Appunti storia dell\'industria della moda PDF

Title Appunti storia dell\'industria della moda
Course Scienze della moda e del costume
Institution Sapienza - Università di Roma
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Appunti fondamentali x esame di industria...


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Storia dell’industria della moda (appunti) Il mercato è basato su due pilastri fondamentali: la domanda e l’offerta. Tale mercato non è altro che l’incontro tra fra queste ultime e, in quest’ambito, ciò che permette l’avvenire dello scambio, in presenza di moneta, è la compravendita. In assenza di moneta si avrà, invece, il baratto. La domanda è un insieme di beni e servizi che gli individui intendono acquistare in cambio di mezzi di pagamento. I fattori che la influenzano maggiormente sono reddito e prezzo, ma abbiamo anche i gusti dei consumatori ed il prezzo di altri beni. Essa dipende dalla popolazione, e quindi dai bisogni umani, che dipendono a loro volta da: L’ammontare della popolazione e dalla sua struttura. Il periodo storico di cui si tratta. I fattori geo-fisici e socio-culturali. Gli individui possono avanzare qualsiasi tipo di domanda, ma devono considerare le risorse a loro disposizione. Se queste sono limitare, devono fare delle scelte, che sono legate al reddito. I bisogni devono essere sostenuti dal potere d’acquisto, che determina la domanda effettiva del mercato, ma che non coincide con i desideri del consumatore. La domanda effettiva dipende da:  

Il livello di reddito corrente e cumulato e dalla sua distribuzione. Il livello dei prezzi.

Prima della rivoluzione industriale, a causa della bassa produttività, scarso era anche il salario. Il livello dei prezzi era, invece, alto. Vi era dunque un notevole divario tra ricchi e poveri. Ad esempio, nel 1400 a Firenze il 10% della popolazione deteneva il 68% della ricchezza. Tale divario aumentò in età moderna, per poi ridursi con il passare dei secoli grazie allo sviluppo, che ha permesso l’aumento del salario. La curva di domanda individuale corrisponde alla quantità di domanda di un bene, o servizio, da parte del consumatore. La curva di domanda collettiva è data dalla somma delle domande individuali di tutti i consumatori attivi nel mercato. Se il prezzo aumenta, la quantità diminuisce e viceversa (proporzionalità inversa). L’elasticità della domanda rispetto al prezzo non è altro che la variazione della quantità della domanda all’aumentare o al diminuire della percentuale del prezzo. La domanda complessiva si divide in:   

Domanda di beni alimentari. Domanda di beni durevoli. Domanda di servizi.

Y = C + I + G -> C = consumo famiglie; I = spese per investimenti; G = spesa pubblica.

Legge di Engel = la domanda dei beni è inversamente proporzionale al reddito. La percentuale della spesa alimentare sul totale della spesa aumenta quando il reddito diminuisce e viceversa. Maggiore è la ricchezza di un paese, o di un individuo, minore è la percentuale della spesa alimentare. Vi sono beni a domanda rigida (beni indispensabili; es. pane, benzina, medicine), per i quali una piccola variazione di prezzo determina un altrettanto piccola variazione della quantità di domanda, e beni a domanda elastica (beni secondari con diversi surrogati; es. dolci, abbigliamento non di marca, detersivi), per i quali una piccola variazione di prezzo determina una notevole variazione di quantità della domanda. Se il prezzo rimane invariato, le variazioni subisce variazioni a causa di altri fattori, con un conseguente spostamento della domanda del bene. Sono beni durevoli quei beni che possono essere usati più volte al fine del soddisfacimento di un bisogno (elettrodomestici, abiti, casa, arredamento…). Durante il periodo preindustriale, la differenza fra ricchi e poveri era minore nei consumi alimentari che non per i beni durevoli. Una limitata domanda per tali beni ostacolava la formazione di un mercato di massa e la conseguente crescita industriale.

Tra il XVII ed il XVIII secolo, erano i nobili a distinguersi per il loro costoso e pregiato abbigliamento. Nell’Europa preindustriale, comprare un abito o anche solo il tessuto per confezionarlo era un lusso non indifferente. L’abbigliamento inizia ad essere utilizzato dai benestanti con un segno di distinzione, per mostrare quanto fossero socialmente superiori ai ceti poveri. La creazione della moda stagionale vera e propria si ha nel tardo medioevo, nel Seicento. Furono i mercanti e imprenditori di seta di Lione ad utilizzare per la prima volta la differenziazione su grande scala del prodotto. All’inizio del Settecento, tre erano i comparti principali:   

Quello all’avanguardia di Lione. Quello formato da imprese import substitutes, che imitano nel colore e nel disegno i tessuti lionesi. I centri che cedono i tessuti alla moda (broccatelli e damaschi di Venezia, veli di Bologna, velluti di Genova).

Vi era una diretta relazione fra le variazioni delle mode e dei gusti dei consumatori e le variazioni della quantità acquistata di un bene. Se un prodotto non va più di moda, la quantità diminuisce anche se il prezzo non cambia. Un’efficiente campagna pubblicitaria porta all’aumento della domanda di un bene, anche se il prezzo è rimasto invariato. L’offerta è la quantità di un bene che i venditori cedono ad un determinato prezzo, che è il maggior fattore ad influire su di essa. Abbiamo, inoltre, i costi dei fattori produttivi, l’introduzione di nuove tecnologie, i clima, le leggi, e via dicendo, che provocano un effetto analogo.

L’industrializzazione europea A cavallo tra il XVII ed il XVIII secolo, si verificò un cambiamento per il mercato, grazie ai continui progressi tecnologici, all’introduzione di nuove tecniche di lavorazione e allo sfruttamento di nuove fonti di energia, quali il carbone a legna poi fossile (coke). L’utilizzo di tale risorsa portava allo spostamento delle industrie vicino le miniere di carbone, dal momento che quest’ultimo non poteva essere trasportato. La cosiddetta rivoluzione industriale si verificò in Inghilterra, sia perché possedeva nuove risorse energetiche sia perché si verificarono le condizioni favorevoli: aumento della popolazione e dunque di manodopera; nuovi metodi di coltivazione (rotazione delle colture e no sfruttamento intensivo) e allevamento stabulare. Vennero introdotte nuove piantagioni (rifoglio, patata, tuberi da foraggio) e nuove macchine (seminatrice, trebbiatrice). Nacquero così le enclosures, ovvero la recinzione dei terreni comuni (terre demaniali) a favore dei proprietari terrieri della borghesia mercantile, tra il XIII ed il XIX secolo. Si mette finalmente fine alla crisi alimentare. Inoltre, nel 1694, venne costruita la Banca d’Inghilterra, la prima della storia. Con l’espansione del commercio, migliorano i trasporti, incrementano gli investimenti privati e si dà inizio alle trattative con gli Stati Uniti. Migliorano le norme igieniche l’industria farmaceutica: questo permise la diminuzione delle infezioni. A causa dell’abbassamento dei prezzi dei tessili, il consumo di beni manufatti divenne via via più scarso. Anche il costo dei trasporti e della produzione si abbassarono. I tessuti ed i capi d’abbigliamento vengono acquistati da sempre più persone. Inoltre, cambiano i gusti e così la moda si trasforma radicalmente. Fu l’India, il più grande produttore di cotone al mondo, a provocare tali cambiamenti. Molto apprezzati erano i calicò indiani, tele stampate dai colori sgargianti e contrastanti o con variopinti motivi floreali, piuttosto che gli opachi e grossolani tessuti di misto cotone, lino e canapa, i cui colori si limitavano al marrone, al nero e al verde scuro. Il cotone era un tessuto innovativo per il semplice fatto che poteva essere tinti. I calicò vennero importati per la pria volta in Europa dai portoghesi, ma fu in Inghilterra che ebbero il maggior successo. La nuova moda dei calicò e del cotone minacciò la produzione e il commercio della lana inglese. Per risolvere la questione, furono promulgate leggi suntuarie: il Calicò Acts (1720 – 1721), con il quale si proibiva l’importazione nel Paese del cotone come prodotto finito, ma non vi erano norme per quanto riguarda l’importazione della materia prima. l’aumento della domanda di cotone fu alla base della messa a punto nuove di tecnologie innovative. Tra di esse troviamo la spoletta volante, che consentiva un aumento della produzione dei costi inferiori rispetto ai telai manuali, e il filatoio idraulico, costituito da due rulli che ruotavano a diversa velocità. La materia grezza, dipanata (sbrogliata) da

un rocchetto, passava in mezzo ad una prima coppia di rulli, dove subiva una prima grossolana torcitura, e poi veniva rifinita da una seconda coppia di rulli. il filatoio idraulico venne poi migliorato da James Hargreaves. La sua invenzione possedeva molti più rulli (jenny), ma causava facilmente la rottura del filo. Tale inconveniente venne risolto da Samuel Crompton, che nel 1778 inventò la mule, che combinava i rulli del filatoio con i fusi multipli della jenny. La mule consentiva di sottoporre i filati ad una tensione costante e quindi si otteneva un prodotto più sottile, resistente ed uniforme. Dal momento che il processo produttivo tessile è di tipo “ labour intensive”, lo Stato non dovette impiegare ingenti quantità di capitale fisso. Il processo di meccanizzazione della filatura raggiunse il culmine nel 1785, quanto nelle fabbriche venne introdotta la macchina a vapore di Matthew Boulton e James Watt. Nel processo di rivoluzione industriale, il vapore è fondamentale perché permette il distaccamento dall’utilizzo del carbon fossile. La macchina a vapore è molto più potente, non è sottoposta a rischi stagionali e costituisce anche una svolta per quanto riguarda i trasporti. Si abbassano così i costi dei viaggi e delle materie prime d’importazione. La moda viene influenzata poiché, grazie a tali ragioni, anche le persone meno abbienti possono stare al passo con le tendenze del momento. Fu Edmund Cartwright ad inventare il telaio meccanico, che è molto più rapido ed è automatico. Inizialmente era alimentato dall’energia idraulica, mentre in seguito da quella a vapore. Cartwright ha avuto un ruolo importante poiché fu proprio lui a perfezionare il telaio a mano, aprendo anche un proprio stabilimento. Prima delle nuove tecniche di lavorazione e delle nuove macchine, da cui si otteneva un cotone raffinato, questa materia era usata solo come trama, che si legava ad un altro tessuto. Rispetto a tessuti come il lino o la lana, il cotone era molto più facile da lavorare, aveva una maggiore durata e poteva essere utilizzato in molteplici modi. Inoltre, poteva essere tinto con colori più vivaci sull’ampia scala cromatica. Si passava così da una confezione sartoriale su committenza ad una produzione su grande scala. Oltre alla realizzazione degli abiti, adesso il sarto si occupava anche della scelta dei tessuti e della loro vendita. Un’altra importante innovazione sono i coloranti sintetici ma, soprattutto, il telaio Jaquard (alimentò il lavoro a domicilio, rendendo l’abbigliamento un bene di massa) e la macchina per cucire, messa a punto dal francese Barthelèmy Thimmonier nel 1829, poi perfezionata da Singer. I primi ad imitare l’Inghilterra, per quanto riguarda l’industrializzazione, furono il Belgio, la Germania, la Francia, gli Stati Uniti e l’Italia, che è l’ultima (fine Ottocento). Altro fattore importante del XIX secolo è l’affermarsi della borghesia. Questo avrà una ricaduta fondamentale sulla moda maschile, perché l’uomo che lavora (imprenditore, banchiere) necessita di un abito che lo faccia muovere, ma soprattutto per differenziarsi dall’aristocrazia e dal popolo. È una classe nuova, con nuovi valori, che si possono notare in ogni aspetto della vita di un borghese. Dal 1870 si verificò una nuova fase di sviluppo dovuta dalla nascita delle industrie petrolifere e dall’utilizzazione dell’energia elettrica. Poco dopo, nacque anche l’industria chimica e importanti invenzioni fecero la loro comparsa: il telefono (importante nel mondo della moda per quanto riguarda le prenotazioni e le vendite delle merci in tutta Italia), il motore a scoppio, l’automobile, l’aeroplano ed il cinematografo. Vennero ampliate le linee ferroviarie e comparvero le radiotrasmissioni grazie a Marconi, che si basò sulle scoperte delle onde elettromagnetiche del tedesco Hertz.

La moda A Sedan, Napoleone fece importare delle macchine inglesi per la produzione tessile. Saint-Quertin divenne il fulcro del commercio del lino e della mussola, Valenciennes per i pizzi ed il tulle. Napoleone favorì lo sfarzo a corte, che incrementò la produzione di tessuti fabbricati in Francia, favorita anche dal divieto di importazione della mussa indiana e dall’imposizione dell’utilizzo della seta di Lione. Ora la biancheria intima veniva cambiata più volte al giorno e le donne iniziarono ad indossare una sorte di mutanda molto ampia e lunga fino al ginocchio, dove terminava in una balza arricciata e stretta da un elastico. Il nuovo consulente di Napoleone era Hippolite Leroy, che ricopriva anche il ruolo di parrucchiere della regina Maria Antonietta. Lavorò a Parigi duranti i primi anni del XIX secolo e aprì anche una maison i vie de Richelieu, frequentata dai maggiori esponenti della nobiltà e dell’aristocrazia del tempo. Per i suoi abiti utilizzò tessuti quali il Crêpe, il Kashmir, il satin, il taffetas, il raso, il velluto, proveniente da Como, Genova, Lione e Marsiglia. Le vesti aderenti erano proibite. Molto di moda fu l’abito ad Impero, lanciato nel 1804 per l’incoronazione dell’imperatrice Joséphine de Beauharnais. Aveva il taglio sotto il seno, le maniche a 2/4, lo scollo leggermente arrotondato e la gonna lunga con lo strascico. Verso fine dell’impero, gli abiti si fecero più strutturati: le vesti femminili erano guarnite di pizzi, veli leggeri e ricami. Le maniche potevano essere cortissime o lunghe fino a coprire le mani.

Fecero la loro comparsa i cappotti foderati di pelliccia. Gli abiti maschili si ispiravano, invece, alle divisi militari dell’esercito. Essi comprendevano pantaloni lunghi, camicia bianca, gilet e redingote (giacca con falde lunghe sotto il ginocchio). Con la fine dell’impero napoleonico e la conseguente restaurazione dell’Ancient Règime, la moda tornò alle sue linee tradizionali, di stampo romantico. Le gonne si allargavano sul fondo ed erano ricche di decorazioni; il busto rimaneva rigido e il segno della vita si abbassò al livello naturale; le spalle degli abiti erano ora spioventi e le maniche a palloncino. Importante divenne l’abito da amazzone. per quanto riguarda l’abbigliamento maschile, i calzoni veniva stretto all’altezza della caviglia tramite una staffetta, mentre i pantaloni da passeggio si allargavano sul fondo (zampa di elefante). Molto diffuso era l’uso di gilet decorati da indossare sotto il frac o la redingote. Le camicie e le cravatte erano di batista e la tuba di feltro. Agli inizi del XX secolo, nella cosiddetta époque de Worth (1850 – 1870), Parigi divenne la capitale della moda femminile, mentre Londra di quella maschile. Gli abiti femminili divennero sempre più voluminosi ed eleganti, poiché vi era la convinzione che la donna fosse solo una mera decorazione, finalizzata a rappresentare il tenore di vita del marito. Nell’Ottocento ricomparvero nuovamente i corsetti, le armature che gonfiavano le gonne, le scollature profonde e le maniche ampie. Nel 1859 si affermò la gonna crinolina e poi, tra il 1867 ed il 1890, la tournure.

Moda femminile Tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta dell’Ottocento si ha l’evoluzione della crinolina, che ora viene chiamata “gabbia”, per via della sua complessa struttura. Nel 1866 arriva alla sua massima ampiezza, ovvero ben 7 metri di corconferenza dall’orlo. La nuova liea a mongolfiera tende ad evidenziare il sottile punto vita, costretto nel busto, per via del gonfiarsi della gonna nella parte posteriore, che termina in uno strascico. Tra il 1868 ed il 1870 si impone la veste a corsetto aderente staccato dalla sottana; la crinolina va in disuso e si afferma la cage regénte, in Italia chiamata “sgonfio” o “sellino”. Gli abiti sono ora tutti piatti sul davanti e con grandi volumi sul posteriorem accentuati da drappeggi e imponenti strascichi. La moda femminile subì una svolta grazie all’istituzione della Haute Couture di Parigi. Hyppoolyte, dopo la Restaurazione, tornò al servizio della nobiltà e della corte. Difatti, fu lui a realizzare la tenuta per l’incoronazione di Carlo X. Importanti furono anche Victorine Pierrard, che lavorò nell’atelie di Hyppolyte, Vignon e Palmire, che realizzarono l’abito nuziale per la sposa di Napoleone III. Durante l’Ottocento, qualche laboratorio iniziò ad esportare prodotti francesi all’estero, principalmente verso Londra, Lipsia, Varsavia e San Pietroburgo. Nell’époque de Worth, Parigi affermò la propria supremazia sulla moda femminile internazionale. Nel 1833, Worth lavorò a Londra come apprendista per negozianti di stoffe, per poi trasferirsi a Parigi dove, nel 1847, lavorò per la maison Gagelin. Qui mise a frutto le prime innovazioni, come l’ultilizzo della modella. Grazie ai molteplici successi, nel 1850 ottiene dallo stesso Gagelin l’apertura di un aboratorio di sartoria. Nel 1853 Worth diventa suo socio e, nel 1858, riesce ad aprire una propria maison, assieme al suo collega Gustav Bobergh. La prima testimonial fu la principessa di Metternich, moglie dell’ambasciatore austriaco di Parigi. Tutte le più importanti figure femminili d’Europa divennero clienti della maison Worth. Worth capovolse il rapporto sarto – cliente. Inizialmente il sarto lavorara con il cliente o con i merciers per quanto riguarda la realizzazione degli abiti, mentre ora era il creatore stesso a decidere lo stile di questi ultimi. Egli aveva compreso l’importanza di costruire un’immagine di sé che trasmettesse eleganza, esclusività e lusso, che rispecchiasse quindi tutte le qualità della maison.

La moda di fine Ottocento rifletteva le novità socio-economiche che modificarono le abitudini delle donne, dalle femministe e le avanguardiste americane alle borghesi e alle aristocratiche europee. Vennero realizzati anche comodi abiti da viaggio. Per gli spostamenti in ferrovia si crearono abiti in due pezzi e poco voluminosi, per meglio favorire la seduta, la salita e la discesa. Solitamente era di colore scuro, confezionato con tessuti quadrettati o a righe, su modello degli abiti maschili. In contrasto con lo sfarzo francese, in Inghilterra e negli Stati Uniti si affermò lo stile popolare, costituito da una semplice gonna e una camicetta. Questo contribuì alla trasformazione del modo di vestire delle donne, in particolar modo per quanto riguarda la moderna vita quotidiana, dai ritmi più veloci. Molte maison si rifacevano al modello di Worth. È il caso della maison Paquin di Isidore Jacob che, grazie alla moglie Jeanne Becker, divenne una delle più rinomate nell’ambiente parigino. Fu la prima maison ad avere filiali all’estero: Londra, Madrid, New York e Buenos Aires. Abbiamo poi il couturier Jacques Doucet che, nei primi anni Settanta dell’Ottocento, inizia a lavorare presso l’azienda di confezioni di lusso a conduzione familiare, per poi aprire un proprio atelier nel 1890. Celebre fu la couturière Madeleine Vionnet, che lavorò nella maison delle sorelle Callot. Nel 1927, la maison passò ai figli di marie Callot, Pierre e Paul, e in seguito venne acquistata da Marie-Louise Calvet. Purtroppo, chiuse nel 1954. Altro famoso couturier era John Redfern. Si affermò in Inghilterra come sarto specializzato in abiti per il tempo libero. Fu il creatore dei primi tailleur, oltre che di capi formali per la corte. Nel 1888 divenne il rifornitore della casa reale. L’attività passò poi al figlio Charles Poynter, che si trasferì a Parigi e aprì una maison che lo rese noto per lo stile inglese. Abbiamo poi Paul Poiret, che aprì una maison in rue Auber nel 1903. Dopo aver lavorato per Doucet e Worth, aprì il proprio studio nei pressi dell’Opera di Parigi. A differenza degli altri, il suo studio si apriva sulla strada con ampie vetrine, in modo da mostrare appieno i nuovi modelli. Con Poiret si la definitiva consacrazione del “couturier-artista”. Nel 1905 creaò il mantello-kimono, sopravveste proposta in tessuto rosso-bordeaux, con fodera chiara a contrasto e ricamata con motivi a cineserie. I suoi abiti ispirati alla moda giapponese ebbero un enorme successo, che gli permise di spostarsi in un atelier più grande in rue Pasquier. Nella nuova sede nacque, nel 1906, il Lola Mon...


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