Riassunto di storia della moda (fine \'800-inizio \'900) PDF

Title Riassunto di storia della moda (fine \'800-inizio \'900)
Course Storia del costume e della moda
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Riassunto di storia della moda (fine '800-inizio '900)...


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LA MODA DELLA BELLE EPOQUE (1900-1914) La Belle Epoque (1880-1914) fu un periodo di grande fervore, di ottimismo, di spensieratezza e di divertimenti, prima che la guerra travolgesse tutto. In questi anni si moltiplicavano le feste, gli eventi mondani e i ricevimenti, tutte occasioni adatte per sfoggiare abiti eleganti. Parigi era la capitale indiscussa della moda e degli accessori femminili; essa dettava le regole e le tendenze. Inoltre, lo sviluppo della fotografia offrì interessanti risvolti all’ambito del costume: essa era veicolo di trasmissione del proprio abbigliamento, considerato un vero e proprio status symbol.

ABBIGLIAMENTO MASCHILE Rispetto agli anni precedenti, l’abbigliamento maschile non subì variazioni significative; esso consisteva nel completo 3 pezzi (giacca, gilet con abbottonatura alta e pantaloni). Le variazioni furono solo nei tagli. Per il giorno, la redingote era considerata troppo impegnativa e venne sempre più sostituita da giacche più corte e meno rigide. redingote: cappotto da uomo fino alle ginocchia

Per la moda maschile, Edoardo principe di Galles era un esempio di raffinata eleganza che veniva ammirato e imitato. A lui si deve l’introduzione in Francia dello smoking (in realtà, in Inghilterra tale abito si chiamava dinner jacket; furono i francesi a dargli il nome di smoking). Smoking Abito maschile da sera di colore scuro, con giacca dai revers (=risvolti) di seta, a un petto o a doppio petto

ABBIGLIAMENTO FEMMINILE Nel periodo della Belle Epoque la moda femminile si modificò radicalmente, ma fu un processo graduale; in questi anni trionfò il tailleur. LA LINEA A S: la silhouette femminile si modificò a causa dell’introduzione di un nuovo tipo di corsetto che schiacciava il ventre e i fianchi, spingendo indietro il bacino e dunque arcuando il corpo posteriormente.

Quest’ultimo assumeva quindi una linea ad S (linea serpentinata), che si rifaceva alle linee sinuose e ondulate tipicamente Art Nouveau (stile che si sviluppò nella Belle Epoque). Tra le case che proposero questa moda ci fu la maison Worth.

L’ABITO DA GIORNO, OSSIA IL TAILLEUR: Anche il tailleur si adattò alla linea a S. Esso fu usato come abito da giorno. Il tailleur si componeva di una giacca lunga con maniche in gigot (=a sbuffo sulle spalle e strette sugli avambracci) e di una gonna svasata a campana, lunga fino a terra e dotata di un breve strascico. Nel tailleur, le decorazioni non erano abbondanti: ad ex, le camicie erano riccamente ornate di pizzi sul davanti.

CALZATURE: Le scarpe o gli stivaletti erano appuntiti e avevano un tacco basso. ACCESSORI: I guanti, aderenti, nelle occasioni da sera coprivano l’intero braccio (perché l’abito da sera era senza spalle). Elementi ancora voga erano gli ombrellini e i ventagli; si fece sempre più frequente l’uso di borsette.

ABITO DA SERA: Riprendendo la moda del periodo precedente, l’abito da sera continuava ad essere scollato, senza maniche, con lo strascico e riccamente decorato da paillettes e perline.

ABITO DA GIORNO VS DA SERA: Per quanto riguarda l’abito da giorno, i vestiti ad S erano impreziositi da inserti di merletto, tulle e volants, mentre per la sera le toilettes erano molto sfarzose. Per il giorno venivano usati tessuti come lino, velluto e lana; per la sera, invece, seta, pizzo, mussola, chiffon, crepe de Chine. LE ACCONCIATURE E IL TRUCCO: Le acconciature erano voluminose: si prediligevano capigliature ondulate, con l’inserimento di ciocche posticce. I capelli venivano raccolti in uno chignon e per tenerli fermi si faceva uso di lunghi spilloni. Il look del decennio imponeva una pelle diafana, pertanto le creme e i prodotti sbiancanti erano indispensabili per le donne dell’epoca. In quel periodo, tra le signore della borghesia si diffuse il make-up da giorno, ispirato al trucco pesante delle attrici sotto le forti luci della ribalta. CAPPELLI: I cappelli, amplissimi e con larghe falde piatte, erano decorati con nastri, fiori e aigrettes (=piume usate per ornare cappelli e acconciature). Le modiste creavano pezzi unici, realizzati a mano; pertanto, possedere un cappello di questo tipo simboleggiava lo stato di benessere economico. Per simili costruzioni occorreva un sostegno al collo, fornito dagli alti colletti rigidi che mantenevano la testa eretta.

GLI SVILUPPI DOPO IL 1905 Dopo il 1905, la linea ad S venne gradualmente abbandonata e la moda si semplificò progressivamente; in analogia a quanto avveniva nelle arti decorative, si manifestò anche nell’abbigliamento una tendenza alla verticalità e una predilezione per forme tubolari. I vestiti assunsero una linea diritta, il punto vita si spostò verso l’alto e gli abiti da giorno si accorciarono. La tendenza alla semplicità è testimoniata dalla larga popolarità che riscontrò il tailleur e dalla comparsa del golf, ossia la nuova giacca a maglia. Più tardi comparvero i vestiti a kimono, che divennero di gran moda verso il 1914.

LA MODA VIENNESE La società della Belle Epoque voleva vivere circondata dalla bellezza, e gli abiti realizzati degli artisti viennesi dell’epoca (Klimt e i membri della Wiener Werkstatte) esprimevano appieno questo desiderio. La tendenza viennese a creare l’”abito estetico” si diffuse poi in tutta Europa. Gustav Klimt Egli disegnò e realizzò i cosiddetti “vestiti a sacco”, ossia vestiti dalla linea libera, sciolta, molto raffinati. I suoi abiti mostravano un’estrema morbidezza e linearità; erano caratterizzati da un acceso decorativismo con motivi floreali, tipici del suo stile pittorico.

Wiener Werkstatte La Wiener Werkstatte (scuola di arti applicate) realizzò degli abiti basandosi sui modelli francesi, ma decorandoli con elementi stilistici austriaci. La sezione di moda operò fino al 1932 e fino agli inizi degli anni ’20 fu diretta da Wimmer-Wisgrill. Malgrado una certa autonomia che traspariva dalle sue creazioni, molto si notava della moda parigina: ad ex. gli abiti-pantalone che Poiret aveva lanciato in quegli anni, i vistosi colori che si rifacevano ai costumi dei Ballets Russes e la stilizzata foggia orientale. In coincidenza con lo scoppio della guerra (1914), la Wiener Werkstatte tentò di creare una moda indipendente da Parigi; vennero realizzati abiti più sobri e dai tessuti più semplici. Negli anni ’20, la Wiener Werkstatte creava abiti pratici, in linea con il nuovo ruolo della donna nel dopoguerra.

PAUL POIRET E LA RIFORMA DELLA MODA L’ELIMINAZIONE DEL CORSETTO: La sua fama gli derivò dall’aver creato una linea di abbigliamento totalmente diversa rispetto al passato; grande innovazione fu l’eliminazione definitiva del corsetto, in modo da far risaltare la naturale bellezza del corpo femminile. I PRIMI ABITI: Gli abiti che propose agli inizi della sua carriera avevano una linea naturale e sciolta e lasciavano grande libertà di movimento a chi li indossava. Tali capi erano privi di decorazione. DIRECTOIRE REVIVAL: In seguito, egli lavorò a una linea la cui fonte di ispirazione era la moda francese di inizio ‘800 (Neoclassicismo); il nome che le fu dato, “Directoire Revival” fa riferimento proprio a ciò. Tuttavia, non si tratta della semplice intenzione di far rivivere uno stile del passato. Poiret si concentrò sulla

struttura del modello vestimentario neoclassico per coglierne gli elementi fondamentali; a partire da questi ultimi creò abiti dai materiali innovativi e dai colori nuovi, derivati dall’osservazione dell’arte d’avanguardia. Uno dei suoi modelli più famosi è l’abito “Josephine”.

ORIENTALISMO TRATTI DAI BALLETS RUSSES: Accanto a questo indirizzo egli intraprese anche un’altra strada, ossia quella dell’orientalismo; egli trasse ispirazione dai costumi dei Ballets Russes, che in quegli anni si stavano esibendo a Parigi. Tali costumi erano venivano realizzati da Léon Bakst. Poiret lanciò la moda dei pantaloni harem e creò la gonna humpel; i suoi cappotti si fondavano su un taglio da kimono. Inoltre, egli sostituì il grande cappello con il turbante rifinito con aigrettes. Sotto l’influsso della cultura giapponese, come abito da pomeriggio propose un morbido kimono in seta ricamato.

Gonna humpel cappotto tagliato a kimono pantaloni harem Una dei suoi risultati migliori fu la gonna-pantalone. La realizzazione del pantalone per la donna suscitò scandalo, ma in realtà Poiret con tale creazione non aveva nessun intento rivoluzionario. Egli aspirava all’innovazione nel campo della moda solo da un punto di vista estetico, non intendeva proporre un modello di donna emancipata. La sua era ancora la femme fatale ottocentesca, solamente trasformata in odalisca, ammaliatrice e amante del lusso. gonna-pantalone

INTENTI: Con il suo abbigliamento, Poiret non aveva intenzione di allargare la piramide sociale: infatti, la sua clientela era formata da signore dell’aristocrazia e grandi attrici. Egli fu il primo grande stilista del ‘900, in quanto compì dei passi fondamentali per l’evoluzione della moda e interpretò le esigenze femminili di libertà ed emancipazione, senza però voler cambiare i loro comportamenti.

MARIANO FORTUNY In Italia, Fortuny si ricollegò al concetto innovatore di libertà nel vestire lanciato in quel periodo da Poiret e recuperò l’arte classica dalle linee purissime; in particolare, egli rivisitò il chitone ispirandosi alla statuaria greca e diede vita al delphos. I KNOSSOS: Egli sperimentò le sue creazioni tessili realizzando i knossos, ossia dei veli delicatissimi e leggeri al tatto. Su di essi vi erano stampati dei motivi tratti da decori copti, persiani, turchi, da elementi scultorei paleocristiani, da tessuti rinascimentali, seicenteschi, settecenteschi, dando vita a una commistione nuova. Questa sua capacità di riprendere e mescolare tali elementi denotava una profonda conoscenza dell’arte del passato.

abito con sopra uno knossos IL DELPHOS: Il delphos era un tubino cilindrico formato da 4-5 teli, che si allargava in alto a formare le corte manichine. Talvolta esso era completato da cinturine o cordoncini lungo le maniche, per sottolineare le spalle e per permettere la regolazione in lunghezza. I tessuti impiegati erano rasi e taffetas. Rispetto alla complessità sartoriale e al fastoso decoro che caratterizzavano gli abiti di quegli anni, le creazioni di Fortuny erano estremamente semplici. Il delphos ruppe totalmente con la tradizione ancora in voga, proponendo un modo di vestire libero da costrizioni. Tale abito fece molto successo tra le donne di classe elevata, le dive e le attrici famose.

PROGETTI PER TESSUTI Sintetismo e astrazione L’Art Nouveau accolse e sviluppò nel campo del design tessile alcune delle indicazioni propugnate da William Morris e dal movimento dell’Art and Crafts. Il suo nuovo rivoluzionario programma si basava sul rifiuto del prodotto industriale senza qualità e la valorizzazione del manufatto. La produzione di tessuti si orientò verso un carattere sintetico e tendenti all’astrazione delle forme (se non astratti): i tessuti presentavano astratti giochi di linee, cromie volutamente fredde e accostamenti ricercati. Le migliori realizzazioni furono prodotte nei laboratori della Wiener Werkstatte e del Bauhaus, ma anche nella manifattura di Lione (in particolare, nella Manifattura Bianchini et Férier, con la quale il pittore Raoul Dufy collaborò alla realizzazione di pregiate stoffe).

tessuto Art Nouveau tessuto Bauhaus disegno di Dufy Eduard Bénédictus e la fibranne Un altro disegnatore molto noto del periodo fu Eduard Bénédictus: il suo repertorio formale spaziava da motivi floreali a motivi geometrici. Egli utilizzò inoltre una nuova fibra artificiale derivata dalla viscosa, la fibranne, usata soprattutto nei tessuti di arredamento per migliorarne la tenuta e la stabilità. Questo materiale aveva un alto grado di assorbimento: esso tratteneva la pittura e quindi permetteva di ottenere colori molto luminosi.

L’Italia: le tecniche del passato, l’esposizione di Torino e Fortuny In Italia, le nuove teorie di Morris influenzarono la produzione tessile; tuttavia, le società tessili italiane non volevano rinnegare la tradizione del passato, e quindi ripresero antiche tecniche dimenticate come il pizzo e il ricamo.

L’”Esposizione internazionale di arti decorative”, allestita a Torino a inizio ‘900, fu un’importante occasione di confronto con la migliore produzione europea. Tra gli artisti italiani che si avvicinarono all’arte della tessitura, un posto di rilievo spetta a Mariano Fortuny, il quale approfondì lo studio delle stoffe antiche e ne perfezionò le tecniche di realizzazione. Ne derivò un ricco campionario di disegni che andava dalla tradizione medievale ai velluti quattrocenteschi, fino ai raffinati decori seicenteschi e settecenteschi, e ancora composizioni di derivazione persiana, africana, cinese. Nel suo laboratorio tessile, egli riprese la tecnica orientale del katagami (=tecnica di stampa), mettendo a punto per essa un nuovo metodo di stampa serigrafica. La qualità raggiunta da Fortuny gli permetteva di trasformare tessuti semplici e uniformi in sfarzosi velluti, in broccati e damascati tramati d’oro. Egli inoltre usò i suoi tessuti per costumi teatrali.

LA MODA DEL PRIMO DOPOGUERRA (1915-1929) IL CONTESTO ECONOMICO-SOCIALE La nuova figura femminile La prima guerra mondiale decretò la fine della Belle Epoque e rivoluzionò totalmente la vita degli individui. Per salvare la propria economia, tutti i paesi furono costretti a dare impiego alle donne per sostituire gli uomini al fronte; esse furono impiegate nelle industrie, nell’agricoltura e nel terziario. In tal modo la tradizionale divisione di ruoli venne sconvolta, e di conseguenza anche l’ambito della moda ne risentì. L’esigenza di praticità e la scarsità di materiali resero l’abbigliamento più sobrio, con prevalenza di tinte scure; vennero del tutto abbandonati gli abiti complessi e riccamente decorati, i tacchi si abbassarono, le gonne divennero più corte. Dopo la guerra, la donna aveva preso consapevolezza della propria autonomia e non era più disposta a rinunciarvi. Aveva ottenuto delle grandi conquiste, ad ex lavorava in ufficio, guidava, faceva sport: tutte queste attività richiedevano un abbigliamento che le permettesse di muoversi in maniera sciolta. Tali bisogni furono compresi e soddisfatti pienamente dagli stilisti, in primo luogo Chanel. I “ruggenti anni ‘20” Nel frattempo, i ceti medi e alti stavano vivendo un’epoca di benessere e ottimismo: fu in questo periodo che venne inaugurata la tendenza al consumismo. Il modello culturale europeo trasse spunto da quello americano, in quanto all’epoca gli USA erano sinonimo di libertà sociale, dinamismo e sviluppo tecnologico. Parigi, Berlino, NY erano le città dove ebbe inizio la modernità; l’espressione “ruggenti anni ‘20” fu inventata ispirandosi proprio alla vita in tali città. Imperversava un nuovo ballo, il charleston, che per le sue movenze e il ritmo frenetico richiedeva per le donne abiti corti con applicazioni di frange. Moda a prezzi economici In quest’epoca la moda si avvicinò alle masse: nei grandi magazzini si potevano trovare abiti alla moda a prezzi contenuti. Grazie alle innovazioni tecniche cominciarono a diffondersi tessuti sintetici, molto più economici, ad ex il rayon (una seta artificiale).

ABBIGLIAMENTO MASCHILE SOBRIETA’ TRADIZIONALE: Anche durante gli anni ’20, la moda maschile mantenne la tradizionale sobrietà e discrezione della struttura. Un certo rinnovamento lo si ebbe, in generale, nei modelli più attillati; per quanto riguarda i colori, le cromie prevalenti erano sempre quelle scure. Si affermò l’abito spezzato, con i vari elementi (biacca, gilet, cravatta) neri o grigi e i pantaloni rigati. Per la sera, come di consueto, l’uomo indossava lo smoking o, nelle occasioni più formali, il frac. MAGGIORE DISINVOLTURA NEI MOVIMENTI: Agli inizi degli anni ’20, la forma della giacca era piuttosto tarchiata e il punto vita era tenuto alto; con il tempo, quest’ultimo venne abbassato e la giacca divenne meno imbottita, traducendosi in forme più morbide e permettendo a colui che le indossava di muoversi in modo più disinvolto. Il tessuto gessato ebbe un grande diffusione. PANTALONI OXFORD: Nel 1922, gli studenti di Oxford lanciarono la moda degli ampi pantaloni, per contrastare i calzoni classici da uomo stretti in fondo; essi erano detti “pantaloni Oxford” o “pantaloni tango”. Questa moda eccentrica trovò consenso tra i giovani, provocatori e moderni.

CAPPELLO E GUANTI: All’abito formale si accompagnava sempre il cappello, tendenzialmente un feltro con falda sollevata dietro; altro immancabile capo erano i guanti. CAPISPALLA: I capispalla (cappotti e soprabiti) erano il paletot e l’ulster, con tagli simili a quelli della giacca, quindi attillati.

ACCONCIATURA: Il modello di eleganza maschile dell’epoca imponeva capelli corti e barba e baffi rasati.

ABBIGLIAMENTO FEMMINILE Nel periodo della 1 guerra mondiale, con il venire meno di ogni lusso e preziosità (per i motivi sopra citati), la moda femminile si semplificò nettamente, divenendo più sobria e pratica. TAILLEUR: Il tailleur continuò ad avere successo: le giacche si allungarono e divennero più aderenti, analogamente a quelle maschili. Le gonne, di taglio diritto, si accorciarono progressivamente (prima fino alla metà del polpaccio, poi fino al ginocchio); si diffuse anche l’uso di cravatte e gilet. VESTITO-CAMICIA: L’innovazione più importante degli anni ’20 fu il vestito-camicia, un capo molto semplice ispirato ai grembiuli delle infermiere. Tagliato dritto a sacco, aveva la gonna lunga fino al polpaccio e le maniche a kimono. Un cordone o una striscia di stoffa fungeva da cintura. RIFERIMENTO ALLA DIVISA MILITARE: In questi anni si sviluppò inoltre una moda ispirata alle divise militari.

CALZE E SCARPE: La gonna più corta portò a una maggiore attenzione nei confronti di calze e scarpe: - calze: erano in seta; esse si imporranno fino al secondo dopoguerra, quando verranno soppiantate da quelle in nylon - scarpe: un modello di calzatura molto in voga erano le decolleté con un cinturino fermato lateralmente da un bottone CAPPELLI: Anche i cappelli si fecero più modesti: vennero rimpiccioliti, divenendo simili ai feltri maschili. Fece la sua comparsa il cappello à cloche (=dalla forma a campana che copre parte della fronte e del collo). LA GARCONNE: Si affermò così la garconne, una giovane donna dalle vesti e dai capelli corti, novità assoluta di quest’epoca. Quest’aspetto mascolino andava di pari passo con la funzionalità e la sobrietà dell’abito; in tal modo, il modello di femme fatale del passato era stato abbandonato. Con questo modello di donna androgina, la moda lanciò un modello che sottolineava la maggior libertà sessuale della figura femminile. Gli aspetti salienti della moda femminile del dopoguerra furono, oltre all’accorciamento delle gonne, l’allungamento del busto e l’appiattimento delle curve. APPIATTIMENTO DELLE CURVE: La donna degli anni ’20 appariva stilizzata, tendente alla bidimensionalità; il suo corpo era asciutto, androgino, asessuato. La figura femminile era ora costretta nel rettangolo piatto dell’abito dritto e privo di ornamenti, che voleva annullare le forme naturali. Per ottenere questo artificioso aspetto si ricorreva a guaine elastiche che appiattivano seno e fianchi; inoltre, le vesti non erano più segnate in vita. Lo stile charleston era quello di questi abiti dalla linea tubolare e con punto vita sotto i fianchi; nel caso in cui fossero prettamente adibiti al ballo, essi avevano anche frange e scollature profonde a triangolo. Lo stile charleston era basato sulle forme geometriche: il rettangolo per la linea tubolare, il triangolo per le stampe delle stoffe o, nel caso di abiti da ballo, delle scollature. ABITI DA SERA: Nell’abbigliamento da sera gli abiti mantennero la semplicità di quelli da giorno, ma cambiarono le stoffe, la scollatura e il taglio dell’orlo: - scollatura: interessava solo le spalle e la schiena, mentre sul davanti non vi era affatto -orlo: era tagliato asimmetricamente, oppure all’abito venivano sovrapposti foulard e sciarpe

LE TENDENZE DELL’HAUTE COUTURE FRANCESE Negli anni ’20 si crearono tra i ...


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