, capiamo di essere esclusi dalla scena, poiché al nostro posto c'è la coppia regnante. Ciò che sembra a prima vista un dipinto "aperto" si dimostra essere completamente ermetico - un'affermazione ulteriormente intensificata dal fatto che il dipinto di fronte a Velázquez è completamente nascosto alla nostra vista. Il filosofo Foucault, che si è misura con questo quadro, ha introdotto il suo libro fondamentale "le parole e le cose” per leggerne il significato e darne delle possibili indicazioni come di un quadro che introduce un modo di rappresentare le cose come segni, come traccia di altro; non in chiave simbolica, ma in allusione a qualcosa che sta fuori dal testo. ! Velasquez è stato un pittore che come pochi altri ha condizionato la pittura spagnola per tutti i secoli successivi. Mette in moto un processo di imitazione e rielaborazione: Goya cento e più anni dopo realizza un autoritratto, senza la corte e i quadri di contesto, che si ispira a “las meninas” per quanto riguarda la sua auto-rappresentazione e una serie di varianti di “las meninas”.!

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Giulio Paolino nel 1968 dipinge L’ultimo quadro di Diego Velasquez. La tela riproduce un ingrandimento dell’immagine riflessa nello specchio in fondo alla stanza, alle spalle di Velasquez, nel “las meninas”; la coppia reale è vista cioè dalla posizione del pittore intento a raffigurarli.!

L’arte della pittura 1666 rappresenta un pittore rivolto di spalle, forse lo stesso Vermeer mentre sta dipingendo una fanciulla all'interno di una stanza illuminata da sinistra da una finestra nascosta da un drappo scostato in primo piano. La ragazza tiene in mano un libro (simbolo della Storia) e una tromba (simbolo della Gloria) e ha in testa un serto di alloro: forse rappresenta la musa Clio. Il pittore sta seduto davanti al quadro sul cavalletto, dove si vede già lo schizzo della corona. È vestito con un elegante abito nero, corte braghe a sbuffo e calze arancio, un capo costoso e di moda. Non rivela il proprio volto, ma idealmente l'artista si mette nello stesso punto di vista dello spettatore.!

La stanza è descritta con estrema cura. La tenda scostata rivela un ambiente scorciato in prospettiva con piena padronanza spaziale, come dimostrano il pavimento piastrellato o le travi del soffitto. Sulla parete di fondo sta una grande cartina geografica delle Diciassette Province, che appartenne alla casa dello stesso Jan Vermeer. Poco sotto una sedia ricoperta di velluto. Ciascun oggetto riflette o assorbe in maniera diversa la luce, ottenendo la più accurata resa degli effetti materici. Ne è un esempio lo straordinario lampadario metallico appeso in alto. Dal saggio di Giulio Carlo Argan si deduce che l’opera d’arte ha un duplice valore: culturale ed economico, da cui consegue la necessità di una conoscenza ai fini della conservazione e della valorizzazione. L’arte è prodotto della civiltà storica dalla quale nasce. L’oggetto di studio della storia dell’arte è presente e attivo. Non esiste storia senza giudizio critico, che deriva dalla ricerca dei legami fra i diversi fenomeni artistici, collegati tra loro. Infine la storia dell’arte è una disciplina che propone soluzioni e non si limita a essere una scienza descrittiva.! Lo studio dell’opera d’arte prevede: ! - la conoscenza dei caratteri materiali dell’opera, che comprendono i materiali in senso proprio e le tecniche adottate dall’artista! - il possesso di strumenti interpretativi, come le conoscenze relative all’iconografia, all’analisi stilistica e all’interpretazione critica e alla lettura poetica! - la conoscenza degli aspetti complementari, come la contestualizzazione dell’opera e i suoi cambiamenti nel tempo! - le conoscenze storico-sociologiche, come la personalità dell’autore, la committenza, l’ambiente sociale e culturale, il pubblico, il museo…! Nel rinascimento si parla di arti del disegno. C’è stato un lungo dibattito tra gli artisti sul determinare quale fosse l’arte maggiore, se la pittura o la scultura e il ruolo dell’architettura. Il disegno è il primo passaggio dall’idea alla forma e diventa quindi la prima forma d’arte. ! In età barocca nasce il concetto di belle arti, mentre nel ‘700 si parla di arti figurative, dove si distingue il disegno dall’architettura, che si trova su un piano più astratto e materico. ! Nell’800 si passa a parlare di arti maggiori e arti minori, tra cui le ultime diventeranno arti decorative. Questa distinzione è definita positivista perché si cerca di dare una definizione in base al contesto e alla specificità. ! Nel ‘900 entra in vigora la definizione di opera d’arte con minori classificazioni rispetto al secolo precedente. L’opera d’arte è la conseguenza di una dimensione artistica attuata dall’artista e tradotta nel fare manuale e nell’oggetto concreto. Nel ‘900 l’arte attacca i principi precedenti di bellezza e di opera: ci sono opere che non vogliono più essere definite come tali. Cambia il modo di concepire i musei e si passa a considerare le opere come beni culturali. I beni culturali non sono più definiti in base alla loro capacità di stupirci con la loro immagine di bellezza, ma ci fanno comprendere dalla loro qualità intrinseca di immagine aperta, molto di più di quanto vediamo perché esprimono cultura. Il bene culturale è portatore di una serie di eredità. L’ulteriore definizione che riguarda il presente è quella formulata da un organismo internazionale ICOM, che riunisce i musei di tutto il mondo istituzione destinata a sostenere, promuovere, difendere i beni culturali materiali e immateriali. Un bene culturale immateriale è la memoria delle persone, conservata attraverso le testimonianze e il racconto della gente comune (museo della follia, musei dedicati all’olocausto e alle vicende della seconda guerra mondiale).! Nel corso del tempo si pone l’attenzione anche ai centri di produzione e conservazione delle opere e non solo agli autori. Questa relazione geo-storica è importantissima ancora oggi. ! Lo spazio genera delle conseguenze formali come lo spazio rinascimentale per quanto riguarda la prospettiva o lo spazio barocco per quanto riguarda lo spazio curvilineo. Questi concetti astratti si traducono in immagini e situazioni percettibili. !

Una lettura dello spazio che considera gli elementi concettuali che si vogliono manifestare anche nella descrizione del particolare è esemplificata dal quadro di Ambrogio Lorenzetti, Effetti del buon governo in città 1338-1339.! È la diretta emanazione degli Effetti del Buon Governo e doveva rappresentare con un esempio eloquente gli obiettivi dei governanti della città. La città è dominata da una moltitudine di vie, piazze, palazzi, botteghe. In alto a sinistra spuntano il campanile e la cupola del Duomo, simboli della città del tempo. La città è popolata da abitanti laboriosi, dediti all'artigianato, al commercio, all'attività edilizia. In primo piano vediamo una bottega di scarpe dove l'artigiano vende ad un compratore accompagnato da un mulo. In alto si vedono alcuni muratori impegnati nella costruzione di un edificio. Non manca neppure un riferimento allo studio, come dimostra un signore ben vestito in cattedra che insegna di fronte ad un uditorio attento. Ci sono anche attività non lavorative, come è logico aspettarsi in una città pacifica e florida. Una fanciulla a cavallo con la corona in testa si prepara al matrimonio, osservata da due donne che si stringono l'una nell'altra e da un altro giovane di spalle, e seguita da due giovani a cavallo e, più indietro, da altri due giovani a piedi. Molto bello è il gruppo di danzatrici che si tengono per mano e ballano al ritmo di suonatrice di cembalo, nonché cantante. La città è delimitata e separata dalla campagna del contado dalle mura rappresentate di scorcio. E proprio in prossimità delle mura la piazza sembra popolata da quelle attività lavorative cittadine che più hanno legami con la campagna: in basso a destra un pastore sta lasciando la città per dirigersi in campagna insieme al suo gregge di pecore. Più in alto due muli sono carichi di balle di lana, altri recano

fascine, mentre un signore ed una signora a piedi portano, rispettivamente, un cesto di uova ed un'anatra. Tutta merce proveniente dalla campagna per essere venduta in città. La città rappresenta l'unione armonica delle virtù civili: Sapienza, Coraggio, Giustizia e Temperanza. In primo piano il motivo della danza allude al tema della Concordia, virtù indispensabile per la convivenza pacifica.

Piero della Francesca si concentra sul concetto di vuoto della funzione prospettica. La prospettiva regolarizza lo spazio come nel caso del quadro Annunciazione 1452-1458, che appartiene al polittico della misericordia a Perugia. ! Il polittico ha come soggetto prioritario la madonna col bambino. L’annunciazione è il soggetto religioso che viene definito con un angelo dai colori celestiali sulla sinistra, mentre sulla destra la madonna vestita di rosso e d’azzurro tiene in mano un quadro. La parte centrale è vuota ed è una sequenza di un numero infinito di colonne posizionate secondo un ordine prospettico, che porta ad un fondo chiuso anche se del colore del cielo. Lo spazio vuoto diventa protagonista e centro della composizione, quasi esercizio estremo della raffigurazione della prospettiva con un lieve spostamento verso destra, dove si nota che le colonne sono maggiormente illuminate dal sole calante. Questo è un esempio del modo in cui il vuoto viene configurato dall’artista. !

La pala di Brera 1472 è esemplare delle ricerche prospettiche compiute dagli artisti del centro Italia nel secondo Quattrocento. Si tratta di un'opera monumentale, con un trattamento magnifico della luce, astratta e immobile, e un repertorio iconografico di straordinaria ricchezza. L'opera presenta al centro la Madonna in trono in posizione di adorazione, con le mani giunte verso Gesù Bambino addormentato sul suo grembo. La sua figura domina la rappresentazione e il suo volto è il punto di fuga dell'intera composizione. Il trono si trova poggiato su un prezioso tappeto anatolico, un oggetto raro e prezioso ispirato a dipinti analoghi dell'arte fiamminga. Attorno vi è una schiera di angeli e santi. In basso a destra si trova inginocchiato e in armi, il duca Federico. Fa da sfondo alla composizione l'abside di una chiesa dalla struttura architettonica classicheggiante. Il Bambino porta al collo un ciondolo di corallo che cela rimandi al rosso del sangue, simbolo di vita e di morte, ma anche della funzione salvifica legata alla resurrezione di Cristo. L'impianto prospettico del dipinto converge in un unico punto di fuga centrale, collocato all'altezza degli occhi della Vergine il cui volto ovale si pone perfettamente in linea con l'uovo di struzzo che pende dal catino absidale. L'armonia della composizione è ottenuta attraverso la ripetizione di un modulo circolare: la volta a botte in alto, lo sfondo scandito da pannelli di marmo e i santi disposti intorno alla Vergine sottolineano la struttura semicircolare dell'abside.

Gli abiti, molto ricercati, le pietre degli angeli e l'armatura sono dipinti con minuziosi particolari, secondo un gusto tipicamente fiammingo. Federico da Montefeltro è vestito dell'armatura, con la spada e un ricco mantello a pieghe, mentre in terra si trovano l'elmo, descritto fin nei più ricercati riflessi metallici della luce e dell'elsa della spada, il bastone del comando e le parti dell'armatura che coprono mani e polsi, per permettergli di giungere le mani in preghiera. Secondo il saggio di Kubler, la dimensione storica permette di interpretare maggiormente le opere. Egli inoltre considera la storia delle cose. Questa lettura è più di tipo sociologico: l’insieme delle opere che una cultura ha prodotto, costituiscono il ritratto di quella cultura; e porre attenzione allo scorrere del tempo, a come le cose vengono conservate e riportate in auge, permette di entrare in rapporto con le epoche, oltre che con i personaggi, gli artisti e le figure individuali.! Il vaso cinese di epoca Yuan (1279-1368) è di un’epoca molto antica, corrispondente al nostro gotico. La semplicità unita alla ricchezza dei materiali e della lavorazione ci dicono qualcosa sulle caratteristiche di un’epoca in cui la cultura cinese riconosce questo genere di bellezza anche molto essenziale. Oggi questo oggetto viene ricollegato a una visione moderna, mentre nell’800 non veniva notato.! Il vaso in ceramica con Tlaloc è un vaso in terracotta e rivestito di una ceramica grezza azzurra. Rappresenta il volto del dio della pioggia nella civiltà azteca. Questo oggetto ci è noto da pochi decenni.! In città del Messico 500 anni fa è stato riportato alla luce il Templo Mayor, permettendo così di avere una conoscenza maggiore della storia, anche artistica, di una civiltà del passato grazie ad approfondimenti della disciplina dell’archeologia e della storia dell’arte. ! Ogni opera rappresenta quella situazione e quel contesto, nello stesso tempo le forme sono stratificazioni e oggetto di stratificazioni. L’avvicinamento all’arte pre colombiana che abbiamo oggi è condizionato da tutte le forme del primitivismo che nel corso dell’800 e del ‘900 l’arte ha prodotto. Allo stesso modo interpretiamo il vaso di Tlaloc con l’avvicinamento all’arte contemporanea. ! Oltre alle stratificazioni dell’arte bisogna considerare le stratificazioni museali: l’opera non è vista solo come esempio unico ed eccellente, ma deve essere considerata in base alla sua stratificazione culturale. Il compito dello storico è scoprire le molteplici forme del tempo, mentre il suo fine è ritrarlo attraverso le cose. Lo storico deve tenere in considerazione il contesto in cui l’opera è nata, ma anche delle successive integrazioni per fare emergere un disegno unitario.! L’iconografia si propone di descrivere, classificare e interpretare i soggetti e i temi figurati di una determinata opera d’arte. L’iconologia, invece, significa studiare i significati simbolici, emblematici e allegorici. Grazie all’iconologia si passa a un piano interpretativo dell’immagine, legato alla conoscenza delle sue origini, delle ragioni specifiche e del contesto in cui prende forma. ! L’analisi iconografica procede attraverso vari livelli: il primo è quello dell’individuazione generale dei tipi iconografici; il secondo consiste nell’individuazione particolare dei generi iconografici; il terzo consiste nell’individuazione degli schemi iconografico-figurativi applicati nell’opera dall’artista. Attraverso lo studio delle opere nel corso dei secoli, è possibile osservare l’evoluzione dei generi e il rapporto con la realtà in ogni periodo storico. NARRAZIONE STORICA

L’incontro di Leone Magno con Attila 1514 di Raffaello, narra l'incontro, semileggendario, avvenuto nei pressi del Mincio nel 452, tra Attila re degli Unni e Papa Leone I che avrebbe distolto il bellicoso capo barbaro dall'invadere l'Italia. Raffaello ambientò la scena nei pressi di Roma, con evidenti richiami alla situazione politica contemporanea. Sullo sfondo a sinistra si riconosce infatti una città murata, una basilica, un acquedotto e il Colosseo, mentre il colle su cui divampa l'incendio, a destra, è Monte Mario. I due gruppi contrapposti sono quanto di più diverso. Il gruppo degli Unni si slancia estremamente dinamico e furente, bloccato però dalla sfolgorante apparizione degli apostoli armati di spada in cielo. A sinistra invece il papa col suo corteo procede ordinato e pacato nella sua infallibilità. Una tale differenziazione è rispecchiata anche nel paesaggio, placido a sinistra, sconvolto dal fuoco e dalla rovina a destra. Le fattezze del pontefice sono quelle di Leone X, subentrato a Giulio II che era morto nel 1513, anche per l'omonim...


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