Sociologia DELL\' Innovazione lez 1-36 PDF

Title Sociologia DELL\' Innovazione lez 1-36
Author Virginia Merlatti
Course sociologia dell'innovazione
Institution Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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SOCIOLOGIA DELL’INNOVAZIONELezione 2GLI INNOVATION STUDIESSi definiscono a partire da un focus cognitivo condiviso: il tema dell’innovazione economica e condividono una precisa definizione di innovazione e di innovazione economica.Innovazione è definibile in termini generali come, il mutamento di un...


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SOCIOLOGIA DELL’INNOVAZIONE Lezione 2 GLI INNOVATION STUDIES Si definiscono a partire da un focus cognitivo condiviso: il tema dell’innovazione economica e condividono una precisa definizione di innovazione e di innovazione economica. Innovazione è definibile in termini generali come, il mutamento di uno stato di cose esistente al fine di introdurre qualcosa di nuovo. All’interno di questa definizione sono contenuti tanti processi di cambiamento. (definizione ampia) Innovazione economica è definibile come, un processo istituzionalizzato di cambiamento che introduce elementi di novità economica, nei bisogni che vengono soddisfatti, nei beni e servizi che vengono prodotti e nel loro modo di produzione, distribuzione ed uso. (definizione molto ampia) Dobbiamo capire come sistematizzare queste definizioni rendendole più complesse. Gli innovation studies hanno: 8 Precisi leading scholars: Schumpeter, Freeman, Nelson, Dosi (precisi punti di riferimento scientifici e studiosi) 8 Una comunità scientifica internazionale (prevalentemente europea e Americana) 8 Precisi centri epistemici (SPRU –Sussex University): principale centro e network di ricerca e punto di riferimento degli innovation studies. 8 Una rivista come principale riferimento (Research Policy) È una comunità scientifica piuttosto eterogenea al suo interno e piuttosto coesa con dei punti di riferimento specifici a cui questi studiosi fanno riferimento. Sono un campo di studi in cui convergono diverse discipline. Se gli innovation studies rappresentano una prospettiva interdisciplinare oppure solo un campo di ricerca comune in cui le diverse discipline, tra cui quella sociologica, convergono, ma sono scarsamente in dialogo fra loro. Gli innovation studies cosa rappresentano? Sono costituiti da molte discipline scientifiche ma c’è una prevalenza schiacciante degli economisti (58%), mentre gli ingegneri (9%), geografi (8%), management (6%), sociologia (5%). Gli approcci economici che rientrano negli IS tendono ad essere i più importanti e si caratterizzano per essere approcci eterodossi, mentre gli economisti mainstream tendono a disinteressarsi agli IS (processi e fenomeni di innovazione) e tendono ad avere un ruolo marginale. Del 58% degli economisti, solo una gran parte si possono definire economisti eterodossi. PERCHE’ È IMPORTANTE LA PROSPETTIVA SOCIOLOGICA? (e in particolare quella della sociologia economica) per studiare l’innovazione? PERCHE’ È LARGAMENTE PRESENTE LA PROSPETTIVA ECONOMICA ETERODOSSA, mentre la prospettiva economica mainstream tende a disinteressarsi dagli IS? Proviamo a rispondere alla prima domanda. La sociologia ha una lunga tradizione di studio sull’innovazione, nonostante la percentuale dei sociologi che studiano l’innovazione risulti essere bassa. Si potrebbe quasi dire che l’innovazione è una delle questioni che il pensiero sociale ha sempre tenuto in considerazione, anche prima di costituirsi come campo disciplinare specifico. È un tema che è presente nelle riflessioni dei capostipiti del pensiero socioeconomico. Ha continuato ad esserlo durante tutto il suo sviluppo.

Si tratta di un tema messo esplicitamente a fuoco da sociologi più recenti considerabili i pionieri degli IS: 1. Coleman studi sulla diffusione dell’innovazione 2. Joan Woodward è una sociologia industriale – collocabile nelle scuole delle contingenze 3. Powell eti di conoscenze Per rispondere alla domanda dobbiamo considerare che fino dall’inizio la sociologia si è occupata di processi di innovazione e fenomeni innovativi e ha sempre continuato a farlo. È sempre stato un tema presente nel pensiero socio-economico. Per capirlo andiamo a vedere alcuni classici: ADAM SMITH Non lo si può considerare né un sociologo né un’economista. Vive, scrive e studia in un momento in cui non esistevano dei confini precisi tra economia e sociologia. È sicuramente un capostipite all’interno del pensiero socioeconomico orientale. La causa ultima della ricchezza delle nazioni è la produttività dei lavoratori a produttività dei lavoratori è determinata dalla divisione del lavoro Es. La fabbrica di spilli (1776). Siamo all’interno della prima rivoluzione industriale. Si comincia un’industrializzazione della produzione europea. Un operaio che fa uno spillo dall’inizio alla fine ci impiegherà 1 giorno. La produzione dello spillo suddiviso in 18 operazioni, ciascuna delle quali è compiuta da un lavoratore specializzato, aumenta esponenzialmente la produttività. Una fabbrica di 10 operai produce 48.000 spilli al giorno. La divisione del lavoro aumenta la produttività perché: 1. La destrezza del lavoratore are sempre la stessa operazione permette di acquisire competenza e capacità ( se io costruisco sempre la stessa capocchia di spillo, la mia destrezza aumenterà) 2. Risparmio di tempo un’operazione all’altra

si risparmia tempo facendo sempre la stessa operazione e non passando da

3. Invenzione di nuove macchine are sempre la stessa operazione permette di conoscere sempre meglio gli strumenti che si stanno utilizzando e di capire dove possono essere migliorati L’invenzione di nuove macchine o tecniche, capire dove possono essere migliorati, è un tema centrale e può avere tre origini: 1. Può provenire dai lavoratori per fare meno fatica nnovazioni incrementali (posso capire dove migliorare lo strumento e quindi introdurre in esso le innovazioni incrementali, un piccolo miglioramento) 2. Può provenire da coloro che di lavoro costruiscono le macchine, perché la divisione del lavoro permette di dividere tra chi costruisce capocchie di spillo e chi invece costruire le macchine per la costruzione di queste capocchie di spillo nnovazioni incrementali (conosco bene la macchina costruita e possono capire dove possono migliorarla) 3. Con lo sviluppo della società e delle tecnologie le invenzioni di nuove macchine possono provenire anche da “filosofi e speculativi” o lavoratori intellettuali (scienziati) a questi appartiene la capacità di introdurre innovazioni radicali «Filosofi e speculativi» sono persone la cui professione non consiste nel fare qualcosa, ma nell’osservare ogni cosa, sicchè proprio per questo sono in grado di combinare e unificare le possibilità insite negli oggetti più dissimili e lontani tra loro» (Smith, 1976) «Applicare nel modo più vantaggioso forze che sono già conosciute e che sono già state utilizzate per uno scopo particolare, non è al di sopra delle capacità di un artigiano ingegnoso; ma pensare alla utilizzazione di nuove forze che sono ignote e che non sono mai state utilizzate prima per un analogo scopo, è proprio

soltanto di coloro che sono ad un più alto livello di pensiero e hanno una visione più ampia di quella del semplice artigiano» (Smith, 1976) Introduce la divisione e distinzione tra innovazione incrementale e radicale, incrementale appartiene nelle capacità e possibilità del lavoratore e costruttore di macchine, mentre radicale appartiene alla categoria dei filosofi o degli speculativi (coloro che chiameremmo gli scienziati). L’innovazione è strettamente legata a due fattori/processi sociali ben precisi: a) La specializzazione del lavoro in tutti e tre i casi (operaio, costruttore, macchine e scienziato) b) La capacità di combinazione di diverse componenti (nel caso dello scienziato), è colui che può permettersi di osservare, capire e studiare più cose. Può combinare diversi fattori e aspetti già esistenti facendo risultare qualcosa di nuovo. Il lavoro è alla base della ricchezza delle nazioni. La divisione del lavoro aumenta la produttività e l’innovazione della società. L’innovazione diventa una dimensione caratterizzante. È la sociologia (economica) che studia questi temi: così capiamo come fenomeni e processi di innovazione siano sempre stati al centro del pensiero. KARL MARX Il capitalismo è strettamente connesso al processo tecnologico e scientifico (il capitalismo è innovazione) C’è una lettura di Marx in chiave di determinismo tecnologico. Interpreta il pensiero marxiano sul fatto che lo sviluppo delle forze produttive (tecnologia compresa) determina in ultima istanza il mutamento socioeconomico. Lo sviluppo ella scienza e della tecnica determinerebbe un cambiamento della società. Lo determina dal momento in cui la società passa da capitalista a pre-capitalista. Si tratta di una lettura piuttosto grezza su cui bisogna rimanere cauti. Questa lettura non considera aspetti di cui lo stesso Marx tiene conto: Nelle forze produttive a cui Marx si riferisce sono costituite anche dalla forza lavoro. (il lavoro erogato da uomini e donne che entrano nel processo di produzione) e questo è il primo motivo per cui è difficile assumere l’approccio marxiano nella prospettiva deterministica di cui abbiamo parlato. Il secondo motivo è che la nascita del capitalismo secondo Marx ha poco a che fare con il cambiamento tecnologico, non c’è all’interno del cambiamento sociale (o precedente) un cambiamento tecnologico tale che possa determinare questo cambiamento sociale. Il lavoro astratto (indipendente dalla forma specifica che assume il lavoro in una determinata società) è forza produttiva che crea valore d’uso. Il lavoro è un processo che si svolge tra uomo e natura e si compone di tre elementi: 1. Attività cosciente finalizzata ad uno scopo (attività intenzionale) 2. Oggetto di lavoro 3. Mezzi di lavoro Astrattamente svolgere un lavoro vuole dire avere un obiettivo, al fine di questo obiettivo attivarsi e quindi mettere in campo determinate azioni su un oggetto di lavoro (materiale o immateriale) e intervenire su questo oggetto di lavoro attraverso dei mezzi. (ad esempio, trasformare un info con uno strumento informatico). Questi ultimi due sono mezzi di produzione, ma appunto MEZZI che l’uomo usa per raggiungere i suoi scopi. In ultima istanza è l’uomo (la società) che scegli come usare questi mezzi e quindi come orientare il corso della storia. Ci rendiamo conto di quanto la scienza, la tecnica siano centrali per capire lo sviluppo capitalistico ma non sia un fattore determinante. Si inclina la visione deterministica del pensiero Marxiano per cui la scienza determina il cambiamento.

La nascita del capitalismo ha poco a che fare con il cambiamento tecnologico Nella fase iniziale del capitalismo l’innovazione non è tecnologica, bensì organizzativa (attraverso un atto di violenza) : Concentrazione di masse di lavoratori nella manifattura, cambiamento della divisione e specializzazione del lavoro, introduzione di specifiche modalità di coordinamento e controllo, aumento della produttività (impiego di macchine scarso o nullo) Solo a partire da queste condizioni inizia un processo di svalorizzazione del lavoro (perdita di capacità artigianali) e valorizzazione del capitale Solo successivamente quindi la tecnologia (le macchine) sono sviluppate per produrre un costante aumento della valorizzazione del capitale e si attiva la relazione sviluppo tecnologico e cambiamento (la scienza e la tecnologia si trasformano in una forza produttiva di primaria importanza). Anche per Marx è l’innovazione un tema centrale : il pensiero socio-economico si è sempre occupato dell’innovazione. La prospettiva sociologica per guardare i fenomeni d’innovazione è decisiva, verso cui sono in debito tutte le altre discipline. Lezione 3 L’innovazione è sempre stato un tema di cui il pensiero socio-economico e sociologico si è sempre occupato. È un tema che si può trovare nelle opere e riflessioni, nei pensieri dei classici ma anche nel pensiero più recente. Abbiamo visto in Adam Smith non vi erano i campi disciplinari per definirsi “sociologo” o “economista”, ma lui e Karl Marx sono una base. In Adam Smith il lavoro era alla base della ricchezza delle nazioni e la divisione del lavoro aumenta la produttività; la divisione del lavoro porta all’aumento della capacitò di innovazione della società e questa, attraverso diverse modalità, caratterizzano il processo di sviluppo moderno e l’innovazione diventa una dimensione caratterizzante del nostro mondo. Per Karl Marx l’innovazione è al centro dello sviluppo capitalistico, ma attenzione a chi legge il ruolo che lui attribuisce all’innovazione all’interno della macchina capitalistica, attenzione a chi vi legge una sorta di determinismo tecnologico. In realtà secondo Marx non è tanto la tecnologia, o la scienza, che determina un cambiamento sociale: il capitalismo non nasce con l’innovazione tecnologica, ma nasce con un’innovazione organizzativa e sociale e a partire da queste condizioni la scienza, la tecnica e la tecnologia assumono importanza nel sistema capitalistico. Rimane il fatto che anche per Marx l’innovazione è un tema centrale per capire come funziona il mondo. Questo ci dice che il pensiero socio-economico si è sempre occupato di innovazione. GEORGE SIMMEL Molto importante è l’innovazione per Simmel e ha rappresentato il centro intorno al quale la riflessione di Simmel è avvenuta. È un classico del pensiero sociologico (è un sociologo) . Vive in un periodo in cui sono già più identificabili i confini disciplinari (fine 1800, inizio 1900); quando parla di innovazione sposta la nostra attenzione su individui e gruppi di innovatori. La domanda che si pone: “Chi sono gli innovatori? Perché sono innovatori? Quali sono le caratteristiche che ci portano a dire che quell’individuo o gruppo di individui sono innovatori?” Risposta (paradossale) di Simmel non sono i gruppi dominanti, coloro che sono integrati, gli inclusi bensì: Gruppi sociali, etnici e religiosi declassati e oppressi coloro che sono ai margini rispetto alla parte privilegiata della società. Tutti coloro che risultano esclusi dal pieno godimento dei diritti di cittadinanza delle diverse società: Ebrei Eretici Stranieri : tutti colori che le società dominanti hanno teso ad escludere. L’esclusione parziale da percorsi di ascesa sociale convenzionali ha portato questi gruppi a “ingegnarsi” e a trovare modalità di ascesa alternative (innovare). Ha portato i gruppi (parzialmente) oppressi a dover trovare soluzioni nuove per percorrere quell’ascesa sociale che, attraverso i canali convenzionali gli era preclusa.

1. Oppressione produce voglia di cambiamento e di trasformazione: propensione all’innovazione . Chi ha voglia di cambiare lo status quo se non coloro che dallo status quo sono esclusi o svantaggiati? 2. Persecuzione produce messa al bando, modalità e spostamenti: propensione al rischio e senso di sfida . L’innovatore deve accettare un margine di rischio e un senso di sfida. Chi gode pienamente dell’appartenenza al gruppo dominante non ha questo margine di rischio e senso di sfida. 3. Discriminazione produce ascesa sociale bloccata (status sociali preclusi): unico modo di ascesa sociale è cambiare, o di cambiare i meccanismi di ascesa sociale della classe dominante, quindi introdurre un’innovazione o cercarne di alternativi. 4. Emarginazione produce aumento della solidarietà interna al proprio gruppo di appartenenza (disponibilità di risorse per innovare) L’innovazione non si trova nei ceti più alti della società (nobiltà o aristocrazia), proprio perché non aveva bisogno di una propensione all’innovazione. Lo status quo in cui era inserita (gruppo dominante) non la portava a ricercare soluzioni alternative o a cambiare la società così come era costruita. La sociologia e i classici della sociologia hanno aggredito direttamente il tema dell’innovazione. Simmel arriva a dire che la figura tipica dell’innovatore non è il cittadino ma è lo straniero in quanto perfetta sintesi di distanza e vicinanza. Non è escluso dalla società perché vi risiede, ma non vi appartiene del tutto ambiguità e la incorpora

rappresenta questa

È maggiormente libero rispetto alle convenzioni, norme e abitudini del gruppo maggioritario È situato (culturalmente e redazionalmente) tra due mondi e quindi è in gradi di combinare idee diverse, modi di osservare diversi, usanze differenti e risorse diverse. chi appartiene ad un mondo piuttosto che ad un altro non riesce a combinare Lo straniero non appartiene né totalmente alla società che lo sta ospitando ed è lontano dalla società che lo ha generato. Lo straniero può produrre qualcosa di innovativo sia per il mondo da cui proviene, sia per il mondo che lo ha accolto. WERNER SOMBART Sulla linea di ciò che Simmel sostiene, Sombart individua nel migrante il potenziale innovatore. Di solito si pensa al migrante come alla figura più vulnerabile ma sia Simmel che Sombart individuano in lui il potenziale innovatore. Il migrante è il “rules breacker” colui che rompe le regole, le convenzioni, i valori e le norme. Ha rotto, già nel momento di migrare, relazioni, abitudini e usanze. ha una certa abitudine in senso sociologico che tende a rompere queste relazioni, abitudini e usanze. Nel momento in cui fa questo deve creare, più di altri, tutto dal nulla, ex-novo “Gli individui che decidono di migrare sono le nature più attive, più volitive, più audaci, più fredde, più calcolatrici e meno sentimentali, indipendentemente dalle ragioni della migrazione”. (proprio perché le condizioni in cui si trovano li portano ad essere in questo modo). Sombart enfatizza alcune caratteristiche, ma ha la capacità di restituirci il potenziale innovatore perché la condizione in cui il migrante è posto lo porta verso questa attitudine, a differenza di chi gode interamente dell’appartenenza al gruppo dominante. Da Simmel e da Somart emergono due dimensioni analitiche: 1. Dimensione socionormativa in cui si crea l’innovazione. Per il migrante le comunità sono meno chiuse, i confini sono più valicabili e i meccanismi di controllo socionormativi più deboli. Chiave competitiva è la marginalità. Questo ha influenzato il pensiero socio economico che si è sviluppato successivamente quando si è occupato di innovazione. Ad esempio, in un settore economico

possono essere le imprese marginali, piuttosto che quelle centrali e più forti ad avere un potenziale di innovazione più alto. 2. Dimensione sociocognitiva in cui si determina l’innovazione. La collocazione per il migrante al confine tra mondi diversi consente di costruire ponti e di ottenere e usare informazioni non ridondanti e aprendo una molteplicità di combinazioni. Chiave competitiva è l’intermediazione. Essere capaci di integrare risorse diverse, provenienti da mondi diversi a cui si ha accesso perché si ha una storia particolare. Se si vuole analizzare l’innovazione, bisogna allontanarsi dall’idea che è l’attore più integrato quello che ci può restituire di più in termini di innovazione e di potenziale innovativo. Questo non è così capace di svolgere un ruolo di intermediatore tra mondi e culture diverse, che invece chi è in transizione può avere. Quella figura che è capace per storia familiare di transitare tra due mondi è il migrante. L’eredità di Simmel e Sombart è enorme. Ancora oggi le innovazioni, soprattutto quelle economiche (ma non solo), sono studiate richiamandosi, più o meno esplicitamente, a queste prospettive. Esempi: Importante filone di studi sul cosiddetto ethnic business: ambito in cui è possibile individuare elementi che si richiamano alle figure e dimensioni che Simmel e Sombart hanno citato. Le economie di enclave I network dei migranti (A. Portes) La teoria delle middleman minorities teoria che vede questi gruppi di emarginati, oppressi, eretici della storia, gruppi che hanno avuto la capacità di, per le risorse specifiche derivanti dalla condizione sociale in cui erano collocati, sfruttare queste risorse per apportare elementi di innovazione. In sintesi, la sociologia si è sempre occupata dell’innovazione e i processi di innovazione sono sempre stati osservati a partire dalla loro collocazione nei contesti sociali, culturali ed economici. La sociologia è stata una delle prime discipline che ha messo a fuoco il fenomeno di innovazione della società moderna. Non a caso la sociologia, nonostante sia formalmente sottorappresentata negli IS (solo il 5%). Fornisce a tutte le altre discipline che costituiscono gli IS, alcuni concetti fondamentali per studiare i processi e i fenomeni innovativi Istituzione Fiducia Reti, relazioni, embeddedness Si tratta di concetti largamente utilizzati anche dalla disciplina economica, MA solo dall’economia eterodossa, quella cioè che si contrappone al mainstream economico (l’economia neoclassica). Di fatto il conflitto tra prospettiva economiche mainstream (ne...


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