storia della filosofia 2 RIASSUNTI LIBRO PDF

Title storia della filosofia 2 RIASSUNTI LIBRO
Author Deborah Trozzo
Course Filosofia
Institution Università degli Studi di Perugia
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CAPITOLO 18→ LA RAGIONE NELLA CULTURA ILLUMINISTICA 1. LA RAGIONE DEGLI ILLUMINISTI 1.1. «Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!» Per gli illuministi la conoscenza può liberare le menti dal loro «asservimento spirituale a vari tipi di errori e pregiudizi» (K.R. Popper). Una decisa anche se non ingenua fiducia nella ragione umana, uno spregiudicato uso critico di essa finalizzato alla liberazione dai dogmi metafisici, dai pregiudizi morali, dalle superstizioni religiose, dai rapporti disumani tra gli uomini, dalle tirannie politiche: ecco la caratteristica fondamentale dell'Illuminismo. E sebbene oggi – affermano Max Horkheimer e Theodor W. Adorno in Dialettica dell'Illuminismo (1947) – «la terra interamente illuminata splende all'insegna di trionfale sventura [...]l'Illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l'obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni [...]. Il programma dell'Illuminismo era di liberare il mondo dalla magia. Esso si proponeva di dissolvere i miti e di rovesciare l'immaginazione con la scienza». Fu Christian Thomasius (1655-1728), nelle sue Lectiones de praeiudiciis (1689-1690), a distinguere tra pregiudizi dovuti all'autorità e pregiudizi dovuti alla precipitazione. Gli illuministi si configurano come un esercito in lotta contro tutti i pregiudizi: la verità non ha altre fonti che la ragione umana ed essi fanno «della tradizione un oggetto di critica allo stesso modo che [fa] la scienza della natura rispetto all'apparenza sensibile [...]. Non è la tradizione, ma la ragione la fonte ultima dell'autorità» (H.G. Gadamer). Pur non costituendo l'unico movimento culturale dell'epoca, l'Illuminismo è la filosofia egemone dell'Europa del Settecento. Esso consiste in un articolato movimento filosofico, pedagogico e politico che progressivamente cattura i ceti colti e l'attiva borghesia in ascesa in vari paesi, dall'Inghilterra alla Francia, dalla Germania all''Italia, in parte anche in Russia e persino in Portogallo. Innestandosi su tradizioni diverse, l'Illuminismo viene a configurarsi non come un compatto sistema di dottrine, bensì come un movimento alla cui base sta la fiducia nell’umana ragione il cui sviluppo coincide con il progresso dell'umanità, la liberazione dai vincoli ciechi e assurdi della tradizione, dai ceppi dell'ignoranza, della superstizione, del mito, dell'oppressione. La ragione degli illuministi si esplicita come difesa della conoscenza scientifica e della tecnica quali strumenti della trasformazione del mondo e del miglioramento progressivo delle condizioni spirituali e materiali dell'umanità; come tolleranza etica e religiosa; come difesa degli inalienabili diritti naturali dell’uomo e del cittadino; come rifiuto dei dogmatici sistemi metafisici fattualmente incontrollabili; come critica di quelle superstizioni che sarebbero le religioni positive e come difesa del deismo (e del materialismo); come lotta ai privilegi e alla tirannia. 1.2. La ragione degli illuministi trova il suo paradigma in Locke e in Newton L'Illuminismo è una filosofia ottimistica ed è la filosofia della borghesia in ascesa: è una filosofia che si impegna e lavora per il progresso. «Un giorno tutto andrà meglio, ecco la nostra speranza», dice Voltaire. E questa speranza necessita del nostro impegno; lo sviluppo dell'umanità potrebbe anche ristagnare; e tutto potrebbe esser perduto. Comunque, progresso c'è stato e c'è; anche se non c'è, contrariamente a come penseranno alcuni Positivisti, una ineluttabile legge di progresso. Alla base di questo progresso spirituale, materiale e politico, che non è lineare e che pur tra ostacoli si è dato e si può ottenere, gli illuministi pongono l'uso critico e costruttivo della ragione. Ma -e qui il problema è centrale e insieme ineludibile - di quale ragione si tratta? Ebbene, scrive Ernst Cassirer, «per i grandi sistemi metafisici del secolo XVII, per il Descartes e il Malebranche, per lo Spinoza e il Leibniz, la ragione è il territorio delle "verità eterne", di quelle verità che sono comuni allo spirito umano e a quello divino. Ciò che conosciamo e intuiamo in grazia della ragione, lo intuiamo direttamente "in Dio": ogni atto della ragione ci conferma la partecipazione all'essenza divina, ci schiude il regno dell'intellegibile, del soprasensibile». Ma, prosegue Cassirer, «il secolo XVIII dà alla ragione un altro significato, più modesto. Essa non è più un complesso di "idee innate" date prima di ogni esperienza, nelle quali ci si manifesta l'essenza assoluta delle cose. La ragione non è tanto un siffatto possesso, quanto piuttosto una data forma di acquisto. Non è l'erario né il tesoro dello spirito, nel quale sia ben custodita la verità, come una moneta coniata; è invece la forza originaria dello spirito, la quale conduce alla scoperta della verità e alla sua determinazione. Questo atto determinante è il germe e l'indispensabile premessa di ogni vera sicurezza».

Tutto il secolo XVIII intende la ragione in questo significato: «Esso non la considera come un fisso contenuto di cognizioni, di principi, di verità, ma piuttosto come una facoltà, come una forza che si può comprendere pienamente soltanto nel suo esercizio e nella sua esplicazione […..]. E la sua funzione più importante sta nella sua capacità di legare e di sciogliere. Essa risolve ogni semplice dato di fatto, tutto ciò che è creduto in base alla testimonianza della rivelazione, della tradizione, dell'autorità; essa non riposa prima di aver scomposto tutto ciò nei suoi semplici componenti e fin negli ultimi motivi della fede e della credenza. Ma dopo questo lavoro dissolvente incomincia di nuovo la fatica della costruzione. La ragione non può arrestarsi ai disjecta membra; deve farne sorgere un nuovo edificio [….]. Solo con questo duplice moto spirituale si può definire interamente il concetto della ragione: come concetto non già di un essere, ma di un fare». La ragione illuministica non è un possesso di verità eterne né di idee innate come per i filosofi del secolo XVII, ma, piuttosto, è quella forza della mente umana intesa come condizione per il raggiungimento della verità e come via alla verità. In breve: gli illuministi hanno sì fiducia nella ragione - e in questo sono anche eredi di Cartesio, di Spinoza o di Leibniz – ma, diversamente dalle concezioni di costoro, la ragione degli illuministi è quella dell'empirista Locke, che analizza le idee e le riduce tutte all'esperienza. Si tratta, dunque, di una ragione limitata: limitata all'esperienza, controllata dall'esperienza. La ragione degli illuministi trova il suo paradigma nella fisica di Newton: questa non punta alle essenze, non formula ipotesi né si perde in congetture sulla natura ultima delle cose, ma, partendo dall'esperienza e n continuo contatto con essa, cerca le leggi del loro funzionamento e le mette alla prova. L'uso della ragione illuministica è un uso pubblico. Dice Kant: «Il pubblico uso della ragione deve essere libero in ogni tempo ed esso solo può attuare l'Illuminismo tra gli uomini [...]. Intendo per uso pubblico della propria ragione l'uso che uno ne fa come studioso davanti all'intero pubblico di lettori». Scrive Voltaire nel Trattato di metafisica: «Noi non dobbiamo mai appoggiarci a semplici ipotesi; non dobbiamo mai incominciare dall'invenzione dei principi, coi quali ci mettiamo poi a spiegare tutte le cose. Dobbiamo invece incominciare dall'esatta scomposizione dei fenomeni che ci sono noti. Se non ricorriamo alla bussola della matematica e alla fiaccola dell'esperienza, non siamo in grado di procedere di un passo». 2. LA RAGIONE ILLUMINISTICA CONTRO I SISTEMI METAFISICI 2.1. Ragione limitata e controllata dall'esperienza La ragione degli illuministi è, dunque, la ragione di Locke e di Newton: è una ragione indipendente dalle verità della rivelazione religiosa e che non riconosce le verità innate delle filosofie razionalistiche. Si tratta, quindi, di una ragione – come si è detto sopra – limitata e controllata dall'esperienza. Limitata nei suoi poteri e progressiva nel suo svolgimento, la ragione degli illuministi non è tuttavia confinata, come in Newton, ai fatti della natura e non si trova precluso nessun campo di indagine: è la ragione che riguarda la natura e simultaneamente l'uomo. Nel suo Saggio sugli elementi della filosofia (1759), d'Alembert scrive che il Rinascimento tipicizza il secolo XV; la Riforma è l'avvenimento più significativo del secolo XVI; la visione del mondo muta con la filosofia cartesiana nel secolo XVII. E un analogo grandioso movimento d''Alembert lo vede nel secolo XVIII, «il secolo della filosofia. […] si nota senza fatica che in tutte le nostre idee è avvenuto un mutamento notevole: un mutamento che per la sua rapidità fa prevedere una rivoluzione ancor maggiore nell'avvenire. Solo col tempo sarà possibile determinare esattamente l'oggetto di questa rivoluzione e indicarne la natura e i limiti [...] e i posteri saranno in grado di conoscerne meglio di noi i difetti e i pregi. L'uomo non si riduce a ragione, ma tutto ciò che lo riguarda può venire indagato per mezzo della ragione; principi della conoscenza, comportamenti etici, strutture e istituzioni politiche, sistemi filosofici, fedi religiose. La ragione illuministica è critica in quanto empirica, in quanto cioè legata all'esperienza. E proprio perché sperimentale e induttivo, il Razionalismo illuministico «incomincia, in Inghilterra e in Francia, coll'infrangere la forma precedente della conoscenza filosofica, la forma dei sistemi metafisici. Esso non crede più nel diritto e nel rendimento dello "spirito del sistema"; non trova in esso la forza quanto piuttosto un limite e un ostacolo della ragione filosofica […..]. Invece di chiudere la filosofia entro i limiti di un dato edificio dottrinario, invece di legarla a determinati assiomi, stabiliti una volta per sempre, e alle deduzioni che se ne possono trarre, la filosofia deve svolgersi in libertà e schiudere in questo suo processo immanente la forma fondamentale della realtà, la forma di tutto l'essere sia naturale sia spirituale» (E. Cassirer).

2.2. Ragione come vaglio critico In questo modo, spiega Ernst Cassirer in La filosofia dell'Illuminismo (1932), la filosofia non è un blocco di conoscenze che si pongono al di là o al di sopra delle altre conoscenze: la filosofia «non si separa più dalla scienza naturale, dalla storia, dalla scienza del diritto, dalla politica, ma costituisce per tutte queste, in certo qual modo, il respiro vivificante l'atmosfera nella quale soltanto possono sussistere e agire. Non è più la sostanza dello spirito come un tutto nella sua pura funzione, nel modo specifico delle sue ricerche e dei suoi postulati, del suo metodo, del suo puro procedimento conoscitivo». Tutto sommato, l'Illuminismo non è molto originale nei contenuti: questi gli provengono spesso dal secolo precedente, L'originalità filosofica del pensiero illuministico sta nel vaglio critico di questi contenuti e nell'uso che intende farne in vista del miglioramento del mondo, dell’uomo che abita in questo mondo. Per l'Illuminismo, insomma, la filosofia non è ¨il proprio tempo appreso col pensiero"; la filosofia illuministica non è un modo di accompagnare la vita e di rispecchiarla nella riflessione. La filosofia dell'Illuminismo, conclude Cassirer, appare con chiarezza non nelle singole dottrine o in un insieme di assiomi, «ma dove sta ancora divenendo, dove dubita e cerca, dove demolisce e costruisce». La vera filosofia dell'Illuminismo non si identifica con le teorie degli illuministi; essa, infatti, «non consiste [..] tanto in determinate tesi, quanto nella forma e nel modo della disquisizione concettuale. Soltanto nell'atto e nel costante procedere di questa disquisizione si possono afferrare le fondamentali forze spirituali qui dominanti e soltanto qui è possibile sentire il palpito dell'intima vita di pensiero nell'epoca illuministica» (E. Cassirer). 3. L'ATTACCO CONTRO LE SUPERSTIZIONI DELLE RELIGIONI POSITIVE 3.1. Il deismo come cifra del movimento illuministico Legato all'esperienza e contrario ai sistemi metafisici, il Razionalismo illuministico è un movimento laico per quanto concerne i miti e le superstizioni delle religioni positive, che gli illuministi sovente irrisero con sprezzante sarcasmo. L'atteggiamento scettico e più spesso ancora irriverente è un tratto caratteristico ed essenziale dell'Illuminismo, una filosofia che può venire senz'altro vista come un grande processo di secolarizzazione del pensiero. Meno irriverenti nei riguardi della religione sono stati l'Illuminismo inglese e quello tedesco. E benché, sempre all'interno dell'Illuminismo francese, si sia sviluppato un filone materialistico e ateo, la filosofia illuministica è una filosofia del deismo. Il deismo, dunque, è parte integrante dell'Illuminismo: il deismo è la religione razionale e naturale, è tutto quanto e solo quello che la ragione umana (lockianamente intesa) può ammettere. E la ragione dei deisti ammette: - l'esistenza di Dio; - la creazione e il governo del mondo da parte di Dio (e mentre i deisti inglesi – Toland, Tindal, Collins, Shaftesbury- attribuiscono a Dio il governo del mondo fisico e anche di quello morale, Voltaire sostiene la più grande indifferenza da parte della divinità per le vicende umane); - la vita futura in cui vengono ripagati il bene e il male. Dirà Voltaire: «Per me è evidente che esiste un Essere necessario, eterno, supremo, intelligente; e questa [….] non è verità di fede ma di ragione». È ovvio che se solo queste sono le verità religiose che la ragione può raggiungere, accertare e accettare, allora i contenuti, i riti, le storie sacre, le istituzioni delle religioni positive sono unicamente superstizioni, frutto di paura e di ignoranza. Ed è compito della ragione rischiarare le tenebre delle religioni positive, mostrando la varietà di queste religioni, analizzandone le origini storiche e gli usi sociali e mettendone in luce tutta l'assurda disumanità. «Écrasez l'infâme» (“Schiacciate l'infame"): fu questo il grido di battaglia di Voltaire non contro la credenza in Dio bensì, come egli diceva, contro la superstizione, l'intolleranza e le assurdità delle religioni positive. 3.2. Deismo e doveri naturali Dopo Voltaire, però, la sua distinzione tra credenza in Dio da una parte e religioni positive e chiese dall’altra non venne sempre sottolineata. E credenza in Dio e religione vennero spesso insieme combattute come ostacolo al progresso della conoscenza, come strumenti di oppressione e generatori di intolleranza, come causa di principi etici sbagliati e disumani, come fondamento di pessimi ordinamenti sociali. C'è, dunque, una tendenza atea e materialistica all'interno dell'Illuminismo. Ma ciò non deve farci dimenticare che l'Illuminismo è sostanzialmente pervaso di deismo, cioè di una religiosità razionale, naturale, laica, cui si congiunge una moralità laica.

Afferma d'Alembert: «I doveri a cui siamo tutti tenuti nei confronti dei nostri simili appartengono essenzialmente ed esclusivamente all'ambito della ragione, e pertanto sono uniformi presso tutti i popoli». E ancora Voltaire: «Per religione naturale si debbono intendere i principi morali comuni a tutto il genere umano>>. Dunque: deismo, vale a dire credenze razionali; e doveri naturali, – quali, ad esempio, la tolleranza, la libertà, ecc. - cioè altrettanto razionali, laici, indipendenti dalla rivelazione. Sulla base di queste constatazioni, Cassirer può dire che nell'Illuminismo «regna un sentimento fondamentale veramente creativo; do- mina una fiducia incondizionata nella formazione e nel rinnovamento del mondo. Rinnovamento che si richiede appunto e si attende dalla religione stessa [...]. Quanto più si sente l'insufficienza delle risposte date fino allora dalla religione alle principali questioni della conoscenza e della moralità, tanto più intensa e appassionata si fa l'impostazione di tali questioni. La battaglia non verte più intorno ai singoli dogmi e alle loro interpretazioni, ma intorno al modo della certezza religiosa: essa non si riferisce solo alle cose credute, ma alla maniera e all'indirizzo, alla funzione della fede come tale. Si aspira, dunque, soprattutto nell'ambito della filosofia illuministica tedesca, non già al dissolvimento della religione, ma alla sua motivazione “trascendentale" e al suo trascendentale approfondimento. Con questa aspirazione si spiega il carattere specifico della religiosità dell'epoca illuministica, si spiegano la sua tendenza negativa e quella positiva, la sua fede e la sua incredulità. Solamente quando si riuniscono questi due elementi, quando se ne riconosca la reciproca dipendenza, si può veramente intendere nella sua reale unità l'andamento storico della filosofia religiosa del secolo XVIII». 4. RAGIONE E DIRITTO NATURALE 4.1. La ragione e i principi del diritto naturale Contrario ai sistemi metafisici, fautore di una religiosità e di una moralità razionali e laiche, il razionalismo illuministico pone la ragione a fondamento delle norme giuridiche e delle concezioni dello Stato. E se si parla di religione naturale e di morale naturale, si parla anche di diritto naturale. E naturale significa razionale e, meglio ancora, non soprannaturale. L'ideale giusnaturalistico si precisa nel Settecento in modo sempre più radicale, ispirando progetti di riforme: «Queste riforme talvolta vengono operate dagli stessi sovrani, molti dei quali amano poter essere detti "illuminati" pur rimanendo assoluti, ed altre volte invece vengono propugnate e realizzate contro di essi; in Francia l'Illuminismo giuridico-politico sfocerà nella rivoluzione, uno dei cui primi atti sarà la dichiarazione tipicamente giusnaturalistica dei diritti dell'uomo e del cittadino. Proprio dell'Illuminismo è infatti l'indirizzare la ricerca conoscitiva a fini pratici, con lo scopo di rendere migliore, ossia più conforme alla ragione - che si riteneva il modo per renderla più felice - la condizione dell'uomo» (G. Fassò). Mario A. Cattaneo, filosofo del diritto, ha scritto che le caratteristiche generali della dottrina illuminista sono «un atteggiamento razionalistico in relazione al diritto naturale [...] un atteggiamento volontaristico in relazione al diritto positivo». La razionalità e l'universalità della legge, la traduzione da parte del legislatore delle regole eterne e immutabili del diritto naturale in leggi positive, la certezza del diritto sarebbero tra le istanze più importanti della dottrina illuministica, la quale, sempre secondo Cattaneo, si configura come una lotta per l'elaborazione e la realizzazione di essenziali valori giuridici. Si tratta di una concezione che in un primo momento si muove entro i limiti del dispotismo illuminato per poi uscirne fuori con proposte politiche teoriche e pratiche di natura liberale, per sfociare infine nella rivoluzione ovvero in riforme istituzionali che sovvertono l'ordine dell'ancien régime, e che risultano decisive per la costruzione del moderno Stato di diritto. La conclusione di Cattaneo, pertanto, è «l'affermazione del carattere essenzialmente liberale e democratico della filosofia giuridica illuminista, l'indicazione nell'adesione a tale concezione di una presa di posizione in favore della libertà politica e della democrazia». L'Illuminismo giuridico ha dunque influito sui «sovrani illuminati» soprattutto in Germania e in Austria e su quella borghesia in ascesa che, specie in Francia, si ribellerà ai sovrani. Di conseguenza - come ha sostenuto un altro filosofo del diritto, Giovanni Tarello -, l'Illuminismo giuridico dell'area germanica è «l’ideologia operativa dei sovrani e dei funzionari, cioè [..] l'ideologia di chi detiene il potere politico»; mentre l'Illuminismo giuridico soprattutto francese, ma anche italiano, sarebbe costituito da «una serie di ideologie di fronda e di opposizione, non condivise in linea di massima dai sovrani né, per lungo tempo, dai loro funzionari». Tali ideologie, aggiunge Tarello, non erano di per sé rivoluzionarie ma lo divennero allorché, sotto il premere degli eventi storici, la borghesia le trasformò in «una macchina ideologica complessa, capace di distruggere la cultura e le istituzioni giuspolitiche esistenti».

È sulla base delle idee giusnaturalistiche degli illuministi che è stata elaborata la dottrina dei diritti dell’uomo e del cittadino, che trova la sua più eloqu...


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