Stati Uniti, Cominter, Dichiarazione di Balfour, bonapartismo, rivoluzione cinese e giapponese PDF

Title Stati Uniti, Cominter, Dichiarazione di Balfour, bonapartismo, rivoluzione cinese e giapponese
Course Storia Moderna
Institution Università Telematica Internazionale UniNettuno
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Stati Uniti, Cominter, Dichiarazione di Balfour, bonapartismo, rivoluzione cinese e giapponese...


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STATI UNITI: Intorno al XIX secolo gli Stati Uniti erano in crescente espansione, questo anche grazie al flusso migratorio proveniente dall’Europa. Negli Stati Uniti coesistevano tre differenti società in diverse zone del paese che assumevano un loro sistema economico, i loro valori e tradizioni culturali: - gli stati del nord-est era la zona più progredita, più ricca e industrializzata dove sorgevano i migliori centri urbani (New York, Boston e Philadelphia). Inoltre qui si concentravano i commerci con l’Europa ed era presente l’ondata migratoria. La società era influenzata dal capitalismo imprenditoriale dominato dai gruppi industriali, commerciali e bancari. - stati del Sud era una società agricola e profondamente tradizionalista che fondava la sua economia sulle piantagioni di cotone. La manodopera che vi lavorava era costituita da schiavi neri. - stati dell’ovest fatta da liberi agricoltori e allevatori di bestiame, era una società in rapida evoluzione nonostante ciò restava legata all’iniziativa individuale, l’indipendenza e l’uguaglianza delle opportunità. Fu proprio lo stato dell’Ovest a portare ad un contrasto tra Nord-Est industriale e il Sud schiavistico poiché l’ideologia dei paesi non si conciliava. Inoltre è fondamentale evidenziare che l’economia dei paesi del Sud era un vincolo per il capitalismo del Nord. Le piantagioni di cotone infatti costituivano il 75% della produzione mondiale di cotone e alimentava un flusso di esportazioni verso l’Europa. Fino alla metà del secolo il cotone ebbe un peso per l’economia statunitense, le manifatture che lavoravano il cotone erano il primo nucleo importante dell’industria statunitense. Quando però negli anni ’40 – ’50 lo sviluppo industriale si allargò a nuovi settori come quello meccanico, diminuì l’importanza della produzione di cotone e questo allentò i rapporti tra Nord e Sud. Nello stesso periodo però si rafforzo il rapporto tra Nord e Ovest agricolo poiché quest’ultimo trovava nelle aree urbane ampi sbocchi per i suoi prodotti e costituiva un ottimo mercato per l’industria meccanica (macchine agricole). Il 18 dicembre del 1865 è un giorno importante da ricordare, non solo per la storia degli Stati Uniti d’America, ma bensì per l’intero pianeta. In quel giorno, infatti, entrò in vigore il tredicesimo emendamento della Costituzione americana che aboliva – ufficialmente – la schiavitù. Quell’emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America vedeva la luce al termine di una sanguinosissima e terribile guerra: la Guerra di Secessione americana. (1961 – 1965) Prima di quell’approvazione legislativa, la schiavitù era rimasta legale solo nel Delaware, nel Kentucky, nel Missouri, nel Mariland e nel New Jersey. In tutti gli altri Stati federati degli USA gli schiavi erano già stati “affrancati” – come si dice in gergo – e quindi resi liberi grazie all’azione dei governi statali. Il testo del tredicesimo emendamento recita espressamente: “La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione [..]”. Gli eventi che, in questo frangente, mutarono il corso della storia, hanno a che vedere anche con l’elezione, nel 1860, di Abraham Lincoln alla Casa Bianca. Egli, infatti, dopo essere stato eletto Presidente, proibì la schiavitù in tutti gli Stati che non la utilizzavano mantenendola solo al sud. Dopo la guerra di secessione verrà promulgato il XIII emendamento alla Costituzione, che proibiva la schiavitù a livello federale.

il Comintern (Terza Internazionale): esso rappresenta il tentativo di proporre una Nuova Internazionale Socialista. Prima v’erano state:





La Prima Internazionale, fondata da Carl Marx nel 1864 a Londra. Marx studia tutte le sue teorie sul socialismo e sul comunismo sul modello della rivoluzione industriale britannica. L’idea di Marx era quella che, in una stagione in cui si afferma il nazionalismo degli Stati nazionali europei e vi sono processi di unificazione, il mondo socialista deve contrapporre a questo nazionalismo statuale un internazionalismo; L’impostazione di Marx era un’impostazione molto teorica, elitaria, di alta borghesia che ha a che fare con la rivoluzione industriale; La Seconda Internazionale nasce circa 20 anni dopo, nel 1889, a Parigi, nel cuore della rivoluzione industriale che si allarga all’Europa industriale, quindi Belgio, Francia, Olanda, Italia del Nord, ecc. Questa è dominata dai partiti socialisti riformisti , partiti tendenzialmente abbastanza moderati che concepiscono le riforme dentro all’ordine costituzionale (non vogliono la rivoluzione come idea, ma la concepiscono come passaggio successivo).

Con la rivoluzione russa, Lenin si appropria dell’idea dell’internazionale e fonda il Comintern, che diventa una rete di collegamento fra tutti i partiti comunisti del mondo che cominciano a separarsi dai partiti socialisti. La differenza del Comintern rispetto alla Prima e alla Seconda Internazionale è che c’è una potenza internazionale che lo appoggia e che lo promuove, l’Unione Sovietica. Il Comintern ha dunque come referente uno Stato che ha un luogo fisico, Mosca è la sede dove si elaborano delle strategie di intervento: gli scenari cominciano a cambiare in modo molto significativo. L’idea della SDN è quella di affidare in mandato a potenze occidentali dei territori che facevano parte dell’Impero ottomano. Si introduce il principio dei mandati: “mandato” teoricamente significa dare territori alla Gran Bretagna e/o alla Francia affinché li accompagnino alla maturazione verso l’indipendenza; questo sarà un ulteriore fallimento della Società delle Nazioni perché FR e GB, quando riceveranno questi territori, li gestiranno come proprie colonie e non con una logica di emancipazione e di indipendenza. Ancora prima dello scoppio della guerra, i britannici avevano fomentato molto il nazionalismo arabo contro gli ottomani. Lawrence d’Arabia era una spia del Foreign Office ed era pagato per creare alleanze con famiglie e liberali che volevano aiutare la Gran Bretagna contro l’impero ottomano. L’effetto di tutta questa grande operazione spionistica britannica sarà proprio quello che succede alla fine della guerra, perché tutto il territorio che oggi comprende la Siria e il Libano viene dato in mandato alla Francia, quello che comprende la Palestina, l’attuale stato di Israele (nato nel 1948), il territorio della Transgiordania (che oggi è in parte dello stato di Israele e in parte della Giordania) e l’Iraq, viene dato in mandato alla Gran Bretagna e la stessa comincerà a fare una politica un po’ ambigua. Nel 1926 ci sarà la Dichiarazione di Balfour, con cui i britannici riconoscono il diritto agli ebrei di Europa ad avere un focolare domestico in territorio palestinese: i britannici cominciano a permettere il ritorno degli ebrei occidentali in territori palestinesi. In questa fase c’era inoltre un’incredibile pluralità religiosa ed etnica: esistevano musulmani sciiti e sunniti, alawiti, c’erano ebrei di diverse derivazioni e diramazioni (soprattutto sefarditi); c’era presenza di cristiani drusi, maroniti, di rito greco, ortodosso e armeno, quindi una complessità etnica e religiosa che conviveva molto bene perché - a dispetto di quello che si pensa - all’interno dell’Impero ottomano era possibile esercitare la propria libertà religiosa pagando una tassa particolare (meccanismo che si romperà dopo la Seconda Guerra Mondiale). RICAPITOLANDO Siria e Libano vanno sotto controllo francese; Palestina, Transgiordania e Iraq vanno sotto controllo britannico. In più in tutti questi territori nascono una serie di Stati indipendenti arabi che però

hanno una prerogativa molto particolare. Il più importante è l’Arabia Saudita che è gigantesco, ma è per l’80% deserto, quindi non ha una reale grande estensione, anche se ha una particolarità enorme: la famiglia degli ĀlSaʿūd si allea con i britannici e controlla la Medina e La Mecca, le città sante dell’Islam. Altro punto di forza è che in Arabia Saudita e nei principati che poi danno vita a degli Stati del Kuwait e degli Emirati Arabi si cominciano a trovare, con le prime prospezioni, giganteschi giacimenti petroliferi: nell’arco di 10 anni quest’area diventerà il polmone della produzione petrolifera, sottraendo il primato al Golfo del Messico. L’Iran è l’antica Persia, quindi non va confuso con i Paesi arabi: è islamico sciita, di antica tradizione e di lingua Farsi. Altro elemento di novità è che qui nasce la Turchia indipendente, qui si innescano tutta una serie di questioni molto complicate, poiché quello che era l’antico cuore dell’Impero ottomano diventa uno Stato che indica il “modello europeo” e, in particolare, quello tedesco. Diventa uno Stato ipernazionalista, i turchi sono al centro del sistema ed il loro leader MustafaKemal (che si fa chiamare Atatürk → “padre dei turchi”) costruisce il modello statuale nazionale imitando gli europei, costruendo l’idea della popolazione SOLO TURCA. Quest’operazione si intreccia a due vicende molto delicate: il genocidio degli Armeni e l’indipendenza dei popoli curdi.





Genocidio degli Armeni. Il massacro della popolazione armena. I popoli armeni sono i popoli che più anticamente erano presenti in quest’area del mondo. Sono costretti a scappare ed a rifugiarsi nel territorio dell’Armenia Sovietica, che oggi è uno stato indipendente: negli anni successivi alla nascita dell’URSS era uno Stato della federazione sovietica ed il tema è molto delicato perché muoiono centinaia di migliaia di persone (si calcola quasi un milione di persone). La Turchia tutt’oggi non riconosce questo genocidio. Se, ad esempio, un professore in Turchia usa il termine “genocidio” può essere arrestato e perseguito penalmente perché il governo turco la considera una diffamazione. Ovviamente per la comunità internazionale e gli storici è un genocidio; Rimozione dell’indipendenza dei popoli curdi. I curdi sono un popolo particolare indoeuropeo che si trova nella regione tra l’area di Mosul nel nord dell’Iraq, tutta l’area nord orientale della Siria e l’area sud orientale della Turchia.

Approfondimento questione curda PREMESSAI curdi vivono in una regione dell’Iraq, una regione della Siria e una regione della Turchia; definiscono il territorio come Kurdistan, ma in realtà il Kurdistan non è riconosciuto a livello internazionale. È uno di quei popoli che si è trovato schiacciato dal crollo dei grandi imperi e dalla ridefinizione degli Stati nazionali. Nel Trattato di Sèvres (trattato che firmano i vincitori della guerra con l’Impero Ottomano) è presente una clausola che afferma che, in base al principio di autodeterminazione dei popoli firmato nei 14 punti di Wilson, i curdi hanno diritto a costituire un proprio Stato. Passano pochi mesi, nasce la Turchia indipendente di Atatürk (che diventa un alleato delle potenze occidentali), si firma il Trattato di Losanna e la voce che faceva riferimento ai curdi scompare all’improvviso.

La rivolta Taiping in Cina In Cina avverrà una rivolta locale simile a quella indiana causata da una setta para-religiosa all’inizio, che si ispira alla logica della pace celeste, costruita con una commistione di tradizioni cinesi ed influssi evangelici europei. Tale rivolta parte dalle regioni del sud della Cina e arriva a minacciare fortemente il potere imperiale chiedendo diverse riforme; per 5 anni circa viene causata una dilagante situazione di guerra civile che il governo imperiale riesce a sedare - nonostante parecchie difficoltà. Le statistiche (non precise) e le

stime parlano di milioni di morti: una guerra sanguinosissima e durissima in cui il tema cruciale è quello di riformare il vecchio Impero. Il tema dei Taiping si basa sulla debolezza dell’imperatore, il quale dipendeva dagli europei; v’è un’idea di ricostituzione nazionale, di fondazione di una modernità cinese che fallisce (al di là del carattere utopistico).

La rivoluzione Meiji e la nascita della modernità giapponese Altro è invece il discorso del Giappone. Negli anni ‘50 si affacciano altri paesi che vogliono rompere la situazione di chiusura economico-commerciale dello stesso. Nel 1853 una squadra navale mandata dagli Stati Uniti arriva attraverso il Pacifico nei porti giapponesi. Non saranno quindi gli europei, ma gli USA, ad iniziare a colonizzare la costa del Pacifico: mirando ad un’espansione nel Pacifico arrivano nella baia di Tokyo e intimoriscono il governo, in mano allo Shogun (titolo ereditario che significa comandante dell’esercito), con la forza militare e impongono l’apertura di alcuni porti, meccanismo simile alla guerra dell’oppio. La risposta dei giapponesi è diversa da quella cinese: mentre la guerra dell’oppio aveva portato ad una decadenza della Cina, in questo caso c’è una breve guerra civile tra diverse fazioni, lo Shogun viene sconfitto da una coalizione di forze modernizzatrici (piccola nobiltà) che si oppone alla tradizione feudale e che porta dalla propria parte l’Imperatore Meiji. Viene avviato un percorso di risposta all’imperialismo occidentale, non è una resistenza passiva che cerca di difendere una realtà antica ma, anzi, cerca di prendere i mezzi moderni – quelli delle potenze occidentali – per metterli al servizio della difesa dell’antica cultura. Non si modernizzano per omologarsi ma per difendersi. Viene lanciato un programma di apertura commerciale, sociale, militare e industriale. Nel giro di 30 anni c’è un cambiamento totale in Giappone, il quale diventa uno Stato moderno, non subalterno alla tradizione occidentale, ma che vuole difendere la propria tradizione autoctona: attecchisce così anche lo shintoismo, religione organizzata che viene canonizzata dallo Stato e dal nuovo imperatore. Il meccanismo fallito nel caso cinese, riesce a fiorire in quello giapponese. CINA DI MAO: SUL LIBRO Il termine bonapartismo indicava inizialmente l'ideologia politica di Napoleone Bonaparte, durante tutta l'età napoleonica con il suo impero, e dei suoi seguaci e successori. In epoca successiva fu usato per riferirsi al movimento finalizzato a reinsediare al potere la famiglia Bonaparte e il suo stile di governo. In senso più ampio il termine è stato utilizzato per ogni movimento politico che invocasse uno stato autoritario, con a capo un leader fondante la propria autorità su populismo, militarismo e conservatorismo....


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