Sintesi di filosofia contemporanea PDF

Title Sintesi di filosofia contemporanea
Author Adriano Diodati
Course Sociologia e Criminologia
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
Pages 43
File Size 249.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 62
Total Views 141

Summary

Riassunto dei filosofi richiesti nell'esame...


Description

Kant pagina 2

Idealismo pagina 7

Fichte pagina 8

Schelling pagina 11

Hegel pagina 15

Schopenhauer pagina 19

Kierkegaard pagina 21

La Sinistra e la Destra hegeliana pagina 23

Marx pagina 24

Positivismo sociale pagina 28

Comte pagina 30

Stuart Mill pagina 31

Nietzsche pagina 33

Dilthey pagina 37

Simmel pagina 39

Weber pagina 41

Croce pagina 43

Gentile pagina 46

Freud pagina 48

Kant

• Il criticismo come “filosofia del limite” e l’orizzonte storico del pensiero kantiano

Il pensiero di Kant è detto “criticismo” perché, contrapponendosi all’atteggiamento mentale del “dogmatismo”, fa della critica lo strumento per eccellenza della filosofia.

Criticare dal greco vuol dire giudicare e valutare, ossia interrogarsi sui fondamenti delle esperienze umane chiarendone le possibilità ( le condizioni che ne permettono l’esistenza), le validità (i titoli di legittimità o non che la caratterizzano) e i limiti (i confini di validità). Il criticismo si configura come una filosofia del limite e può venir definito un’ermeneutica della finitudine, ossia un’interpretazione dell’esistenza volta a stabilire, nei vari settori esperienziali, le “colonne d’Ercole dell’umano”. Questa filosofia non è scettica ma serve per garantire la validità entro il suo limite.

Il kantismo si inserisce nello specifico orizzonte storico del pensiero moderno e risulta definito da quelle due coordinate di base che sono:

1. La Rivoluzione scientifica

2. Crisi progressiva delle metafisiche tradizionali

Ciò si ripercuote anche dell’etica e sull’arte che prima venivano dedotte dalla metafisica.

• I “giudizi sintetici a priori”

Kant è convinto che la conoscenza umana e in particolare la scienza offra il tipico esempio di principi assoluti, ossia di verità universali e necessarie ( che valgono ovunque e sempre allo stesso modo) pur derivando in parte dall’esperienza . La scienza presuppone anche taluni principi immutabili che ne fungono da pilastri.

Giudizi: poiché consistono nell’aggiungere un predicato ad un soggetto

Sintetici: perché il predicato dice qualcosa di nuovo e di più rispetto ad esso

A priori: perché essendo universali e necessari non possono derivare dall’esperienza

I giudizi fondamentali della scienza non sono quindi né giudizi analitici a priori né giudizi sintetici a posteriori ( pag 341). Essi simboleggiano la concezione criticistica della scienza di Kant. La scienza, per Kant, risulta feconda in duplice senso: sia per il contenuto (che deriva dall’esperienza), sia per la forma (che deriva dai giudizi sintetici a priori).

I giudizi sintetici a priori sono la piattaforma della scienza e ciò che conferisce universalità e necessità al sapere.

• La “rivoluzione copernicana”

Dopo aver messo in luce che il sapere poggia su giudizi sintetici a priori, Kant si trova di fronte al complesso problema di spiegare la provenienza di questi ultimi. Infatti, se non derivano dall’esperienza, da dove deriveranno i giudizi sintetici a priori?

Teoria della conoscenza: sintesi di materia e forma

Materia: molteplicità caotica e mutevole dell’impressioni sensibili che provengono dall’esperienza.

Forma: l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente umana ordina tali impressioni (spazio, tempo e le 12 categorie).

• L’estetica trascendentale

La teoria dello spazio e del tempo

Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori e considera la sensibilità “recettiva”, perché essa non genera i propri contenuti ma li accoglie, per intuizione dalla realtà esterna. Tuttavia la sensibilità non è soltanto recettiva, ma anche attiva, in quanto organizza il materiale delle sensazioni tramite lo spazio e il tempo che costituiscono le forme a priori della sensibilità.

Secondo Kant spazio e tempo a priori poiché non si può fare esperienza senza presupporre queste due rappresentazioni.

La fondazione kantiana della matematica

Kant vede nella geometria e nell’aritmetica delle scienze sintetiche a priori per eccellenza. Sintetiche in quanto ampliano le nostre conoscenze mediante costruzioni mentali (es: 7+5=12).

Qual è, allora, il punto di appoggio delle costrizioni sintetiche a priori delle matematiche? Kant afferma che esso risieda nell’intuizioni di spazio e tempo (es: pag 347).

• L’analitica trascendentale

Sensibilità e intelletto sono entrambi indispensabili alla conoscenza, poiché “senza sensibilità, nessun oggetto ci verrebbe dato e senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato”. Kant sostiene che le intuizioni sono delle affezioni (qualcosa di passivo), mentre i concetti sono delle funzioni (operazioni attive) che consistono nell’ordinare o nell’unificare diverse rappresentazioni “sotto una rappresentazione comune”. Ora, i concetti possono essere empirici, cioè ricavati dall’esperienza, o puri, cioè contenuti a priore nell’intelletto.

I concetti puri si identificano con le categorie, cioè con quei concetti basilari della mente che rappresentano le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto (Categorie: Quantità , Qualità, Relazione e Modalità).

Che cosa ci garantisce che la natura obbedirà alle categorie secondo le nostre maniere di pensarla?

Kant risponde che vi è una suprema unità fondatrice della conoscenza con quel centro mentale unificatore che egli denomina “io penso”

L’io legislatore della natura: e la formula che riassume il senso profondo della “rivoluzione copernicana”. Dall’io penso e dalle categorie si possono derivare soltanto le leggi che regolano la natura in generale. Le leggi particolari, invece, sono tratte dall’esperienza (natura ordinata attraverso i principi umani).

• La dialettica trascendentale

Dialettica: con questo temine si intende il significato negativo di “logica della parvenza”, ossia di un arte sofistica di dare alla propria ignoranza, anzi alle proprie volute illusioni, l’aspetto della verità, contraffacendo il metodo e il pensiero fondato.

Per Dialettica trascendentale Kant intende l’analisi e lo smascheramento dei ragionamenti fallaci della metafisica. Secondo Kant nasce così quest’ultima, ovvero, dall’intelletto che cerca di comprendere il regno

dell’assoluto e trarre così una spiegazione globale ed onnicomprensiva di ciò che esiste. Spiegazione che fa leva sulle tre idee trascendentali che sono proprie della ragione. Infatti, quest’ultima è costitutivamente portata ad unificare i dati del senso interno mediante l’idea di anima, che è l’idea dell’attualità assoluta dei fenomeni interni, ad unificare i dati del senso esterno mediante l’idea di mondo, che l’idea della totalità assoluta dei fenomeni esterni; in fine ad unificare i dati interni ed esterni mediante l’idea di Dio, inteso come totalità di tutte le totalità e fondamento di tutto ciò che esiste.

Psicologia razionale: è fondata su di un “paralogisma”, cioè un ragionamento errato, che consiste nell’applicare la categoria di sostanza al io penso trasformandolo in una realtà permanente chiamata “anima”. In altri termini, l’equivoco della psicologia razionale consiste nella pretesa di dare tutta una serie di valori positivi a quella X funzionale ed ignota che è l’io penso, ossia nella pretesa di identifica con un’anima immateriale, incorruttibile, spirituale e immortale, quella che soltanto la condizione formale suprema del costituirsi dell’esperienza. Secondo Kant possiamo conoscere solo l’io che ci appare ossia l’io fenomenico, ma non l’io noumenico.

Cosmologia razionale: ha per oggetto il mondo o il cosmo, cioè la totalità incondizionata dei fenomeni. Poiché la totalità dell’esperienza non è mai un’esperienza, l’idea che ne risulta è illegittima e dà luogo ad antinomie.

Antinomie: indicano il conflitto in cui la ragione viene a trovarsi con se stessa quando nella cosmologia razionale fa uso della nozione di mondo. In particolare, le antinomie si concretizzano in coppie di affermazioni opposte, dove l’una (la tesi) afferma e l’altra (antitesi) nega, ma tra le quali non è possibile decidere. Le antinomie dimostrano l’illegittimità di mondo.

Teologia razionale: ha per oggetto Dio, che secondo Kant rappresenta l’”ideale” della ragion pura, cioè quel supremo “modello” personificato di ogni realtà o perfezione che i filosofi hanno designato come “essere originario”, concependolo appunto come il “modello (protòtypon) di tutte le cose, le quali tutte, in quanto copie inadeguate (èctypa), traggono da quello la materia della loro possibilità e, per quanto gli si avvicinano, restano tuttavia lontane dal raggiungerlo”. La tradizione ha elaborato una serie di “prove dell’esistenza di Dio”, che Kant raggruppa in tre classi:

• Prova ontologica di Sant’Anselmo

• Prova cosmologica: “se esiste Dio esiste un orologiaio”

• Prova fisico – teleologica

Il limite di queste “prove” consiste nel fatto che esse presuppongono tutte la logica dell’argomento ontologico, ossia la pretesa di derivare, da semplici idee, delle realtà.

• La “Critica della ragion pratica”

Ragion pura pratica: con questa espressione Kant intende la morale stessa, concepita come un’attività razionale o a priori che risulta “da sé sola sufficiente a determinare la volontà”. Ad essa si contrappone la ragion pratica “empiricamente” o “patologicamente” condizionata, cioè quel tipo di ragione extra – morale che “si limita semplicemente a dirigere l’interesse delle inclinazioni sotto il principio sensibile della felicità”.

Poiché la dimensione della moralità si identifica con la dimensione della ragion pura pratica il filosofo dovrà distinguere in quali casi la ragione è pratica e, nello stesso tempo, pura (ovvero morale) e in quali casi essa è pratica senza essere pura (ovvero non morale). A questo serve appunto la Critica della ragion pratica.

La ragion pratica non ha bisogno di essere criticata nella sua parte pura, perché in questa essa si comporta in modo perfettamente legittimo, obbedendo ad una legge appunto universale. Invece

nella sua parte non pura, cioè legata all’esperienza,la ragion pratica può darsi delle massime, cioè delle forme di azione, e perciò non legittime dal punto di vista morale. La critica della ragion pratica ha dunque l’obbligo di contestare alla ragione condizionata empiricamente la pretesa di costituire essa sola il motivo determinante della volontà.

Il motivo che sta alla basa della “Critica della ragion pratica” è la persuasione che esista, scolpita nell’uomo, una legge morale a priori valida per tutti e per sempre. Quindi, il filosofo non ha il compito di “dedurre”, e tanto meno di “inventare”, ma unicamente di “constatare” perché la legge morale è una legge sintetica e a priori.

• La “categoricità” dell’imperativo morale

Kant distingue i “principi pratici” che regolano la nostra volontà in massime e imperativi

Massime: è una prescrizione di valore puramente soggettivo (es: vendicarsi per ogni offesa subita)

Imperativo: è una prescrizione di valore oggettivo

Ipotetici : prescrivono dei mezzi in vista di determinati fini ed hanno la forma del “se… devi” (es: se vuoi conseguire buoni risultati, devi impegnarti)

Categorici: ordina il dovere in modo incondizionato, ossia a prescindere da qualsiasi scopo, e non ha la forma del “se… devi”, ma del “devi”.

In conclusione, solo l’imperativo categorico, che ordina un “devi” assoluto, e quindi universale e necessario, ha in se stesso i contrassegni della moralità. In altri termini, l’imperativo categorico è quel comando che prescrive di tener sempre presenti gli altri e che ci ricorda che un comportamento risulta morale solo se supera il “test della generalizzabilità” (l’unico sentimento accettato nella ragion pratica è il rispetto per l’altro; l’uomo deve darsi una legge morale con la ragione e non con il sentimento (no metafisica)).

Il senso profondo dell’etica kantiana, e della sua sorta di “rivoluzione copernicana morale”, consiste infatti nell’aver posto nell’uomo e nella sua ragione il fondamento dell’etica, al fine di salvaguardarne la piena libertà e purezza.

Postulato della ragion pura pratica: proposizione teoretica non dimostrabile che inerisce alla legge morale come condizione della sua stessa esistenza e pensabilità: “col che intendo una proposizione teoretica, che non può essere dimostrata come tale, perché inerente inseparabilmente a una legge pratica cha ha un valore a priori incondizionato”. Come tali, i postulati “non sono dogmi teoretici, ma presupposizioni necessarie dal punti di vista pratico, ovvero esigenze che vengono ammesse, ma non possono venire dimostrate.

Postulato dell’immortalità dell’anima: scaturisce dall’argomentazione che:

a. Poiché solo la santità (conformità completa della volontà alla legge) rende degni del sommo bene e

b. Poiché la santità non è mai realizzabile nel nostro mondo

c. Si deve per forza ammettere che l’uomo, dopo la morte, possa disporre di un tempo infinito per progredire verso la santità

Postulato dell’esistenza di Dio: se la realizzazione della santità, ovvero dell’immortalità dell’anima, allora la realizzazione del sommo bene (felicità proporzionata alla moralità) comporta il postulato dell’esistenza di Dio.

Postulato della libertà: è la condizione stessa dell’etica, che nel momento stesso in cui prescrive il dovere presuppone anche che si possa agire o meno in conformità di esso e che quindi si sia sostanzialmente liberi.

• La “Critica del giudizio”

Nella Critica del giudizio Kant studia il sentimento e permette l’incontro tra due mondi: quello della conoscenza e quello della morale, questa unione e mediata dal sentimento.

Per Kant i giudizi si dividono in:

Determinanti: giudizi conoscitivi e scientifici studiati nella Critica della ragion pura, cioè quei giudizi che determinano gli oggetti fenomenici mediante forme a priori universali (spazio, tempo e le 12 categorie).

Riflettenti: giudizi sentimentali, che si limitano ad riflettere su di una natura già costituita mediante giudizi determinati e ad apprenderla attraverso le nostre esigenze universali di finalità e di armonia.

Estetico: che verte sulla bellezza (vissuti immediatamente)

Teleologico: che riguarda il discorso sui fini della natura (pensati concettualmente)

Entrambi sono giudizi sentimentali puri , cioè derivanti a priori dalla nostra mente.

• Il sublime

Sublime: un valore estetico che è prodotto dalla percezione di qualcosa di smisurato o di incommensurabile

Matematico: nasce in presenza di qualcosa smisuratamente grande (galassie)

Dinamico: nasce in presenza di strapotenti forze naturali (montagne)

Inizialmente avvertiamo un senso della nostra piccolezza materiale nei confronti della natura. In seguito avvertiamo invece un vivo sentimento della nostra grandezza ideale, dovuta alla dignità di essere umani pensanti, portatori delle idee della ragione e della legge morale.

• Il giudizio teleologico

Secondo Kant il giudizio finalistico o teleologico non è determinante, bensì riflettente in quanto non coglie un elemento costitutivo delle cose, ma rispecchia semplicemente un modo soggettivo, per quanto inevitabile da parte dell’uomo di rappresentarsele.

Idealismo

L'idealismo in filosofia è una visione del mondo che riconduce totalmente l'essere al pensiero, negando esistenza autonoma alla realtà fenomenica, ritenuta il riflesso di un'attività interna al soggetto. Nell'idealismo è generalmente implicita una concezione etica fortemente rigorosa, come ad esempio nel pensiero di Fichte che è incentrato sul dovere morale dell'uomo di ricondurre il mondo al principio ideale da cui esso ha origine.

In un senso più ampio, il termine abbraccia diversi sistemi filosofici, come il platonismo, che privilegiano la dimensione ideale rispetto a quella materiale, affermando così che l'unico vero carattere della realtà sia di ordine spirituale.

• Rapporti con altri sistemi di pensiero

Nel fare dell'Idea, cioè del pensiero, o del Soggetto, il principio primo da cui nasce e si deduce la realtà concreta (l'essere o l'oggetto), l'idealismo viene contrapposto in particolare:

• al dogmatismo, secondo cui, al contrario dell'idealismo, il soggetto trae la propria esistenza dall'oggetto e non viceversa. Si tratta, comunque, di due prospettive in fondo complementari, basate su una stessa unità immediata di soggetto e oggetto.

• al realismo, secondo cui la realtà esiste indipendentemente dal soggetto. Per gli idealisti, questa concezione sarebbe ferma a uno stadio di inconsapevolezza, incapace di riconoscere che la realtà è una produzione della mente umana. Alcuni idealisti, ad ogni modo, non vollero distruggere del tutto l'impianto scientifico-ontologico del realismo.

• al materialismo, al meccanicismo, e a tutte quelle teorie che si basano su un approccio riduzionistico o utilitaristico alla realtà; ad essi l'idealismo contrappone la dimensione inconscia e interiore dell'individuo, esaltando il sogno, la fantasia, l'immaginazione, il sentimento morale ed artistico come le vie maestre in grado di condurre alla verità.

Occorre comunque tener presente che l'idealismo, per la varietà degli autori a cui può essere ricondotto, confina con le più diverse tradizioni di pensiero. Vi è chi, come Hans Georg Gadamer, ritiene che l'idealismo coincida di fatto col realismo medievale, per l'"anteriorità" attribuita ai concetti rispetto alla realtà. Si possono poi trovare affinità anche col razionalismo di Cartesio, che confida nella capacità della ragione di raggiungere la res a prescindere dai sensi, anche se va fatta in proposito una distinzione radicale, dato che Cartesio era comunque un realista. In secondo luogo, il problema cui intendeva rispondere era diverso da quello posto dall'idealismo: egli cercava una risposta circa lo strumento della conoscenza, l'idealismo invece circa l'oggetto di tale conoscenza.

C'è poi il caso di un idealismo empirista, facente capo a George Berkeley, che potrebbe essere considerato uno degli idealisti più radicali: il suo empirismo si contrapponeva alla concezione razionalista che le idee della ragione avessero un fondamento nella realtà oggettiva.

Due sono i movimenti che si originano da quello tedesco: quello angloamericano e quello italiano.

1. Idealismo italiano: vi giunge, come quello classico tedesco, per via positiva, cioè mostrando nella struttura stessa del finito, nella sua intrinseca e necessaria razionalità, la presenza e la realtà dell’Infinito.

2. Idealismo inglese: giunge a quell’identità per via negativa, cioè mostrando che il finito, per la

sua intrinseca irrazionalità,non è reale o è reale solo nella misura in cui rivela e manifesta l’infinito, che, in ogni caso, è l’unica e sola realtà.

• Nascita dell’Idealismo in Italia

Nella seconda metà dell’800 la dottrina di Hegel ebbe in Italia il suo centro di studio e di diffusione nell’Università di Napoli, dove la professarono Augusto Vera (1813-1885) e l’hegeliano di destra con tendenze cattolicheggianti Bertrando Spaventa (1817-1883).

All’hegelismo aderirono in Italia nella seconda metà dell’800 numerosi letterati, storici, giuristi e medici oltre che filosofi; ma nessuno di essi seppe aggiungere nulla al pensiero del filosofo tedesco. Solo con Croce e Gentile l’idealismo pr...


Similar Free PDFs