Storia della moda 2 PDF

Title Storia della moda 2
Course Storia della moda
Institution Sapienza - Università di Roma
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Il lusso, la moda, la Il lusso, la moda, la borghesia Il lusso una delle chiavi interpretative rilevanti per comprendere la moda idee di magnificenza, ricchezza, e hanno sempre costituito un e indiscutibile delle trasformazioni della moda stata, dal Medioevo, prerogativa di un piccolo gruppo che ha ...


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Il lusso, la moda, la borghesia 1. Il lusso, la moda, la borghesia Il lusso Il lusso è una delle chiavi interpretative più rilevanti per comprendere la moda occidentale. Le idee di magnificenza, ricchezza, esclusività e rarità dell’abito hanno sempre costituito un dato costante e indiscutibile delle trasformazioni della moda. La moda è stata, dal Medioevo, prerogativa di un piccolo gruppo che ha usato le trasformazioni dell’abito per manifestare la preminenza del proprio ruolo gerarchico all’interno di una realtà. Il collegamento fra foggia dell’abito e ruolo sociale è proprio di tutte le civiltà fin dal loro primo stadio di organizzazione; questo legame è fissato da regole. La continuità di una struttura sociale o di un’organizzazione di potere si manifesta attraverso l’immobilità delle fogge vestimentarie dei suoi rappresentati. Questo modello è stato messo in crisi nell’Europa occidentale fra il XIII e il XV secolo. Da quel momento l’abito ha cominciato a rappresentare la posizione o il ruolo sociale della persona secondo regole non rigide, ma soggette all’inventiva, al gusto, alle risorse. L’introduzione del principio del cambiamento e della moda è stato causato dalla trasformazione strutturale dell’Europa e il suo passaggio dal mondo antico ad una concezione moderna dello stato, del potere e dell’evoluzione sociale. Il possesso e la gestione della ricchezza, fondamento del potere reale, hanno cominciato a cambiare di mano nel corso del tempo. La moda fu appannaggio delle classi egemoni e ne rivestì l’apparire pubblico per comunicare il loro ruolo, mettere in evidenza i segni della ricchezza e del potere. “Far vedere ed essere visti”. Per i secoli dell’Antico Regime questa regola rimase indiscussa. La struttura gerarchica della società europea si conservò, mantenendo l’attribuzione dei compiti istituzionali e la suddivisione sociale della responsabilità in campo economico: alcuni avevano l’incarico di produrre, altri quello di consumare. Il consumo doveva essere commisurato al potere e alla visibilità. Il lusso della corte era anche immagine dello Stato e della sua concezione economica precapitalistica: il lavoro era considerato una condanna, l’accumulo di denaro era forma di avarizia, lo sperpero e la prodigalità considerati virtù. Con Luigi XIV lo sperpero fastoso esplicitò la propria funzione sociale ed economica, ma comportò il superamento del modello precedente. Le corti, fin dall’inizio della loro vicenda storica, non potevano recedere dalla pratica del consumo vistoso. Le veementi crociate contro lo spreco e la vanità non furono mai rivolte contro i ceti di potere, ma verso quei gruppi sociali che potevano permettersi di acquistare beni di lusso. Il potere costituito per difendere la propria preminenza 1 dall’ascesa sociale della borghesia, mise in atto la persuasione moralistica e l’emanazione di leggi suntuarie. La Riforma protestante creò le premesse per una nuova cultura relativa al lusso. La ricchezza non poteva essere sperperata per il piacere o la vanità, quindi modestia e moderazione diventarono le doti da comunicare attraverso l’abito. Nel mondo cattolico, il giansenismo, si oppose ai modelli di vita di corte attraverso la proposta di atteggiamenti austeri e rigorosi. L’abito diventò un segno di comunicazione, ma ‘parlava’ di rarità morale e ideologica, attraverso i colori, materiali, particolari sartoriali specifici.

Abiti borghesi In questa nuovo cultura, la borghesia inventò la propria moda, che corrispondeva a un ideale di vita, a un modello etico, a principi e a gusti specifici. La borghesia riaprì la questione del lusso. Nel 1714, nell’Encyclopédie, il concetto di lusso è considerato un semplice effetto della legittima pulsione all’emulazione sociale e poteva essere positivamente utilizzato all’interno di un’organizzazione economica, prima mercantilista e poi capitalista. Nel ‘700 si assistette alla lenta crescita di un modello di consumo borghese. L’abbigliamento maschile: completo composto da marsina, sottomarsina, camicia, calzoni, realizzato in tessuti in tinta unita a oneri, in lana, senza decori ricamanti, a volte sostituiti da galloni applicati. L’immagine, che suggeriva una sobrietà pragmatica, corrispondeva al ruolo: nobiltà operosa e borghesia legarono il proprio status di potere o la propria ascesa al lavoro. L’ostentazione dell’abito fu orientata a comunicare valori astratti (l’intelligenza, la lungimiranza degli investimenti) o valori concreti (il benessere, la salute, la comodità). Questo modello era analogo per l’abbigliamento femminile. Gli scopi della vita della virtuosa borghese erano il matrimonio e la cura dei figli: funzione privata e familiare. Il suo abito diventò lo specchio di questa ‘virtù’. Colori chiari, nastri, passamanerie, merletti; indumenti leggeri e comodi. La grande attenzione dedicata al corpo e alla sua salute, produssero un abito ‘colto’: la camicia di sotto promossa a vestito, legata in vita con un nastro e decorata alla scollatura con uno scialle. Si sottolineava un dato astratto (la morigeratezza e l’adesione alla cultura illuminista) e un dato concreto (la comodità e il rispetto del corpo. Questa forma di moda borghese si sviluppò nei secoli seguenti in due modi antitetici: - la moda maschile s’istituzionalizzò, - la moda femminile mutò nel tempo. 2 Nel XIII secolo. Circa l’abbigliamento maschile, l’accostamento al potere e la sua assunzione da parte dell’uomo borghese portarono a una codificazione del suo modo di vestire. L’abito divenne una divisa che non poteva essere soggetta alla moda. Le sole cose che potevano essere modificate erano segni marginali, delegati a comunicare sottosignificati (la distinzione di ceto). Per questo la moda maschile si concentrò sui particolari: i tessuti, le cravatte, i gilet, la perfezione nel taglio degli indumenti, il candore, la pulizia, la stiratura, l’annodatura della cravatta, l’eleganza di portamento, l’adeguamento alle occasioni, ecc… Diversa fu l’impostazione dell’abbigliamento femminile. Il loro ruolo privato le faceva dipendere dallo status sociale ed economico dell’uomo al quale ‘appartenevano’. Donne e case subirono nel mondo borghese lo stesso destino: assunto il ruolo pubblico di specchio del successo maschile, diventarono oggetto di spese lussuose e ostentatorie. Dalla fine del ‘700 la moda si occupò meno dell’uomo e più della donna. Le professioni della moda Le mode dovevano essere considerate tali dal gruppo di riferimento cui il soggetto apparteneva. Durante l’Antico Regime, la loro invenzione e la loro adozione erano state appannaggio delle corti. La competenza creativa era uno dei privilegi dei consumatori del lusso. Dalle corti e dai centri di potere discendevano le novità, senza che esse fossero destinate a una circolazione diffusa. Le leggi suntuarie impedivano che questo avvenisse. Tra ‘700 e ‘800, l’affermazione della borghesia rendeva inattuale la possibilità di lasciare alla sapienza aristocratica il compito di proporre una moda cortigiana separata da quella borghese. Questo richiedeva la costituzione di ‘luoghi’ nuovi che assumessero il compito della creazione,

seguendo un metodo culturale ed economico borghese. Il parametro adottato anche nella moda fu quello del lavoro e della professionalità. Nei secoli dell’Antico Regime, nella moda si era praticata una distinzione tra: - momento ideativo, appannaggio del cortigiani, - fase di realizzazione, appannaggio di artigiani. L’unica fase autonoma era la fabbricazione dei tessuti, che richiedeva competenze professionali e capitali da investire, che permise la nascita di una aristocrazia di operai tessitori e di centri di produzione. Il tessuto era talmente costoso da costituire il segno più lussuoso di un abito. Gli artigiani che intervenivano nella realizzazione dell’indumento erano degli esecutori che lavoravano su commessa diretta. La borghesia ha poi capovolto questa logica. 3 Nel XVIII secolo, le corporazioni della moda allentarono le loro restrizioni. La suddivisione tra chi vendeva i tessuti, chi tagliava e cuciva, chi vendeva complementi di moda, chi vendeva indumenti, diventò inattuale e cominciarono le commistioni. Apparvero le marchandes de modes, che uscirono dalla logica della specializzazione unica. Era una nuova figura professionale, che rappresentava una possibilità per la creatività e la professionalità femminili. Esse costituivano il vero mercato della moda e del gusto. La trasformazione delle professioni della moda avvenne su due fronti: quello culturale e quello economico. L’ Encyclopédiecolse l’importanza del sistema del tessile e dell’abbigliamento e sottolineò che la necessità dell’apparire doveva assumere nuove forme e che la scelta delle modalità e dei segni di queste non doveva essere demandata a una corte, ma al gusto e all’etica del ‘giusto’ lusso. Grande attenzione venne dedicata al lavoro. L’ Encyclopédie disegna una mappa delle professioni della moda. Viene riconosciuta agli artigiani della moda una capacità professionale sedimentata, in grado di produrre tessuti, abiti, cappelli, scarpe e ornamenti di ogni tipo con gusto e inventiva. L’ Encyclopédie considerava gli artigiani della moda, al pari dei rappresentati delle altre scienze. Questo quadro corrispondeva alla realtà quotidiana del sistema della moda parigino, un’industria che occupava migliaia di persone e che già cominciava a servire un pubblico allargato. Le corporazioni Nel 1675, fu riconosciuta l’esistenza giuridica della corporazione delle couturières, cui era stato riconosciuto il diritto di vestire donne e bambini, dato che dalla fine del XVIII secolo la moda interessò solo l’abbigliamento femminile. Nel 1595, era nata la corporazione delle lingères, con il diritto di fabbricare e vendere “ogni tipo di tela di lino e di canapa e tutti gli articoli confezionati con tali materiali. I veri padroni della moda parigina erano stati fino a quel momento i mercanti della corporazione dei merciers, che commerciavano tutti gli oggetti e i manufatti di lusso legati alle mode. Svolgevano una funzione fondamentale ai fini della diffusione delle mode. Da questa corporazione prese forma, alla fine del ‘600, una specializzazione appannaggio delle donne: delle marchandes de modes. Le ‘ marchandes de modes’ Le mode del ‘700 prevedevano un numero di fogge limitato, variabili attraverso i tessuti, ornamenti, acconciature, oggetti. Quindi era fondamentale per essere alla moda o per crearne una avere a disposizione una vasta scelta di decorazioni. 4 La loro attività comprendeva la “vendita di acconciature, ornamenti. Si occupano di disporle sugli abiti. Fanno copricapi e li montano. Vendono articoli di moda.”

Quella delle marchandes de modes diventò una corporazione con la riforma del 1776. Nel periodo precedente a questa ratificazione ufficiale si assistette al crescere del loro peso nella determinazione e nella diffusione delle mode. L’invenzione delle novità passava dalla corte a un professionista, che prima lavorava con la nobiltà e poi se ne affrancò. La più famosa modista di questo periodo, Rose Bertin, servì la sovrana Maria Antonietta; questo le consentiva di gestire le novità, di scandire i tempi in cui una moda poteva essere estesa alla clientela. Le leggi suntuarie avevano esaurito la loro funzione e il mercato della moda ne traeva beneficio. Sarte e modiste cominciarono a diventare famose, diventando inventrici di mode e arbitre di gusto, in grado di scegliere e vendere. La moda e i modelli vestimentari settecenteschi La funzione delle marchandes de modes era quello di creare le garnitures per un sistema vestimentario fatto di pochissime fogge. Alla metà del secolo, il modello più diffuso in Francia era la robe à la française (1ª fig. a sinistra) che si indossava con il panier ed era composto da: sopraveste, sottana e pettorina. La sopraveste, aperta davanti e allacciata in vita, aveva dietro due gruppi di pieghe, montate all’altezza delle spalle che ricadevano per tutta la lunghezza dell’abito. L’apertura del davanti mostrava la sottana e la pettorina, un accessorio triangolare ricco di decorazioni. La moda inglese si diffuse in Francia verso gli anni ’70, attraverso la robe à l’anglaise (fig. a destra), composto da: corpetto attillato, gonna (montata a pieghe in modo da essere più abbondante sui fianchi e sul dietro, aperta sul davanti per lasciare vedere la sottana). Lo scopo era: dare ampiezza senza ricorrere al panier, che venne sostituito con imbottiture e rigonfiamenti atournure. Per ottenere un risultato più vaporoso, la gonna poteva essere sollevata, fino a creare un effetto a festoni rigonfi: moda à la polonaise (2ª fig. a sinistra). L’effetto era facilitato dai tessuti di seta leggera. Queste erano le 2 fogge base fra cui potevano scegliere le signore della seconda metà del secolo. L’ultima esclusiva dell’élite dell’Antico Regime fu l’abito di corte con lo strascico, il grand habit, irrigidito da corsetti steccati e paniers 5 monumentali, arricchito con sontuose decorazioni. Dalla fine del secolo l’abito di corte divenne un indumento di rappresentanza. Il casaquin, una versione accorciata della robe à la française con pieghe sul dorso, da indossare come corpetto con una gonna, destinato a un uso privato e casalingo. La sua diffusione rispondeva alla necessità di riutilizzare i preziosi tessuti con cui erano realizzati gli abiti e la robe à la française. Sarte e marchandes de modes si dividevano il compito di realizzare questi indumenti, intervenendo su parti diverse dello stesso abito. Il lavoro della sarta riguardava la costruzione degli elementi base del vestito, quello della modista era finalizzato ad ottenere variazioni partendo da questa struttura: merletti, bande di tessuto, serpentine, fiocchi, rete d’oro e d’argento, frange, fiori finti, elementi fondamentali ai fini del rinnovamento della moda. La sostituzione di una guarniturepermetteva di adeguare il vecchio abito a nuove mode. Alla decorazione sfrenata, corrispondeva la semplificazione e la ricerca della comodità. La rielaborazione più diffusa di questa linea fu, dagli anni ’70, la redingote, derivata dal costume da equitazione delle signore inglesi, che introduceva alcuni elementi maschili (es: doppio petto, colletto rivoltato, gilet, grandi bottoni). Le inglesi avevano adottato il riding coat in ragione del loro

stile di vita campagnolo e dell’uso del cavallo, le francesi utilizzarono la redingote come abito da passeggio e da città, attratte dalla possibilità di movimento. Dall’abbigliamento delle classi lavoratrici, proveniva una moda che ebbe diffusione analoga: il completo composto da corpetto, caraco, gonna, adottato nella vita quotidiana prima dalla borghesia e poi dalle classi elevate. Tradizionalmente era realizzato di lana o di misto lana e lino, la nuova moda lo prevedeva di cotone o seta. Con questi tessuti più leggeri, le strutture sartoriali adatte al movimento, i modelli vestimentari della seconda metà del secolo rispondevano a necessità e a stili di vita legati alla città e ai luoghi in cui “vedere ed essere visti”. Ciò favorì il sorgere di nuove mode, passeggere che prendevano spunto da opere teatrali, quadri ed eventi politici. La “chemise à la Reine” La rottura con il sistema vestimentario del passato avvenne negli anni ’80. Nel 1783 fu esposto un ritratto di Maria Antonietta, in cui la regina indossava un abito bianco di mussolina dalla foggia semplicissima. Quella che fu chiamata chemise à la Reine. Era una semplice camicia diritta con le maniche lunghe e una fascia in vita. L’ampiezza era trattenuta alla scollatura da una coulisse, ricoperta da un 6 colletto, e lungo le maniche da arricciature che formavano sbuffi di tessuto: la qualità di questo indumento stava nei significati che esprimeva. Il tessuto, la mussolina di cotone leggero, rispondeva alle indicazioni illuministe: era igienica, comoda, giovane. Il colore bianco era un’adesione al gusto neoclassico che trova nei reperti del mondo antico la bellezza. Il bianco stava diventando il colore della fine del secolo e il corpo un fatto culturale e sociale. La stampa di moda L’attività delle marchandes de modes era concentrata nelle zone del lusso della città, ma la loro influenza si estendeva oltre Parigi, in termini di fornitori e di mercato. La diffusione delle nuove mode avveniva utilizzando: le poupéé de mode (“la famosa bambola, rivestita delle ultime mode, passa da Parigi a Londra”) e la moderna stampa. Le incisioni avevano vantaggio sulle bambole: erano meno fragili e meno costose, potevano essere moltiplicate e raggiungere un più ampio pubblico. Ora la produzione di incisioni sceglieva di comunicare le mode. La prima avvisaglia venne da un giornale, “Le Mercure galant”, fondato nel 1672, che inserì la moda fra i suoi interessi. Dal 1678, quando fu trasformato in “Le Nouveau Mercure galant”, cominciò a pubblicare articoli accompagnati da illustrazioni che fornivano anche gli indirizzi di alcuni fornitori. Era la prima forma pubblicitaria moderna in questo settore. L’esperimento durò un anno e venne ripreso nel 1724. La stampa maschile non era il luogo più adatto per la diffusione delle immagini di questo tipo. Nel corso dei secolo, aumentò lo spazio per un’informazione adeguata e per un mercato di figurini. “La Gallerie des modes”, una serie di fascicoli, ciascuno contenente stampe, uscirono fra il 1778 e il 1787. Furono messe in circolazione più di 400 tavole a colori o in bianco e nero, relative ad abiti e acconciature femminili. Nel 1779 venne edito un volume che raccoglieva 96 stampe, “Gallerie des mode et des costumes français”. In questa presentazione gli editori offrirono informazioni sullo sviluppo del settore. La “Gallerie” si proponeva come un vero strumento per diffondere il gusto parigino.

Le immagini sono concepite in modo da dare informazioni sugli indumenti e sulle “buone maniere” adatte ad ogni tipo d’abito. La documentazione non si limita agli indumenti della corte e della nobiltà, ma mostra anche i borghesi e alcuni mestieri in situazioni concrete. Nello stesso periodo venne concepito un repertorio di immagini finalizzato a promuovere all’estero il modello di vita, la cultura e il gusto estetico dei francesi: il Monumenti du Costume, un monumento alla cultura dell’Antico Regime. 7 Contemporaneamente cominciò a prendere forma la prima stampa femminile, che univa alle informazioni di moda un intento educativo. Il discorso sulla moda cominciava ad articolarsi attraverso le immagini e il testo. La prima rivista femminile di moda fu “Le Cabinet des modes”. La rivista si presentava con un formato maneggevole, un prezzo contenuto, una buona qualità tipografica, immagini molto curate e periodicità garantita. L’editore Lebrun Tosse scelse di pubblicare “notizie di moda, commenti di carattere estetico, argomenti morali e filosofici, riferimenti storici, informazioni”, trasformando la comunicazione di moda in uno strumento pubblicitario. La moda era diventata un fattore commerciale. 8 2. L’apparire rivoluzionario I codici dell’abbigliamento L’ultima rappresentazione dell’antico regime è stato il corteo degli Stati Generali, il 5 maggio 1789. Il Gran Maestro delle Cerimonie aveva imposto regole vestimentarie, che dovevano rendere visibili le differenze gerarchiche:  il Clero doveva indossare gli abiti ecclesiastici (la seta scarlatta dei cardinali, la tonaca di stoffa nera degli umili parroci);  il Secondo Stato indossava abiti aristocratici (una marsina e sottomarsina di seta nera o di panno decorati con galloni d’oro, un mantello coordinato, calzoni di seta nera, calze bianche, una cravatta di pizzo, una spada e un cappello con piume);  il Terzo Stato aveva l’ordine di indossare un abito di panno nero, calze nere, un mantello corto di seta nera, una cravatta di mussola in tinta unita, un cappello a tricorno nero e non aveva diritto alla spada. La discriminazione vestimentaria venne messa in discussione immediatamente. Il regolamento venne abolito il 15 ottobre 1789. L’importanza della Rivoluzione francese nella codificazione del modo di vestire borghese iniziò da questo atto. Il luogo dell’apparire si spostò dalla corte alla città, dai salotti alle strade, alle manifestazioni, alle feste pubbliche. Attore principale era il popolo di Parigi. La borghesia e il popolo di Parigi scoprirono il potere comunicativo dell’abito,m un potere duttile a qualsiasi significato. La nuova Francia si rappresentò...


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