Storia della Letteratura per l\'Infanzia - Appunti delle lezione della prof. Merlo PDF

Title Storia della Letteratura per l\'Infanzia - Appunti delle lezione della prof. Merlo
Course Pedagogia della Letteratura per l'Infanzia e della Biblioteca Scolastica
Institution Università degli Studi di Padova
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Appunti delle lezioni della parte di Storia della Letteratura per l'Infanzia del corso Pedagogia della Letteratura per l'Infanzia e della Biblioteca Scolastica tenuto dalla prof. Merlo nell'A.A. 2017/2018
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Description

Significato del termine L’espressione viene scelta a livello giuridico universitario nel 1992, durante un ripensamento dell’organizzazione accademica, per indicare un corso di Scienze della Formazione già esistente, a carattere storico-pedagogico. Alcuni preferirebbero la dizione “Letteratura giovanile” per indicare una fascia d’età più ampia. Letteratura E’ l’insieme delle opere affidate alla scrittura. Si suddividono in narrativa, realistica e fantastica, e poesia. “Tutte le opere letterarie narrano storie, per creare adesione dell’immaginario e della coscienza del lettore e, così, influenzarlo, orientarlo, farne crescere l’’interiorità ” (cfr. Cambi). In questa definizione vengono racchiuse anche le opere narrate oralmente, ma soprattutto le opere destinate al divertimento, da cui nascono le storie per bambini, che puntano anch’esse ad una crescita della persona. In letteratura troviamo quindi opere diversissime, ma tutte dotate di “polisemia, di eccedenza di senso , capaci di racchiudere connotazioni diversamente stratificate attivabili da livelli  soggettivi di lettura (ovvero la capacità di interpretare un opera su più livelli, a seconda della propria conoscenza/esperienza)” (cfr. Renata Lollo). L’eccedenza di senso è ciò che rende un’opera un’opera letteraria tout court , non racchiudibile in un solo genere come quello per l’infanzia. Un'opera che “eccede di senso” è caratterizzata anche da narratività , ovvero la capacità di “saper suscitare nel lettore un continuo  superamento della realtà” (cfr. Renata Lollo): il bambino infatti fa esperienza del mondo tramite la lettura di opere capaci di attivare, a livello emotivo ed intellettuale (cfr. la lettura sensuale di Detti), un allargamento della personale visione del mondo offerta da esperienze e avventure intellettuali soggettive, sempre in cambiamento, intrinseche al testo letto. Per l’infanzia Espressione che individua una connotazione finalistica, quindi per un destinatario ben preciso, che dev’essere in età evolutiva ; e siccome viene riconosciuto come destinatario viene riconosciuto anche come soggetto “avente diritto di ricevere opere scritte di letteratura”. Per raggiungere questo concetto però è necessario che: >Vi sia l’idea di bambino, avente diritti, nella coscienza di una società >Sia riconosciuta l’età infantile come età educabile con le proprie caratteristiche Storia della letteratura per l’infanzia Vi è uno stretto  legame tra il definirsi di una letteratura rivolta ai bambini e il precisarsi dell’infanzia quale categoria concettuale connotata dall’educabilità. La letteratura per l’infanzia fu una conquista del XVIII e XIX secolo, quando: > è sufficientemente delineato ciò che Ariés definisce “sentimento dell’infanzia ” (processo iniziato attorno al XVI secolo) > il mondo dell’infanzia viene visto come altro r ispetto al mondo adulto, grazie alle prime riflessioni pedagogiche (cfr. Comenio, Rousseau)

> si comprende grazie a Rousseau (1762: “Emilio) che il bambino ha una propria visione del mondo , insostituibile con quella dell’adulto >Si prende consapevolezza della necessità di un'educazione popolare (anche in Italia, anche se in ritardo rispetto all’Europa e soprattutto nell’Italia settentrionale sotto il dominio francese ed asburgico; comunque all’insegna del motto positivista “Educare più che si può, istruire quanto basta” allo scopo di evitare possibili rivoluzioni) L’idea d’infanzia e la scolarizzazione Nel corso del XVIII e XIX secolo, a partire dall’Inghilterra e poi in tutto il resto d’Europa, si assiste a: un cambiamento della situazione economica → miglioramento delle condizioni di vita → idea di bambino non più come futura forza lavoro, poiché i bisogni primari erano stati soddisfatti, bensì come capitale umano sul quale investire (con le dovute eccezioni) → necessità negli Stati moderni di alfabetizzazione → accezione finalistica della letteratura → rivoluzione della lettura / mercato della lettura Nascita della Children’s Literature Tutte queste condizioni si verificarono nell’Inghilterra del XVIII secolo, dove appunto troviamo i primi esempi di letteratura per l’infanzia. In particolare, alcuni studiosi, che vedono come causa prima della nascita dei libri per bambini la scolarizzazione, individuano come data di nascita della letteratura giovanile il 1744, data di pubblicazione di “A little pretty pocket-book”, scritto da John Newbery che si rifà alle idee di J. Locke sull’educazione (padre dell’empirismo, secondo cui le idee nascono dall’esperienza; pertanto è opportuno fare più esperienze possibili o, in alternativa, guardare / leggere il più possibile). Ma la scolarizzazione non può essere considerata la ragione prima ed esclusiva del definirsi di una letteratura per bambini, poiché l’alfabetizzazione stessa è legata al riconoscimento dell’infanzia come età educabile. L’Illuminismo ha permesso di riconoscere una correlazione biunivoca fra le due cose: “senza scuola non acquista fondamento il concetto di infanzia e senza quest’ultimo concetto non sembra aver senso la scuola. Legame fra letteratura per l’infanzia e l’idea dell’infanzia stessa Analizziamo due casi diversi: >”Alice nel paese delle meraviglie”, di Lewis Caroll, oltre ad essere una fiaba può anche essere considerato un romanzo di formazione, poiché la protagonista affronta una serie di avventure ma alla fine ne esce come una persona completamente diversa. Se ne può quindi dedurre un’idea di bambina che, in  autonomia deve superare delle avversità (caratterizzate in questo caso da non-sense) perché possa crescere e formarsi. >”Memorie di un pulcino” dei fratelli Dabbacino, uscì in Italia negli stessi anni della traduzione italiana di “Alice”; qui un pulcino (allegoria del bambino a cui si rivolge) impara che deve obbedire alla madre, alla famiglia e alla patria. L’infanzia viene quindi vista come età più debole  da istruire ai doversi del bravo figlio e del bravo cittadino nel più breve tempo possibile. L’opera infatti si inserisce nel contesto dell’Italia post-unitaria, quando “fatta l’Italia andavano fatti gli italiani” nel più breve tempo possibile per garantirne la sopravvivenza Nascita della letteratura per l’infanzia Si può stabilire come data di nascita della letteratura per l’infanzia il 1697, anno di pubblicazione di “I racconti di mamma oca” di Charles Perrault. L’opera in realtà non era

destinata ai fanciulli (nonostante la dedica al Delfino di Francia), ma a tutti i nobili, adulti, della corte del Re. Perrault infatti compose la sua opera sulla falsariga de “Lo  cunto de li cunti” (1635) di Giambattista Basile (come confermato da studi filologici), che era anch’esso una raccolta di fiabe e racconti della tradizione orale che l’autore solo apparentemente destina a le piccerille, poiché il suo vero pubblico  di riferimento era la nobiltà della corte napoletana. Un altro modello di Perrault fu La Fontaine (di cui Perrault fu grande ammiratore), tanto che ad ogni fiaba Perrault ci aggiunse una morale ( chiamata anche epilogo gnomico i n questo caso, essendo inserita in una fiaba e non in una favola) destinata appunto agli adulti, sullo stile delle morali delle favole non solo di La Fontaine ma anche della tradizione classica. La letteratura per l’infanzia nasce quindi come ripiegamento  di quella per adulti (diverte l’adulto → può divertire anche il bambino), che viene quindi adattata semplificando il linguaggio e rendendolo più esemplificativo (per molto tempo gli scrittori assunsero come principio che bisognasse rivolgersi ai bambini come ci si rivolgeva al popolo). Per questo motivo alcuni studiosi (cfr. Anna Maria Bernardini) assumono come primo libro giovanile “Le  avventure di Telemaco” (1694) di François Fénelon, primo vero e proprio romanzo pedagogico . In Italia Nel contesto italiano l’accentuazione finalistica si è tradotta per tutto l’Ottocento e parte del Novecento in accezione pedagogico-educativa o precettistico-morale. Ciò si può dedurre, ad esempio dalle diverse fortune che ebbero il “Libro cuore” di De Amicis, letto obbligatoriamente nelle scuole primarie proprio perché ricco di precetti ed insegnamenti, e “Pinocchio” di Collodi oppure i libri di Salgari, tenuti all’esterno della scuola poiché potevano al massimo educare la fantasia, inutile per dei futuri operai di fabbrica. Da questo contesto fa sì che Benedetto Croce dia, nel 1905, un giudizio estremamente negativo della letteratura per bambini: “l’arte  per i bambini non sarà mai arte vera. Dal punto di vista pedagogico [...] non si può dare in pascolo ai bambini l’arte pura , che richiede troppa maturità di mente  [...] per essere gustata. [...] Ad essi si confà un certo genere di libri che hanno bensì dell’artistico, ma contengono anche ingredienti extraestetici, curiosità, avventure, azioni ardite e guerresche, e simili, non intimamente motivate dall’insieme o non bene intonate. [...] Basta il semplice riferimento al pubblico bambinesco [...] per turbare il lavoro artistico, ed introdurvi qualcosa di ora manchevole ora superfluo [...]. Ad ogni modo, se anche i bambini riescono a gustare un’opera d’arte pura, questa sarà fatta non per essi, ma per tutti e perciò non apparterrà più alla letteratura per bambini”. Secondo Croce quindi l’arte e la letteratura “per bambini” sono una sorta di letteratura di scarto, qualcosa che non può essere di valore e non può mai piacere ad un adulto; certamente non può essere riconosciuta dagli studiosi, e ancor’oggi si fa fatica. Secondo Lombardo Radice (amico-nemico di Gentile, si distaccò dalla visione scolastica del regime e dell’autore della celebre riforma, che non riconosceva la pedagogia o la didattica se non come branche della “filosofia dello spirito”) invece, “è un buon libro per ragazzi quello che può essere gustato, senza restrizioni e riserve, anche dagli adulti. Non tutto ciò che è scritto per gli adulti vale per il bambino, ma tutto ciò che vale per i bambini deve valere anche per gli adulti, se è opera d’arte”. Tra Favola e Fiaba nella Letteratura per l’Infanzia

E’ molto difficile etichettare la letteratura per l’infanzia perché sin da Perrault, e quindi la nascita di questa letteratura, vi è stata una mescolanza di generi, specie tra favola e fiaba. E’ comunque possibile operare una distinzione, sia sui caratteri generali di contenuto sia per la diversa origine che ne ha caratterizzato un diverso stile e linguaggio. Un elemento che accomuna fiaba e favola è comunque la brevità  (cfr. Roberta Piumini e Bertola) poiché ciò permette al discepolo di coglierne il messaggio morale. Origine e linguaggio La favola nasce come genere c olto già nel mondo greco, portato poi nel mondo latino e tramandato, con influenze anche arabe, in Francia con La Fontaine, in Germania con Lessing e quindi in Italia. Ciò fa sì che sia caratterizzata da un linguaggio raffinato e complesso, un lessico  elevato; spesso sono componimenti in  versi perché destinati ad essere memorizzati (e quindi tramandati oralmente, anche se solamente dall’elite). La fiaba  invece nasce come genere popolare  caratterizzato dall’oralità. Le sue storie vengono trascritte solamente in un secondo momento, a partire da figure come Basile in Italia, La Fontaine in Francia e i fratelli Grimm per la cultura mitteleuropea. Caratteristiche >Se entrambe sono caratterizzate da un cronotopo indeterminato , nella fiaba  spazio e tempo sono descritti con cura >Favola: antropomorfismo (tutto assume caratteri umani, dagli animali agli oggetti, così che anche gli animali possano rappresentare vizi e virtù umani senza fare riferimento da persone. Pochissime favole con elemento umano) Fiaba: teriomorfismo ( divinità in forma animale, quali draghi o unicorni) >Favola: funzione endoforica, ovvero porta dentro la realtà, non avvengono mutamenti, trasformazioni, neanche all’interno dei personaggi, poiché sono sempre personaggi tipo. Fiaba: funzione esoforica , ovvero conduce fuori la realtà poiché è sempre presente una trasformazione  sia meravigliosa che all’interno del protagonista >Favola: narratività didascalisca, azione morale Fiaba: narra degli eventi con magia e metamorfosi e meraviglioso Ibridazioni di generi Come già detto, il mescolarsi di generi all’interno della letteratura per l’infanzia è prassi comunque già dai tempi di Perrault, che mescolò fiaba + favola, come molti altri dopo di lui. Un altro mescolarsi piuttosto frequente è quello fra fiaba/favola (o  entrambi) + romanzo, come succede ad esempio in “Pinocchio”, in “Alice nel paese della meraviglie”, ne “Il libro della giungla” etc. Queste opere sono tutte caratterizzate da svariati elementi distintivi sia della favola che della fiaba, ma manca quello fondamentale: la brevità . Per questo è più giusto definirle “romanzi  fiabeschi”.  Altra categoria particolare sono le citazioni di favole/fiabe, che non posso essere considerate letteratura per l’infanzia poiché inserite spesso in opere molto complesse. Inoltre, come anche molte opere ad es. di Rodari (che Rodler avvicina più alla parodia) spesso richiedono la conoscenza dei racconti citati per comprendere appieno l’opera.

Sono inoltre da citare le favole “moderne”, che sono spesso rivisitazioni di quelle antiche (come ad esempio la versione di Michel Piquemal de “La formica e la cicala”) per adattarle alle nuove necessità educative dei bambini di oggi (come ad esempio superare l’antitecità dei due personaggi, per insegnare ai più giovani ad accettare la diversità). Infatti, le favole si evolvono con l’evolversi della società . La Favola nel mondo veneto e italiano Elementi distintivi della favola >Presenza di un caso  singolo e definito: figure determinate e tipologiche che interagiscono in maniera verosimile muovendosi dalla realtà (solo dopo arriva la morale). >Verosimiglianza  : assenza di magia, metamorfosi, meraviglioso >Comprensione intuitiva: specialmente lo zoomorfismo ed in generale l’animismo di animali ed oggetti facilita il distacco delle passioni (cfr. Esopo). Per il bambino quindi le storie piacciono perché fanno riferimento al “facciamo finta che…” >Azione morale e pedagogica: la favola è una morale in atto >Semplificazione del concetto nonostante la forma affatto semplice Trattati sulla favola Nel 1757-1759 G.E. Lessing, favolista lui stesso, scrive “Trattati  sulla favola”,  in cui afferma che la favola si rifà ad una massima universale  costruendosi però su un caso particolare , singolo e definito, a cui va attribuito carattere di realtà  tramite le azioni verosimili e quotidiane dei personaggi, anche se sono animali, affinché la morale sia di comprensione immediata ed intuitiva . G.B. Roberti invece pubblica, nel 1776,   le “Favole  esopiane con un discorso e con tre lettere poetiche”,  in cui sostiene che il fine della favola è l’insegnamento morale  e quindi particolarmente indicata per la giovane età; difende inoltre la favola delle “ingiurie di Rousseau ” che le riteneva “maestre del vizio”. A. De’ Giorgi Bertola invece, nel “Saggio  sopra la favola. Aggiunta di una raccolta di favole e di epigrammi” pubblicato prima nel 1  788 e poi nel 1789   a Bassano da Remondini  (casa editrice che pubblicava libri solamente se certi che sarebbero stati letti) afferma innanzitutto la necessità di brevità  da parte delle favole; ma anche che sia vibrata , perché “faccia colpo nell’animo” e luminosa  perché “apra limpidamente le verità che annunzia”. Deve essere quindi un “componimento artisticamente bello , moralmente efficace , socialmente utile ” . Rousseau spende il terzo libro dell’Emilio, pubblicato nel 1762, analizzando verso per verso alcune fiabe di La Fontaine e criticandole poiché, sostiene il filosofo francese, i bambini da tali favole imparano i vizi piuttosto che le virtù, invertendo le intenzioni dell’autore. Alle favole quindi Rousseau preferisce i romanzi di formazione alla “Robinson Crusoe”. Non considera però che, alla fin fine, questo è il rischio che si corre con ogni scelta educativa. Giuseppe Manzoni nel 1761 scrive “Favole  ad uso de’fanciulli, con alcune regole per ben scriver in Italiano”.  In questo volume troviamo una P  refazione  indirizzata “Ai Maestri di Scuole”, nella quale sottolinea l’utilità educativa della favola, poiché offre sia un’educazione morale , specialmente perché facilmente comprensibile dai fanciulli, sia un’istruzione

linguistica, poiché sono un mezzo per imparare a scrivere bene che richiede la spiegazione del maestro, oltre al fatto che, essendo spesso in rima, sono facilmente memorizzabili. Si tratta comunque di indicazioni rivolte ad una gioventù elitaria  che può permettersi, alla fine del’700, periodo in cui le favole si diffondono come strumento educativo in Italia, di frequentare le scuole (o i precettori) che andavano istituendosi nell’Italia settentrionale, quella a contatto con il mondo francese ed asburgico (1818: primo regolamente di scuole  iù l’istruzione si diffonde, specie comunali maschili in tutti i centri di una certa entità). Ma p verso i ceti sociali inferiori, più prendono piede, a discapito della favola, le novelle morali , poiché molto meno ambigue moralmente, essendo comunque una letteratura di precetto. Origine della favola Le prime favole, come visto si diffondo fra fine ‘700 ed inizio ‘800, ovvero quando la corrente letteraria principale era il Neoclassicismo  ma ancora si risentivano gli influssi ideologici dell’Illuminismo . In precedenza autori come Giulio Landi, nel ‘500, avevano offerto traduzioni di favole classiche, ma come mero esercizio retorico-stilistico. Il Neoclassicismo invece si riproponeva di fare riferimento ai modelli classici  per cercare di riproporre quella bellezza artistica che erano riusciti a raggiungere nel mondo greco e latino, aggiornata però alle necessità contemporanee. Fra i generi che riportano in auge troviamo, per l’appunto, anche le favole di Esopo e di F  edro riproposte con elementi di modernità per renderle più appetibili ai gusti del pubblico; si comprende infatti che le favole possono avere una finalità educativa  non indifferente, ma i destinatari rimangono comunque un infanzia d’elite che potevano usufruire di questi testi “piacevoli ma utili” all’interno del loro esclusivo percorso di formazione. E’ un genere che piace anche agli Illuministi (e che quindi è odiato da Rousseau) poiché si basa su un processo di ragionamento  (causa/azione sbagliata → effetto/punizione) che andava però risolto dall’individuo con le sue capacità cognitive. L’Illuminismo rigetta invece le fiabe poiché il loro elemento identificativo principale è l’elemento magico/meraviglioso. Diffusione in Italia e anticipazioni venete Perché la letteratura per l’infanzia, e precisamente questo genere particolare, si diffondando anche in Italia bisogna aspettare che la società prenda coscienza di un nuovo tipo di infanzia (lontano dalle “sale di custodia”, stanzoni dove i bambini erano lasciati dalle povere madri-lavoratrici, costretti all’immobilità in situazioni igieniche terribili mentre imparavano preghiere a prezzo di punizioni corporali). Lentamente, specie nell’Italia settentrionale, dove erano presenti francesi ed asburgici, si fa strada il “sentimento dell’infanzia” di Aries, accompagnato pertanto da un diffondersi di politiche di educazione popolare, tese però a formare degli uomini obbedienti tramite storie dotate di una morale spicciola: le favole. I bambini erano infatti considerati alla stregua della plebe, quindi incapaci di distinguere in astratto il Bene del Male e richiedevano quindi degli esempi chiari, che le favole erano in grado di offrire. Quando però l’educazione popolare si diffuse anche alle classi più povere le favole vennero sostituite dalle novelle morali, meno ambigue moralmente poiché letteratura precettistica. Si diffondono quindi, all’inizio dell’800, numerose raccolte di favole, con due scopi: far conoscere alla gioventù vizi e virtù  dell’umanità, per far sì che i bambini seguissero i primi e fuggissero i secondi; ma erano anche considerati uno strumento didatttico linguistico , tanto

che troviamo anche una raccolta di favole a Londra perché si potesse insegnare la lingua anche là. E’ importante notare però come possiamo trovare delle raccol...


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